giovedì 6 ottobre 2011

Semplicemente Steve Jobs

Il ricordo semplice di Steve Jobs sul sito della Apple.

"Apple ha perso un genio visionario e creativo e il mondo ha perso un incredibile essere umano. Quelli di noi che hanno avuto la fortuna di conoscerlo abbastanza e di lavorare con lui hanno perso un grande amico e un mentore d'ispirazione. Steve lascia una compagnia che solo lui avrebbe potuto creare, e il suo spirito sarà per sempre alla base di Apple".
Il mondo si è commosso alla morte del genio. Le televisioni hanno dovuto cambiare i propri palinsesti, l'onda emotiva della rete si è imposta dimostrando di fare oramai la parte del leone in questo mondo globalizzato. Ovunque è stato ricordato una straordinaria lectio magistralis di Steve all'Università di Stanford, che riporto qui di seguito per intero: 

Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.

UNIRE I PUNTINI - La prima storia parla di «unire i puntini». Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perchè ho smesso?
Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei «veri» genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: «Abbiamo un bimbo, un maschietto, ‘non previsto’; volete adottarlo?». Risposero: «Certamente». La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università.
Infine, diciassette anni dopo ci andai. Ingenuamente scelsi un’università che era costosa quanto Stanford, così tutti i risparmi dei miei genitori sarebbero stati spesi per la mia istruzione accademica. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore: non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita e non avevo idea di come l’università mi avrebbe aiutato a scoprirlo. Inoltre, come ho detto, stavo spendendo i soldi che i miei genitori avevano risparmiato per tutta la vita, così decisi di abbandonare, avendo fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. Ok, ero piuttosto terrorizzato all’epoca, ma guardandomi indietro credo sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’istante in cui abbandonai potei smettere di assistere alle lezioni obbligatorie e cominciai a seguire quelle che mi sembravano interessanti.
Non era tutto così romantico al tempo. Non avevo una stanza nel dormitorio, perciò dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici; portavo indietro i vuoti delle bottiglie di coca-cola per raccogliere quei cinque cent di deposito che mi avrebbero permesso di comprarmi da mangiare; ogni domenica camminavo per sette miglia attraverso la città per avere l’unico pasto decente nella settimana presso il tempio Hare Krishna. Ma mi piaceva. Gran parte delle cose che trovai sulla mia strada per caso o grazie all’intuizione in quel periodo si sono rivelate inestimabili più avanti.Lasciate che vi faccia un esempio: il Reed College a quel tempo offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del paese. Nel campus ogni poster, ogni etichetta su ogni cassetto, erano scritti in splendida calligrafia. Siccome avevo abbandonato i miei studi «ufficiali» e pertanto non dovevo seguire le classi da piano studi, decisi di seguire un corso di calligrafia per imparare come riprodurre quanto di bello visto là attorno. Ho imparato cosa sono i caratteri serif e sans serif, come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende la migliore capacità tipografica così grande. Era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto «catturarlo», e trovavo ciò affascinante.Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer con una bella capacità tipografica. Se non avessi abbandonato gli studi, il Mac non avrebbe avuto multipli caratteri e font spazialmente proporzionate. E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora le avrebbe. Se non avessi abbandonato, se non fossi incappato in quel corso di calligrafia, i computer oggi non avrebbero quella splendida capacità tipografica che ora possiedono. Certamente non era possibile all’epoca «unire i puntini» e avere un quadro di cosa sarebbe successo, ma tutto diventò molto chiaro guardandosi alle spalle dieci anni dopo. Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro ombelico, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete… questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita.

