giovedì 13 ottobre 2011

La caduta dell'impero di diritto romano del Prof.re Luigi Garofalo all'Università degli studi di Padova.

 La caduta dell'impero di diritto romano del Prof.re Luigi Garofalo all'Università degli studi di Padova porta la data del 23 Marzo 2011 d.C, giorno in cui un "barbaro" osò scrivere al Gazzettino una lettera "Quel professore all'Università di Padova che offende e umilia i propri studenti." Aperta una breccia nel muro, subito altri "barbari" accorsero e si accalcarono irrompendo con ben ottantotto commenti, che per una semplice lettera spedita ad un quotidiano fanno una anomala ondata emotiva, che vorrei provare a commentare. Ave, Caesar, morituri te salutant! L'accusa mossa dal "barbaro" scrivente pare chiarissima fin dal titolo. Sull'argomento posso dire la mia, visto che sul finire del 2006 frequentai una decina di lezioni del corso di Istituzioni di diritto romano del suddetto Professore, prima di lasciare il corso disgustato. All'epoca assistetti ad un vero e proprio delirio di onnipotenza (riprendo l'efficace espressione usata nella lettera anonima) perpetrato nei confronti di matricole ingenue ed acerbe di diciannove anni; costoro venivano invitate ad intervenire a lezione con un apparente democratico buonismo per poi essere stroncate dall'ars retorica del professore che, in rigoroso latinorum, dimostrava la loro sconfinata ignoranza. Il tutto condito dall'ilarità generale e dalle risatine sgomente di chi in prima fila osannava per paura l'imperatore. Ricordo ad esempio che ad uno studente disse con tono trionfante: "Lei è flatus vocis". Ciò che mi impressionava era la gratuità con la quale il professore umiliava e si prendeva  gioco degli studenti che, ingenui e sprovveduti quanto volete, frequentavano un corso universitario proprio per approcciarsi ad una disciplina, si intende a loro sconosciuta. Voglio dire, su un' aula di trecento studenti è fisiologico annoverare qualche studente più labile degli altri ma ciò non autorizza nessuno a nutrire il proprio sadismo, trovando soddisfacimento nel provocare umiliazioni psicologiche. Già chi precedeva nella stessa cattedra il Prof.re L. Garofalo, il Prof.re Alberto Burdese, veniva definito alla sua morte dal corriere del veneto un "insegnante duro e severo, talvolta ai limiti del paradosso. Le sue sfuriate durante gli esami, con i libretti degli studenti lanciati fuori dalla finestra, erano diventate un must da raccontare ogni anno alle matricole e avevano contribuito a dipingere nel tempo il profilo di un maestro rigido, ieratico.
L'articolo commemorativo del Corriere probabilmente non poteva spingersi oltre, ma possiamo intuire dalla presenza di un solo commento l'assenza emblematica di una ondata emotiva di cordoglio. Sicuramente il Professore L. Garofalo, di cui nessuno mette in discussione la competenza, ha adottato e volutamente ereditato un modello educativo molto rigido e ferreo; il ruolo dell'aguzzino permette anche la selezione di una elite e la fuga degli studenti bollati come "stolti". Ciò che è del tutto inaccettabile e rappresenta la patologia di quanto sto raccontando (non in forma anonima), è un sarcasmo da semidio, una saccenza pavoneggiata a toni alti e la mancanza di rispetto per l'altrui dimensione umana, intrisa di ignoranza. C'è poco da scherzare per noi cristiani, rimasti umani. La società civile accusa da anni la casta dei baroni universitari ma persiste una impossibilità oggettiva da parte della società di porre un limite a questi abusi. In tal senso, l'unica arma di difesa è quella di evitare senza ombra di dubbio di laurearsi in giurisprudenza all'Università degli Studi di Padova almeno fino a quando non spalancheranno le finestre cambiando l'aria viziata. Il mondo sta cambiando.



Voglio dire subito chiaramente che provo per il Prof.re Luigi Garofalo una pena infinita, visto che tutta questa arroganza non può essere che la spia di una  frustrazione che gli impedisce di "restare umano" e quindi di provare quei sentimenti autentici che sono alla base di una vita equilibrata dove si sperimenta l'amore cristiano. Dall'altra, c'è da dire che sono in arrivo generazioni di barbari che vestono i panni degli studenti, che però non autorizzano i professori universitari ad avvitarsi nell'arroganza e nella saccenza.   Riporto qui di seguito i commenti più critici riportati nell'articolo sul Gazzettino:

1) Egli è fortificato da coloro i quali abbassano lo sguardo e dalle signorine che col labbro tremante hanno la lacrimuccia pronta a scendere daglio occhioni lucidi e si compiace... se invece si trova di fronte chi ha le p..e sotto e risponde per difendere la propria dignità, si ottiene il risultato di un uomo frustrato che ha avuto la fortuna di fare i soldi e si crede Dio e dimostra la propria piccolezza con frasi insultanti, cadute di stile spaziali e manifestazioni di arroganza all'ordine del giorno.

posso dire? poareto!


2) No ma il massimo è stato il 30 e lode regalato ad uno studente amico del figlio a cui è stato riservato un trattamento di favore sconcertante (interrogazione in due riprese a tarallucci e vino), soprattutto se paragonato al comportamento tenuto nei confronti degli altri studenti, bocciati ed insultati senza motivo (e comunque gli insulti a mio avviso non sono mai giustificabili, denotano solo una grande maleducazione.. Un certo tipo di battuta ironica ci può stare, certi appellativi invece sono inammissibili) nella maggioranza dei casi! Vergognoso!

3) Ho sostenuto ben due esami differenti con quel professore, e ne ho viste di tutti i colori: alcune frasi non si possono nemmeno ripetere per le incredibili offese contenute... Altre (sentite con le mie orecchie!) sono state: "mi vergogno di aver sprecato il mio tempo con uno studente indegno come lei", "la prego non vada a raccontare in giro che è stata una mia studentessa", "lei per me è stato un completo fallimento", "lei è un ignorante", "questo dimosta la sua assoluta stupidità"....Senza contare il modo e il tono, saccente e compiaciuto. Ovviamente ad alta voce... Per fortuna in una mattinata d'esame più di due persone, massimo tre, non riesce ad esaminarne, quindi i poveri sfortunati che capitano sotto le sue grinfie sono pochi. E, ci tengo a sottolineare, i malcapitati spesso sono persone preparatissime e intelligentissime!! Eppure ho visto più di qualcuno scoppiare a piangere durante il suo esame.

