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mercoledì 20 aprile 2011

73 risoluzioni dell'ONU contro Israele. Nessun ispettore. Nessuna guerra per farle rispettare.


Giovane palestinese al funerale di Vittorio Arrigoni. Sullo sfondo un murales dedicato al pacifista italiano.

73 risoluzioni dell'ONU contro Israele. Nessun ispettore. Nessuna guerra per farle rispettare. Questa notizia è stata tratta dal bellissimo blog di Vittorio Arrigoni.

Vittorio Arrigoni è il nuovo Che Guevara

Vittorio Arrigoni, morto a 37 anni per la PACE

il suo motto "Restiamo Umani" 

Che Guevara, morto a 39 anni per la LIBERTÀ

il suo motto "Fino alla vittoria sempre. Patria o morte."

lunedì 18 aprile 2011

Uno dei video più emozionanti di Vittorio Arrigoni


Vittorio Arrigoni, il pacifista italiano risponde a Roberto Saviano.

ISRAELE VERGOGNA: Vittorio Arrigoni era sulla black-list degli israeliani che lo avevano già picchiato e lui aveva pensato che lo avrebbero ucciso.

Articolo di giornale che dimostra come Vittorio Arrigoni fosse stato inserito  nella black list israeliana. Una vergogna anche per lo Stato Italiano non aver difeso all'epoca un proprio cittadino, che aveva l'unica colpa di avere degli ideali pacifisti. L'ambasciato italiana infatti fu solo in grado di dirgli: "Stai tranquillo, Israele è un paese amico".

Vittorio Arrigoni, il volontario italiano ucciso in questi giorni, era stato picchiato da cinque soldati israeliani alla vigilia di Pasqua del 2005; riporto fedelmente l'articolo di giornale: è stato trattenuto in frontiera da soldati israeliani per otto ore, caricato su un autobus e picchiato selvaggiamente da cinque militari. Se non fossero intervenuti i soldati giordani, probabilmente Vittorio Arrigoni 30 anni, sarebbe stato travolto da un autobus. Questo è il bilancio della terribile avventura che il giovane ha subito alla vigilia di Pasqua. Attualmente il trentenne si trova ancora presso l'hotel Concorde ad Hamman, dove lo abbiamo contattato telefonicamente. Il suo arrivo in Italia è previsto per i prossimi giorni. Arrigoni, residente in paese in via Giovanni XXIII, da anni è impegnato come scudo umano per proteggere le popolazioni palestinesi, e come ogni anno, l'altra settimana, si è recato prima in Giordania, per poi passare la frontiera israeliana. Da qui ha avuto inizio l'incubo.

Vittorio Arrigoni.
"Sono arrivato in frontiera alle 9 - ci ha raccontato il trentenne - avevo un passaporto nuovo, perchè il vecchio era scaduto e dovevo recarmi in Palestina da alcuni amici che mi stavano aspettando. Uno di loro è gravemente malato e dovevo portare dei soldi per le sue cure mediche. Quando l'addetta ai controlli ha verificato il mio nome al terminale, ha avuto un sobbalzo. Ho capito che non sarebbe stato facile, ma non avevo idea di quello che sarebbe successo." Da qui è iniziato un lungo interrogatoio. "I militari israeliani hanno incominciato a torchiarmi chiedendomi ripetutamente se ero un delinquente. Hanno effettuato un controllo assurdo al mio bagaglio, spaccando anche alcuni regali che vi erano contenuti. Mi hanno manomesso il cellulare che ora non funziona più. Dopo una mattinata trascorsa in questo modo mi hanno consentito di chiamare l'ambascita italiana. Il personale italiano mi ha invitato alla calma assicurandomi che mai mi avrebbero fatto del male, visto che Isarele è un paese amico". Evidentemente le cose sono andate diversamente. "Ho subito minacce di arresto - ha aggiunto il trentenne - ma nessuno è stato in grado di spiegarmi il perchè io sono sulla così detta BLACK-LIST, cioè la lista nera. Mi hanno ripetuto che non potevo passare per motivi di sicurezza. Poi sono arrivati tre militari, credo fossero di un corpo speciale, perchè erano alti circa un metro e novanta e pesavano intorno ai cento chili. Uno di loro mi ha detto che avrebbero dovuto muovere violenza contro di me. Ho pensato che l'unica cosa che potessi fare era ispirarmi a Ghandhi. E così ho fatto. Non ho opposto alcuna resistenza. Sono stato sollevato di peso e portato in un autobus". Erano circa le 17. Quando le porte si sono chiuse, ci ha spiegato ancora il trentenne, è iniziato il peggio. "Altri due militari attendevano a bordo del pullman di cui una era una donna - ha aggiunto ancora il bulciaghese - Hanno iniziato a picchiarmi selvaggiamente sul volto e a prendermi a calci. Io portavo un ciuffo di cappeli raccolti in una treccina, che mi hanno strappato dal capo. Il tutto è durato per circa quattro minuti, il tempo di raggiungere il confine con la Giordania. Ma ho pensato che mi avrebbero ucciso. E stata un'eternità. Poi mi hanno buttato al di là della frontiera in territorio giordano, gettandomi addosso la treccina che mi avevano strappato. Se i militari giordani non mi avessero raccolto, mi avrebbero travolto con l'autobus."
Il giovane è stato poi medicato in frontiera e condotto in albergo dove ha avvisato l'ambasciata di quanto era successo. "I militari giordani hanno fatto rapporto su quanto hanno visto. Io ho lividi sparsi per tutto il corpo che attestano quanto è successo, ma le ferite più profonde sono nella mia anima. Non sono più un uomo libero, perchè non posso andare dove voglio. Quello che mi sorprende è che Israele sia indicata come l'unica democrazia del Medio Oriente." Della vicenda di Vittorio Arrigoni si è occupata nei giorni scorsi anche Radio Popolare che ha chiamato il giovane e ha mandato in onda una testimonianza in diretta.

domenica 17 aprile 2011

Vittorio Arrigoni scrisse del suo Battello Ebbro ("Le bateau ivre") come Arthur Rimbaud e disse: "brillerò anche per coloro che non hanno osato"

