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mercoledì 20 aprile 2011

73 risoluzioni dell'ONU contro Israele. Nessun ispettore. Nessuna guerra per farle rispettare.


Giovane palestinese al funerale di Vittorio Arrigoni. Sullo sfondo un murales dedicato al pacifista italiano.

73 risoluzioni dell'ONU contro Israele. Nessun ispettore. Nessuna guerra per farle rispettare. Questa notizia è stata tratta dal bellissimo blog di Vittorio Arrigoni.

Vittorio Arrigoni è il nuovo Che Guevara

Vittorio Arrigoni, morto a 37 anni per la PACE

il suo motto "Restiamo Umani" 

Che Guevara, morto a 39 anni per la LIBERTÀ

il suo motto "Fino alla vittoria sempre. Patria o morte."

lunedì 18 aprile 2011

Uno dei video più emozionanti di Vittorio Arrigoni


Vittorio Arrigoni, il pacifista italiano risponde a Roberto Saviano.

ISRAELE VERGOGNA: Vittorio Arrigoni era sulla black-list degli israeliani che lo avevano già picchiato e lui aveva pensato che lo avrebbero ucciso.

Articolo di giornale che dimostra come Vittorio Arrigoni fosse stato inserito  nella black list israeliana. Una vergogna anche per lo Stato Italiano non aver difeso all'epoca un proprio cittadino, che aveva l'unica colpa di avere degli ideali pacifisti. L'ambasciato italiana infatti fu solo in grado di dirgli: "Stai tranquillo, Israele è un paese amico".

Vittorio Arrigoni, il volontario italiano ucciso in questi giorni, era stato picchiato da cinque soldati israeliani alla vigilia di Pasqua del 2005; riporto fedelmente l'articolo di giornale: è stato trattenuto in frontiera da soldati israeliani per otto ore, caricato su un autobus e picchiato selvaggiamente da cinque militari. Se non fossero intervenuti i soldati giordani, probabilmente Vittorio Arrigoni 30 anni, sarebbe stato travolto da un autobus. Questo è il bilancio della terribile avventura che il giovane ha subito alla vigilia di Pasqua. Attualmente il trentenne si trova ancora presso l'hotel Concorde ad Hamman, dove lo abbiamo contattato telefonicamente. Il suo arrivo in Italia è previsto per i prossimi giorni. Arrigoni, residente in paese in via Giovanni XXIII, da anni è impegnato come scudo umano per proteggere le popolazioni palestinesi, e come ogni anno, l'altra settimana, si è recato prima in Giordania, per poi passare la frontiera israeliana. Da qui ha avuto inizio l'incubo.

Vittorio Arrigoni.
"Sono arrivato in frontiera alle 9 - ci ha raccontato il trentenne - avevo un passaporto nuovo, perchè il vecchio era scaduto e dovevo recarmi in Palestina da alcuni amici che mi stavano aspettando. Uno di loro è gravemente malato e dovevo portare dei soldi per le sue cure mediche. Quando l'addetta ai controlli ha verificato il mio nome al terminale, ha avuto un sobbalzo. Ho capito che non sarebbe stato facile, ma non avevo idea di quello che sarebbe successo." Da qui è iniziato un lungo interrogatoio. "I militari israeliani hanno incominciato a torchiarmi chiedendomi ripetutamente se ero un delinquente. Hanno effettuato un controllo assurdo al mio bagaglio, spaccando anche alcuni regali che vi erano contenuti. Mi hanno manomesso il cellulare che ora non funziona più. Dopo una mattinata trascorsa in questo modo mi hanno consentito di chiamare l'ambascita italiana. Il personale italiano mi ha invitato alla calma assicurandomi che mai mi avrebbero fatto del male, visto che Isarele è un paese amico". Evidentemente le cose sono andate diversamente. "Ho subito minacce di arresto - ha aggiunto il trentenne - ma nessuno è stato in grado di spiegarmi il perchè io sono sulla così detta BLACK-LIST, cioè la lista nera. Mi hanno ripetuto che non potevo passare per motivi di sicurezza. Poi sono arrivati tre militari, credo fossero di un corpo speciale, perchè erano alti circa un metro e novanta e pesavano intorno ai cento chili. Uno di loro mi ha detto che avrebbero dovuto muovere violenza contro di me. Ho pensato che l'unica cosa che potessi fare era ispirarmi a Ghandhi. E così ho fatto. Non ho opposto alcuna resistenza. Sono stato sollevato di peso e portato in un autobus". Erano circa le 17. Quando le porte si sono chiuse, ci ha spiegato ancora il trentenne, è iniziato il peggio. "Altri due militari attendevano a bordo del pullman di cui una era una donna - ha aggiunto ancora il bulciaghese - Hanno iniziato a picchiarmi selvaggiamente sul volto e a prendermi a calci. Io portavo un ciuffo di cappeli raccolti in una treccina, che mi hanno strappato dal capo. Il tutto è durato per circa quattro minuti, il tempo di raggiungere il confine con la Giordania. Ma ho pensato che mi avrebbero ucciso. E stata un'eternità. Poi mi hanno buttato al di là della frontiera in territorio giordano, gettandomi addosso la treccina che mi avevano strappato. Se i militari giordani non mi avessero raccolto, mi avrebbero travolto con l'autobus."
Il giovane è stato poi medicato in frontiera e condotto in albergo dove ha avvisato l'ambasciata di quanto era successo. "I militari giordani hanno fatto rapporto su quanto hanno visto. Io ho lividi sparsi per tutto il corpo che attestano quanto è successo, ma le ferite più profonde sono nella mia anima. Non sono più un uomo libero, perchè non posso andare dove voglio. Quello che mi sorprende è che Israele sia indicata come l'unica democrazia del Medio Oriente." Della vicenda di Vittorio Arrigoni si è occupata nei giorni scorsi anche Radio Popolare che ha chiamato il giovane e ha mandato in onda una testimonianza in diretta.

domenica 17 aprile 2011

Vittorio Arrigoni scrisse del suo Battello Ebbro ("Le bateau ivre") come Arthur Rimbaud e disse: "brillerò anche per coloro che non hanno osato"