4) Mi è venuta la pelle d'oca a leggere commenti di gente che quel giorno non c'era e si permette di dire che trattare male gli studenti è giusto e un modo per incentivare allo studio.Io quel giorno c'ero.Ho frequentato tutto il corso,anche i giorni in cui il professore non arrivava o mandava un assistente dopo più di un'ora.Bene ci siamo subiti le sue lezioni..di una noia mortale,abbiamo comprato i suoi libri..pieni di suoi commenti personali e ci siamo presentati al preappello tutti preparati credo,anche perchè ormai siamo studenti del quinto anno che non si presentano più agli esami senza sapere!I Il professore prima di iniziare l'esame ha addirittura avvicinato gli assistenti dicendo loro:mi raccomando bocciate!!!Perchè ci meritassimo una cosa simile non mi è dato saperlo.Sono stata interrogata tra i primi,da un'assistente che non ha fatto altro che insultarmi per tutto l'esame,per fortuna mi sono imposta,convinta di sapere e nonostante i suoi tentativi di bocciarmi non c'è riuscito.Erano 4 libri da studiare,di 4 argomenti diversi e ho visto gente bocciata dopo un minuto che stava seduta perchè non sapeva rispondere alla prima domanda!Poi però ho anche visto che la lista degli iscritti non è stata rispettata e il professore interrogava solo chi voleva lui...come ad esempio lo studente ha cui ha dato il libro del miglior studente(non si sa perchè l'abbia ricevuto dato che non ha mai fatto interventi durante le lezioni!Bah...forse per amicizie personali!!!)

5) Mr. Garofalo....così ad intuito....

6) Insulti e offese durante gli esami...ma soprattutto una gran maleducazione nel corso di tutto l'anno!La mancanza di disponibilità e di educazione distingue a mio avviso molti dei docenti della facoltà(quello in questione rimane senza dubbio l'esempio più eclatante in ogni caso).

7) Il professore in questione è una persona brillante e acculturata in una maniera veramente impressionante. E' un peccato che si permetta queste cadute di stile, davvero un peccato...

8) Alla facoltà di giurisprudenza di Padova scene del genere sono una consuetudine, soprattutto da parte di certi docenti che, per tradizione, continuano nel loro delirio di onnipotenza. Perchè solo così si può chiamare. Ormai è (purtroppo) un dato di fatto, ma questo non significa che vada bene così. Ho visto persone veramente in gamba, con ottimi voti, venire colte da crisi di panico tanto da non aver più "coraggio" di affrontare l'esame dopo l'ennesima bocciatura pretestuosa condita da epiteti poco ortodossi. Scene di ordinaria follia insomma, che si ripetono ad ogni esame: c'è sempre il mal capitato di turno. Che questi luminari del diritto abbiano paura che studenti pivellini alle prime armi rubino loro il prestigioso mestiere di avvocato (tra 20 anni)????? Mah...

9) L'episodio riferito dal lettore e' cosa che si trascina da decenni... un celebre docente di Giurisprudenza - recentemente scomparso - che aveva proprio quella cattedra era famoso per questo genere di sfuriate (mi viene da pensare che siano ereditarie...). Il povero studente ovviamente non può replicare perché è un esame obbligatorio per completare gli studi. Io vivo in America e posso assicurare che qui un atteggiamento cosi' pieno di arroganza da parte di un docente universitario è assolutamente inconcepibile.verrebbe licenziato in tronco dall'Università senza molte discussioni.Propongo agli studenti di riprendere questi vergognosi episodi con un telefonino e metterli su YouTube, forse qualcosa si muoverà....

10) Tra l’altro, questi atteggiamenti vessatori dei professori dell’Ateneo patavino fanno sì che studenti, magari volenterosi e intelligenti, prendano paura di questi atteggiamenti poco urbani e si ritirino dall’università, e magari sarebbero potuti divenire buoni ingegneri o buoni medici o buoni avvocati. Per far calare le ali a certi professori è molto semplice! Basta mandare i figli a studiare in altre università… Che è poi quello che consiglio ai genitori di quelli studenti di Giurisprudenza di Padova trattati male dai professori. Tra l’altro, l’Università di Padova non è più in auge circa la Facoltà di Giurisprudenza com’era una volta, difatti, le classifiche CENSIS la relegano solo al 20° posto in Italia.

11) Da ex studente di legge a Padova ho assistito a episodi anche peggiori, di maleducazione e arroganza (assenza ai ricevimenti, clima "terroristico", totale mancanza di collaborazione), anche se non mi hanno impedito di laurerami. Anche nel "famigerato" Bo poi si incontano professori e assistenti gentili e disponibili. Ad ogni modo ritengo assurdo che la severità e il rigore si accompagnino a certe "libertà" nei confronti degli studenti, che non sono certo ragazzini delle elementari e meritano rispetto a prescindere dall'esito dell'esame.

mercoledì 12 ottobre 2011

Solo l’azione collettiva può porre un argine all’individualismo imperante.

