sabato 6 dicembre 2008

A Capodanno apro la Sublime porta dell'Oriente (Istanbul) per poi atterrare sulla luna (Cappadocia)

Sic ingredere ut te ipso quotidie doctior, Sic egredere ut in dies patriae christianaeque reipublicae utilior evadas, Ita demum gymnasium se feliciter ornatum existimabit
Entra in modo da diventare ogni giorno più dotto, Esci in modo da diventare ogni giorno più utile alla patria e alla cristianità, così finalmente lo Studio si dirà ben adornato
(Iscrizione c/o il palazzo Bo' dell'Università degli studi di Padova)
Non aprite quella porta..i mass media non invitano di certo a viaggiare, come se viaggiare nei paesi islamici possa essere più pericoloso che trovarsi in Veneto sulla Pontebbana e sulla Romea , la strada più pericolosa d'Italia secondo i parametri numero di incidenti stradali per chilometro (1,7) e numero di morti per incidente (10%) (rilevamento statistico promosso nel 2006 dall'ACI in collaborazione con l'ISTAT ); la verità è che nessuna cultura sopravvive se esclude le altre (Gandhi) e quindi non vedo l'ora di aprire la porta dell'Oriente (Instanbul), sperando di non sentire più, almeno per una decina di giorni, quel puzzo di provincialismo e campanilismo che pervade l'Italia, in fase di stagnazione culturale, politica ed economica. Per non dire poi per chi pensa alla Turchia come ad un Caravanserraglio (luogo di gran confusione) che essa concesse il voto alle donne fin dal 1930 (in Italia nel 1948!). Le donne anatoliche il cui ruolo nella società è testimoniato dal culto della Dea-Madre (Cibele), la cui figura nei manufatti artistici è spesso abbinata a simboli di potere, come leoni, avvoltoi e serpenti, e dalle Amazzoni donne guerriere che proprio nell'Anatolia videro la loro patria.

Monte Ararat. Secondo alcune interpretazioni della Bibbia, Noè approdò sulla sua cima dopo che il diluvio universale, scatenato da Dio per punire gli uomini, ebbe termine. A partire dal XIX secolo alcuni esploratori si sono avventurati sul monte alla ricerca dell'Arca, tra cui l'astronauta James Irwin e l'ingegnere Angelo Palego. (il sito di riferimento che proverebbe la presenza dell'Arca di Noè attraverso anche un video è il seguente: http://www.noahsark.it/ )

I “camini delle fate" sono una delle meraviglie del mondo. Un labirinto di torri, crepacci, canyon, pinnacoli e castelli rupestri inseriti in un paesaggio lunare: è un paesaggio fiabesco quello che si presenta agli occhi di chi raggiunge la Cappadocia.

è uno di quei rari luoghi al mondo nei quali l'opera dell'uomo si mescola sapientemente al paesaggio circostante. Delle abitazioni vennero scavate in questa roccia a partire dal 4000 a.C. Ai tempi di Bisanzio, cappelle e monasteri vennero scavati nella roccia; i loro affreschi con toni ocra, riflettono i colori del paesaggio circostante. Ancora oggi si vedono emergere armonicamente nel paesaggio abitazioni scavate nei coni di roccia e villaggi di tufo vulcanico.

La libertà bisogna conquistarsela..giorno dopo giorno

venerdì 21 novembre 2008

Mauro Corona: writer, sculptor and Italian climber.