Il Battello Ebbro di Vittorio Arrigoni (1975-2011) e Arthur Rimbaud (1854-1891). Ebbro perchè il distacco da un mondo convenzionale intriso di omogeneizzazione, mediocrità, divertimenti banali, affetti superficiali, gusti triviali, falso appagamento, incapacità di provare amore e desiderio provoca ebbrezza.
C'è una stupenda poesia scritta il 23 Marzo 2005 da Vittorio Arrigoni, il giovane volontario italiano ucciso a Gaza, che rende, più di ogni altro scritto, l'idea di quel miliziano della pace quale lui era. Ed insieme a lui gli altri giovani caduti per la pace della International Solidarity Movement.   Credo sia stata scritta da lui, di suo pugno, perchè si trova ad oggi solamente in questo post sul suo blog, che ci tengo a dire, rappresenta uno dei libri più emozionanti e facilmente accessibili sul web. Sono sicuro che il blog di Vittorio sarà una delle stelle comete che guideranno le future generazioni verso un mondo di pace più giusto. Pensate solo che il suo motto era "Restiamo Umani". Il titolo della poesia "Le bateau ivre" è ripreso volutamente da una poesia di Arthur Rimbaud scritta nel 1871 all'età di sedici anni, in cui il poeta maledetto si identifica nel viaggio di un battello ebbro, che abbandona le costrizioni del mondo occidentale e cerca di realizzarsi nella libertà della natura, rappresentata dal mare aperto. Se Rimbaud tornerà dall'Africa in Europa per morire tra atroci sofferenze a Marsiglia a soli 37 anni e nella sua poesia l’avventura della evasione fantastica verso l'ignoto si conclude con un ritorno rassegnato, maliconico, quasi autodistruttivo, alla più nota acqua d’Europa, Vittorio Arrigoni nella sua poesia vara un fiero battello ebbro di sola andata e lo guida contro gli "orrori del mondo" conscio del proprio "richiamo al dovere". Morirà soffrendo in Medio Oriente, a Gaza il 15/04/2001 a soli 36 anni.  Sono parole sue: "Ho brillato anche per coloro che non hanno osato."

Vengono i brividi a leggere la versione di Vittorio Arrigoni di "Le bateau ivre":

L'odissea oscura si svela
dinnanzi ai prossimi giorni,

ho un battello ebbro come taxi per il non ritorno,
nessun testamento se non il mio ricordo sepolto
nelle coscienze di coloro che ho amato.
i miei ideali sconvolti si fanno brace
e brucia onnipresente il richiamo al dovere
il volere primo della mia anima errante,
Lasciarsi alle spalle ogni scrupolo di conforto
per la passione della compassione
della connivenza con la tragedia,
della ricerca di un medicamento
contro ogni orrore del mondo.


Sarò in Palestina,
entro poco
se le stelle mi saranno compiacenti
e brillerò anche per coloro che non hanno osato,
perchè non è una resa schivare i domini della morte,
ma è per la mia anima offesa un richiamo alla non abdicazione.


Quella strada che il fato mi fece svoltare
che è presto mutata nella mia causa utopica
e mi perdoni la mia musa,
la mia famiglia certificata
e quella atavica che cercai ricomporre
tutti e tutte coloro che son stati sfiorati dai miei tentacoli d'emozione
chiedo perdono
per non aver osato guardare uno specchio
e scoprirmi reso alla ricerca dell'assurdo.

Vittorio Arrigoni.
Per la difficile interpretazione invece della versione di Arthur Rimbaud, intrisa della stessa droga e delle stesse sostanze allucinogene a cui anelava, potete appoggiarvi a questo link. Ecco la versione del poeta maledetto di "Le bateau ivre":

Appena presi a scendere lungo i Fiumi impassibili,
Mi accorsi che i bardotti non mi guidavan più:
Ignudi ed inchiodati ai pali variopinti,
I Pellirosse striduli li avevan bersagliati.


Non mi curavo più di avere un equipaggio,
Col mio grano fiammingo, col mio cotone inglese.
Quando assieme ai bardotti si spensero i clamori,
I Fiumi mi lasciarono scender liberamente.


Dentro lo sciabordare aspro delle maree,
L'altro inverno, più sordo di una mente infantile,
Io corsi! E le Penisole strappate dagli ormeggi
Non subirono mai sconquasso più trionfante.


La tempesta ha sorriso ai miei risvegli in mare.
Più lieve di un turacciolo ho danzato sui flutti
Che eternamente spingono i corpi delle vittime.
Dieci notti, e irridevo l'occhio insulso dei fari!


Più dolce che ai fanciulli qualche acida polpa,
L'acqua verde filtrò nel mio scafo di abete
E dalle macchie rosse di vomito e di vino
Mi lavò, disperdendo il timone e i ramponi.


Da allora sono immerso nel Poema del Mare
Che, lattescente e invaso dalla luce degli astri,
Morde l'acqua turchese, dentro cui, fluttuando,
Scende estatico un morto pensoso e illividito;


Dove, tingendo a un tratto l'azzurrità, deliri
E ritmi prolungati nel giorno rutilante,
Più stordenti dell'alcol, più vasti delle lire,
Fermentano i rossori amari dell'amore!


Io so i cieli che scoppiano in lampi, e so le trombe,
Le correnti e i riflussi: io so la sera, e l'Alba
Che si esalta nel cielo come colombe a stormo;
E qualche volta ho visto quel che l'uomo ha sognato!


Ho visto il sole basso, fosco di orrori mistici,
Che illuminava lunghi coaguli violacei,
Somiglianti ad attori di antichi drammi, i flutti
Che fluivano al tremito di persiane, lontano!


Sognai la notte verde dalle nevi abbagliate,
Bacio che sale lento agli occhi degli Oceani,
E la circolazione delle linfe inaudite,
E, giallo e blu, il destarsi dei fosfori canori!


Ho seguito, per mesi, i marosi che assaltano
Gli scogli, come mandrie di isterici bovini,
Stupito che i lucenti piedi delle Marie
Potessero forzare i musi degli Oceani!


Ho cozzato in Floride incredibili: fiori
Sbocciavano fra gli occhi di pantere con pelli
D'uomo! In arcobaleni come redini tesi
A glauche mandrie soto l'orizzonte dei mari!


Ho visto fermentare gli stagni enormi, nasse
Dove frammezzo ai giunchi marcisce un Leviatano!
Frane d'acqua scuotevano le immobili bonacce,
Cateratte lontane crollavano nei baratri!


Ghiacciaci, soli d'argento, flutti madreperlacei,
Cieli ardenti! Incagliavo in fondo a golfi bruni
Dove immensi serpenti mangiati dalle cimici
Cadon, da piante torte, con oscuri profumi!


Ai bimbi avrei voluto mostrare le dorate
Dell'onda cupa e azzurra, o quei pesci canori.
- Schiune di fiori, mentre salpavo, m'han cullato,
E talvolta ineffabili venti m'han dato l'ali.


Martire affaticato dai poli e dalle zone,
Il mare che piangendo mi addolciva il rullio
Faceva salir fiori d'ombra, gialle ventose,
Ed io restavo, simile a una donna in ginocchio,


Quasi isola, scuotendo sui miei bordi i litigi
E lo sterco di uccelli dagli occhi bioni, e urlanti.
Vogavo ed attraverso i miei legami fragili
Gli affogati a ritroso scendevano a dormire!


