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mercoledì 5 gennaio 2011

Se hai freddo e loro hanno caldo, sei in Scozia.

31/12/2010 Castello di Edimburgo poche ore prima dell'Hogmanay, il famoso capodanno scozzese.
A fine vacanza il tachimetro segna 1300 miglia inglesi. Appena rientrato in Italia, li  trasformo in 2091 kilometri e torno a guidare a destra. La Scozia. Strade strette e sinuose che saettano in un firmamento di pecore. Le stelle che ti guidano sono delle borchie metalliche con catarifrangente lungo la linea di divisione delle corsie. Il Sole che mi illumina il cammino però è l'Assisted GPS, la cui voce suadente ha cantato dall'inizio alla fine del viaggio. Sul ciglio volpi, lepri e fagiani falciati nel tentativo di attraversare la strada. I corvi banchettano. Sentieri fangosi solcati dalle pecore, diventati delle zuppe imbevute d'acqua. Pozzanghere. Paesaggi ordinati rigogliosi di un'erba verdeggiante che flirta con la candida neve. Foschia. Il buio scende presto. Quante pecore. Quanta selvaggina. Che forza questa Scozia.

03/01/2011 Nelle terre del castello di Howard
Puoi fare centinaia di miglia senza incontrare una pompa di benzina. L'unica che forse trovi è chiusa, sommersa dalla neve. Nessuna casa ferisce arrogantemente un'altra esibendo vanitosamente uno sfarzo evanescente. Le case sono imbevute nel tè della modestia; sono molto piccole e raccolte e portano i colori del paesaggio circostante. Muretti e staccionate squadrano le proprietà. I villaggi sembrano abbandonati. Le macchine tutte uguali. Procedono tutti alla stessa andatura. Poche esili figure anonime vi compaiono nelle strade. L'unica porta aperta alla baldoria e quella del pub. Qui si apre un'altra porta; quella dell'alcool e del gioco scommessa, calcio o cavalli che siano. Birra a fiumi. Qualcuno per la strada corre. Footing con la pila.

30/12/2010 Vallo di Adriano
Tu hai freddo e sei vestito per sfidare il Polo Nord, loro hanno caldo. I giovani sfilano a manichette corte, orgogliosamente temprati alle basse temperature. I negozi nelle grandi città vendono abbigliamenti primaverili; ma siamo in inverno. Ti guardi intorno e le persone vestono al massimo una felpa o una giacca che pare trasparente.

Alberto Sciretti lungo il Vallo di Adriano.
Ti viene ancora più freddo. Guardi il Kilt e ti si congelano i pensieri. Non solo. Mangi fish and chips e ti rendi conto che questo paese è proprio un altro mondo; non si può mischiare e compromettere nella UE. Abbiamo prese delle corrente diverse. Ma non è per quello. Noi uniamo l'acqua calda e fredda in un unico rubinetto. Loro tengono ben separate l'acqua calda dall'acqua fredda; due rubinetti ben distinti, nei lavabi scomodi per te che cerchi acqua tiepida; è come se conoscessero da tempi più remoti di noi la netta differenza tra il bene ed il male. Forse è proprio questo spirito che ha salvato qualche decennio fa' l'Europa, dal nazismo e dal fascismo. Sarà che ho visitato la parte dell'United Kingdom più attaccata alla terra ed ai suoi valori, ma ho colto oltre al paesaggio ordinato i germi di una sana e longeva democrazia.

sabato 18 dicembre 2010

In memoria di MARC BRADSHAW: alcool, droga e cattive amicizie ci uccidono.

Marc Bradshaw, born on the 9th of September 1977, in everlasting memory of my dearest son who died tragically from these cliffs on the 8th of july 2000. Always remember his smile and his love and never forget him in your prayers. May God always keep you with him and grant you eternal rest. DAD