"Mio nonno parlava con gli alberi, e li rispettava per l'uso che ne faceva. Mi chiedeva di tenere le mani attorno alla corteccia quando la incideva per fare innesti. Era convinto, e lo sono anch'io, che in quel momento l'albero provava paura, tremava e veniva assalito dalla febbre. Le mie mani strette a lui servivano a rassicurarlo, proteggerlo, aiutarlo a sopportare il dolore che il taglio gli procurava. Fino a pochi anni fa il rapporto tra i boscaioli e alberi era di reciproco rispetto". Tratto da Mauro Corona, Le voci del bosco, Edizioni Bilioteca dell'Immagine
Sciretti Alberto assieme a Mauro Corona sulla palestra per arrampicatori ad Erto il 09/11/2008
"Una betulla, innamorata di un maggiociondolo, attendeva che il vento la piegasse per andarlo a baciare, ma, per quanto il vento soffiasse forte, le mancavano sempre qui pochi centimetri per giungere al bacio agognato. Così, in attesa dell'evento impossibile, la betulla gli parlava senza speranza. Fu il Vajont che li unì. Strappati e trascinati via dall'acqua, si toccarono per un breve istante. Così, prima di morire, anche il maggiociondolo ebbe un po' d'amore, mentre dalla rive sparivano altri alberi e la gente, e la gioia di vivere, e tutto quello che ci aveva fatto sperare in un futuro migliore." Tratto da Mauro Corona, Le voci del bosco, Edizioni Bilioteca dell'Immagine

Primo piano di Mauro Corona , che dice "è sciocco cercare di mascherare il cammino degli anni. L'incidere del tempo cambia il colore alla pelle del maggiociondolo e la abbruttisce, ma lui non se ne rammarica [...] Cambiare la nostra identità per cercarne una di moda che ci appartiene, fa smarrire il senso della vita". Oltre quarant'ani di vita nei boschi e dialoghi con le piante e con la roccia. Durante questo lungo tempo, ha capito, sono parole sue, "che tutto in natura ha un proprio carattere, una personalità, un linguaggio, un destino" e "durante le scalate difficili cominciai a parlare anche alla roccia e le cose andarono meglio".
Sentite questa metafora: "il faggio è la folla, la massa, e la sua giornata è quelle del lavoratore laborioso. La fabbrica funziona perchè ci sono i faggi che avvitano bulloni e svolgono lavori di manovalanza. Senza di loro la catena di montaggio non andrebbe avanti. Nessuna società può vivere e produrre solo con il riservato maggiociondolo, o con l'elegante betulla, o con il duro ma fragile acero. Ci vogliono i tanti faggi che ogni mattina sono lì, a timbrare il cartellino. Certo lui non è un lettore, non va a teatro, il cinema impegnato non lo conosce, ma per il calcio, per la squadra del cuore, è disponibile a tutto. In fabbrica, il lunedì è felice se i suoi hanno vinto e poi un po' di osteria, le carte e la televisione sono il suo mondo. Dei faggi ho grande rispettoperchè, da semplici operai, devono mantenere la famiglia, pagare l'affitto, mandare i figli a scuola. Nella città del bosco sono i manovali che impastano la malta, portano i mattoni e costruiscono le case. Senza di loro i designer, gli ingegneri, i tenici ossia i frassini, i tassi, i maggiociondoli morirebbero di fame. Questi ultimi sono di famiglia privilegiata e quindi mancano di quella manualità che sola permette la sopravvivenza e che sta pericolosamente scomparendo anche nei ceti meno abbienti. Ma, prima o dopo, sarà di nuovo necessario avere manualità e il riappropriarsene costerà assai caro a coloro che allora popoleranno la terra." Mauro Corona in "Le Voci del Bosco"
Ecco i due video forse più belli che ben rappresentano l'alpinista, scultore e scrittore Mauro Corona ( http://www.dispersoneiboschi.it/ ).