Io, battello perduto nei crini delle cale,
Spinto dall'uragano nell'etra senza uccelli,
Né i velieri anseatici, né i Monitori avrebbero
Ripescato il mio scafo ubriacato d'acqua;


Libero, fumigante, di brume viole carico,
Io che foravo il cielo rossastro come un muro
Che porti, leccornie per i buoni poeti,
Dei licheni di sole e dei mocci d'azzurro;


Io che andavo chiazzato dalle lunule elettriche,
Folle trave, scortato dagli ippocampi neri,
Quando il luglio faceva crollare a scudisciate
I cieli ultramarini dai vortici infuocati;


Io che tremavo udendo gemere acento leghe
I Behemot in foia e i densi Maèlstrom,
Filando eternamente sulle acque azzurre e immobili,
Io rimpiango l'Europa dai parapetti antichi!


Ho visto gli arcipelaghi siderei e delle isole
Dai cieli deliranti aperti al vogatore:
- È in queste notti immense che tu dormi e t'esili
Stuolo d'uccelli d'oro, o Vigore futuro?


Ma basta, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro:
L'acre amore mi gonfia di stordenti torpori.
Oh, la mia chiglia scoppi! Ch'io vada in fondo al mare!


Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo,
Un bimbo malinconico abbandona, in ginocchio,
Un battello leggero come farfalla a maggio.


Non posso più, bagnato da quei languori, onde,
Filare nella scia di chi porta cotone,
Né fendere l'orgoglio dei pavesi e dei labari,
Né vogar sotto gli occhi orrendi dei pontoni.



Ritratto di Arthur Rimbaud all'età di diciassette anni, ca. 1872 (Étienne Carjat). Un anno prima aveva composto Il Battello Ebbro.

venerdì 15 aprile 2011

Nato da una famiglia di partigiani ha combattuto il nazifascismo di oggi: VITTORIO ARRIGONI ed il suo motto "Restiamo Umani"

Vittorio Arrigoni (4 febbraio 1975 – Gaza, 15 aprile 2011). Il suo motto è "Restiamo Umani".
Sono triste. Non avevo mai visitato il blog di Vittorio Arrigoni, non ne conoscevo l'esistenza. Non sapevo che fosse a Gaza dopo il barbaro assassinio da parte degli israeliani di due attivisti di International Solidarity Movement (ISM) Tom Hurndall e Rachel Corrie. Anche Vittorio Arrigoni era membro della medesima associazione. Appena entrato nel suo blog vi leggo "Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito." Poche parole per rendermi conto che avevi già raggiunto tutte quelle verità che una società anestetizzata non è più in grado di capire. Ci lasci in eredità il tuo pensiero, Vittorio. La cosa più importante che potevi lasciarci.


Chi era e cosa ci lascia Vittorio Arrigoni.

mercoledì 6 aprile 2011

Questa è l'Italietta che umilia la Storia. Il Popolo della Libertà tenta di abolire l'Apologia di Fascismo.


Gli esponenti del Popolo della Libertà Cristiano De Eccher, Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bonacin, Achille Totaro, hanno presentato in Senato un disegno di  legge costituzionale per abolire la norma che vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista» (Fonte Corriere.it) Questo, è sicuramente uno degli episodi più gravi, se non il più grave, nell'epoca infame del berlusconismo. Una vergogna senza fine.

venerdì 25 febbraio 2011

111 giorni di atroci sofferenze, l'agonia e poi la morte di un diciannovenne non fermano la tracotante arroganza di Vittorio Emanuele di Savoia, suo infame assassino

 
Il video, catturato da una microcamera, in cui Vittorio Emanuele si vanta dell'uccisione di Dirk Hamer. "Guardare quel video è orrendo, ma dà anche un grandissimo sollievo. Ora quel signore non potrà mai più sostenere che non ha sparato a mio fratello: ho vinto la mia battaglia, anzi quella di Dirk", dice oggi la sorella di Dirk Hamer.

Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria di Savoia sono una persona sola. Un infame senza dignità.
Vittorio Emanuele di Savoia.
L'uomo ha costellato la sua vita di gaffes e smentite (memorabile quando nel maggio del 1997 ribadì di non voler chiedere scusa agli italiani per le leggi razziali firmate dal nonno), di dietrofront e modi impacciati, che mal trapelano le dosi massiccie di tracotante indignità che lo rendono un infame. Sono sue parole "Ai magistrati li ho fregati..avevo una batteria di avvocati..ho fatto cambiare sei persone dei giurati". La verità Vittorio Emanuele la racconta ai suoi compagni di cella nel carcere di Potenza.
Con aria baldanzosa, racconta vantandosi di come abbia ucciso in una notte dell'Agosto 1978 il diciannovenne Dirk Hamer (figlio di Ryke Geerd Hamer), un ragazzo tedesco che villeggiava nei mari della Corsica, vicino all’isola di Cavallo. Nessun rispetto per una giovane vita stroncata. Nessun rispetto per 111 giorni di agonia in cui Dirk Hamer lottò inutilmente contro la morte. Nessun rispetto per le sofferenze dovute all'amputazione di una gamba, un estremo tentativo di salvargli la vita. Vittorio Emanuele preferisce sottolineare, vantandosi, come "con una batteria di avvocati" e con il potere di "cambiare i giurati" sia sempre possibile fregare la giustizia. Già, perchè nessuno interrogherà Rocco Migliardi, Gian Nicolino Narducci e Ugo Bonazza, i compagni di cella di Vittorio Emanuele, qualificandoli come testimoni all'interno di nuovo processo. Non ci sarà nessun nuovo processo. La Giustizia, di fronte a batterie di avvocati ed allo stropotere di uomini potenti e indegni, non può nulla. Così, tra gli Yachts a Portocervo si continueranno sempre a vantersi coloro che sono riusciti a fregare il prossimo e la giustizia. Aggiungo una ultima cosa. Povera Italia, che ha eletto personaggio televisivo il figlio di quest'assassino: Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia. Rai Uno nel 2009 gli ha offerto la partecipazione al talent show "Ballando con le stelle". Nel 2010 è stato co-conduttore nel talent show "I raccomandati" sempre su Rai Uno. Ha partecipato infine al Festival di Sanremo insieme a Pupo con la canzone Italia amore mio, premiata dal televoto popolare. Nello stesso anno ha condotto il programma di Rai 2 "Ricchi di energia" e Miss Italia con Milly Carlucci sempre su Rai Uno. La televisione pubblica crea il mito nel figlio di un assassino ed il popolo bue lo acclama. Adesso capisco perchè il popolo italiano, dopo l'abominio del fascismo, ha sentito l'esigenza di eleggere onorevole Alessandra Mussolini, ospite fissa anche lei nei programmi televisivi, applaudita ed acclamata a furor di popolo. Che schifo.