AMORE E PERDITA - La mia seconda storia parla di amore e di perdita. Fui molto fortunato – ho trovato cosa mi piaceva fare nella vita piuttosto in fretta. Io e Woz fondammo la Apple nel garage dei miei genitori quando avevo appena vent’anni. Abbiamo lavorato duro, e in dieci anni Apple è cresciuta da noi due soli in un garage sino ad una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. Avevamo appena fatto uscire la nostra migliore creazione – il Macintosh – un anno prima, e avevo appena compiuto trent’anni… quando venni licenziato. Come può una persona essere licenziata da una società che ha fondato? Beh, quando Apple si sviluppò assumemmo una persona – che pensavamo fosse di grande talento – per dirigere la compagnia con me, e per il primo anno le cose andarono bene. In seguito però le nostre visioni sul futuro cominciarono a divergere finché non ci scontrammo. Quando successe, il nostro Consiglio di Amministrazione si schierò con lui. Così a trent’anni ero a spasso. E in maniera plateale. Ciò che era stato il centro della mia intera vita adulta non c’era più, e tutto questo fu devastante.
Non avevo la benché minima idea di cosa avrei fatto, per qualche mese. Sentivo di aver tradito la precedente generazione di imprenditori, che avevo lasciato cadere il testimone che mi era stato passato. Mi incontrai con David Packard e Bob Noyce e provai a scusarmi per aver mandato all’aria tutto così malamente: era stato un vero fallimento pubblico, e arrivai addirittura a pensare di andarmene dalla Silicon Valley. Ma qualcosa cominciò a farsi strada dentro me: amavo ancora quello che avevo fatto, e ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato affatto questo stato di cose. Ero stato rifiutato, ma ero ancora innamorato. Così decisi di ricominciare.Non potevo accorgermene allora, ma venne fuori che essere licenziato dalla Apple era la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare. La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un iniziatore, mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.Nei cinque anni successivi fondai una Società chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una splendida ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La Pixar produsse il primo film di animazione interamente creato al computer, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione di maggior successo nel mondo. In una mirabile successione di avvenimenti, Apple comprò NeXT, ritornai in Apple e la tecnologia che sviluppammo alla NeXT è nel cuore dell’attuale rinascita di Apple. E io e Laurene abbiamo una splendida famiglia insieme.Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo mi sarebbe accaduto se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina con un saporaccio, ma presumo che «il paziente» ne avesse bisogno. Ogni tanto la vita vi colpisce sulla testa con un mattone. Non perdete la fiducia, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il/la vostro/a fidanzato/a che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi.

MORTE - La mia terza storia parla della morte. Quando avevo diciassette anni, ho letto una citazione che recitava: «Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, uno di questi c’avrai azzeccato». Mi fece una grande impressione, e da quel momento, per i successivi trentatré anni, mi sono guardato allo specchio ogni giorno e mi sono chiesto: «Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?». E ogni volta che la risposta era «No» per troppi giorni consecutivi, sapevo di dover cambiare qualcosa.
Ricordare che sarei morto presto è stato lo strumento più utile che abbia mai trovato per aiutarmi nel fare le scelte importanti nella vita. Perché quasi tutto – tutte le aspettative esteriori, l’orgoglio, la paura e l’imbarazzo per il fallimento – sono cose che scivolano via di fronte alla morte, lasciando solamente ciò che è davvero importante. Ricordarvi che state per morire è il miglior modo per evitare la trappola rappresentata dalla convinzione che abbiate qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione perché non seguiate il vostro cuore.
Un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Effettuai una tac alle sette e trenta del mattino, e mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che con ogni probabilità era un tipo di cancro incurabile, e avevo un’aspettativa di vita non superiore ai tre-sei mesi. Il mio dottore mi consigliò di tornare a casa «a sistemare i miei affari», che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Significa che devi cercare di dire ai tuoi figli tutto quello che avresti potuto nei successivi dieci anni in pochi mesi. Significa che devi fare in modo che tutto sia a posto, così da rendere la cosa più semplice per la tua famiglia. Significa che devi pronunciare i tuoi «addio».
Ho vissuto con quella spada di Damocle per tutto il giorno. In seguito quella sera ho fatto una biopsia, dove mi infilarono una sonda nella gola, attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino, inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore. Ero in anestesia totale, ma mia moglie, che era lì, mi disse che quando videro le cellule al microscopio, i dottori cominciarono a gridare perché venne fuori che si trattava una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene. Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero lo sia per molti decenni ancora. Essendoci passato, posso dirvi ora qualcosa con maggiore certezza rispetto a quando la morte per me era solo un puro concetto intellettuale: nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante tutto la morte rappresenta l’unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la Morte è la migliore invenzione della Vita. E’ l’agente di cambio della Vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora «il nuovo» siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, gradualmente diventerete «il vecchio» e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è pressappoco la verità.
Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun’altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario. Quando ero giovane, c’era una pubblicazione splendida che si chiamava The whole Earth catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Steward Brand, non molto distante da qui, a Menlo Park, e costui apportò ad essa il suo senso poetico della vita. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer, ed era fatto tutto con le macchine da scrivere, le forbici e le macchine fotografiche polaroid: era una specie di Google formato volume, trentacinque anni prima che Google venisse fuori. Era idealista, e pieno di concetti chiari e nozioni speciali.
Steward e il suo team pubblicarono diversi numeri di The whole Earth catalog, e quando concluse il suo tempo, fecero uscire il numero finale. Era la metà degli anni Settanta e io avevo pressappoco la vostra età. Nella quarta di copertina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna nel primo mattino, del tipo che potete trovare facendo autostop se siete dei tipi così avventurosi. Sotto, le seguenti parole: «Siate affamati. Siate folli».
Era il loro addio, e ho sperato sempre questo per me. Ora, nel giorno della vostra laurea, pronti nel cominciare una nuova avventura, auguro questo a voi. Siate affamati. Siate folli.