Ho incontrato Mauro Corona pochi giorni fa'. Era sulla palestra naturale per arrampicatori di Erto, divenuta proprio famosa grazie allo scrittore, scultore ed alpinista. Quel giorno Mauro era li festante, nonostante la sbronza di vino della sera precedente e nonostante i quasi 60 anni si è arrampicato come un ventenne aprendo la strada ad un suo amico medico (scherzando mi ha detto che lo porta ad allenare perchè in cambio gli prescrive il viagra gratis eh eh che forte mauro). Ha dimostrato di essere l'autore dei suoi libri. Un saggio, temprato dalla montagna, che tanto avrebbe da insegnare ad un mondo di colletti bianchi senza identità che consumano 3 litri di carburante per acquistare un litro di latte e che vomitano cemento ed asfalto, banche e centri congressi, come se questi potessero sfamarci. La metropoli di New York cosa produce veramente? Cosa finisce sulla nostra tavola? Uova di gallina, mais, frumento?....
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Palestra naturale di arrampicata a qualche centinaio di metri dalla Diga del Vajont
Questo è il video che ho fatto su Mauro Corona: sicuramente vista anche la musica in sottofondo risulterà superficiale ai più ed un po' sacrilego ed in constrasto con lo spirito che emana nella valle del vajont; ho preferito un timbro allegro e spensierato perchè Mauro Corona nella sua saggezza e profondità d'animo è una persona che trasmette anche allegria, carisma, spensieratezza, oltre che a riflessioni profonde sulla nostra esistenza, ed è per questo che credo sia amato anche tanto dai giovani. Quindi alti i calici, non ci si piange addosso ma si combatte. La miglior prova di questo è andarlo a trovare a Erto, nella sua bottega..o andando a caso nei boschi limitrofi.
60 years everything is possible. Thanks to Mauro Coronahttp://www.dispersoneiboschi.it the gym Erto became one of the most prestigious for sport climbing in Italy. You can find him frequently to give advice to climbers experts and beginners. Mauro Corona was born in Italy near Trento from a couple of itinerant vendors and as such was born in a cart in 9 august del 1950. Corona is one of the most popular contemporary sculptors wood, known in Europe. Also devotes to climbing (Mauro Corona has opened over 300 climbing routes in the Dolomites) and writing. Many of his novels have been translated into several languages including Chinese. Mauro Corona has a particular relationship with the trees, and often embraces them with warmth and that he was taught since childhood when he went to cut the trees to make firewood. It was a way to reassure the tree and tell him not to worry. The passion for woodworking Mauro Corona has inherited in its valley, among its people. It carved the wood to need, the objects created are sold, will survive with the walking. Huge masses of chips, the unmistakable smell of wood that took shape as the baby Mauro Corona noted that his grandfather partnership with skilled manual created spoons, bowls and many other tools. Switch solitary moments of study and writing in conferences, meetings and events, continues to make wooden figures inspired by the shapes and things that affect thinking during walks in the woods of Val Vajont. It should be running in the mountains and brings children to climb. When set in the evening you can sometimes meet in the tavern that enjoy a good red with friends. Sometimes more than one. Mauro Corona said "The resin is the product of a pain, a tear that seeps from the wounded. Drops gold, yellow like honey, which does not flee away, not run away like water, do not leave the tree. Remain glued to the trunk, for give company, to help him resist, to continue growing. The memories are drops of resin that flow from the wounds of life
60 years everything is possible.