Dirk Hamer, assistito dalle amorevoli e purtroppo inutili cure della sorella.

giovedì 17 febbraio 2011

L'intercettore superveloce Gojira ferma la caccia sanguinaria alle balene. La migliore difesa ecologista è l'attacco.

Dalla loro parte il diritto naturale delle balene alla sopravvivenza. Dalla loro parte la legge internazionale. I nuovi ecopirati combattono nel giusto.

In Italia ci siamo abituati. Fatta la legge trovato l'inganno. Questo assunto era stato fatto proprio anche dalle baleniere giapponesi che, con la complicità delle autorità nipponiche, nonostante la caccia per scopi commerciali ai cetacei fosse vietata da una moratoria internazionale del 1986, continuavano in questi anni la mattanza dei cetacei nascondendosi dietro l'assurda ipocrisia della "ricerca scientifica". Le autorità di Tokyo affermavano che questa caccia facesse parte integrante della cultura nipponica e non disdegnavano che, nonostante i dichiarati fini di ricerca, la carne finisse sulla tavola dei giapponesi. Grazie all'attivismo a tenaglia dell'associazione di difesa dell'ambiente Sea Shepherd e alle pressioni diplomatiche di stati virtuosi come la Nuova Zelanda e l'Australia che hanno denunciato il Giappone al tribunale dell'Aia, il Giappone ha sospeso la caccia alle balene nell'Antartico (Fonte il Corriere della Sera 16/02/2011), di cui avevo già parlato in un post a fine 2007. Questo a mio avviso insegna che l'attivismo può cambiare la storia quando interpreta la difesa come attacco. L'immagine dell'intercettore superveloce Gojira credo renda perfettamente questa idea. Un ultimo aspetto. Mentre l'italietta si fa conoscere nel mondo per il bunga bunga, nazioni virtuose come la Nuova Zelanda e l'Australia si distinguono per stile e valori, dimostrando da sempre di essere popoli che non solo non possono conoscere la vergogna del fascismo e del berlusconismo italiano, ma sono interpreti della propria storia nella misura in cui rispettano il pianeta e gli animali che lo abitano.
L'intercettore superveloce Gojira (nome giapponese del mostro cinematografico Godzilla) dell'associazione Sea Shepherd che ha costretto il Giappone a sospendere la caccia alle balene. L'intercettatore  assieme ad altre barche d'appoggio facenti parte della flotta «ecopirata», si sono posti sulla scia delle quattro baleniere giapponesi ed in particolare della nave-mattatoio, l'ammiraglia Nisshin Maru, piazzandosi davanti allo scivolo a poppa e manovrando in modo tale da impedire alle navi arpionatrici l'azione. 


L'intercettore superveloce Gojira ha sostituito il Ady Gil, un trimarano da primato, concepito per l'ambizioso obiettivo di circumnavigare il globo con un mezzo a basso impatto ambientale, acquistato e ribattezzato Ady Gil dalla Sea Shepherd, organizzazione ambientalista non-profit, per operazioni di disturbo nei confronti della flotta nipponica di baleniere. Proprio durante una di queste operazioni, il 7 gennaio 2010, la Ady Gil é affondata in seguito ad una collisione con la baleniera giapponese MV Shōnan Maru 2.

venerdì 11 febbraio 2011

World Press Photo 2010: nel volto di Bibi Aisha la vergogna talebana

World Press Photo 2010: il volto di Bibi Aisha
Era il 2007 quando in un post parlavo della fotografia vincitrice del World Press Photo 2007, uno dei più prestigiosi premi foto-giornalisti del mondo, che ritraeva un soldato statunitense sfinito in un bunker afghano. Il World Press Photo 2010 è ancora dedicato al dramma afghano e la fotografia vincitrice ritrae il volto sfigurato di una 18enne afghana, Bibi Aisha. La ragazza fu ceduta in sposa a soli 12 anni ad un combattente talebano, in base a un'usanza detta baad, un costume tradizionale per risolvere le dispute tra i clan, in cui la bambina fungeva da compensazione.
Aisha, trattata come una schiava che doveva dormire tra gli animali provò a fuggire, ma fu ritrovata dal marito a Kandahar, condannata da un giudice talebano e quindi mutilata al naso e alle orecchie con un pugnale dallo stesso marito. La fotografia è stata pubblicata in copertina dal magazine Time, con un titolo che ha scatenato un acceso dibattito: "Cosa succede se lasciamo l'Afghanistan". A causa dell'atroce brutalità dell'immagine i contestatori hanno parlato di "Pornografia bellica", un modo per continuare sostanzialmente a giustificare moralmente la presenza militare degli americani in Afghanistan, un modo di usare la condizione femminile per giustificare una guerra. La Commissione indipendente per i diritti umani dell'Afghanistan (Aihrc) ha stabilito inoltre che «non sono stati i talebani» a mozzare naso e orecchie alla giovane Aisha Bibi, ma che si tratta piuttosto di «un episodio di violenza familiare». I parenti di Bibi Aisha, sono attualmente ricercati e taluno è stato arrestato. Ho parlato di "vergogna talebana", nel titolo di questo blog, perchè si può imputare questa follia sostanzialmente alla concezione talebana della donna.

Sembrerà paradossale ma nel 2000 i taleban avevano proibito la coltivazione dell'oppio. Si vede chiaramente nel grafico il crollo della produzione, che è ripresa nel 2001, con la guerra (Fonte National Geographic - Febbraio 2011 vol.27 n.2)

La stessa America che ha denunciato il caso si è anche prodigata nel ridare a questa donna la propria fisicità deturpata. Bibi Aisha, portata negli U.S.A, ha ricevuto l'Enduring Heart Award da Mary Shriver, dalla moglie del governatore Arnold Schwarzenegger e appartenente al clan dei Kennedy, un finanziamento che le permetterà di sostenere le ingenti spese di chirurgia plastica.  

Bibi Aisha ritrova il sorriso con una protesi inpiantatale negli U.S.A

domenica 26 dicembre 2010

We will not pay for your crisis

 

There are solemn moments in the life of peoples, as in that of individuals; supreme moments, where you decide the fate of a long future. Then every man has a right to ask another: what do you think? and every man would like to say: this is my faith, in this judge my work. Europe now is in one of those moments. The ferment of the students is universal in Europe, but without specific intent, without unity of belief to be held around the street, riots breaks out in anonymous and free of glory.

The agreement between government and governed has ceased and it's time to say we will not pay for your crisis.

venerdì 12 novembre 2010

Emanuele Ricifari, il famigerato suo malgrado.