Il Battello Ebbro di Vittorio Arrigoni (1975-2011) e Arthur Rimbaud (1854-1891). Ebbro perchè il distacco da un mondo convenzionale intriso di omogeneizzazione, mediocrità, divertimenti banali, affetti superficiali, gusti triviali, falso appagamento, incapacità di provare amore e desiderio provoca ebbrezza.
C'è una stupenda poesia scritta il 23 Marzo 2005 da Vittorio Arrigoni, il giovane volontario italiano ucciso a Gaza, che rende, più di ogni altro scritto, l'idea di quel miliziano della pace quale lui era. Ed insieme a lui gli altri giovani caduti per la pace della International Solidarity Movement.   Credo sia stata scritta da lui, di suo pugno, perchè si trova ad oggi solamente in questo post sul suo blog, che ci tengo a dire, rappresenta uno dei libri più emozionanti e facilmente accessibili sul web. Sono sicuro che il blog di Vittorio sarà una delle stelle comete che guideranno le future generazioni verso un mondo di pace più giusto. Pensate solo che il suo motto era "Restiamo Umani". Il titolo della poesia "Le bateau ivre" è ripreso volutamente da una poesia di Arthur Rimbaud scritta nel 1871 all'età di sedici anni, in cui il poeta maledetto si identifica nel viaggio di un battello ebbro, che abbandona le costrizioni del mondo occidentale e cerca di realizzarsi nella libertà della natura, rappresentata dal mare aperto. Se Rimbaud tornerà dall'Africa in Europa per morire tra atroci sofferenze a Marsiglia a soli 37 anni e nella sua poesia l’avventura della evasione fantastica verso l'ignoto si conclude con un ritorno rassegnato, maliconico, quasi autodistruttivo, alla più nota acqua d’Europa, Vittorio Arrigoni nella sua poesia vara un fiero battello ebbro di sola andata e lo guida contro gli "orrori del mondo" conscio del proprio "richiamo al dovere". Morirà soffrendo in Medio Oriente, a Gaza il 15/04/2001 a soli 36 anni.  Sono parole sue: "Ho brillato anche per coloro che non hanno osato."

Vengono i brividi a leggere la versione di Vittorio Arrigoni di "Le bateau ivre":

L'odissea oscura si svela
dinnanzi ai prossimi giorni,

ho un battello ebbro come taxi per il non ritorno,
nessun testamento se non il mio ricordo sepolto
nelle coscienze di coloro che ho amato.
i miei ideali sconvolti si fanno brace
e brucia onnipresente il richiamo al dovere
il volere primo della mia anima errante,
Lasciarsi alle spalle ogni scrupolo di conforto
per la passione della compassione
della connivenza con la tragedia,
della ricerca di un medicamento
contro ogni orrore del mondo.


Sarò in Palestina,
entro poco
se le stelle mi saranno compiacenti
e brillerò anche per coloro che non hanno osato,
perchè non è una resa schivare i domini della morte,
ma è per la mia anima offesa un richiamo alla non abdicazione.


Quella strada che il fato mi fece svoltare
che è presto mutata nella mia causa utopica
e mi perdoni la mia musa,
la mia famiglia certificata
e quella atavica che cercai ricomporre
tutti e tutte coloro che son stati sfiorati dai miei tentacoli d'emozione
chiedo perdono
per non aver osato guardare uno specchio
e scoprirmi reso alla ricerca dell'assurdo.

Vittorio Arrigoni.
Per la difficile interpretazione invece della versione di Arthur Rimbaud, intrisa della stessa droga e delle stesse sostanze allucinogene a cui anelava, potete appoggiarvi a questo link. Ecco la versione del poeta maledetto di "Le bateau ivre":

Appena presi a scendere lungo i Fiumi impassibili,
Mi accorsi che i bardotti non mi guidavan più:
Ignudi ed inchiodati ai pali variopinti,
I Pellirosse striduli li avevan bersagliati.


Non mi curavo più di avere un equipaggio,
Col mio grano fiammingo, col mio cotone inglese.
Quando assieme ai bardotti si spensero i clamori,
I Fiumi mi lasciarono scender liberamente.


Dentro lo sciabordare aspro delle maree,
L'altro inverno, più sordo di una mente infantile,
Io corsi! E le Penisole strappate dagli ormeggi
Non subirono mai sconquasso più trionfante.


La tempesta ha sorriso ai miei risvegli in mare.
Più lieve di un turacciolo ho danzato sui flutti
Che eternamente spingono i corpi delle vittime.
Dieci notti, e irridevo l'occhio insulso dei fari!


Più dolce che ai fanciulli qualche acida polpa,
L'acqua verde filtrò nel mio scafo di abete
E dalle macchie rosse di vomito e di vino
Mi lavò, disperdendo il timone e i ramponi.


Da allora sono immerso nel Poema del Mare
Che, lattescente e invaso dalla luce degli astri,
Morde l'acqua turchese, dentro cui, fluttuando,
Scende estatico un morto pensoso e illividito;


Dove, tingendo a un tratto l'azzurrità, deliri
E ritmi prolungati nel giorno rutilante,
Più stordenti dell'alcol, più vasti delle lire,
Fermentano i rossori amari dell'amore!


Io so i cieli che scoppiano in lampi, e so le trombe,
Le correnti e i riflussi: io so la sera, e l'Alba
Che si esalta nel cielo come colombe a stormo;
E qualche volta ho visto quel che l'uomo ha sognato!


Ho visto il sole basso, fosco di orrori mistici,
Che illuminava lunghi coaguli violacei,
Somiglianti ad attori di antichi drammi, i flutti
Che fluivano al tremito di persiane, lontano!


Sognai la notte verde dalle nevi abbagliate,
Bacio che sale lento agli occhi degli Oceani,
E la circolazione delle linfe inaudite,
E, giallo e blu, il destarsi dei fosfori canori!


Ho seguito, per mesi, i marosi che assaltano
Gli scogli, come mandrie di isterici bovini,
Stupito che i lucenti piedi delle Marie
Potessero forzare i musi degli Oceani!


Ho cozzato in Floride incredibili: fiori
Sbocciavano fra gli occhi di pantere con pelli
D'uomo! In arcobaleni come redini tesi
A glauche mandrie soto l'orizzonte dei mari!


Ho visto fermentare gli stagni enormi, nasse
Dove frammezzo ai giunchi marcisce un Leviatano!
Frane d'acqua scuotevano le immobili bonacce,
Cateratte lontane crollavano nei baratri!


Ghiacciaci, soli d'argento, flutti madreperlacei,
Cieli ardenti! Incagliavo in fondo a golfi bruni
Dove immensi serpenti mangiati dalle cimici
Cadon, da piante torte, con oscuri profumi!


Ai bimbi avrei voluto mostrare le dorate
Dell'onda cupa e azzurra, o quei pesci canori.
- Schiune di fiori, mentre salpavo, m'han cullato,
E talvolta ineffabili venti m'han dato l'ali.


Martire affaticato dai poli e dalle zone,
Il mare che piangendo mi addolciva il rullio
Faceva salir fiori d'ombra, gialle ventose,
Ed io restavo, simile a una donna in ginocchio,


Quasi isola, scuotendo sui miei bordi i litigi
E lo sterco di uccelli dagli occhi bioni, e urlanti.
Vogavo ed attraverso i miei legami fragili
Gli affogati a ritroso scendevano a dormire!


Io, battello perduto nei crini delle cale,
Spinto dall'uragano nell'etra senza uccelli,
Né i velieri anseatici, né i Monitori avrebbero
Ripescato il mio scafo ubriacato d'acqua;


Libero, fumigante, di brume viole carico,
Io che foravo il cielo rossastro come un muro
Che porti, leccornie per i buoni poeti,
Dei licheni di sole e dei mocci d'azzurro;


Io che andavo chiazzato dalle lunule elettriche,
Folle trave, scortato dagli ippocampi neri,
Quando il luglio faceva crollare a scudisciate
I cieli ultramarini dai vortici infuocati;


Io che tremavo udendo gemere acento leghe
I Behemot in foia e i densi Maèlstrom,
Filando eternamente sulle acque azzurre e immobili,
Io rimpiango l'Europa dai parapetti antichi!