Lectio magistralis di Steve Jobs all'Università di Stanford

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Finalmente un video in lingua originale, così, per quelli come me che vivono all’estero, diventa più facile far conoscere ai propri amici un blog italiano in cui si parla di tutto, ma spesso proprio dell’Italia e delle sue tante storie.
Da dire che non sono particolarmente attratto dai blog, anzi, ne ho un’idea molto personale e non amo tutta questa condivisione. E poi sembra proprio che oggi quasi tutti abbiano una gran voglia di visibilità e direi anche di notorietà. “In the future everyone will be world-famous for 15 minutes “ disse Andy Warhol, e ritengo che sia stato alquanto profetico se solo pensiamo alle trasmissioni televisive odierne (very trash), ai realty, ai veri e propri “gallinai” e via dicendo, che hanno reso famosi personaggi di dubbio talento. Andy lo aveva previsto bene il futuro anche se all’epoca, mi sembra fosse il 1968, non si pensava nemmeno lontanamente alla rivoluzione tecnologica chiamata Internet, che avrebbe stravolto le abituali vie di comunicazione, facilitandole notevolmente. In più permettendo, la diffusione di notizie in tempo reale per quanto riguarda l’informazione, e poi tutto il resto. Ma permettendo anche la via più breve per il successo per chiunque desiderasse conquistarlo.
Un successo raggiungibile ormai da chiunque abbia desiderio di mostrarsi senza avere il benché minimo talento, e i veri talenti che invece rimangono nell’ombra o scelgono di rimanerci disgustati da tutto questo luccichio abbagliante quanto effimero. Eh sì, perchè Andy aveva parlato di soli 15 minuti di fama, dopodiché tutto quello svafillare se ne andrà alla stessa velocità con cui era arrivato, perché, alla fine di tutto, la fama per sempre è solo per i veri talenti. Che fa la differenza è la sostanza, il contenuto. Il vuoto, il nulla, non lasciano traccia.

Vabbe’, tutto questo “ciarlare” per dire che sono ben pochi i blog guardabili, pochi che hanno veramente qualcosa da dire. Pochi che riportano un discorso, appassionante quanto emozionante come quello di Svete Jobs.Un’autentica pagina di letteratura.
E allora perché non condividerla anche con i tanti che non conoscono una sola parola di italiano?
Non sempre, caro Alberto sono d’accordo con quello che scrivi, anzi, forse solo poche volte. Tuttavia ritengo che tutto quello che scrivi vale bene la pena di essere letto. Del resto io non sono umano, ma un alieno ;)
Matteo

redazione ha detto...