Dopo aver visto questi filmati tratti da youtube, ho espresso tutte le mie critiche sull'operato del vicequestore Emanuele Ricifari per gli scontri di Brescia del 13 novembre 2010, contestandogli la repentività e quindi la gratuità degli ordini di carica. Ho parlato di un arrogante stato di polizia, impersonificato nell'occasione in un funzionario che davanti a tutti sembrava guidare un drappello di austriaci verso una barricata di carbonari. Ho contestato al funzionario l'apparente assenza della ricerca da parte sua del dialogo e della mediazione tipica di quell'arbitro che con il suo operato professionale, riesce a chiudere la propria partita facendo dimenticare il proprio nome e cognome. Ho sostanzialmente criticato quindi il personalismo del personaggio Emanuele Ricifari, invitandolo a prodigarsi maggiormente nella "composizione dei dissidi" e non ad alterarsi provocando smarrimento tra i manifestanti.
Il vicequestore Emanuele Ricifari, che ha lasciato un commento su questo blog e mi ha contattato in modo molto professionale e franco in un raro incontro e dialogo tra cittadinanza civile e polizia di stato (a dispetto dell'idea che mi ero fatto di una persona tracontante violenza), ha tenuto a dirmi quanto segue: "La carica (e non le cariche), è stata solo di alleggerimento (cioè tesa solo a disperdere i manifestanti e non a scontrarsi con loro), come testimoniano le immagini integrali girate non solo dalla polizia scientifica ma anche da diversi operatori di emittenti bresciane. Le altre cariche sono state da me ordinate e guidate personalmente, senza casco e manganello, davanti alla squadra di dieci uomini del reparto mobile proprio per evitare qualsiasi reazione esasperata da parte dei poliziotti canzonati da ore di dileggi, insulti e provocazioni anche fisiche. Le immagini immesse sulla rete e montate ad arte, non mostrano nulla delle ben diciasette intimazioni formali (in luogo delle tre di legge) effettuate da me e da altri dirigenti della polizia, degli innumerevoli inviti fatti dialogando con i manifestanti, dell'aggressione fisica subita dal dirigente della digos e da una commissario capo da parte di un giovane, dei calcetti sugli stinchi e sulle caviglie del personale in divisa ed in borghese schierato sulla strada.
L'ordine di caricare per quanto condiviso con il Questore, sulla strada l'ho dato io. Preciso di averlo dato una prima volta fittiziamente, d'intesa con il personale in uniforme, che aveva l'indicazine di fare solo un passo e lasciare che ci muovessimo soltanto io ed il personale in borghese, riconoscibile dalla placca di servizio esposta sul petto o alla cinta. La carica effettuata invece è stata come detto di alleggerimento, il personale aveva cioè il compito solo di "rincorrere" per una decina di metri chi non aveva ottemperato agli inviti formali ad allontanarsi .
Quanto alla funzione di "arbitro", lei ha pienamente ragione riguardo al fatto che questa sia una delle funzioni, forse la più importante, svolte dalla polizia di stato, quella che viene definita normativamente "composizione dei dissidi". Purtroppo nel caso in esame lo sforzo di composizione, durato per oltre una settimana e quella mattina per oltre due ore, non aveva dato esito, per l'assoluta intransigenza dei rappresentanti della protesta; questi (dopo le ripetute proposte, anche sostenute dalla Cgil e dalla Cisl oltre che dalla Caritas e dalle Associazioni dei Migranti continuamente rifiutavano qualunque mediazione se non dopo la concessione dell'impunità per chi era sulla gru e del rilascio del permesso di soggiorno in violazione della legge da parte delle autorità preposte), più volte invitati ad allontanarsi, con il suggerimento di disporsi sui marciapiedi lato carreggiata, onde consentire, dopo giorni di illecito blocco da loro stessi organizzato, il passaggio di cittadini, studenti universitari (il blocco-presidio stradale era posto dinanzi all'ingresso degli studenti dell'università) e residenti, si rifiutavano accusando me ed il collega della DIGOS di provocazione perchè ricordavamo loro, come correttezza vuole, che quei comportamenti costituivano una serie di reati per i quali è previsto l'arresto in flagranza. Ci siamo prodigati quindi nel "trasportare via" di peso coloro che opponevano resistenza attiva al tentativo di allontanare le persone inottemperanti agli inviti e che incitavano i presenti a violare le norme che gli erano state più volte illustrate nelle diverse fasi in cui si è riusiti a farsi ascoltare da chi, appena aprivamo bocca, ci sommergeva di fischi, insulti, cori mentre dall'alto venivano lanciati su di noi, sui vigili del fuoco e sui passanti sacchetti con escrementi, bottiglie di plastica contenenti urina, bulloni, pezzi di gru vari e pile."

Dopo aver ascoltato attentamente le parole del vicequestore, mi sento di fare le seguenti osservazioni. Pur continuando ad avere la netta sensazione che ad esempio quel "portatela via" di Emanuele Ricifari rivolto a quella signora anziana, che urlava "non ho fatto niente", sia ingiusto nei rapporti di forza instaurati, altrettanto ingiusto credo sia il fatto che LA POLITICA demandi e scarichi sempre più sulle forze dell'ordine  la gestione delle tensioni frutto della propria incapacità di legiferare leggi giuste e di ricercare e promuovere un equilibrio e una coesione sociale. In tal senso, le forze dell'ordine sono le prime a pagare lo stress di un malgoverno politico; perchè percepiscono da vicino le direttive di una politica corrotta e amorale a cui devono comunque tacita obbedienza e perchè dall'altro si ritrovano in prima linea a fronteggiare il malessere strisciante della società civile, malessere in aumento che al momento troppo banalmente finisce con l'offendere chi sta compiendo, bene o male dipende dal caso, semplicemente il proprio lavoro.

lunedì 18 ottobre 2010

È successo ancora, a distanza di poco tempo.

Lo scenario di sangue dove due giovani vite innocenti sono state spezzate: Alex Biasin di 18 anni e Elena Pecin di 19 (Fonte il Gazzettino)
Non molto tempo fa' avevo scritto "Senza ipocrisie in memoria della Sig.ra Marina Badiello" cercando di affrontare senza isterismi l'omicidio di una casalinga a Padova per mano di alcuni rom e il conseguente dramma di un marito e di una figlia che hanno perso tragicamente la persona che più amavano. Ora a perdere la vita a distanza di pochi giorni sempre a Padova e sempre per mano di un nomade che guidava a 190 all'ora senza patente, sono due fidanzatini, Alex Biasin di 18 anni e Elena Pecin di 19 e i genitori di Alex versano in gravissime condizioni.