Ho visto gli arcipelaghi siderei e delle isole
Dai cieli deliranti aperti al vogatore:
- È in queste notti immense che tu dormi e t'esili
Stuolo d'uccelli d'oro, o Vigore futuro?


Ma basta, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro:
L'acre amore mi gonfia di stordenti torpori.
Oh, la mia chiglia scoppi! Ch'io vada in fondo al mare!


Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo,
Un bimbo malinconico abbandona, in ginocchio,
Un battello leggero come farfalla a maggio.


Non posso più, bagnato da quei languori, onde,
Filare nella scia di chi porta cotone,
Né fendere l'orgoglio dei pavesi e dei labari,
Né vogar sotto gli occhi orrendi dei pontoni.



Ritratto di Arthur Rimbaud all'età di diciassette anni, ca. 1872 (Étienne Carjat). Un anno prima aveva composto Il Battello Ebbro.

venerdì 15 aprile 2011

Nato da una famiglia di partigiani ha combattuto il nazifascismo di oggi: VITTORIO ARRIGONI ed il suo motto "Restiamo Umani"

Vittorio Arrigoni (4 febbraio 1975 – Gaza, 15 aprile 2011). Il suo motto è "Restiamo Umani".
Sono triste. Non avevo mai visitato il blog di Vittorio Arrigoni, non ne conoscevo l'esistenza. Non sapevo che fosse a Gaza dopo il barbaro assassinio da parte degli israeliani di due attivisti di International Solidarity Movement (ISM) Tom Hurndall e Rachel Corrie. Anche Vittorio Arrigoni era membro della medesima associazione. Appena entrato nel suo blog vi leggo "Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito." Poche parole per rendermi conto che avevi già raggiunto tutte quelle verità che una società anestetizzata non è più in grado di capire. Ci lasci in eredità il tuo pensiero, Vittorio. La cosa più importante che potevi lasciarci.


Chi era e cosa ci lascia Vittorio Arrigoni.

martedì 22 marzo 2011

Mongol Rally: lotta per rendere il mondo meno noioso con LA PIÙ GRANDE AVVENTURA NEL MONDO

Il Mongol Rally è una straordinaria avventura automobilistica aperta a tutte le macchine con cilindrata inferiore a 1200 cc e moto 125 cc che vede la propria alba in Europa ed il tramonto a Ulan Bator, in Mongolia. Non male no? Pensate che a seconda del percorso scelto la distanza totale è di circa otto o diecimila miglia (quasi 13 mila km) e la maggior parte delle squadre riesce a completare la manifestazione nell'arco di tre-quattro settimane, sempre che riesca ad arrivare..




Il luogo di partenza principale di questo incredibile "rally" è uno più importanti circuiti storici per l'automobilismo britannico, il circuito di Googwood nel Regno unito, in cui le auto girano il circuito in parata prima di partire; alla carovana si aggiungono partecipanti degli altri paesi europei a mano a mano che si procede verso est e quindi da paesi quali Spagna, Francia ed Italia. Il sito ufficiale della competizione è http://mongolrally.theadventurists.com/ e qui è possibile iscriversi, sempre che abbiate il coraggio di farlo ovviamente..


Mongol Rally 2009 - The Unprofessionals

Viene considerata la più grande avventura nel mondo ("greatest adventure in the world"). Lo spirito che caratterizza questa competizione è quello di alimentare il senso di avventura dei partecipanti ("The Adventurists") uniti in team di due o quattro persone, per rendere il mondo meno noioso ("fighting to make the world less boring").


In questo senso non è importante arrivare primi, se non fosse che non viene riconosciuto alcun premio, poichè la fine coincide con il termine dell'avventura. I veicoli che vi partecipano sono volutamente inadeguati per loro cilindrata per la sfida che hanno di fronte, proprio per alimentare questo spirito avventuroso ("adventurous spirit of the rally"). Nessun sostegno organizzativo viene fornito durante il percorso. Non c'è il soccorso ACI che in 10 minuti vi rimette in sesto. Siete soli con i vostri problemi meccanici, psicologici, fisici. 


Nel 2009, un partecipante ha creato questo video "Tupac in Kazakistan", in cui decine di Kazaki cantano; è attualmente il video più visto del Mongol Rally.

Un po' di storia. La manifestazione, dalla prima edizione del 2004, ha visto ingrossare le file dei proprio partecipanti. Se nel 2004 vi parteciparono soltanto 6 squadre di cui 4 riuscirono a completare il percorso, nel 2005 si iscrissero 43 squadre di cui soltanto 18 arrivarono sani e salvi a Ulan Bator, nel 2006 delle 167 vetture che partirono 117 arrivarono alla meta. Il vero boom accadde però nel 2007, quando l'organizzazione dovette limitare la partecipazione a sole 200 squadre che pagarono una tassa di iscrizione pari a £650 per team.


Gli anni sucessivi è stata confermata la tassa di iscrizione per  £650, con una donazione a scopo caritatevole di un minimo di £ 1.000 per veicolo e un deposito  cauzionale di 500 sterline, rimborsabile tenendo un comportamento corretto lungo il percorso. Si possono abbattare questi costi, ricercando sponsor, visto che alcune televisioni seguono la competizione nel suo evolversi. Jack Osbourne, figlio di Ozzy e Sharon Osbourne, ha partecipato al rally del 2007 con una Fiat Panda 750cc del 1991.


Quali percorsi si seguono? Se tutti i partecipanti si ritrovano per una grande festa a Praga, ognuno poi prende la propria strada; c'è chi punta su Mosca, Kiev, Istanbul, fino a scegliere gli estremi a nord del Circolo Polare Artico e a sud fino in Iran, il Turkmenistan e l'Afghanistan. I team che scelgono di attraversare l'Ucraina diretti in Russia e più a sud la Turchia diretti verso l'Iran, convergono poi Samarcanda, in Uzbekistan, prima di procedere a nord-est per la Mongolia. Nessuno tra questi percorsi è friendly e sicuro: danni alle auto, come forature e rottura delle sospensioni, rapine a mano armata e altre lesioni di minore entità sono eventi molto comuni.

Con l'aumentare dei partecipanti negli ultimi anni, sono aumentati anche gli incidenti stradali e sempre più team durante il percorso ricorrono a trattamenti ospedalieri. Il 6 agosto 2010, uno dei partecipanti britannici purtroppo è morto e altri due compagni del team sono stati gravemente ferito dopo un incidente stradale in Iran (vicino al confine tra Iran e Turkmenistan).  La cilindrata delle automobili che vi partecipano può superare 1200 cc solamente in casi particolari ed entro limiti ragionevoli e comunque il superamento prevede una maggior contributo nella raccolta di fondi per beneficienza. Salvo che non vogliate guidare una ambulanza fino in Mongolia per poi donarla in beneficienza, "participating car must generally be considered to be crap" cioè le macchine devono essere proprio delle scassariole, quindi fino a qualche tempo fa' Citroën 2CV e la Fiat 126, ora però visto che il Governo Mongolo ha preteso giustamente che non entrassero nel paese auto più vecchie di 10 anni, il parco macchine che partecipa alla gara ha visto tra le proprie fila soprattutto Skoda Felicia e la Nissan Micra.