A settembre in un viaggio a Malta, per puro caso in un punto bellissimo su una scogliera a Mellieha (l-Ahrax tal-Mellieha) mi sono imbattuto in questo straziante ricordo di un papà, Ric Bradshaw, che ha voluto ricordare il proprio figlio con una targa commemorativa posta a pochi metri dal ciglio di una scogliera (alta più o meno come 10 piani di un palazzo) dal quale il suo unico figlio è caduto all'età di 22 anni. Marc Bradshaw voleva ammirare il tramonto da queste scogliere con i suoi amici. Incontrare la morte in un posto così metafisico in un giorno di vacanza, pietrifica. Never forget in your prayers. La targa è un buon deterrente per chi si avvicina al bordo.
Al mio ritorno mi sono interessato, all'accaduto ed ho scoperto che, l'otto luglio del 2000 l'elicottero di soccorso della Protezione civile Maltese, chiamato alle 04:48 dagli amici di Marc Bradshaw, ha dovuto attendere quasi 40 minuti prima del decollo, perché non poteva operare nel buio. Ric Bradshaw, il padre, ha quindi scoperto che nel 2000 il Dipartimento della Protezione Civile Maltese non disponeva di elicotteri in grado di operare al buio ed ha intentato causo al governo maltese. Sembra tra l'altro che quando Marc Bradshaw fu raggiunto dagli amici e dai soccorritori avesse ancora polso. Nella sentenza emessa durante il processo, il giudice Sig. Tonio Mallia ha dichiarato che le autorità hanno fatto tutto il possibile, anche se l'operazione di salvataggio avrebbe potuto essere svolta meglio "con il senno di poi". Lo stesso giudice ha però scritto nella sentenza: The court however believes it has to rebuke the victim’s friends who although they realised that Marc Bradshaw was drunk did not try to protect him by keeping him away from danger and they left him reach the edge of the cliffs. The judge also added that the victim had high levels of alcohol in his blood as well as traces of Ecstasy taken during the same rave party.” La corte tuttavia deve rimproverare gli amici della vittima che, anche resosi conto che Marc Bradshaw fosse ubriaco, non hanno cercato di progetterlo tenendolo lontano dal pericolo e hanno pertanto lasciato che raggiungesse il bordo della scogliera. Il giudice ha aggiunto che la vittima aveva un alto tasso alcolemico nel sangue così come tracce di Ecstasy preso durante lo stesso rave party. Il magistrato aveva concluso dicendo che le cause della morte di Bradshaw sono state accidentali, che non vi era alcuna prova che qualcuno avesse contribuito all'incidente e che non vi era alcuna negligenza da parte dei soccorritori.
La scogliera dalla quale è precipitato tragicamente Marc Bradshaw

domenica 14 novembre 2010

Chi protesta sale ruspantemente

Cory and Dana Foht
Chi protesta sale. Vuoi su una gru come gli immigrati di Brescia in questi giorni, vuoi sul tetto di una fabbrica decotta, vuoi due gemelli di 25 anni  della Florida, Cory and Dana Foht, laureati in cinematografia e con la passione per l’ecologia, forse senza aver letto neanche letto il bellissimo "Barone Ruspante" di Italo Calvino, hanno deciso di pernottare sotto le stelle dormendo su una amaca sistemata a sette metri di altezza su un olmo di Central Park a New York. Hanno violato il regolamento del parco se non fosse che certe regole sono fatte per essere infrante. A Cory e Dana, stanno girando l'America in bicicletta, cercando modi alternativi ed economici per procacciarsi cibo e alloggio.  Hanno dichiarato: «Là per aria sei in una dimensione completamente diversa; in un ecosistema vivo e palpitante, lontano dallo stress artificiale della strada» "You're getting into your own little world and rising above the stress of the street life."

Central Park of New York

mercoledì 22 settembre 2010

My Malta, mi riprendo l'estate.


Questa Estate mi deve ancora qualcosa. L'ho passata sui libri, salvo una settimana a Creta , tutta spesa dietro una ricerca che dovevo svolgere per conseguire un master universitario. My Malta, mi riprendo l'estate.
Si guida a sinistra.
Anche Malta, come Creta, è immersa nel mito. La vicina isola Gozo si pensa sia la leggendaria isola di Calypso citata nell’Odissea di Omero, un pacifico, mistico luogo remoto. Chiese barocche e fattorie in pietra tratteggiano il paesaggio. La Storia che pulsa ancora oggi nei templi megalitici di 5000 anni fa', che pare precedono perfino le piramidi egiziane di Giza, come nelle fortificazioni innalzate dai Cavalieri di San Giovanni nel 1500. Mamma mia sto arrivando. Dove dormire? Già il nome rilassa. Relax. L'ubicazione tra il mare aperto ed il tramonto in una baia è da infarto. Lo pronuncio con calma: Paradise Bay Resort Hotel Paradiseeeeeeee cosaaaaa?