bhe io quella macchina quele bmw l'ho incrociata per via caselle di piove di sacco e dire che stava andando ad almeno 180kmh è dire poco, per chi conosce quella strada sa bene quanto stretta sia, quindi potrà capire il pelo che mi ha fatto... la cosa buffa è che 50-70 metri dietri c' erano i carabbinieri a sirene spente che li stavano inseguendo...io mi domando perche le sirene spente??? poi qualcuno mi spiega perche zingari e giostrai nel quartiere di sant' anna fanno le gare con le macchine di notte, mi ricordo di zingari conosciuti che con la UNO turbo facevano numeri da circo poi con i bmw e le golf....(auto di chi non so) ed io invece devo pagare 200 e più euro di multa per aver fatto i 62 sul limite 50...non è xenofobia è cruda realta...noi paghiamo loro godono dell' immunita....poveri sono apolidi....sapete quasi quasi divento uno zingaro giostraio pure io...domani mi compro roulotte e autopista
commento inviato il 18-10-2010 alle 09:44 da abrax

sabato 9 ottobre 2010

Federico Aldrovandi ha vinto la sua battaglia grazie all'amore ed alla tenacia dei suoi genitori

Il 29 febbraio del 2008 mi ero unito anch'io convintamente alle migliaia di appelli alla Giustizia per Federico Aldrovandi chiedendo con forza un rinnovamento nelle polizia di stato italiana che ancora si deve affrancare del tutto dalla cultura arbitraria del manganello sfasciateste. Lo Stato ha riconosciuto, in un accordo tra le parti raggiunto all'inizio di Ottobre 2010, alla famiglia di Federico Aldrovandi, ragazzo ucciso a Ferrara durante un controllo di polizia il 25 settembre 2005, quasi due milioni di euro, ammettendo sostanzialmente la propria responsabilità, nelle persone di Paolo Forlani, Luca Pollastri, Enzo Pontani e Monica Segatto per aver ecceduto nel loro intervento, infierendo sul giovane in una colluttazione imprudente usando i manganelli che poi si sono rotti, ammanettandolo a pancia in giù con le mani dietro la schiena, posizione che avrebbe causato un'asfissia posturale.
Di questa storia rimarrà il ricordo per una giovane vita spezzata ed il coraggio e la grinta di due genitori che non hanno creduto alla versione fornita inizialmente dalla polizia ed hanno quindi cominciato a raccogliere prove e testimonianze arrivando a pubblicare in un blog su Kataweb le foto del figlio massacrato pur di rendere evidente l'ingiustizia.

I tre ramoscelli verdi

Crocifissione è un dipinto di Andrea Mantegna, datato 1457-1459 e conservato nel Musée du Louvre di Parigi Il dipinto a mio parere può rappresentare il concetto schizzofrenico della pena di morte nella Storia.

C'era una volta un eremita che viveva in un bosco ai piedi di un monte e trascorreva il suo tempo in preghiera e opere pie; e ogni sera portava ancora due secchi d'acqua su per il monte, per amor di Dio. Quell'acqua dissetava molti animali e ristorava molte piante, perché‚ sulle cime soffia sempre un vento forte che prosciuga l'aria e la terra; e gli uccelli selvatici, che temono gli uomini, roteano su in alto nel cielo, cercando un po' d'acqua con l'occhio acuto. E poiché‚ l'eremita era tanto pio, un angelo del Signore, visibile al suo sguardo, lo accompagnava su per il monte, contava i suoi passi e gli portava da mangiare, quando egli aveva finito il suo lavoro; come quel profeta che per volere di Dio era nutrito dai corvi. Quando l'eremita, nella sua santità, era già arrivato a un'età venerabile, gli accadde un giorno di vedere da lontano un malfattore condotto alla forca. E disse fra sé: "Ha quel che si merita!". La sera, quando portò l'acqua sul monte, l'angelo, che solitamente lo accompagnava, non apparve, non gli portò da mangiare. Allora egli si spaventò, interrogò il suo cuore, pensando a quale colpa potesse avere commesso, dato che Dio era in collera; ma non lo sapeva. Non mangiò né‚ bevve, si gettò a terra e pregò giorno e notte. E una volta che piangeva amaramente nel bosco, udì il canto soave di un uccellino; allora si afflisse ancora di più ed esclamò: "Come canti felice! Il Signore non è in collera con te. Ah, se tu potessi dirmi come l'ho offeso, perché‚ ne faccia ammenda, e il mio cuore si rassereni!". Allora l'uccellino si mise a parlare e disse: "Hai avuto torto nel condannare un povero peccatore condotto alla forca; per questo Iddio è in collera con te. A lui solo spetta il giudizio. Ma se vuoi fare ammenda e pentirti del tuo peccato, egli ti perdonerà". Ed ecco gli apparve l'angelo con in mano un ramo secco e gli disse: "Devi portare questo ramo secco fino a quando ne spunteranno tre verdi ramoscelli; e di notte, quando vuoi dormire, lo metterai sotto il tuo capo. Mendicherai il tuo pane di porta in porta e non passerai due notti sotto lo stesso tetto. Questa è la penitenza che ti impone il Signore. Allora l'eremita prese il pezzo di legno e tornò nel mondo, che non vedeva da tanto tempo. Non bevve e non mangiò nulla all'infuori di quello che gli davano di porta in porta. Ma molte preghiere non erano ascoltate e molte porte rimanevano chiuse, sicché‚ spesso per interi giorni egli non riceveva neanche una crosta di pane. Una volta era andato di porta in porta da mattino alla sera, nessuno gli aveva dato nulla, nessuno voleva accoglierlo per la notte; allora egli andò in un bosco e trovò finalmente un grotta da cui era stata ricavata una casa; e dentro c'era una vecchia. Egli disse: "Buona donna, ospitatemi in casa vostra per questa notte!". Ma ella rispose: "No, non posso, anche se lo volessi. Ho tre figli che sono cattivi e crudeli: se tornano dalla loro scorreria e vi trovano, ci ammazzano tutt'e due". L'eremita disse: "Lasciatemi restare! Non faranno nulla ne a voi ne a me". E siccome la donna era caritatevole, si lasciò convincere. Così l'eremita si coricò sotto la scala e mise il pezzo di legno sotto il suo capo. A quella vista, la vecchia gliene domandò la ragione ed egli le raccontò che lo portava sempre con sé‚ per penitenza e di notte lo usava come cuscino. Aveva offeso il Signore perché‚ vedendo un povero peccatore che andava al supplizio, aveva detto che se lo meritava. Allora la donna si mise a piangere e gridò: "Ah, se il Signore punisce solo per una parola, che sarà mai dei miei figli, quando compariranno a giudizio davanti a Lui?". A mezzanotte tornarono a casa i briganti con strepito e fracasso. Accesero un fuoco, e quando le fiamme illuminarono la grotta, ed essi videro un uomo coricato sotto la scala, andarono su tutte le furie e gridarono alla madre: "Chi è quell'uomo? Non ti abbiamo forse ordinato di non accogliere nessuno?". La madre disse: "Lasciatelo stare, è un povero peccatore che fa penitenza". I briganti domandarono che cosa avesse fatto, e gridarono: "Vecchio, raccontaci i tuoi peccati!". Il vecchio si alzò e narrò come, con un'unica parola, avesse tanto peccato che Dio si era adirato con lui, e ora egli doveva espiare questa colpa. I briganti furono così colpiti dal suo racconto, che ebbero orrore della loro vita passata, si ricredettero e, sinceramente pentiti, incominciarono a scontare la loro colpa. Dopo aver convertito i tre peccatori, l'eremita tornò a coricarsi sotto la scala. Ma al mattino lo trovarono morto; e dal legno secco, sul quale posava il capo, erano cresciuti tre ramoscelli verdi. Il Signore lo aveva di nuovo accolto nella sua grazia.