Ovviamente c'è sempre l'originale che decide di guidare un carro funebre o un camper Bedford Rascal. Le auto che si rompono durante il tragitto vengono consegnate o vendute agli operosi meccanici del posto che le rimetteranno in sesto per le loro esigenze ed alcune di queste sono in questo momento in circolazione per l'Asia. Le auto che arrivano a Ulan Bator, in Mongolia, vengono invece battute ad un asta il cui ricavato esaudirà la volontà del pilota.

Esiste un limite, puoi superarlo.

sabato 19 marzo 2011

Andrew Skurka a 29 anni è tra i trekker più veloci del pianeta: "Adventurer of the Year"

Andrew Skurka, Arctic National Wildlife Refuge, Brooks Range; August 2010
Andrew Skurka non è un ragazzo qualsiasi; 29 anni, istruzione di alto livello alla Duke University stava per rischiare di diventare uno dei tanti manager in un qualche triste ufficio di Wall Street quando, prendendo a morsi gli schemi classici della propria famiglia e rompendo i rapporti  (ricordate la storia di Chris McCandless?), ha scelto di abbracciare la natura, gli interminabili spazi incontaminati che gli procurano un senso irrefrenabile di felicità e libertà. Proprio la sua amata Madre Terra paradossalmente gli ha dato un vero lavoro e ora se lo contendono gli sponsor.

Andrew Skurka, Arctic National Wildlife Refuge, Brooks Range; August 2010
Potete constatare quanto detto visitando il suo sito internet in cui sono elencate tutte le sue avventure. In soli 176 giorni nel 2010 ha girato l'Alaska e varie catene montuose  dello Yukon, un viaggio di 7.530 chilometri a piedi, sugli sci, in zattera, attraversando otto parchi nazionali. Ciò vuol dire che conosce quel territorio meglio del politico che lo deve amministrare! In questo ultimo viaggio ha trascorso anche 24 giorni senza incontrare un essere umano, affrontando temperature fino a meno 33 gradi. Ha fatto l'autostop per andarsi a rifornire di cibo nei villaggi. Giusto per rendere l'idea, al mattino doveva infilare i piedi negli scarponi ghiacciati, perchè in simili situazioni si congela proprio tutto. I piedi quasi sempre inzuppati perchè, come tutti i trekker sanno, quando il piede sprofonda nella neve per troppo tempo, non c'è attrezzatura che tenga.

Andrew Skurka, Arctic National Wildlife Refuge, Brooks Range; August 2010
In simili viaggi, si conosce un rigido regime alimentare (pasta disidratata, carne secca, come premio  M&M's). Puoi essere privato del sonno e conoscere momenti di completo sconforto. Andrew Skurka non è però un trekker improvvisato. Negli ultimi nove anni ha percorso una cosa come 40.200 chilometri (ha attraversato il West Americano nel 2007 e percorso la Route Sea-to-Sea nel 2009, il sentiero degli Appalanchi) e a 29 anni è ritenuto uno tra i trekker più veloci ed esperti al mondo; si è distinto infatti per una straordinaria resistenza fisica dovuta ad una intensa preparazione.

Andrew Skurka, Grand Canyon National Park; March 2009
Andrew è conosciuto per la sua velocità. Va veloce il ragazzo. Movimenti veloci e leggeri che gli permettono di percorrere decine di chilometri in un giorno, raggiungendo delle medie da superoe. Il ragazzo si è visto riconoscere l'epiteto di "Adventurer of the Year" dal National Geographic che gli ha dedicato un ampio reportage ed hanno parlato di lui tra gli altri, il New York Times, The Wall Street Journal, Fox News Channel, National Public Radio, National Geographic Adventure, Men's Journal. Non è tutto; è anche uno scrittore e per il 2011 offre la possibilità di partecipare a delle escursioni che lo vedono come guida  nei suoi paesaggi preferiti: High Sierra, the Greater Yellowstone Ecosystem, the Colorado Plateau, Colorado Rockies, and Alaska.

Andrew Skurka, Kenai Fjords National Park; June 2009

Andrew Skurka, Chugach Mountains; July 2009

 National Geographic gli ha dedicato un ampio reportage

Se le foto riportate incantano per la loro bellezza, guardate la pianta bluastra dei piedi di Andrew Skurka  per intuire la fatica.
La canzone preferita da Andrew Skurka: "Dancing Queen" degli Abba

Andrew Skurka in azione in un video.

sabato 5 marzo 2011

La ballata di Sacco e Vanzetti

The Ballad of Nick & Bart (Here's to you) di Ennio Morricone, cantata da Joan Baez. Il testo riprende le parole finali di un discorso di Bartolomeo Vanzetti: Here's to you Nicola and Bart, Rest forever here in our hearts, The last and final moment is yours, That agony is your triumph!

Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono due operai anarchici italiani per errore arrestati, per errore processati, per errore giustiziati sulla sedia elettrica negli Stati Uniti negli anni venti. L'uno faceva l'operaio in una fabbrica di scarpe, l'altro il pescivendolo. Vanzetti durante il processo disse: "Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America [...] quella era la Terra promessa eppure le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me". La stessa cosa che direbbero gli immigrati giunti in questi giorni sulle nostre spiagge. Erano operai in grado di scioperare, tenere discorsi e leggevano; per questo si guadagnarono la diffidenza e divennero gli imputati ideali da eliminare socialmente per la loro linea di condotta contro il governo. Il giudice che li condannò ingiustamente alla pena di morte li definì "due bastardi anarchici". In risposta allo stesso giudice, Vanzetti esclamò: «Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano.»
 
Durante Sanremo 2011 Emma e Modà hanno cantato la versione di Gianni Morandi di "Here's to you".


La canzone “Ho visto un film” di Gianni Morandi scritta sulle note di "Here's to you"

giovedì 17 febbraio 2011

L'intercettore superveloce Gojira ferma la caccia sanguinaria alle balene. La migliore difesa ecologista è l'attacco.

Dalla loro parte il diritto naturale delle balene alla sopravvivenza. Dalla loro parte la legge internazionale. I nuovi ecopirati combattono nel giusto.