Caro Matteo,
in tutti i commenti che hai lasciato su questo blog, ti ho sempre riconosciuto l’autentica e rara intenzione di voler creare sempre un contributo utile alla altrui lettura. Stavolta, permettimi invece questa critica, ho invece la netta sensazione che tu sia più passato stancamente per fare la cacca. Voglio dire, affermi “sembra proprio che oggi quasi tutti abbiano una gran voglia di visibilità e direi anche di notorietà”; forse ne sai qualcosa anche te che partecipavi o partecipi ai casting più per appagare il tuo narcisismo che per una concreta necessità di soddisfare dei bisogni primari. Matteo, hai un disperato bisogno di qualcuno che ti dica sinceramente come stanno le cose, per questo ti credi un alieno. Quel “luccichio abbagliante quanto effimero” sono anche le tue foto che si vedono dal parrucchiere. Chiunque non può che convenire con te che “la fama per sempre è solo per i veri talenti. Che fa la differenza è la sostanza, il contenuto. Il vuoto, il nulla, non lasciano traccia.” A parole sei bravissimo. Allora, perché tu che sei un talento della natura, ripeto un cervello in fuga dall’Italia, invece di rifugiarti egoisticamente tra gli alieni, rivendicandone l’appartenenza, non ti metti al servizio dell’umanità? Oggi ho scritto "La caduta dell'impero di diritto romano del Prof.re Luigi Garofalo all'Università degli studi di Padova" non per appagare il mio ego, ma nel tentativo di cambiare lo status quo e di denunciare quell’alieno, che avvitandosi nella saccenza e nell’arroganza, ha dimenticato proprio di appartenere al genere umano. L’ho dovuto fare io in forma non anonima, perché tu e tanti altri che mi precedevano non l’hanno voluto fare. È facile cavalcare il sistema e difficile ribellarsi e pagarne le conseguenze. Condividere senza ipocrisia e con coraggio è un fardello difficile da sopportare, perché comporta una responsabilità ed un giudizio terzo con cui confrontarsi. Tu non ami la condivisione semplicemente perché ti potrebbero arrivare sonori schiaffi come questo, dettati dalla voglia di parlarti con il cuore, caratteristica che come sai, e non apprezzerai in questo frangente, mi contraddistingue. Siamo entrambi ancora lontani anni luce da un modello perfetto come può essere l’umanità di Madre Teresa di Calcutta; riconoscerlo è un atto di intelligenza e di umiltà. Tanto vale quindi prendere l’ascensore, mettersi in discussione, e tornare al primo piano. Mettitelo in testa; l’unico modo, che ti piaccia o no, per cambiare realmente le cose è quello di iniziare a condividere, attività che stranamente ti vede resistente. Non sarà forse che questo sistema tutto sommato tu preferisca cavalcarlo, finendo senza infamia e senza lode a speculare su Wall Street come uno dei tanti colletti bianchi dalle fattezze umane ma spiritualmente ritardati? La pensiamo diversamente, perchè mi troverai quel giorno dalla parte della barricata con i pastori. Sei sicuro di esserti veramente emancipato dall’omogeneizzazione, oltre che ad additarla sapientemente come nemico pubblico? Io credo che tu abbia un margine di ribellione ancora molto alto; la tua vita è ancora sommersa da bisogni secondari indotti a furia di cavalcare questo sistema. Sei talmente avvitato su te stesso, che hai dimenticato anche di rapportarti con il prossimo, e quindi anche con il sottoscritto, in modo virtuoso. Ma va là, sei molto più umano di quello che credi.
Un caro saluto.

Anonimo ha detto...