Paradise Bay Resort Hotel
Paradise Bay Resort Hotel



Malta è stata lo sfondo per personaggi quali, Achille pie' veloce, Braccio di Ferro, il Conte di Montecristo e James Bond. La vicinissima isola Comino è stata il set cinematografico del Film "Laguna Blu", il film che da sempre ha agitato i sonni di quando eravamo adolescenti. Già, nell'esistenza terrena l'esperienza più sublime è l'esperienza dell'essere amati.

Nella foto l'immensa statua del Cristo nell'isola di Gozo. Malta la Cattolica, preparati a ballare con me.

domenica 19 settembre 2010

Kibera, baraccopoli di Nairobi, 1 milione di persone, l'85% malate di AIDS

Il testo che segue è tratto dal libro "Africa on the road" del giovanissimo esperto Vagabonding Fabio Miggiano, ideatore e autore del progetto di viaggio, ricerca e sensibilizzazione nel sud del mondo, di cui è testimonianza il portale web  http://www.africaontheroad.it/

Il sole in Africa sorge come un palla di fuoco lanciata in alto nel cielo. In un istante il buio della notte scompare e tutto si riempie di una luminosità accecante. È sempre emozionante osservare come la notte se ne vada in pochi minuti e le stradine di Riruta si risveglino. Un attimo prima la Kabira road è deserta e ancora coperta dal cielo stellato e da un silenzio irreale. Subito dopo appare il sole, la gente sbuca da ogni angolo del quartiere e in un battito di ciglia le strade si ripopolano: bimbi in divisa vanno a scuola, gente in giacca e cravatta va a lavorare negli uffici del centro, donne con taniche gialle corrono al pozzo a prende l’acqua o dietro un banchetto a mettere in fila pomodori, banane e manghi, giovani spingono carretti già carichi di merce da trasportare dall’altra parte del compound. A volte mi chiedo dove fossero tutti fino a qualche minuti prima. Dopo una colazione veloce lascio Kivuli. Qualche chilometro a piedi fino alla stazione dei bus. Strada di fango rosso, bancarelle piene di frutta, pesce secco e vestiti, gente che svolge le attività più disparate per tirare avanti, la musica che già dalle prime ore della giornata pervade le strade. Prendo un matatu diretto verso il centro. I matatu sono minibus che fungono da taxi, colmi all’inverosimile, con disegni accattivanti sulla carrozzeria e musica reggae o rap a tutto volume. Ci si ritrova schiacciati tra una ventina di persone, sballottati dalle buche profonde della strada che gli autisti percorrono a folle velocità.
Kibera, la baraccopoli.
 Scendo ad Adam’s , poche centinaia di metri da Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi e una delle più estese al mondo. A Kibera vivono circa 800 mila persone (ma molti dicono che si sia superato il milione) in baracche di fango e lamiera. Ci sono fogne a cielo aperto e nessun servizio sanitario e sociale. È una distesa impressionante di lamiere arrugginite, fino ai grattacieli del centro che s’intravedono tra la foschia e lo smog di questa città infinita. Nella bidonville il tasso di AIDS è elevatissimo, si pensa sia intorno all’85%, ed entrare nello slum di Kibera è come entrare in un tunnel senza uscita. Solo più tardi riuscirò a capire che l’uscita esiste.