In Italia ci siamo abituati. Fatta la legge trovato l'inganno. Questo assunto era stato fatto proprio anche dalle baleniere giapponesi che, con la complicità delle autorità nipponiche, nonostante la caccia per scopi commerciali ai cetacei fosse vietata da una moratoria internazionale del 1986, continuavano in questi anni la mattanza dei cetacei nascondendosi dietro l'assurda ipocrisia della "ricerca scientifica". Le autorità di Tokyo affermavano che questa caccia facesse parte integrante della cultura nipponica e non disdegnavano che, nonostante i dichiarati fini di ricerca, la carne finisse sulla tavola dei giapponesi. Grazie all'attivismo a tenaglia dell'associazione di difesa dell'ambiente Sea Shepherd e alle pressioni diplomatiche di stati virtuosi come la Nuova Zelanda e l'Australia che hanno denunciato il Giappone al tribunale dell'Aia, il Giappone ha sospeso la caccia alle balene nell'Antartico (Fonte il Corriere della Sera 16/02/2011), di cui avevo già parlato in un post a fine 2007. Questo a mio avviso insegna che l'attivismo può cambiare la storia quando interpreta la difesa come attacco. L'immagine dell'intercettore superveloce Gojira credo renda perfettamente questa idea. Un ultimo aspetto. Mentre l'italietta si fa conoscere nel mondo per il bunga bunga, nazioni virtuose come la Nuova Zelanda e l'Australia si distinguono per stile e valori, dimostrando da sempre di essere popoli che non solo non possono conoscere la vergogna del fascismo e del berlusconismo italiano, ma sono interpreti della propria storia nella misura in cui rispettano il pianeta e gli animali che lo abitano.
L'intercettore superveloce Gojira (nome giapponese del mostro cinematografico Godzilla) dell'associazione Sea Shepherd che ha costretto il Giappone a sospendere la caccia alle balene. L'intercettatore  assieme ad altre barche d'appoggio facenti parte della flotta «ecopirata», si sono posti sulla scia delle quattro baleniere giapponesi ed in particolare della nave-mattatoio, l'ammiraglia Nisshin Maru, piazzandosi davanti allo scivolo a poppa e manovrando in modo tale da impedire alle navi arpionatrici l'azione. 


L'intercettore superveloce Gojira ha sostituito il Ady Gil, un trimarano da primato, concepito per l'ambizioso obiettivo di circumnavigare il globo con un mezzo a basso impatto ambientale, acquistato e ribattezzato Ady Gil dalla Sea Shepherd, organizzazione ambientalista non-profit, per operazioni di disturbo nei confronti della flotta nipponica di baleniere. Proprio durante una di queste operazioni, il 7 gennaio 2010, la Ady Gil é affondata in seguito ad una collisione con la baleniera giapponese MV Shōnan Maru 2.

venerdì 4 febbraio 2011

Milioni di italiani che ...

Milioni di Italiani che.. non sanno più amare
Milioni di italiani che..se ne vanno. Che dall'Italia stiano emigrando verso paesi stranieri le persone di talento o con alta specializzazione professionale l'ho capito da tempo e sicuramente dal 9 marzo 2008 quando scrissi "ETH Zurigo: Politecnico di Zurigo dove il ricercatore è veramente il protagonista", dopo essere andato a trovare uno dei miei amici che stava svolgendo il proprio dottorato di ricerca. Anche il filmato che riporto qui sopra, lo devo ad una anima in fuga all'estero. In questo senso, entro sempre più in contatto con italiani all'estero che se ne sono andati senza guardarsi indietro. L'importo della borsa di studio per un dottorato di ricerca in Italia è nettamente inferiore rispetto ad altri paesi avanzati, pertanto i giovani ricercatori più brillanti trovano facilmente lavoro presso università e centri di ricerca stranieri, con livelli di retribuzione adeguati e soprattutto interessanti prospettive di ricerca e inserimento professionale. Per approfondire il fenomeno e affrontare l'entità della perdita che sopporta in tal senso il nostro paese, rimando ad un interessante articolo di Repubblica. Ma non voglio tediare questo articolo con la solita nenia che ricorda il danno irrimediabile che si provoca al progresso culturale, tecnologico ed economico di un paese quando ciò accade. Figlio mio lascia questo paese, ormai è un leitmotiv. Voglio invece riflettere sul fatto che molti giovani, ricercatori e non, stanno lasciando questo paese e che secondo la ricerca Eurispes 2011, il 50,9% della fascia 25-34 anni si trasferirebbe volentieri all'estero. Non credo che i giovani se ne vadano via soltanto per darsi maggiori chance ed opportunità, cavalcando una globalizzazione che ci vede oramai cittadini del mondo. Io credo che lo facciano anche perchè l'aria che si respira in Italia è diventata nauseante. Una sensazione palpabile. Hai la netta sensazione che in Italia un processo di involuzione culturale, di stagnazione ed ottundimento della coscienza, abbia riconsegnato il popolo italiano a quella mediocrità, che nella storia ha già visto fiorire prima la follia fascista e dopo alcuni decenni, classi politiche schifosamente corrotte. La colpa non è del capitano d'industria di turno senza scrupoli, Silvio Berlusconi; è la punta di un iceberg. Il problema è che costui è espressione di un popolo che non ne vuole sapere di unirsi intorno a quei valori fondanti una società virtuosa; gli italiani non coltivano più un  senso di condivisione ed appartenenza e non rincorrono neanche più principi di equità e solidarietà sociale o quell'amore per il bello che abbiamo conosciuto durante l'Umanesimo o il Rinascimento; ecco quindi tassi intollerabili di evasione fiscale in cui i più furbi fanno pagare le tasse ai più ingenui, 10 milioni di italiani che frequentano ed alimentano la prostituzione e quindi il malaffare che la circonda, decine e decine di italiani bigotti dediti patologicamente ai giochi d'azzardo ed alle lotterie milionarie, milioni di persone oramai spiritualmente ritardate che non leggono altro che le riviste scandalistiche di Alfonso Signorini, milioni di italiani che guardano incantati il sedere della Belen alimentando il culto della donna oggetto o che si mettono in fila ai casting dei programmi Mediaset per diventare "tronisti"o "famosi", milioni di italiani che si mettono al volante scambiando le strade per i circuiti della Formula 1 uccidendo il proprio prossimo, milioni di italiani che non vogliono affrontare i numeri dell'indebitamento pubblico, milioni di italiani che assumono sostante stupefacenti e che abusano dell'alcool, milioni di italiani che divorziano o tradiscono la propria compagna\o che però voterebbero contro il riconoscimento delle coppie di fatto, milioni di italiani ossessionati dai vestiti firmati e dalla moda effimera in una ricerca spasmodica dell'ottimismo consumistico e di falsi appagamenti, milioni di italiani incapaci di provare amore e desiderio, milioni di italiani che assumono farmaci e psicofarmaci come fossero caramelle in preda a stordimento, confusione, incubi, insonnia, irritabilità, ansia, aggressività, tensione, milioni di italiani incollati al televisore per rincorrere la cronaca più nera negli speciali morbosi di Bruno Vespa o Studio Aperto, milioni di persone che si emozionano davanti all'esibizione delle lacrime come presunto segno della verità dei sentimenti nei reality show, milioni di adolescenti in preda alla sfrenatezza sessuale e che mettono il proprio giovane corpo al centro di un vero e proprio culto sociale, milioni di italiani che vanno dai maghi e cartomanti a farsi predire il proprio futuromilioni di italiani che hanno adottato i modelli comportamentali mafiosi e sono dediti al compromesso, milioni di italiani che bestemmiano e usano il turpiloquio per sporcare le altrui conversazionimilioni di italiani che sfregiano di abusi edilizi il patrimonio paesaggistico, milioni di italiani prigionieri del tradizionalismo bigotto dei dogmi della Chiesa Cattolica, milioni di italiani dediti alla pornografia ed al sesso virtuale attraverso le videochat e le webcammilioni di italiani che costringerebbero Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro all'eterna sofferenza, milioni di italiani che votano Lega e Berlusconi e che credono che Emilio Fede possa considerarsi un giornalista.

martedì 25 gennaio 2011

I poeti del lago non potevano che essere felici - Lake Poets could not but be gay

Immagini emozionanti che ho girato nel Lake District in Gran Bretagna. La musica "Nightwish - Sleeping Sun" me l'ha suggerita un vento del nord...