Oggi sì che passo stancamente ….
volevo solo dire di quanto avevo gradito vedere pubblicato nel tuo blog il discorso di Steve Jobs e con l’occasione far riflettere, per chi ne ha voglia, sul fatto di quanto sia facile acquistare notorietà e di quanto invece sia difficile mantenerla. In questo che fa la differenza è il talento. Così anche nei blog che ormai sono un numero spropositato, se non c’è la qualità nei messaggi che quotidianamente vengono riportati, allora non hanno alcun motivo di esistere. Tutto qua.
Non mi piace parlare delle mie cose personali, ma visto che tu lo hai fatto allora ti dico questo. E’ vero che ho partecipato a dei casting, è vero anche che ho fatto il modello. Un lavoro onesto, retribuito e per cui non ho proprio nulla da vergognarmi. Di certo non ho mai fatto il pagliaccio in giro tanto per farmi notare. Visto che ci siamo ti ricordo anche, ma lo sai già, che per seguire gli studi ho rifiutato la proposta di una nota azienda cosmetica, rinunciando, non solo alla notorietà, ma in questo caso anche al denaro.
Se poi pensi di avermi dato uno “schiaffo” ti sbagli e di grosso. E con il cuore, sai, non credo proprio. Con il cuore si fanno altre cose.
Mi dispiace che tu veda il mondo diviso in due sole categorie i “colletti bianchi” (spiritualmente ritardati) e pecorai. I pecorai per caso sono sempre ricchi di spirito?
Sai come si dice a Forte? Albe … ma vattelo a troncà nel c….
Matteo

redazione ha detto...

Caro Matteo,
milioni di persone si sono appropriate del discorso di Steve Jobs e si sono emozionate. Ne hanno colto l’essenza? Non lo posso sapere. So di certo che tu non l’hai annessa. Hai lasciato un commento sopra scrivendo “non amo tutta questa condivisione” corredato da altra segatura. Il discorso di Stanford ti ha emozionato ma non hai voluto cogliere e capire quale fosse il veicolo di questa emozione. Hai sentito l’iniezione emozionante, ma hai fatto finta di non vedere che qualcuno ti aveva fatto una puntura nell’anima. Il veicolo era proprio la condivisione, grullo! Steve Jobs, apre il suo cuore, ci racconta della sua infanzia più privata, dalla madre biologica all’adozione, la malattia, il cancro che solitamente le persone nascondono come fosse la peste. La condivisione è talmente profonda che “mi infilarono una sonda nella gola, attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino, inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore”. In questa semplice condivisione c’è la magia che ti solletica ma che non ne capisci la strutturazione. Inizio a pensare che il tuo talento sia soltanto mnemonico (purtroppo ne sono sempre più convinto), perché ti ostini nel tuo dogma avverso la condivisione, che continuamente critichi e mi rinfacci arrivando qualche mese fa’ a dirmi che per questo non mi riconoscevi più. Eppure nel discorso si dice “Non rimanete intrappolati nei dogmi”. Il tuo dogma è a priori schierato contro la condivisione e non sei attratto dai blog; non ti importa se grazie a tanti blogger, veri e proprio coraggiosi martiri, alcuni paesi del nord-Africa e non, hanno visto tramontare dittature tiranniche. Il talento nel discorso di Stanford è la semplicità con la quale vengono condivisi momenti entusiasmanti come la nascita e momenti forti come la morte. Ora, guarda come hai reagito te soltanto per essere stato provocato (cito “Non mi piace parlare delle mie cose personali”), ricordandoti che nel valzer delle vanità evanescenti ci sei dentro in mutande anche te perché prestavi il tuo corpo al marketing di un mondo frivolo e narcisista. Appena sei stato provocato, ti sei rifugiato volgarmente a Forte dei Marmi (cito “Sai come si dice a Forte? Albe … ma vattelo a troncà nel c….). Io credo che tu reagisca così e ti schieri contro la condivisione semplicemente perché sei rimasto indietro ed il mondo sta prendendo una direzione che non è un abito su misura per un leguleio talentuoso prestato all’economia della speculazione più sopraffina. Metti in dubbio, che io ti sia parlando con il cuore soltanto perché ho la schiettezza e l’autenticità al punto giusto per non dirti quello che tu vuoi sentirti dire. Io ti ho parlato e ti parlo con il cuore, come farei con qualunque altra persona. Sto per partire anch’io per l’estero e avevo altre cose da fare che stare qui a risponderti. L’ho fatto perché credo che tu meriti sempre la mia sincerità. Lascia Wall Street al suo destino, liberati e ribellati. Insomma Matte, smettila di cavalcare questo sistema marcio. Sai cosa ti direbbe il pastore di nome Semplice nel Gennargentu? Ah, grullo……cambia cavallo.

Con affetto. Alberto

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