L'accoppiata Sacconi \ Brunetta ha vinto la sfida per la "competività": in Italia è tornato il caporalato.
Ho le ultime incombenze in Italia, prima di partire. Questo lunedì mi sono iscritto alla CGIL, versando 26 euro attraverso un tesseramento diretto. Cosa spinge un convinto individualista come me che solitamente rifugge l'omologazione del gregge ad iscriversi ad un sindacato? In prima battuta la CGIL è l'unica organizzazione, con i suoi sei milioni di iscritti circa, ad avere una struttura in grado di reagire nei fatti all'erosione in atto dei diritti fondamentali del lavoratore e nel mio caso, che è quello di tanti altri precari, la CGIL ha proposto una serie di vertenze legali volte a combattere la degenerazione della flessibilità in precariato a vita. Da tempo  tuttavia, soprattutto dopo lo studio del diritto del lavoro, mi sono avvicinato al mondo sindacale comprendendone l'importanza: solo l’azione collettiva può porre un argine all’individualismo imperante. Per questo, capitani d'industria senza scrupoli (Sergio Marchionne) si adoperano in modo certosino per spaccare l'unità del sindacato. Per questo quel mastino di Sacconi non perde occasione per attaccare pubblicamente la CGIL. Certo anche la CGIL non è illibata, ma spero non vogliate imputare al sindacato la colpa di aver provocato il ritorno del caporalato tra i campi di pomodori del Gargano e gli aranceti della 'ndrangheta grondanti sfruttamento. Stiamo nuovamente involvendo. A Vittoria, nelle campagne di Ragusa, per le giovani rumene funziona così: di giorno si spezzano la schiena sui campi. La notte si concedono a caporali e padroni per un tozzo di pane, un tetto sotto cui dormire. Mamour, originario del Gambia, che dal 2007 lavora a Rignano, campagna brulla che ribolle di afa e pomodori in provincia di Foggia racconta: «Lo scenario è tipicamente sahariano». Aria incendiata, terra secca, acqua sporca usata dagli immigrati per bere e lavarsi. La giornata di lavoro nei campi di pomodori dura 12 ore. E viene pagata soltanto venti euro: «Molti si ammalano di patologie gastroenteriche e osteomuscolari. Inevitabile, visto come vivono». Qualcuno non ce la fa, e allora finisce nei cimiteri che si confondono tra le campagne. E le loro tombe recano a stento un nome cui appendere qualche preghiera. Ho tratto queste storie da "Nuovi schiavi d'Italia" di Jacopo Storni. Rappresentano la punta dell'iceberg di una repubblica degli stages dove i negrieri sono tornati al vertice del potere e gestiscono le masse di schiavi. Nessuno ha impedito per anni l'abuso degli stages e dei contratti a termine reiterati che hanno provocato una generazione di precari senza casa. Dove erano Sacconi e Brunetta mentre le nefandezze che ho appena raccontato avvenivano? Brunetta era impegnato a definire i precari "l'Italia peggiore"

Largo ai giovani. Sanno arrampicarsi lì dove i politici parassiti, impacciati ed ingrassati, non sanno arrivare.

Alex Honnold (al minuto 2:20 immagini che tolgono il fiato).

In tutto il mondo i politici di professione hanno ormai delle facce impresentabili. L'insofferenza verso questa classe di parassiti senza infamia è ormai tracimata; impacciati e gravidi dalle pance sfondate, ingrigiti dagli intrighi di palazzo e prigionieri del loro politichese sono destinati a scomparire senza rimpianti (raggiungeranno Clemente Mastella per intenderci). Largo ai giovani. Ci sono milioni di giovani scalpitanti che sanno "arrampicarsi nella vita" grazie alle proprie doti. Già, esisterebbe il merito.  Alex Honnold, classe 1985 è uno di questi. Si arrampica dall'età di 11 anni. Costui, specialista di arrampicata veloce senza corda in solitaria ha battuto ogni tipo di record, diventando un semidio nella  propria disciplina. Un giovane, come Alex Honnold, possiede un sano equilibrio interiore conferito dal proprio istinto di sopravvivenza per non precipitare nel vuoto. La gerontocrazia che guida attualmente il mondo è squilibrata e ha fatto precipitare i popoli in una recessione involutiva. Allenatevi per riprendere in mano il vostro futuro. Siate rivoluzionari. 

Alex Honnold

Alex Honnold

Alex Honnold

Alex Honnold

Alex Honnold

Alex Honnold

"Home", quando ti bitumano i sogni di una vita.

Un fotogramma di "Home".

Ho visto "Home", un film che non mi ha lasciato indifferente. Per chi intendesse cercarlo, basta cliccare sulla locandina riportata, ingrandendola, e segnarsi il nome del regista, Ursula Meier. Il film scuote. Tocca una parte di tutti noi, molto remota ed ancestrale, dove regna il diritto naturale di difendere ad ogni costo la proprietà dei nostri sogni da qualsiasi espropriazione. Se foste andati ad abitare in un paradiso, un angolo di pace immerso in distese verdeggianti, la casa dei vostri sogni insomma, come reagireste se improvvisamente qualcuno decidesse nel nome del "bene comune" di costruire una autostrada che accarezza il vostro giardino? Il film sposa la prospettiva dell'espropriato; la cinepresa entra nella psiche di chi si vede privare violentemente del proprio isolamento rotto dall’inevitabile arrivo del progresso. Avete mai rotto un uovo per farvi una  frittata? Bene, il film ha le cineprese dentro l'uovo e mostra la prospettiva di chi si vede infrangere la propria esistenza per soddisfare la fame altrui. La famiglia decide cocciutamente di resistere, diventando borderline, sprofondando sempre più nella casa che diventa un bunker buio, insonorizzato nel vano tentativo di non sentire i rumori e le vibrazioni provenienti dall'autostrada. Lì dove c'era la luce, lentamente cala il buio della depressione ed il deterioramento patologico della psiche dei personaggi che si chiudono in sé stessi diventa insopportabile anche per lo spettatore. Il film disturba. Il tema è più che mai attuale. Chi fugge dal progresso, prima o poi viene raggiunto. Una cava, una discarica, un superstrada, una industria. Il progresso, in tal senso, può intendersi anche come quella distesa di bitume che asfalterà prima o poi anche i vostri sogni.


martedì 11 ottobre 2011

Brian Haw, un vincitore. Il pacifismo in uno sguardo.

