domenica 17 ottobre 2010

Gli anni che non stiamo vivendo. Il tempo della cronaca


Ho letto in questi giorni "Gli anni che non stiamo vivendo. Il tempo della Cronaca" di Antonio Scurati (Ed. Bompiani) nel pieno del martellamento selvaggio della televisione sui fatti di Avetrana ed ho potuto quindi meglio aprezzarne il senso. Il libro è un buon contenitore di idee illuminate, l'unica pecca è che esse vengono ripetute e spalmate per 300 pagine. Alcune sono elucubrazioni tirate come la pasta della pizza perché si doveva confezionare un libro. Qui di seguito condivido i punti salienti:

  1. "Non ne possiamo più dell'ottimismo consumistico. Trent'anni di forzoso ottimismo sono troppi. Siamo cresciuti in una delirante fantasmagoria da multilevel marketing. Lo schema era semplice: se tu fossi diventato al tempo stesso acquirente e venditore di un prodotto qualsiasi (che fossero assicurazioni o detersivi poco importava), se poi avessi convinto 10 amici  a farlo, e se questi ne avessero convinti altri dieci, e così via, in breve saresti stato ricco. Lo saremmo stati tutti. Grazie a piccole percentuali, ci saremmo tutti seduti in cima a una piramide di rendite di posizione. Non avresti nemmeno avuto bisogno di scalarla, la piramide, perchè ti avrebbe usato la cortesia di erigersi da sola, giusto sotto di te. La moltiplicazione dei profitti sarebbe stata algebrica, i consumi espandibili all'infinito, la vita una cosa meravigliosa. Si trattava solo di crederci, di avere fiducia, di essere ottimisti. Di fare, ogni giorno e dappertutto, pubblicità per noi stessi." (pag.8)
  2. "Sta lì, forse, l'origine della nostra indigenza: viviamo nel tempo della cronaca. La cronaca non è più, per noi, uno dei tanti modi di raccontare il tempo presente.È diventata, invece, il criterio generale del nostro sentimento del tempo. Misuriamo su di esso, esclusivamente su di esso, le nostre esigenze. Ed è un metro corto. Da qui forse, quell'altrimenti ingiustificabile senso di oppressione, quell'irosa sensazione di peggioramento che è la speciale condanna toccata a un'umanità sotto ogni altro aspetto privilegiata. La vita, se vissuta nell'orizzonte angusto della cronaca, si cronicizza in una malattia inguaribile di lungo decorso." (pag. 13)
  3. Con riferimento alla casa di Cogne e alle trasmissioni di Bruno Vespa: "Alla fine capiamo: non siamo mai entrati nell'autentica casa del delitto, ma nel plastico usato dai mercanti del tempio televisivo per venderci la nostra dose di finta paura quotidiana, la nostra piccola pillola di veleno senza la quale non riusciamo più a prender sonno." (pag. 23)
  4. "Si piange di più perché, da un ventennio a questa parte, il dominio neotelevisivo del reality show fa perno su di una retorica della vita vissuta, nella quale l'autenticismo posticcio enfatizza l'esibizione delle lacrime come presunto segno della verità dei sentimenti. [...] commozione generale che scuote di singhiozzi una nazione in posa davanti alle telecamere ma anche davanti agli schermi [...] Tutte queste lacrime, indipendentemente dal sentimento che le fa sgorgare, sono fatte della medesima sostanza comunicativa di quelle strappate proditoriamente dai programmi specializzati nel commercio della pietà" (pagg. 27-28)
  5. Con riferimento ai funerali di Giovanni Paolo II: "La foto scattata ad un cadavere, riletta a distanza di tempo e di spazio, garantisce, attraverso la propria mediazione immaginifica, la realtà dell'istante supremo, di quei brevi momenti in cui si è sfilato accanto al feretro, spesi non in contemplazione della morte ma a fotografare la morte. La foto scattata dal videofonino diventa così un referto di morte che è una certificazione d'esistenza in vita della situazione vissuta. L'immagine digitalizzata di un cadavere portentoso consente al pellegrino, di ritorno dal suo viaggio, di dire non soltanto Io c'ero, ma anche Io ci sono, Io esisto." (pag. 34)