La macchina noleggiata per la vacanza in Inghilterra
Il Lake District, è una regione nel nord ovest dell'Inghilterra che ho recentemente visitato. La regione, famosa per i suoi laghi e le sue montagne, le più alte dell'Inghilterra, è una meta turistica ambita nel periodo primaverile ed estivo, forse più indicato per soggiornarci. Io non ho resistito ed avendone l'occasione l'ho visitata in pieno inverno. Ma ripeto, essendo la zona, la parte più umida dell'Inghilterra, con frequenti addensamenti di nebbia, è preferibile soggirnarci in primavera, altrimenti aspettatevi pochissime ore di luce e sole. Fin dai tempi dell'Impero romano, l'allevamento di pecore, è stata la principale industria della regione e non meravigliatevi di trovarne continuamente alla vostra destra ed alla vostra sinistra senza soluzione di continuità assieme ai muri a secco funzionali appunto alla pastorizia. Pensate che quando nel 2001 l'afta epizootica costrinse ad abbattere migliaia di pecore in tutto il Regno Unito ed in questa zona in particolare, si perse la centenaria memoria storica delle pecore che riconoscevano i pascoli non recintati e non si smarrivano, e questa conoscenza veniva tramandata tra le generazioni. Per ovviare al problema alcuni pascoli di montagna vennero prudentemente circondati di recinti elettrici. Il rischio è sempre quello di perdere la memoria storica.

Ho scattato questa foto e le seguenti  immergendomi nel paesaggio invernale dei Lake District

Veniamo al titolo, I Poeti del lago non potevano che essere felici. Sto parlando principalmente di Wordsworth, Coleridge e Southey. In particolare pensate che William Wordsworth, il fondatore del Romanticismo e soprattutto del naturalismo inglese, trascorse sessant'anni della sua vita a contatto con la natura lungo questi laghi e queste montagne, tanto cari alla letteratura inglese del settecento e dell'ottocento.
Ho scritto questo post appositamente per fotografare la relazione tra la cornice paesaggistica dei Laghi e le parole del poeta laghista. Il poeta ha immortalato il Lake District nella sua poesia, riconoscendo alla natura la capacità di infondere felicità nella vita di un uomo ("Lake Poets could not but be gay"). Non mi resta che riportare la poesia di Wordsworth "I Wandered Lonely as a Cloud" (Erravo solo come una nuvola), scritta nel 1804 ed ispirata dalla vista dei narcisi dorati in riva all'Ullswater; è considerata l'opera più famosa di Wordsworth.

Erravo solo come una nuvola
I wandered lonely as a cloud

Che galleggia in alto sovra valli e colline,
That floats on high o’er vales and hills,

Quando ad un tratto vidi una folla,
When al l at once I saw a crowd,

Una moltitudine, di narcisi dorati;
A host , of golden daffodils;

Accanto al lago, sotto gli alberi,
Beside the lake, beneath the trees,

Svolazzando e danzando nella brezza.
Fluttering and dancing in the breeze.


Continui come le stelle che brillano
Continuous as the stars that shine

E scintillano sulla via lattea,
And twinkle on the milky way,

Si stendevano in una linea senza fine
They stretched in never-ending line

Lungo il margine di una baia:
Along the margin of a bay:

Diecimila vidi a colpo d'occhio,
Ten thousand saw I at a glance

Scuotendo le loro teste in un vivace ballo.
Tossing their heads in sprightly dance.
 

Le onde accanto a loro danzavano, ma essi
The waves beside them danced; but they

Sorpassano le scintillanti onde in allegria
Out -did the sparkling waves in glee:

Un poeta non poteva che essere gaio,
A poet could not but be gay,

In una tale gioconda compagnia
In such a jocund company:

Guardavo fisso - guardavo fisso - ma poco pensavo
I gazed - and gazed – but little thought

Che ricchezza lo spettacolo mi aveva portato:
What wealth the show to me had brought:


Perché spesso, quando sul mio letto giaccio
For oft , when on my couch I lie

Di distratto o di pensieroso umore,
In vacant or in pensive mood,

Essi balenano su quell'occhio interiore
They flash upon that inward eye

Che è la beatitudine della solitudine;
Which is the bliss of solitude;

E allora il mio cuore si riempie di piacere,
And then my hear twith pleasure fills,

E balla con i narcisi.
And dances with the daffodils.




Un'altra peculiarità di questi luoghi è che il comune rispetto per le leggi e la precoce costituzione di un parco naturale "Lake District National Park" hanno fatto sì che la zona non venisse deturpata dal fenomeno delle seconde case o da mostri di cemento. Insomma non è avvenuto quello che avviene sostanzialmente in Italia. Nel XX secolo, in questa regione vi abitò anche la scrittrice per bambini Beatrix Potter, ambientandovi molti dei suoi famosi libri su Peter Rabbit.