L'educazione alla vita, passa attraverso il racconto di fiabe, come quella riportata, in quel periodo delicato della nostra vita che si chiama infanzia.
Gli autori di questa fiaba sono due fratelli che inseparabili fin da bambini, vissero e studiarono e scrissero insieme per tutta la loro vita. Il maggiore dei fratelli Grimm, Jacob (1785-1863) era il più ostinato e severo; il secondo, Wilhelm (1786-1859) il più gaio e il più poeta. Ma le fiabe che i Grimm scrivevano erano quelle che le mamme  e le nonne tedesche raccontano ai bambini, e che esse hanno imparato a loro volta dalle loro mamme e nonne.

venerdì 8 ottobre 2010

Chiedono la pena di morte, perchè sono più bestie della BESTIA?

La pena di morte non è una pena. Si contesta l'omicidio per commetterne un altro, egualmente arbitrario. Illogico. Ti uccido perchè tu hai ucciso.

L'esecuzione capitale è un atto intrisecamente delittuoso: l'ordinamento che lo prevede non rispetta la condizione della propria validità. Per fortuna l'articolo 27 della Costituzione italiana comma 4: "Non è ammessa la pena di morte". Nessuno tocchi Caino, insomma. A questo punto, posto che ignorantia legis non excusat, chiedono la pena di morte violando la Costituzione italiana, perchè sono più bestie della BESTIA?

Medioevo \ Barbarie

martedì 5 ottobre 2010

Pungoleresti un leone con un punteruolo in ferro per un pubblico pagante? La natura è indomabile.


Due leoni, dopo chissà quali angherie e una vita triste sostanzialmente innaturale lontana dalla loro savana,  hanno attaccato un domatore durante uno spettacolo circense a Lviv in Ucraina. Il domatore Oleksie Pinko, per quanto zoppicante con una gamba insanguinata, forse impossibilitato a battere in ritirata e cercando di riprendere il controllo dell'arena con la violenza colpisce con un punteruolo in ferro un leone, scatenando l'aggressività naturale del felino che trova sostegno in un compagno. I leoni ce l'avevano unicamente con il domatore, ignorando gli addetti del circo che si adoperano per fermare i leoni con getti d'acqua e bastonate in attimi scioccanti, mentre i felini attaccano il domatore. Il domatore, che ha rischiato di essere lettaralmente sbranato, è stato azzannato più volte alle braccia. Pinko è stato portato in ospedale dove è stato operato d'urgenza. Ora è in condizioni giudicate stabili. Ora ha conosciuto un vero leone.


Questo è l'attacco naturale di un leone. Lo pungoleresti con un punteruolo in ferro per far divertire un pubblico pagante?

sabato 11 settembre 2010

Fari allo xenon ti accecano? è la macchina del capo che ha sempre gli abbaglianti accesi



Sensazione di un SUV dietro che ti brucia la retina degli occhi ed incendia lo specchietto retrovisore con i fari allo xenon; è la macchina del capo descritta in questra traccia audio che descrive in ogni sua forma, l'accidia della società moderna. Il capo è un mostro, un titano invincibile e ai suoi piedi il popolo addormentato e spiritualmente ritardato, un sonno barbaro dove il futuro è nero elegante. L'artista è una sorta di pseudodemone, si muove in fredde sonorità e svela concetti tristemente realistici di una società plastificata.

Sotto il guanto di velluto di un umanitarismo efficacemente supportato da manipolazione genetica, impiego di sostanze psicoattive, ipnopedia e divertimenti ipertecnologici, l'umanità è finalmente riuscita a sconfiggere le malattie, l'aggressività, la guerra, l'ansia, la sofferenza, il senso di colpa, l'invidia e il dolore. Ma il prezzo di tale vittoria ha un nome: omogeneizzazione, mediocrità, divertimenti banali, affetti superficiali, gusti triviali, falso appagamento, incapacità di provare amore e desiderio.

domenica 29 agosto 2010

Senza ipocrisie, in memoria della Sig.ra Marina Badiello


Stanziali sullo sfondo e nomadi in primo piano a confronto.

Chi come me, intende promuovere i valori della cultura, della tolleranza e vede un arricchimento culturale in una società multietnica, non può esimersi dal provare ad immedesimarsi per un attimo nei panni di un marito e di una figlia che hanno perso tragicamente la persona che più amavano, per mano di alcuni rom delinquenti.
Certo non si può strumentalizzare un singolo episodio e trarne da un singolo fatto di cronaca la condanna di una intera etnia; neanche ignorare però quel dolore infinito, che merita una seria riflessione. Poteva capitare a chiunque e se fosse capitato a me credo che avrei sperimentato l'odio. Senza ipocrisie, così ho intitolato questo post.
Pochi giorni fa due nomadi pluripregiudicati hanno imboccato ad una velocità folle e contromano una stradina a Padova uccidendo una casalinga Marina Badiello, che doveva raggiungere il supermercato Famila di via Fornace Morandi, sarebbe poi tornata a casa e avrebbe preparato la cena per il marito e per la figlia Alessia.
La questione dei Rom, Zingari, Giostrai, Nomadi etc, va affrontata non cercando l'albero dove impiccarli e non accendendo cerini, come delle bestie ignoranti chiedono a gran voce, ma civilmente ed in modo dignitoso, posto che possiamo vantarci di appartenere ad una società civile che si è allontanata dalle barbarie del nazismo. Le persone che gridano al nodo scorsoio (molti si professano "leghisti", in tal senso "legati all'ignoranza"), sono pericolose perché coltivano l'odio e lo riversano ad ondate verso il diverso, qualunque esso sia, come se questo fosse la causa della loro infelicità, che invece si sostanzia nell'incapacità di amare.