  6. "Confusione di guerra e pace che caratterizza la violenza militare odierna. Oggi la pace e la guerra non sono correlate logicamente, legate l'una all'altra da rapporti di contrarietà, contraddizione, opposizione, ma commiste, confuse l'una nell'altra. La confusione nell'ordine del linguaggio (verbale e non) manifesta e, simultaneamente, produce quella nell'ordine delle cose." (pag. 38) Per approfondire meglio il detto "La guerra e pace" rimando alla recensione di 1984 di G. Orwell
  7. "In primo luogo, non dobbiamo dimenticare che la sfrenatezza sessuale e distruttiva dei nostri ragazzi è il lato lugubre di un giubilante giovanilismo. Oggi il corpo degli adolescenti sono al centro di un vero e proprio culto sociale, e lo scatenamento della libido sessuale tipico della pubertà è incitato più che inibito dalla cultura dominante." (pag. 50)
  8. Con riferimento alle accuse di molestie sessuali mosse a Don Gelmini: "Sabato scorso Vittorio Messori, uno dei più colti e stimati intellettuali cattolici, coautore di ben due papi (ha scritto libri a quattro mani sia con Giovanni Paolo II sia con Benedetto XVI), in una sconcertante intervista ha dichiarato di non trovare nulla di scandaloso in un uomo di Chiesa che ogni tanto "tocchi qualche ragazzo", se poi "ne salva a migliaia". Dopo aver dichiarato che molti santi e beati della Chiesa erano psicopatici vittime di gravi turbe della sessualità, Messori si è spinto fino a dichiarare che la pedofilia - forse il più odioso di tutti i crimini, stando al senso comune - sarebbe, secondo un certo "realismo della Chiesa", nient'altro che "un'ipocrita invenzione". Poiché la linea di demarcazione tra l'adulto e il bambino sarebbe sempre in qualche misura convenzionale, non ci sarebbe nessuna sostanziale differenza tra un rapporto omosessuale consesuale tra due adulti e gli abusi di un adulto su un bambino [...] Nelle stanze del silenzio in cui giovani disperati aprono il loro cuore a curatori (nel senso letterale del prendersi cura) quali don Gelmini, la guarigione la si attende non dall'applicazione di un protocollo medico-scientifico ma dalla benedizione di un dono religioso. In quelle stanze, intanto, c'è comunque un uomo in totale potere di un altro uomo." (pagg. 92-94)
  9. Con riferimento alle gemelline Cappa del delitto di Garlasco: "le due sciocchine di Garlasco, le sorelline fatue che posavano da veline davanti ai cronisti di nera, le sventate, le teenager para-anoressiche consacrate all'effimero" (pag. 98)
  10. "Ciò che intendo dire che, d'epoca in epoca, la violenza assume forme, modi e figure molto diversi. Il XX è stato il secolo della violenza della storia, il XXI sembra avviato a diventare quello della violenza della cronaca. L'attentato dell'11 Settembre 2001 ha fatto da spartiacque tra queste due epoche della violenza. Appartiene per un verso alla violenza della storia, per altro verso a quella della cronaca. Non sarà, perciò, forse del tutto inutile tentare di innalzare al livello di una riflessione epocale i sanguinosi fatti di cronaca che, con cadenza settimanale o mensile, scuotono l'opinione pubblica in brevi fiammate d'attenzione, per poi subito essere dimenticati a beneficio di nuove microtragedie fresche di stampa. Non lo sarà, soprattutto perché una delle caratteristiche della violenza della cronaca è proprio quella di ridursi a una congerie di fatti minuti e dispersi, di negarsi al pensiero rendendo apparentemente impossibile un loro inquadramento dentro una visione del mondo, una comprensione che abbracci il passato, il presente e il futuro della nostra vicenda individuale e collettiva [...] Visto nell'ottica della violenza della cronaca, infatti, il nostro mondo finisce con l'apparirci come una sterminata, nauseante, insostenibile distesa di dettagli insignificanti, di fatti diversi e sanguinolenti, irriducibili a uno scopo, a un disegno, a un'idea" (pagg. 109-112)