Brian Haw (1949-2011)

Caro Brian Haw,
questa estate ho appreso della tua dipartita e mi son promesso di scriverti. Ora che non puoi più tentare in presenza di risvegliare le nostre coscienze assopite protestando come hai fatto per lunghi dieci anni contro ogni guerra accampato davanti a Westminister, voglio dirti che i tuoi occhi, ricolmi di pace, continuano a parlarci della pace. Mentre i guerrafondai Blair e Bush giocavano alla guerra esportando la democrazia con bombe, presunte "intelligenti", tu hai avuto la cocciutaggine che è di tutti i carpentieri, quale tu eri, di battere il chiodo della pace in un mondo intriso di indifferenza. Gridando nel megafono, ricordavi al parlamento inglese l'esistenza della parola pace e che la guerra non può essere pace. Facile per noi affermare ora che proprio tu avevi ragione, quando per la strada ti si guardava con indifferenza. Mentre la maggioranza delle persone ti scrutava divertita come si guarda ad un visionario strampalato un po' ammattito, proprio tu eri dalla parte del giusto. Il più cocciuto di tutti aveva ragione: tutti i conflitti sono una tragedia per l’umanità, sempre e comunque. L'uomo della strada vedeva più lontano del primo ministro inglese e di tanti politici profumati. Porca miseria, quanto è importante essere dalla parte del giusto nel momento giusto. Hai dato un senso profondo alla tua vita, i tuoi sette figli e le prossime generazioni guarderanno ammirate all'estremo sacrificio a cui hai sottoposto la tua esistenza. Difficile che qualcuno prenda il tuo posto. Chi protesterebbe sotto il vento e la pioggia per dieci lunghi anni fino ad ammalarsi? Hai reso ridicole le autorità che più volte hanno cercato di allontanarti, anche introducendo una nuova legge che proibiva ogni manifestazione nel raggio di un chilometro dal Parlamento inglese. Hanno perso. La tua tenda era più forte di tutto, come gli ideali della pace. Il tuo motto era "stop killing my kids" e nella storia resti te a salvare la dignità umana. In Italia ho ammirato il coraggio di pacifisti quali Vittorio Arrigoni e Turi Vaccaro, veri e proprio miti del pacifismo. Vittorio diceva "Io che non credo alla guerra, non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai voglio essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire, fra cent'anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare." Anche tu Brian sei un vincitore. Porca miseria se sei un vincitore, Brian. Più cocciuto del "barone rampante" hai dato dignità all'umanità intera. Io mi inchino di fronte al tuo autentico pacifismo. Alberto

Brian Haw
Brian Haw

Brian Haw
L'accampamento pacifista di Brian Haw. 

sabato 8 ottobre 2011

In Italia la Storia si ripete.


 "La storia si ripete" dell'artista belga Jhoan Friso
Dal basso, una riunione nazista, fascista e leghista. Tre tipologie di raduni similari sono il soggetto dell'opera d'arte denominata "La storia si ripete" dell'artista belga Jhoan Friso, esposta all'Art Verona. I simboli dell'aquila hitleriana, del fascio mussoliniano e del sole celtico leghista si susseguono impietosamente. Improvvisamente l'orgoglio e l'esaltazione della razza padana rispetto al "diverso" che sia terrone, zingaro, negro, omosessuale, comunista si evidenziano nella sequenza della Storia per ciò che sono: In Italia la Storia si ripete, perché sono gli italiani ad essere nuovamente compromessi. Sotto l'ombrello democratico del federalismo (sul quale siamo tutti d'accordo) si annida quel male oscuro, l'egoismo nichilista e tanta tanta pochezza mista a frustrazione che ha già consegnato alla storia i momenti più tristi e tragici dell'umanità. Restiamo umani.

giovedì 6 ottobre 2011

Che schifo questa società assassina. In ricordo di Barbara Zappon.

Barbara Zappon
Lo voglio dire forte e chiaro. Considero l'attuale società ipocrita colpevole di innumerevoli omicidi. L'elenco sarebbe infinito. Un esempio per tutti quelle donne operaie morte in questi giorni per il crollo di una palazzina. Non esistevano per l'Inps, essendo senza contratto, in nero per 3,95 euro l'ora per 14 ore al giorno, non esistono più neanche ora. Ricordatevi questa cifra 3,95 euro non 4 euro. Smettiamola di assolverci sotto il finto ombrello democratico che ci siamo dati. Voglio parlare di un'altra donna anche lei un tempo lavoratrice del tessile, Barbara Zappon, una clochard di via Belzoni a Padova molto conosciuta perché chiedeva l'elemosina agli automobilisti tra via Belzoni e via Falloppio o girava per le piazze spingendo un carrello della spesa. Neanche lei ora non esiste più. Il gruppo nato su Facebook non può riportarla in vita. Ci commuoviamo quando queste persone non ci sono più ma non abbiamo creato una organizzazione autorevole in grado di intervenire lì dove regna la sofferenza. Questa vita per qualcuno si può trasformare in un inferno e non abbiamo costruito uno Stato che riesca ad intervenire per sanare situazioni come queste. C'è di più. Questo nostro Stato schifoso, l'aveva recentemente arrestata per aver improvvisato un giaciglio in una cabina (fonte corriere.it). Sullo sfondo, Barbara nella disperazione era caduta prigioniera della droga. Le strade quindi sono piene di invisibili che non vediamo. La triste vita di Barbara sulla strada è stata spezzata da Michele Casotto 27 anni, che guidava la Peugeot 207 che l'ha investita; questo mezzuomo è dapprima fuggito, lasciando Barbara agonizzante annegare in un canale dove era stata sbalzata, poi si è costituito. Rappresenta il disprezzo ipocrita di questa società assassina. Ovviamente questo mezzuomo aveva un tasso alcolemico doppio rispetto a quanto stabilito dalla legge. Poco prima di essere travolta, Barbara aveva telefonato alla madre esprimendo il desiderio di tornare a casa. In questo post viene ricordata con affetto. La sua morte ha scosso Padova. Aggiungo: la sofferenza ed il dolore che deve aver provato Barbara nella sua triste esistenza sono un grido di dolore che deve scuoterci e portarci ad una rivoluzione. Io non dimentico quello che ho scritto. Tu non dimenticare quello che hai appena letto. 

Semplicemente Steve Jobs

Il ricordo semplice di Steve Jobs sul sito della Apple.