Una rom sembra indicare un'altra direzione alla legalità, rappresentata dal funzionario delle forze dell'ordine.
Se il primo pensiero e la prima obiezione, è che alla guida di quell'auto assassina impazzita ci potesse essere anche un delinquente italiano (ce ne sono tanti, lo sappiamo tutti, dai finanzieri furbetti nell'epoca del "Berlusconismo" ai figli di papà che con il macchinone compiono le stragi del sabato sera), il secondo pensiero è che oggettivamente queste etnie si comportano ancora come i predoni nel deserto. Arrivano, si accampano e incominciano a predare, perché incapaci nel loro nomadismo di trovare altre fonti di sostentamento. Una popolazione nomade vive come un parassita, sempre e solo a spese della comunità stanziale, perché il suo stile di vita non le permette di raccogliere reddito in nessun altro modo. Le macchine, gli ori ed i valori che sono nelle nostre case sono nella maggior parte dei casi il loro sostentamento; il loro bottino.

La Mini Cooper nella foto, come tante altre macchine a grossa cilindrata, sono frutto del loro lavoro. Quale? Purtroppo è da tanti anni che non si occupano più del riciclo della carta o del mestiere degli arrotini. La segregazione li spinge sulla inesorabile strada della delinquenza.
Nomadi e stanziali sono stati per millenni due universi complementari, diventando sempre più conflittuali con l’espandersi dell’agricoltura e il diffondersi del modello urbano. Da una parte la “civitas”, dall’altra i senza fissa dimora, considerati barbari e guardati sempre con diffidenza.
Molti organismi di tutela dei diritti umani, nonché studiosi ed esponenti del mondo della cultura, hanno denunciato che nei media italiani l'immagine sociale degli “zingari” viene costruita quasi esclusivamente nel racconto di fatti di cronaca, quasi sempre “nera”, con la rappresentazione dello “straniero lontano da Noi”, dello “straccione” e del “parassita”. Riprova ne è il fatto che quasi tutti gli italiani sono convinti che i rom  siano "ladri di bambini", quando invece nella giurisprudenza italiana non c'è ancora un episodio conclamato che possa avallare questa idiozia. Luoghi comuni, terribili ed indelebili; impossibile estirparli dalle menti perchè eccitano gli istinti più bestiali.
Abbiamo sterminato quasi tutte le popolazioni indigene del mondo perché avevano una cultura e un modo diverso di vivere rispetto al nostro. In particolare i Rom sono sempre stati perseguitati, fino alla deportazione e al genocidio sistematico.
Circa 500.000 Rom si ritiene che siano stati trucidati dai nazisti, perchè detentori di un gene molto pericoloso: l’istinto al nomadismo. Il loro è un “genocidio dimenticato”, rimosso dalla memoria collettiva per i secolari pregiudizi che la società europea ha avuto verso di loro; è stata attribuita a questa etnia una sorta di “propensione a delinquere”, una predisposizione naturale per il furto, il rapimento dei bambini e la magia nera (la chiromanzia, praticata dalle donne). In questi anni oscuri della Storia, anche allora tutto iniziò dal presupposto che la Polizia dovesse schedare, con uno specifico formulario, “le persone che per il loro aspetto, i loro usi e costumi possono apparire zingari o meticci zingari” ed anche “le persone che vanno in giro alla maniera degli zingari”. I dati devono essere trasmessi all’Ufficio Centrale del Reich per la lotta alla piaga zingara, a Berlino.

Questo senso di colpa, questo olocausto, non deve però permettere a taluni di porsi fuori dal sistema attuale delle regole, razziando impunemente quello che gli altri accumulano con il sudore della propria fronte. Per questo, guardando a questo fatto di cronaca come a tanti altri, l'unica soluzione che sembra palesarsi, posto il fatto che queste etnie rifiutano l'integrazione ed una vita stanziale in cui sia chiara una loro identità sociale, è l'espulsione permamente delle famiglie delinquenti dal territorio nazionale come in questi giorni sta avvenendo in Francia. Non me ne voglia Primo Levi che nel libro "La Tregua" disse sapientemente: "Ma quante sono le menti umane capaci di resistere alla lenta, feroce, incessante, impercettibile forza di penetrazione dei luoghi comuni?"

martedì 26 gennaio 2010

Italia anno 2010: le coppie di fatto nell' anno 0 della tolleranza

Matthew Wayne Shepard (1976 - 1998)
 Un po di tempo fa' dedicai un post "Lo specchio della vita delle donne nei Kilim", a Rachel Corrie (10 aprile 1979 – Rafah, 16 marzo 2003) un ragazza attivista statunitense pacifista. Ora mi sento di parlare di un ragazzo americano Matthew Wayne Shepard (1º dicembre 1976 - 12 ottobre 1998), studente all' Università del Wyoming.
Matthew Wayne Shepard (1976 - 1998)
Matthew Wayne Shepard venne derubato e torturato da due ragazzi in una località vicino a Laramie, Wyoming la notte tra il 6 ottobre e il 7 ottobre 1998, a causa del suo orientamento sessuale. Shepard fu trovato dopo 18 ore di agonia, con una frattura dalla nuca fino oltre l'orecchio destro. Parte del cervello era stata danneggiata in modo tale da risultare compromessa la capacità del suo corpo di regolare il battito cardiaco, la temperatura corporea e altre funzioni vitali. C'era inoltre circa una dozzina di piccole ferite sulla testa, sul collo e sulla faccia.  Morì cinque giorni dopo a causa delle ferite subite.
Matthew Wayne Shepard (1976 - 1998)
I suoi assassini stanno attualmente scontando la pena in prigione. Gli avvocati hanno dimostrato che Shepard venne attaccato esclusivamente a causa del proprio orientamento sessuale. Il suo caso, grazie anche alla famiglia che ha scelto di non mettere a tacere l'episodio ma di parlarne in pubblico, è diventato un simbolo contro la discriminazione in tutto il mondo.

Matthew Wayne Shepard (1976 - 1998)
Il processo vide l'inquietante introduzione nel diritto della "difesa da panico gay"; inoltre un gruppo di oppositori omofobi, capeggiati dal pastore della Chiesa Battista Fred Phelps, di distinse per la propria follia protestando con picchetti ai funerali di Shepard e al processo dei suoi assalitori. La violenta protesta si concretizzò con cartelli e slogan come «Matt Shepard marcisce all'inferno», «L'Aids uccide i finocchi morti» e «Dio odia i froci».

« È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo. » (Diario di Anna Frank)

In Italia anno 2010, Regno della Chiesa e dei talk show in cui invitano l'onorevole Mussolini a parlare dei diritti delle coppie di fatto, i diritti sono conservati e cristalizzati secondo una tradizione secolare, la stessa che ha ucciso i diritti di Giovanna d'Arco, Giordano Bruno, Galileo Galilei, Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e di migliaia di altre persone, le cui sofferenze rimangono inascoltate. Per sempre ricorderò la definizione di vita di Piergiorgio Welby:

"Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà";
La vita del 22 enne Matt Shepard vittima dell'intollerenza, continua nella Fondazione  fondata dai genitori di Matthew, Judy e Dennis, attivi sostenitori dei diritti gay ed educatori alla tolleranza.

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