  11. "L'ottavo rapporto Euripes-Telefono Azzurro parla di teenager che guardano al sesso con pragmatismo, lontani dal sogno di un amore romantico. Ragazzi e ragazze che, tra sbornie da weekend e serate in discoteca, si dedicano al cyber-bullying, tramite l'invio di e-mail e sms intimidatori e la diffusione in rete di video compromettenti" (pag. 121)
  12. "26 Aprile 2008: Amstetten, nel sud dell'Austria, si scopre luogo dell'orrore. Josef Fritxl, 73 anni, ingegnere in pensione, confessa di aver segregato la figlia Elisabeth nella cantina di casa per 24 anni. Abusando di lei e facendole partorire sette figli, di cui uno morto e incenerito nel bruciatore della caldaia. Per tutto il tempo, Fritzl ha vissuto una vita segreta con Elisabeth e tre dei figli, e una vita normale con altri tre figli-nipoti e la moglie, che sostiene di esserne sempre stata all'oscuro. Chi l'ha conosciuto lo descrive come un uomo normale, disponibile e in buono stato fisico" (pag. 131)
  13. "Abbiamo avuto infanzie felici, giovinezze agiate, esistenze pacifiche, eppure accusiamo molti dei sintomi dei soldati traumatizzati in battaglia: vissuti intrusivi, stordimento, confusione, tendenza a evitare tutto ciò che ricordi in qualche modo l'esperienza (anche solo simbolicamente) traumatica, incubi, insonnia, irritabilità, ansia, aggressività, tensione. In molti casi, in troppi casi, cerchiamo sollievo alle nostre sofferenze proprio come tendono a fare i traumatizzati. abuso di alcol, droga, farmaci e psicofarmaci." (pag. 137)
  14. "Apparteniamo all'umanità più agiata, sana, protetta, longeva che abbia calcato la faccia della terra, eppure sembriamo la più impaurita, insicura, isterica e menagrama" (pag. 147)
  15. "Milano, Gennaio 2010: soltanto nel primo mese dell'anno, le concentrazioni di PM10 - le polveri sottili derivanti principalmente dal traffico motorizzato - arrivano a superare le soglie dall'allarme per 20 giorni consecutivi, raggiungendo quasi il triplo del livello consentito. Interrogato sull'argomento, il vicesindaco Riccardo De Corato risponde: dobbiamo combattere gli inutili allarmismi che vedono nel traffico la causa di tutti i mali." (pag. 153) Non c'è da stupirsi se i nostri figli hanno la tosse ed il catarro per l'intera durata dell'inverno e poi il raffreddore da fieno per l'intera durata di quella che un tempo di definiva bella stagione. (pag. 155)
  16. "Non prendiamo in mano il nostro destino, se rimaniamo incapaci di un pensiero profondo sul nostro essere nel tempo che vada oltre le previsioni meteo per il prossimo weekend in montagna. E questo senso del tempo profondo porta con sé, innanzitutto, il senso della fine." (pag. 156)
  17. "Eppure c'è un ceto politico che il dovere dell'ottimismo ora ancora predicarlo, come se fosse tutta questione di debolezza di carattere, di ansie immotivate, di fragilità psicologica. Il che significa un nuovo tuffo nel consumismo." (pag. 171)
  18. Nel capitolo "Il berlusconismo, un'egemonia culturale": "Negli anni Ottanta, a organizzare il consenso spontaneo della grandi masse popolari all'indirizzo iperconsumistico impresso alla vita sociale dal gruppo dominante, furono pubblicitari ed esperti di marketing aziendale." (pag. 175)