"Apple ha perso un genio visionario e creativo e il mondo ha perso un incredibile essere umano. Quelli di noi che hanno avuto la fortuna di conoscerlo abbastanza e di lavorare con lui hanno perso un grande amico e un mentore d'ispirazione. Steve lascia una compagnia che solo lui avrebbe potuto creare, e il suo spirito sarà per sempre alla base di Apple".
Il mondo si è commosso alla morte del genio. Le televisioni hanno dovuto cambiare i propri palinsesti, l'onda emotiva della rete si è imposta dimostrando di fare oramai la parte del leone in questo mondo globalizzato. Ovunque è stato ricordato una straordinaria lectio magistralis di Steve all'Università di Stanford, che riporto qui di seguito per intero: 

Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.

UNIRE I PUNTINI - La prima storia parla di «unire i puntini». Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perchè ho smesso?
Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei «veri» genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: «Abbiamo un bimbo, un maschietto, ‘non previsto’; volete adottarlo?». Risposero: «Certamente». La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università.
Infine, diciassette anni dopo ci andai. Ingenuamente scelsi un’università che era costosa quanto Stanford, così tutti i risparmi dei miei genitori sarebbero stati spesi per la mia istruzione accademica. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore: non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita e non avevo idea di come l’università mi avrebbe aiutato a scoprirlo. Inoltre, come ho detto, stavo spendendo i soldi che i miei genitori avevano risparmiato per tutta la vita, così decisi di abbandonare, avendo fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. Ok, ero piuttosto terrorizzato all’epoca, ma guardandomi indietro credo sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’istante in cui abbandonai potei smettere di assistere alle lezioni obbligatorie e cominciai a seguire quelle che mi sembravano interessanti.
Non era tutto così romantico al tempo. Non avevo una stanza nel dormitorio, perciò dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici; portavo indietro i vuoti delle bottiglie di coca-cola per raccogliere quei cinque cent di deposito che mi avrebbero permesso di comprarmi da mangiare; ogni domenica camminavo per sette miglia attraverso la città per avere l’unico pasto decente nella settimana presso il tempio Hare Krishna. Ma mi piaceva. Gran parte delle cose che trovai sulla mia strada per caso o grazie all’intuizione in quel periodo si sono rivelate inestimabili più avanti.Lasciate che vi faccia un esempio: il Reed College a quel tempo offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del paese. Nel campus ogni poster, ogni etichetta su ogni cassetto, erano scritti in splendida calligrafia. Siccome avevo abbandonato i miei studi «ufficiali» e pertanto non dovevo seguire le classi da piano studi, decisi di seguire un corso di calligrafia per imparare come riprodurre quanto di bello visto là attorno. Ho imparato cosa sono i caratteri serif e sans serif, come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende la migliore capacità tipografica così grande. Era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto «catturarlo», e trovavo ciò affascinante.Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer con una bella capacità tipografica. Se non avessi abbandonato gli studi, il Mac non avrebbe avuto multipli caratteri e font spazialmente proporzionate. E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora le avrebbe. Se non avessi abbandonato, se non fossi incappato in quel corso di calligrafia, i computer oggi non avrebbero quella splendida capacità tipografica che ora possiedono. Certamente non era possibile all’epoca «unire i puntini» e avere un quadro di cosa sarebbe successo, ma tutto diventò molto chiaro guardandosi alle spalle dieci anni dopo. Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro ombelico, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete… questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita.

AMORE E PERDITA - La mia seconda storia parla di amore e di perdita. Fui molto fortunato – ho trovato cosa mi piaceva fare nella vita piuttosto in fretta. Io e Woz fondammo la Apple nel garage dei miei genitori quando avevo appena vent’anni. Abbiamo lavorato duro, e in dieci anni Apple è cresciuta da noi due soli in un garage sino ad una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. Avevamo appena fatto uscire la nostra migliore creazione – il Macintosh – un anno prima, e avevo appena compiuto trent’anni… quando venni licenziato. Come può una persona essere licenziata da una società che ha fondato? Beh, quando Apple si sviluppò assumemmo una persona – che pensavamo fosse di grande talento – per dirigere la compagnia con me, e per il primo anno le cose andarono bene. In seguito però le nostre visioni sul futuro cominciarono a divergere finché non ci scontrammo. Quando successe, il nostro Consiglio di Amministrazione si schierò con lui. Così a trent’anni ero a spasso. E in maniera plateale. Ciò che era stato il centro della mia intera vita adulta non c’era più, e tutto questo fu devastante.
Non avevo la benché minima idea di cosa avrei fatto, per qualche mese. Sentivo di aver tradito la precedente generazione di imprenditori, che avevo lasciato cadere il testimone che mi era stato passato. Mi incontrai con David Packard e Bob Noyce e provai a scusarmi per aver mandato all’aria tutto così malamente: era stato un vero fallimento pubblico, e arrivai addirittura a pensare di andarmene dalla Silicon Valley. Ma qualcosa cominciò a farsi strada dentro me: amavo ancora quello che avevo fatto, e ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato affatto questo stato di cose. Ero stato rifiutato, ma ero ancora innamorato. Così decisi di ricominciare.Non potevo accorgermene allora, ma venne fuori che essere licenziato dalla Apple era la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare. La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un iniziatore, mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.Nei cinque anni successivi fondai una Società chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una splendida ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La Pixar produsse il primo film di animazione interamente creato al computer, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione di maggior successo nel mondo. In una mirabile successione di avvenimenti, Apple comprò NeXT, ritornai in Apple e la tecnologia che sviluppammo alla NeXT è nel cuore dell’attuale rinascita di Apple. E io e Laurene abbiamo una splendida famiglia insieme.Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo mi sarebbe accaduto se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina con un saporaccio, ma presumo che «il paziente» ne avesse bisogno. Ogni tanto la vita vi colpisce sulla testa con un mattone. Non perdete la fiducia, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il/la vostro/a fidanzato/a che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi.