Vajont senza parole: paesaggio lunare

Sciretti Alberto con Bepi Zanfron. Quasi interamente la documentazione fotografica sulla tragedia del Vajont si deve a Bepi Zanfron, conosciuto ed apprezzato fotoreporter di Belluno, accorso già durante le prime ore della tragedia. B. ZANFRON, Vajont, 9 ottobre 1963. Cronaca di una catastrofe, Ed. Agenzia fotografica Zanfron, Belluno, 1998
Sciretti Alberto sulla diga del Vajont
Domenica scorsa sono stato sul Vajont una intera giornata; ormai si sa quasi tutto della tragedia del vajont, quindi ho pensato solo di riportarvi qui tutte le immagini che ho girato; ho visto cose e provato sensazioni che sono indimenticabili. Peccato che così come i medici si sottopongono al giuramento di ippocrate gli ingegneri ed architetti di tutto il mondo non vengano qui, prima di iniziare ad eserciatare, a giurare che mai e poi mai abbandoneranno le ragioni della logica per far spazio a quelle del profitto. La cosa infatti che più vi colpirà visitando i luoghi della tragedia, è che tutto è friabile..provate ad arrampicarvi ...ricordando che Monte Toc in lingua friulana indica anche qualcosa di "guasto", "avariato", "sfatto".
Una delle foto più suggestive: in prospettiva il terreno friabile, la diga e sullo sfondo Longarone che pagherà il prezzo più alto della tragedia.
La frase che mi ha colpito di più di questa tragedia è stata questa: "Quel 9 ottobre del 1963 più di 2000 persone entrarano nel nulla per ambizione ed interessi altrui".
"Gli ertani sono gente tosta. Perseguitati per secoli dalla malasorte, non si sono mai arresi, né mai hanno lucrato o pianto il morto sulle loro tragedie. Hanno grande stabilità, poichè anche loro, come gli alberi, sono nati sul ripido e per stare in piedi su un terreno simile occorre molto equilibrio". Mauro Corona in "Le voci del bosco"
Scritte storiche sui muri delle case di Erto
Queste persone, come tante altre in un paese mediocre come l'Italia, non hanno mai avuto giustizia esattamente come non l'hanno avuta le centinaia di morti del petrolchimico di Marghera anch'esso voluto, come la diga del Vajont, guarda a caso dal conte di Misurata Giuseppe Volpi .
Una carta geografica dettagliata per orientarsi in Val Vajont
La frana:

La frana del Monte Toc con la famosa frattura a forma di M chiaramente visibile anche nelle successive immagini


La Diga:












Paesaggio limitrofo




Erto in lontananza


Erto. In queste foto, immagini del bosco adiacente Erto, che come scrive Mauro Corona in le Voci del Bosco "ha sofferto da sempre. Non ha avuto la vita facile di altri suoi fratelli, non è nato e vissuto in un dolce pendio ma nel ripido, nell'erto appunto. Gli sono mancate le più piccole comodità e tutto ha conquistato con la fatica, così come, con fatica, sono cresciuti gli ertani."




Lago del Vajont
Lago del Vajont
Casso

Casso

Longarone
In lontananza Erto
Documenti
Documenti della tragedia fotografati al Centro Visite di Erto e Casso (PN), situato nel paese di Erto, nell'edificio delle ex-scuole elementari del paese.






























Le varie fasi di costruzione della diga




In alto a destra si vede chiaramente la sala controllo della diga che verrà spazzata via dall'onda assassina
Il modello in scala della diga. Di tipo a doppio arco, lo sbarramento è di 264,60 metri (la quinta diga più alta del mondo, la seconda ad arco) con un volume di 360.000 metri cubi e con un bacino di 168,715 milioni di metri cubi. All'epoca della sua costruzione era la diga più alta al mondo.





Casso
Erto
"Nella cultura chiusa, misogina e tremenda del paese, le cose magiche e sublimi, ma anche infide, traditrici e impossibili da dominare, diventano femmina. [...] Erto viveva del bosco e del bosco coglieva il meglio. Salvo quei pochi che avevano le mucche, tutti gli altri facevano i boscaioli. [...] Alcuni di loro hanno smesso da tempo l'antica arte per andare a fare i gelatai in Germania [...] o partivano per l'Austria o la Francia I taglialegna conoscevano la sofferenza degli alberi e il dolore che procurava il filo dell'ascia nella loro carne e meno colpi davano minore era il tempo della morte" Mauro Corona


La memoria:

Abbiamo il dovere morale di non dimenticare quelle persone che in questa tragedia hanno perso la loro vita; "Quel 9 ottobre del 1963 più di 2000 persone entrarano nel nulla per ambizione ed interessi altrui". Nell'immagine la fotografia di un ragazzo che invece perse la vita a 30 anni costruendo la diga. Nel rispetto di queste persone che non ci sono più noi dobbiamo pretendere che qualsiasi cantiere, qualsiasi progetto, tenga prima di tutto in considerazione il rispetto sacrale che si deve ad ogni vita ed alla natura. Ogni vita va rispettata.

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