  19. Riferendosi all'estasi dell'outlet: "Perché non ci costruiscono anche degli alberghi qui dentro? Così uno non deve nemmeno più uscire per andare a casa a dormire e il giorno dopo può continuare! L'idea la suggerisce il maschio di una coppia di trentenni obesi, mentre si lascia andare su di una panchina ergonomica. È carico fino all'inverosimile di sacchetti finto-povero marchiati da svariate griffe dell'abbigliamento e si sta avviando al parcheggio, dove la sua capiente auto da fuoristrada lo attende per ricondurlo a casa dopo una caccia formidabile". (pag. 203)
  20. "Da questo momento, ha ufficialmente inizio quelle che Philippe Ariès ha chiamato la congiura del silenzio, il complotto ordito dai "sani" (naturalmente a fin di bene!) per nascondere al malato la verità della sua fine prossima. Una congiura che costringe i suoi esecutori, e in particolare quelli più esposti al giudizio dell'ingannato, a rincorrere a una teoria infinita di artifici, menzogne, trucchi per tenere celato ciò che il progredire della malattia rende sempre più evidente: l'avvicinarsi della morte." (pag. 214)
  21. "Spettacolo offerto da un certo politico che con le sue diatribe partitiche, i suoi tatticismi elettorali, le sue piaggerie ecclesiastiche, tiene in ostaggio una società molto più avanzata rispetto al suo inerte conservatorismo lungo la linea della libertà di amarsi." (pag. 217)
  22. "Le vediamo lì in strada, a vendersi in una tenuta da lavoro che non ha più niente dell'abbigliamento madornale e sguiato della puttana vecchio stile, che nella sua mise triviale cercava il segno di distinzione rispetto alla donna costumata. No, queste nuove prostitute ragazzine sono pressoché indistintguibili dalle nostre liceali. Le nostre liceali, infatti, ostentano a loro volta - negli indumenti e nelle movenze - un'estrema disinibizione e promiscuità sessuale. Le prostitute si mimetizzano con le liceali e queste con quelle" (pag. 230)
  23. "Un'approfondita ricerca sul tema della prostituzione: otto milioni di clienti. Una rilevante fetta della popolazione maschile fissata a uno stadio di sottosviluppo della propria sessualità, a quello stadio in cui l'atto sessuale si colora di una sinistra sfumatura sadica, diventa un esercizio predace di possesso e disprezzo" (pag. 231)
  24. "Se oggi le mie amiche trentenni, pur desiderandolo, non hanno figli, è principalmente perchè le condizioni lavorative della generazione precaria non lo consentono. È la progressiva scomparsa delle tutele legislative per le lavoratrici cosiddette atipiche, non l'eclissi di un sentimento religioso del mondo o di supposti valori tradizionali, a scoraggiarci tutti, uomini e donne, rispetto al gesto sovrano della procreazione." (pag. 240)
  25. "Che farne dei vent'anni quando non sono più ciò che fugge ma ciò su cui il nostro desiderio, la nostra attenzione, il nostro rimpianto pervicacemente sostano? Come la mettiamo con la giovinezza, quando la giovinezza è tutto? (pag. 247)
  26. "I ragazzi di Amici, gli aspiranti ballerini, cantanti, attori di questa scuola per celebrità, non saranno mai famosi. E non lo saranno perchè lo sono già. La fama non li attende in un futuro raggiunto a fatica grazie allo sviluppo dei loro personali talenti; li travolge nel presente in virtù di un meccanismo di pura e semplice visibilità mediatica. Il loro momento di fulgore non è il culmine di un'esistenza, di una carriere artistica, ma il riverbero abbagliante che si rimpiange per tutta una vita." (pag. 249-250)
  27. "Il sole tramonta sull'avanguardia di un esercito di ottocentomila straniere che si curano di vecchi non loro, di malati non loro, di figli non loro. In loro, il Welfare State si è silenziosamente privatizzato. Chi può, paga. Chi può, se ne mette una in casa di queste donne venute dall'Est, dal Sud, dal Terzo o dal Quarto Mondo. Perchè tanto si sa: lo Stato è sparito, la società si è dissolta, la famiglia è data in outsourcing.

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