MORTE - La mia terza storia parla della morte. Quando avevo diciassette anni, ho letto una citazione che recitava: «Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, uno di questi c’avrai azzeccato». Mi fece una grande impressione, e da quel momento, per i successivi trentatré anni, mi sono guardato allo specchio ogni giorno e mi sono chiesto: «Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?». E ogni volta che la risposta era «No» per troppi giorni consecutivi, sapevo di dover cambiare qualcosa.
Ricordare che sarei morto presto è stato lo strumento più utile che abbia mai trovato per aiutarmi nel fare le scelte importanti nella vita. Perché quasi tutto – tutte le aspettative esteriori, l’orgoglio, la paura e l’imbarazzo per il fallimento – sono cose che scivolano via di fronte alla morte, lasciando solamente ciò che è davvero importante. Ricordarvi che state per morire è il miglior modo per evitare la trappola rappresentata dalla convinzione che abbiate qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione perché non seguiate il vostro cuore.
Un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Effettuai una tac alle sette e trenta del mattino, e mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che con ogni probabilità era un tipo di cancro incurabile, e avevo un’aspettativa di vita non superiore ai tre-sei mesi. Il mio dottore mi consigliò di tornare a casa «a sistemare i miei affari», che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Significa che devi cercare di dire ai tuoi figli tutto quello che avresti potuto nei successivi dieci anni in pochi mesi. Significa che devi fare in modo che tutto sia a posto, così da rendere la cosa più semplice per la tua famiglia. Significa che devi pronunciare i tuoi «addio».
Ho vissuto con quella spada di Damocle per tutto il giorno. In seguito quella sera ho fatto una biopsia, dove mi infilarono una sonda nella gola, attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino, inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore. Ero in anestesia totale, ma mia moglie, che era lì, mi disse che quando videro le cellule al microscopio, i dottori cominciarono a gridare perché venne fuori che si trattava una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene. Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero lo sia per molti decenni ancora. Essendoci passato, posso dirvi ora qualcosa con maggiore certezza rispetto a quando la morte per me era solo un puro concetto intellettuale: nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante tutto la morte rappresenta l’unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la Morte è la migliore invenzione della Vita. E’ l’agente di cambio della Vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora «il nuovo» siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, gradualmente diventerete «il vecchio» e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è pressappoco la verità.
Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun’altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario. Quando ero giovane, c’era una pubblicazione splendida che si chiamava The whole Earth catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Steward Brand, non molto distante da qui, a Menlo Park, e costui apportò ad essa il suo senso poetico della vita. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer, ed era fatto tutto con le macchine da scrivere, le forbici e le macchine fotografiche polaroid: era una specie di Google formato volume, trentacinque anni prima che Google venisse fuori. Era idealista, e pieno di concetti chiari e nozioni speciali.
Steward e il suo team pubblicarono diversi numeri di The whole Earth catalog, e quando concluse il suo tempo, fecero uscire il numero finale. Era la metà degli anni Settanta e io avevo pressappoco la vostra età. Nella quarta di copertina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna nel primo mattino, del tipo che potete trovare facendo autostop se siete dei tipi così avventurosi. Sotto, le seguenti parole: «Siate affamati. Siate folli».
Era il loro addio, e ho sperato sempre questo per me. Ora, nel giorno della vostra laurea, pronti nel cominciare una nuova avventura, auguro questo a voi. Siate affamati. Siate folli.

Lectio magistralis di Steve Jobs all'Università di Stanford

mercoledì 5 ottobre 2011

Malalai Kakar, poliziotta coraggio.

Malalai Kakar, con la sua squadra.

Sono più che mai convinto che l'Afghanistan abbia bisogno del coraggio rivoluzionario delle donne. Le donne possono guidare la riscossa nel mondo contro le barbarie e la stupidità degli uomini che giocano alla guerra. La barba a volte può portare alla follia. Mi ero promesso di parlare di Malalai Kakar (1967 - 28 settembre 2008), tenente colonnello e capo dipartimento di Kandahar per i crimini contro le donne. Dopo aver ricevuto numerose minacce di morte, è stata assassinata dai talebani il 28 settembre 2008 mentre si recava in auto a lavoro. Era entrata nelle forze di polizia nel 1982, seguendo le orme del padre e dei fratelli. Fu la prima donna a diplomarsi alla Accademia di polizia di Kandahar, e la prima a diventare un investigatore all'interno del Dipartimento di polizia di Kandahar. Pensate cosa possa significare per una donna uscire di casa con il burqa per poi indossare una divisa della polizia. Su 93.000 poliziotti sono circa 500 le donne in servizio, con un compito fondamentale visto che gli afghani non permettono ai soldati di sesso maschile  di accedere ai locali dove le donne sono presenti ed ai posti di blocco gli uomini non possono perquisire le donne. Ha lasciato sei figli, questa donna coraggio. 

Malalai Kakar in un momento di pace.

Se il lavoro diventa totalizzante, la tentazione è diventare eremiti. La nostra vita è sommersa dai bisogni secondari indotti dal sistema in cui viviamo.

Marco Puchetti, 37 anni vive senza corrente elettrica, coltivando l'orto.

La storia di Marco Puchetti (vedi articolo del corriere.it), manager Yamaha laureatosi alla Bocconi ed ora eremita in Abruzzo in valle Pezzata, lì dove osano i lupi e gli orsi, è la prova dell'esistenza di persone che non vivono per lavorare, non inseguono meramente il denaro e se le condizioni di lavoro diventano totalizzanti, li perdiamo, dispersi nei boschi. «Al di là delle otto ore di ufficio, il lavoro assorbiva completamente la mia vita. Era difficile staccare la spina quando tornavo a casa. Invece io volevo stabilire un contatto più profondo e più armonico con l’ambiente circostante». 


Marco ha rifiutato il consumismo e le comodità e ha abbracciato un’esistenza da eremita fatta di cose elementari; si è accorto che la sua vita era sommersa dai bisogni secondari indotti dal sistema in cui viveva. Era pieno di cose che non gli servivano e di cui pian piano sentiva di doversi liberare. L’ex manager ha trascorso circa otto lunghi anni nell’ecovillaggio della Valle degli Elfi, sull’Appennino tosco-emiliano e da due anni, in pieno inverno, si è spostato in Abruzzo per dar vita ad un’altra comunità. L’alimentazione? «Si basa sul selvatico, cioè su quello che ci offre spontaneamente la terra. Coltiviamo l’orto, seguendo i consigli degli anziani contadini, e l’acqua la prendiamo dal torrente. Pensa, noi qui non produciamo quasi rifiuti… altro che Napoli!». E mentre il mondo vive con il fiato sospeso per l’incubo default, Marco offre la sua versione della Storia: «Se ognuno eliminasse il superfluo e attraverso l’introspezione cominciasse a soddisfare i bisogni primari, capirebbe più facilmente cosa lo può appagare…».