lunedì 24 gennaio 2011

Jack London: Il Vagabondo delle stelle

Nel libro Il Vagabondo delle Stelle, Jack London, veleggiando nel cosmo della vita, narra degli eventi storici realmente accaduti, tra questi la storia di Daniel Foss,  che fu l'unica persona a salvarsi del brigantino The Negociator di Alessandria, affondato nell' Oceano Pacifico il 26 Novembre 1811 e che visse tra indicibili sofferenze per cinque anni su un isolotto di scogli di pochi metri quadri, cibandosi della carne cruda delle foche e bevendo acqua piovana, prima di essere avvistato da una nave di passaggio, la U.S.S. Neptune.
Ho eletto da molto tempo Jack London quale mio scrittore preferito. Gli devo la lettura di Zanna Bianca e Il richiamo della foresta, letti durante la mia infanzia. Scusate se è poco. Ora sono all'ultimo romanzo dello scrittore, Il Vagabondo delle stelle (titolo originale The Star Rover). Si dice che Jack London durante la sua vita assumesse delle droghe ed un passaggio profetico del libro così recita "Sono certo che fanno così pure quelli che scrivono romanzi. Si drogano e la loro fantasia va a mille giri". Jack London nel libro si scaglia contro la brutalità della vita carceraria, contro il codice penale della California e quindi contro la pena di morte ed in particolare l'impiccagione e lo fa a suo dire nel 1913. Jack London conobbe il carcere solo per pochi giorni e scrisse questo romano d'evasione in cui c'è proprio tutto: crudo realismo, denuncia sociale e l'avventura. Sono sue parole queste parole scritte nere su bianco nel libro: "non mi sono mai imbattuto in una crudeltà più terribile del sistema carcerario di oggi". Ed ancora: "No, non ho alcun rispetto per la pena di morte. Si tratta di un'azione sporca, che non degrada soli i cani da forca pagati per compierla ma anche la comunità sociale che la tollera, la sostiene con il voto e paga tasse specifiche per farla mettere in atto. La pena di morte è un atto stupido, idiota, orribilmente privo di scientificità". Ascoltate la sua perorazione contro la pena di morte per impiccagione: "Se il collo della vittima si spezza in virtù del perfetto funzionamento del nodo scorsoio e della botola, nonché in virtù del calcolo perfetto della lunghezza  della corda in rapporto al peso della vittima, perchè mai si legano le braccia del condannato?" Insomma lo scrittore, si chiede come mai al condannato vengano legate le braccia, visto che i fautori dell'impiccagione sostengono che il reo muoia istantaneamente. Per evitare che il condannato allenti il nodo nel disperato tentativo di respirare. La perorazione continua: "C'è un'altra domanda che voglio porre  ai pacifici e rispettabili membri della società, la cui anima non ha mai sfiorato le fiamme dell'inferno: perchè, prima di aprirgli la botola sotto ai piedi, al condannato si cala un cappuccio nero sulla testa?" Per evitare che si scorga l'orrore sui volti delle vittime che non muoiono immediatamente. "Non sarà, cari i miei rispettabili concittadini, che questi cani da forca, questi vostri cani da forca hanno paura di vedere sui volti delle vittime i segni terribili di quell'orrore di cui si macchiano al vostro posto, su mandato nostro e vostro?" Queste domande Jack London dice di farle proprio a coloro che dicono di essere seguaci di Cristo.

Non ho versato lacrime quando il 30 dicembre 2006 Saddam Hussein è stato impiccato per crimini contro l'umanità, ma ho colto una illogicità manifesta nel condannarlo a morte per crimini contro l'umanità, giustiziandolo con l' impiccagione. La pena di morte non è una pena. Si contesta l'omicidio per commetterne un altro, egualmente arbitrario.
La tortuna della cella d'isolamento, la fame, la sete, le percosse da parte di secondini perfidi e vendicativi disegnano perfettamente quella condizione, che per certi versi persiste nel nostro attuale sistema carcerario sotto la veste dell'sovraffollamento carcerario. In otto in una stanza da due. Anche nelle carceri si costruisce in altezza, nell'epoca dei letti a castello. Una condizione a cui non ha potuto sopravvivere una foglia debolissima e già priva di linfa vitale, Stefano Cucchi.  
Una immagine può essere scioccante, ma non può esserlo più della verità nuda e cruda. Queste sono le foto scattate al cadavere di Stefano Cucchi, tossicodipendente con altre patologie finito nel sistema carcerario con l'accusa di spaccio. Il volto tumefatto, un occhio rientrato, la mascella fratturata. Pubblicare queste foto come quelle di Federico Aldovrandi è l'unico modo per gridare la verità, di fronte alle mistificazioni di vergognosi politici, uno per tutti nella vicenda Carlo Giovanardi, che disse che Stefano Cucchi era morto perchè "anoressico, drogato e sieropositivo". L'ipocrita grida scandalizzato alla pubblicazione di queste foto, non alle parole di questo pseudo onorevole Giovanardi. Quella di Stefano è innanzitutto una storia di diritti negati che si è consumata in appena una settimana. Se la droga è già una condanna, trova la propria apoteosi nell'attuale sistema carcerario.
Secondo i magistrati della procura di Roma, la morte di Stefano Cucchi sarebbe conseguente all' «abbandono di persona incapace»: questo profilerebbe una accusa nei confronti dei medici e infermieri del Pertini, più grave dell'omicidio colposo, sanzionabile fino ad 8 anni di reclusione mentre il colposo è cinque anni. Nel capo di imputazione i pm scrivono che i medici e gli infermieri in servizio dal 18 ottobre al 22 ottobre dello scorso anno «abbandonavano Stefano Cucchi del quale dovevano avere cura» in quanto «incapace di provvedere a se stesso». In particolare il giovane «era affetto da politraumatismo acuto, con bradicardia grave e marcata, alterazione dei parametri epatici» e «segni di insufficienza renale». Una situazione, secondo i magistrati, che lo poneva «in uno stato di pericolo di vita» e che quindi «esigeva il pieno attivarsi dei sanitari» che invece «omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione e adottabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei a evitare il decesso del paziente» (Fonte Corriere)

La schiena di Stefano Cucchi fratturata all’altezza del coccige.

Torno ad occuparmi strettamente del libro, anche se è proprio leggendolo che ho pensato al caso di Stefano Cucchi.  Jack London è un genio nel cercare di trasmettere con rabbia a quelli che chiama "suoi concittadini, immersi negli agi" la sordità del sistema carcerario, una insensibilità e indifferenza, dove non entra l'amore vero di Gesù. La tortura crea il vagabondo tra le stelle. In particolare nel libro la sofferenza la induce l'utilizzo della camicia di forza sui detenuti. La sofferenza spinge il vagabondo a camminare tra le stelle in cerca delle formule del cosmo, degli arcani segreti dell'universo, il sapere infinito. La tortura del regime carcerario spinge all'orgia dell'immaginazione, simile a quella che gli uomini sperimentano nei sogni indotti da una droga, o nel delirio, o in uno stato di pura e semplice sonnolenza. Ora vi cito il passo più bello del libro "È la vita a costituire l'unica realtà e il vero mistero. La vita è molto di più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. La vita persiste, passando come un filo di fuoco attraverso tutte le forme prese dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente ho abitato. [...] La materia è la grande illusione. La materia, cioè, si manifesta nella forma e la forma è un fantasma. [...] Lo spirito è l'unica realtà destinata a durare. Io sono spirito, e sono io che duro." Ed ancora: "La mente...solo la mente sopravvive. La materia fluisce, si solidifica, fluisce di nuovo, le forme che essa assume sono sempre nuove. Poi di disintegrano in quel nulla eterno donde non vi è ritorno.[...] lo spirito è indistruttibile."


Un video dove ho recitato il passo appena proposto di Jack London.
Il Vagabondo delle stelle è ambientato per la maggior parte della propria narrazione nel penitenziario di stato di San Quintino, a Point Quentin in California, a nord della città di San Francisco.