Il luogo selvaggio dove vive Marco Puchetti.
Una cascina rurale - Valle Pezzata - Abruzzo

martedì 4 ottobre 2011

L'unica guerra possibile, quella contro il cancro.


Anna Lisa aveva già perso il fratello Alessandro morto sul lavoro a 19 anni. Una delle tanti morti bianche. Ora, apprendo dal corriere, che Anna Lisa è morta di cancro a 33 anni condividendo la sua malattia sul suo coraggioso blog. "Mi chiamo Anna staccato Lisa, ho 33 anni, sono nata e abito in Toscana. Nel 2008, all’età di 30 anni, avevo un lavoro che tutto sommato mi piaceva, un fidanzato fantastico conosciuto da soli sei mesi, tante amicizie meravigliose e un rapporto stupendo con la mia Mamy.
Ero in ottima forma fisica, facevo regolarmente sport ed ero corteggiatissima, coltivavo i miei hobbies, ridevo, mi divertivo, viaggiavo, sognavo, raccontavo la mia vita sul blog, facevo progetti e stavo bene: era decisamente un periodo positivo, tranquillo, sereno.
Poi, il 21 novembre 2008, mi hanno diagnosticato un tumore al seno.
Per oltre un anno ho lottato contro quel cancro cattivo, aggressivo, “vivace” (come lo definì poi il mio chirurgo), contro la “bestiaccia” come la chiamo io. Ho fatto 11 cicli di chemio e due interventi. Ho combattuto tanto, è vero, ho sofferto, ma ho anche raccontato e condiviso tutto e proprio grazie alla mia mamma, al mio fidanzato, alle mie amicizie, ai miei affetti e al mio blog, posso dire di avere avuto un grande aiuto. Lo diceva anche Shakespeare: “Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può superare molte sofferenze.”
Nel marzo del 2010, all’età di 32 anni, quando avevo ricominciato a prendere in mano la mia vita, mi hanno diagnosticato una seconda “bestiaccia”: metastasi ai polmoni e ai linfonodi del torace. Ho fatto altra chemio, ho fatto radioterapia e terapia ormonale. Ho dovuto fare trasfusioni di sangue, di piastrine. Ho preso e sto prendendo una marea di farmaci, ma nonostante tutto so che non potrò mai guarire. Non ci sono cure, non ci sono terapie per il mio cancro. Posso solo sperare di cronicizzare la malattia, di conviverci.
E quindi continuo a lottare, continuo a condividere, continuo a raccontare la malattia sul mio blog e continuo a considerarmi una malata coccolata, viziata, amata e fortunata. E se la “bestiaccia” è così vivace… beh, io lo sono di più!"

Il Consumismo è l'agente segreto del Cancro, perché distoglie le risorse dalle battaglie vere per la vita, come la donazione per la ricerca contro il cancro.
Solo leggendo Anna Lisa, si può capire la stupidità degli Stati contemporanei che ancora investono la maggior parte delle loro risorse nelle lobbies politiche e nella corsa agli armamenti. Se soltanto avessimo avuto il coraggio umano di destinare le risorse che destiniamo alle cose futili e inutili, probabilmente il cancro sarebbe già stato sconfitto. L'unione fa la forza. Invece, ognuno di noi gioca questa vita in modo egoistico sperando di scamparla. Abbracciate la vita, abbracciamo la vita, restiamo umani.

lunedì 3 ottobre 2011

Quella luce che viene dall'anima

Giorgia - Il Mio Giorno Migliore

.. dimmi cos'é questa luce che viene dall'anima e mi fa ballare, dimmi cos'é che distende le pieghe dell'anima ..

Paesaggio canadese.

Se solo la scuola ci mandasse in gita in Africa..

"Mamma, vado in gita con la scuola" "Parigi, Londra, Praga; Dove?" "Mamma vado in Africa." Le nuove generazioni, anestetizzate e rovinate dai modelli consumistici proposti dalla televisione, sono cresciute nell'assenza totale di quella verità nuda e cruda rappresentata dall'Africa. Se la scuola avesse mandato i propri studenti in Africa a sentire i morsi della fame, forse molti di noi sarebbero cresciuti più veri e solidali con il proprio prossimo. Bisogna anche dire che Walter Veltroni nel 2004 fu l'unico a mettere in pratica questo metodo educativo; con gli studenti delle scuole romane diede il via ad una serie di viaggi in paesi dell'Africa volti a sensibilizzare gli studenti sul tema della povertà nel Terzo Mondo e per donare, con i soldi raccolti dagli studenti, nuove strutture, specialmente scuole, ai paesi visitati. Il primo viaggio, svoltosi nel 2004, ha avuto come meta il Mozambico, il secondo, del 2005, si è svolto in Rwanda, il terzo, del 2007, è stato in Malawi. Dall'altro, devo dire che Walter Veltroni promise anche di rinunciare alla politica per andare in Africa ad aiutare i bisognosi e vai a capire perché questa "passione" per la politica italiana lo costringe a vegetare ancora in Italia.

Un agnellino appena nato. Mio fratello ha scattato questa foto, che voglio condividere su google in un formato ad alta risoluzione con il seguente monito: tanti di voi hanno un palato esigente che cerca e vuole a tavola carne sempre più tenera;  l'agnello da latte, cioè con poco più di un mese di vita, viene da molti preferito per la carne tenera (chiamato abbacchio); inoltre è tradizione diffusa quella di mangiare carne d'agnello nel giorno di Pasqua. Io sono fortunatamente arrivato a 32 anni senza mai mangiare queste povere creature e chiuderò la mia vita non sentendomi un pervertito della tavola. Proprio perché ci sono persone in Africa che muoiono di fame, credo che spezzare la vita di un animale appena nato e non ancora adulto solo per appagare il palato di qualche pervertito è un gesto barbarico di una società che cerca gratificazioni superflue.  

ITALIA GAME OVER. Lascio l'Italia per non raddoppiare l'amarezza.

Alberto Sciretti in una foto recente del 29 Settembre 2011
Chi mi ha conosciuto o chi mi legge tra le righe può percepire quanto io ami quel dono meraviglioso che è la vita. Ho sempre vissuto intensamente e guardo al mio passato con gioia; nessun rimpianto, nessun rimorso. 
Questo entusiasmo innato che credo mi contraddistingua non può tuttavia impedirmi di riflettere sul fatto che il mio paese, l'Italia, ha imboccato un tunnel senza uscita. A questa considerazione sono arrivati oramai praticamente tutti ed è il leitmotiv del momento.   A crederci sono rimasti gli illusi cronici. Siamo di fronte letteralmente ad una nave che si appresta ad affondare per una falla che ha squarciato lo scafo, il debito pubblico.  Da sempre in questo blog, molto prima dell'arrivo della tempesta, ho parlato a chiare lettere del debito pubblico italiano, fino a caricare esplicitamente un video "Grazie ai politici italiani per il nuovo record di 1753 miliardi di euro di debito pubblico" il 17 settembre 2009 in cui ho accusato esplicitamente la politica italiana di "aver schifosamente indebitato le nuove generazioni". Nessuno mi ha mai querelato per questo. Semplicemente è la verità, dimostrabile in qualsiasi tribunale del mondo. Io non ho paura. Chi non ruba non conosce la paura. Da allora niente è cambiato ed il debito è aumentato fino a sfiorare i 2000 miliardi di euro. Ora io, come altri giovani, ho due alternative. Rimanere o andarmene. Pagare il conto di ciò che non ho bevuto, o andarmene lasciando che paghi chi  ha bevuto stoltamente. Rimanere, significa comunque, in un modo o nell'altro, farsi contagiare amaramente  dall'amarezza di un naufragio annunciato. Andarsene significa rinascere altrove. Secondo voi cosa ho scelto? Sono abituato a dare un seguito alle mie parole. Se dico che questo paese affonderà, bisogna anche che mi allontani in una scialuppa. Non c'è nessuna medicina per l'Italia, perché esattamente come successe nel periodo fascista, gli italiani sono nuovamente compromessi. Non c'è più nessuno in Italia che abbia l'autorevolezza per far capire agli italiani che se stiamo affondando ciò si deve ad un loro malcostume generale diffuso di stampo mafioso, che è sempre stato assolto a suon di condoni. Visto che inseguo da sempre la mia felicità e non ho alcuna intenzione di intristirmi perché gli italiani sono diventati sempre più mafiosi (rimando ad un mio post "Lo spirito della mafia"), ho scelto di allontanarmi per un bel po' di mesi. Poi vediamo. Intanto, in esplorazione.

Eccomi in alcuni momenti di spensieratezza a Gardaland tra il 2004 ed il 2006. Ora bisogna andarsene dall'amarezza Italia che si è adoperata per intristirsi. GOODBYE MALINCONIA

domenica 2 ottobre 2011

In esplorazione sul Monte Baldo, dai grandi prati alla tavola. A pranzo picnic al grande albero, a cena tutti a mangiare da Maria.

Picnic al grande albero, a qualche centinaia di metri dalla malga Dossioli. Siamo in Trentino, quindi in un posto così suggestivo una mente illuminata ha deciso di posizionarvi un tavolo per permettere la piena fruibilità di questo angolo di paradiso.
Ieri, per il secondo sabato di seguito, mi sono recato sul Monte Baldo con tanto di ultima cena da fine del mondo da Maria al Rifugio Monte Baldo. Menù fisso a 15 euro euro per tornare in pianura ruttando dalla soddisfazione. Piatti trasognanti per dimenticare la crisi della pianura. Stavolta furbescamente mi sono giocato la carta "recensione". Ora vi spiego.
Alberto Sciretti, al grande albero sul Monte Baldo
Mentre servivano i primi, ho avvisato di aver lasciato questa recensione su Google map; non so come mai ma dopo averlo detto le mie porzioni già schifosamente abbondanti sul mio piatto trabordavano e mi veniva continuamente proposto il bis. Ruffiano? Io ho scelto di esternare e condividere sempre il mio parere. La condivisione delle proprie opinioni permette al tuo prossimo di ponderare meglio le proprie decisioni secondo le proprie necessità.  Amo questo paese, nonostante stia per lasciarlo; quando in esplorazione scopro luoghi incantevoli o come nel caso di Maria incontro persone che sanno fare il proprio mestiere a regola d'arte, condivido tale gioia nella speranza che altri dopo di me possano provare quelle emozioni. L'egoismo è un sentimento che non mi appartiene. La condivisione è il futuro. Proprio ieri sul Monte Baldo scuotevo il capo. In occasione del passaggio del Giro ciclistico della Padania i trogloditi  hanno riempito di scritte, "Padania libera", "W BOSSI" "Trento libera" la strada che da Avio porta a San Valentino. L'unica sensazione negativa della giornata. L'egoismo può confinarti nell'ignoranza (chi ha scritto  "Trento libera" non ha dato uno schiaffo all'Italia, ma alla propria intelligenza, visto che si può dire tutto tranne che il Trentino non sia già abbastanza autonomo). Perché alla mattina ed al pomeriggio scorazzavo libero in alcuni prati del monte Baldo? Non posso rispondere direttamente a questa domanda. Già lo feci con il video "le regole ingiuste vanno infrante" ma posso delegare questa foto scattata il giorno seguente a rispondere in modo esauriente. Il resto, spetta a voi scoprirlo.
Le mazze di tamburo chiuse si possono aprire come dei fiori, se vengono colte con il gambo e tenute in un bicchiere pieno d'acqua. Proprio ieri sera al rifugio monte Baldo le ho mangiate alla milanese, con la solita sensazione di mangiare vere e proprie  bistecche saporite.  

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