Scrive Jack London: "Pativamo sofferenze atroci. Le nostre guardie, che è come dire i vostri cani da guardia, cari i miei concittadini, erano degli autentici bruti. L'ambiente in cui vivevamo faceva ribrezzo, il cibo era sporco, monotono, poco nutriente. Solo degli essere umani potevano sopravvivere, per mera forza di volontà, ad una dieta così sbilanciata." La critica dello scrittore al sistema carcerario è spesso ironica e pungente "Le celle di isolamente non sono riscaldate: sarebbe davvero immorale proteggere i detenuti dall'inclemenza degli elementi."
Nel libro la singola vita di una persona viene collocata all'interno di un processo più ampio e metafisico dell'intera umanità: "Come avviene per qualsiasi essere vivente, anch'io sono il risultato di un processo di crescita. Non ho avuto inizio quando sono nato o, addirittura, nel momento in cui sono stato concepito. La mia crescita ed il mio sviluppo sono l'esito di un numero incalcolabile di millenni. Tutte le esperienze fatte nel corso di queste e di infinite altre esistenze hanno per gradi dato forma a quell'insieme - possiamo chiamarlo anima o spirito - che è il mio io. Non capite? Io sono tutte queste vite. La materia non ricorda, lo spirito sì. Ed il mio spirito altro non è che la memoria delle mie infinite incarnazioni." Per Jack London "ognuno di noi, ogni essere umano che oggi abiti il pianeta, reca effettivamente dentro di sé la storia immarcescibile della vita fin dal momento in cui essa ebbe inizio. È una storia scritta  nei tessuti e nelle ossa, in funzioni e organi, nelle cellule cerebrali e nello spirito, in tutta una serie di bisogni ed impulsi atavici che attengono tanto al mondo fisico che a quello psichico."


Jack London, 1902 circa.
Lo scrittore ammonisce il lettore nel non dimenticare ciò che è stato: "Sono io quell'uomo, ne sono il risultato, ne sono il compendio, sono il bipede implume che venne su dal fango, creando l'amore e la legge dall'anarchia di quella feconda esistenza che nella giungla lanciava le sue grida e le sue urla. Sono io tutto ciò che quell'uomo era e quanto divenne in seguito. Mi vedo mentre passo con dolore da una generazione all'altra, cacciando e uccidendo pesci e selvaggina, creando campi là dove c'era la foresta, mi vedo mentre fabbrico rozzi utensili di pietra e di osso, costruisco case di legno, copro i tetti con foglie e paglia, trasformo erbe e radici selvatiche nei precursori del riso, del miglio, del grano, dell'orzo e di altri cibi squisiti, imparo ad arare il suolo, a seminare, a fare il raccolto, a immagazzinare, a utilizzare le fibre delle piante e a trasformarle in fili per tesserne indumenti, sì, mi vedo mentre metto a punto sistemi di irrigazione, o lavoro i metalli, apro vie al commercio e mercati, costruisco imbarcazioni, individuo rotte di navigazione, mi vedo mentre organizzo la vita di un villaggio, poi unisco un villaggio all'altro fino a formare singole tribù, poi unisco una tribù all'altra fino a farle divenire nazioni, sempre teso alla ricerca delle leggi che governano le cose e dando agli essere umani leggi che consentono loro di vivere insieme e in amicizia e così uniti configgere e distruggere tutte le creature viscide, urlanti e striscianti che potrebbero distruggerli."
Jack London elegge inoltre l'amore quale esperienza più sublime della vita: "Ciò nonostante, se rifletto su tutto questo con animo sereno, giungo alla conclusione che la cosa più importante di tutta la vita, di tutte le vite, per me e per tutti gli uomini, fino a quando le stelle si sposteranno nel firmamento e non si arresterà il continuo mutamento dei cieli, è stata, è e sarà la donna, più importante di ogni nostra fatica o impresa, più grande d'ogni parto della fantasia e dell'invenzione, più grande di qualsiasi battaglia, di qualsiasi osservazione delle stelle, più grande di qualsiasi mistero..la cosa più grande di tutte è stata la donna. [...] Stretto tra le sue braccia ho dimenticato le stelle. [...] E posso affermare, in conclusione, che non ho mai conosciuto follia più dolce e intensa di perdermi nella bellezza e nel profumato oblio dei suoi capelli. [...] Le stelle possono mutare il loro corso, i cieli possono trarci in inganno, ma la Donna resta per sempre, splendente di luce, eterna, come me, al di là di ogni maschera e di ogni avventura, l'uomo unico, il suo compagno."



Il cottage dove Jack London risiedeva e scrisse tra il 1905 e l'anno della sua morte il 1916. Si trova tuttora in California, nella valle di Sonoma che lo scrittore scelse per i suoi paesaggi incantati. La proprietà di Jack London e della sua fedele compagna Charmian, chiamata anche Beauty Ranch, era articolata in diverse casette inserite in un contesto amenico ed un laghetto; ora la proprietà è un parco protetto su esplicita volontà della moglie Charmian che volle che venisse preservata in memoria di Jack London e dei suoi lavori: il "Jack London State Historic". Il sito web ufficiale del parco è il seguente  http://www.parks.ca.gov/?page_id=478 ; “All I wanted,” disse Jack London, “was a quiet place in the country to write and loaf in and get out of Nature that something which we all need, only the most of us don’t know it.Tra le casette richiamate, si erigono anche le affascinanti e misteriose rovine di quello che fu la casa sogno di Jack London e della moglie Charmian (London's dream house), purtroppo distruttasi in un incendio nel 1913:  WOLF HOUSE
Le rovine della Casa del Lupo di Jack London immersa negli eucalipti. La sua casa sogno. Jack London scrive nel Vagabondo delle stelle: "Ho davanti agli occhi la fattoria dei miei sogni, alla quale vorrei tanto potermi dedicare per una intera esistenza. La mia fattoria! I prati di erba medica, il florido bestiame Jersey, gli alti pascoli, e ancora più su le capre d'angora che brucano i cespugli, dissodando il terreno!"
Il vagabondo delle stelle termina con queste parole "la morte non esiste, la vita è spirito, e lo spirito non può morire. [...] Solo lo spirito, nella sua ascesa verso la luce, resiste e continua a screscere su se stesso in virtù di successive e infinite incarnazioni. Che cosa sarò quando tornerò a vivere? Chissà. Chissà..."

Questo è un libro da leggere. Questo libro non ha eguali nella letteratura. Potrei giurare che sia il libro più bello che abbia mai letto, ma farei un torto ad altre intense emozioni; c'è una cosa che voglio dire prima di chiudere questo post; mi sono ritrovato nel libro quando Jack London racconta di come si sperimentano i sogni "Si, il fascino di questi sogni stava proprio nel loro essere in successione ordinata. [...] Una vera delizia, quando puoi fare tutto così, come la frustrazione di non ricordare da svegli i particolari minuti." Anche a me tanti anni fa', durante l'infanzia, capitava di fare un sogno ricorrente in cui delle forme geometriche si incastravano perfettamente in un mondo parallelo, che badate bene non era il tetris. Sperimentavo un viaggio piacevole in un mondo ordinato, di cui al risveglio ricordavo solo la beatitudine di così tanta perfezione. Probabilmente durante la notte la nostra materia grigia mette ordine all'entropia del giorno. O chissà...chissà.

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