Una delle prime persone che ho visto è Mama Esther, una donna sui 35/40 anni, anche se probabilmente la malattia la invecchia. Per arrivare alla sua baracca si cammina lungo una delle strade più larghe di Kibera e poi si svolta sulla destra. Non ci sono vie, non ci sono nomi, non ci sono numeri civici, non c'è nulla di nulla. Ad un certo punto ritrovo una serie di cortiletti uniti da piccoli viali, ed in mezzo le solite pareti di fango e lamiera delle case. Una tenda bianca nasconde l'interno buio della piccola stanza in cui Esther trascorre tutta la giornata. Entriamo, io ed Henry Mutuku, un ragazzo poco, più che ventenne che ho conosciuto questa mattina nei pressi della mia pensione. Lui sarà, la mia guida a Kibera ed è la prima volta che anche lui si spinge fin qua. Esther è li, e sussurra qualcosa da dietro la tenda a righe che ripara il letto. Nella camera ci sono: una vecchia poltroncina, una piccola lampada a cherosene e un fornelletto, qualche stoviglia buttata in una bacinella sotto il letto, un mucchio di lenzuola e alcuni vestiti di fianco al letto. La parete alle mie spalle è ricoperta da sacchi di plastica neri, due taniche vuote sono dietro Ia porta e una piccola finestra sula parete di fronte fa passare la poca luce che illumina l'ambiente. Il pavimento è di terra rossa e una borsa completamente impolverata è appesa a un muro. Ogni cosa sembra essere lì da tempo. La polvere ha ricoperto quasi tutto. In una caraffa sul comodino c'è un po' di porridge. Lo scaldiamo. Appena acceso, il fornelletto a cherosene riempie la stanza di un odore insopportabile, petrolio bruciato. L'aria si fa irrespirabile e i vapori della fiamma coprono tutti gli altri odori. Apro la porta per far correre un po' d'aria. Henry mi dice che vuole andare a riempire una tanica d'acqua. Avverte Esther e io resto a farle compagnia. Ha la voce esile, la vedo solo dal petto in su: il resto del corpo è nascosto dalla tenda. Non vuole toglierla perché dice che dietro è sporco. Rimane sdraiata, lo sguardo fisso nel vuoto, mi punta gli occhi solo un paio di volte per poi distoglierli immediatamente quando si accorge che anche io la guardo. I suoi occhi sono davvero tristi. Ha occhiaie profonde , un polso magrissimo e la pelle ruvida e secca. Mi sento un po’ a disagio. Provo ad usare le poche parole in swahili che conosco e cerco di percepire quello che mi vuole dire. Mi chiede come mi chiamo, mi dice che viene da Kakamega. Dopo qualche tentativo di parlare d’altro, rimaniamo entrambi in silenzio. Io la osservo. Lei, piano piano, chiude gli occhi. Mi guardo attorno. Mi stupisce uno dei calendari che c’è sul muro. È del 1999. C’è una foto di due giraffe con il Kilimnjaro sullo sfondo. Pensare che l’Africa sia anche quello, mentre mi trovo a Kibera, mi travolge. La bellezza e l’orrore dell’Africa stanno in quella baracca, in una foto e in una donna malata di AIDS sdraiata sul letto. Penso che abbia tenuto il calendario per sognare ogni tanto il posto da cui lei viene: Kakamega, la savana, gli animali, il suo villaggio.


Rientra Henry con la tanica piena d’acqua. Il porridge è ormai caldo, lo verso in una tazza mentre Henry lava i piatti. Le passo la tazza, lei ne prende un sorso e la posa velocemente sul comodino. Chiude gli occhi e si immobilizza. Rimango in silenzio. Quando Henry finisce di lavare i piatti decidiamo di andare via. Prima porgiamo una preghiera in swahili. Capisco solo quando incominciano a recitare il Padre Nostro e li seguo in italiano. Un Padre Nostro particolare, come sempre capita da queste parti. Mentre sono lì, penso a come possa esistere un Dio che permetta tutto ciò. Lei mi stringe la mano e sento la forza che solo la preghiera riesce ancora a darle, lezione che ricevo ogni giorno. Poi la saluto, le tendo la mano e la ringrazio, promettendole che tornerò. Henry mi spiega che da tempo cercano di convincerla a tornare al suo villaggio per due motivi. Il primo, perché avrebbe qualcuno vicino a lei (qui infatti non ha neanche un parente); e il secondo, perché i costi di sepoltura sarebbero nettamente inferiori. Perché ormai non c’è più nulla da fare. Al villaggio però non vuole tornare, non vuole che la sua gente la veda così. In campagna, soprattutto quando uno è malato di AIDS, le gente pensa che sia vittima di uno “Jin”, uno spirito cattivo, mandato da qualcuno. Ed è una disgrazia quando uno della propria famiglia è vittima di questi spiriti. Esther quindi preferisce morire, qua, sola, nella preghiera.
Fabio Miggiano a 21 anni ha attraversato tutta l'Africa. L'avventura è stata poi inscatolata in un portale web  http://www.africaontheroad.it/
 Il sole caldo che batte sulla lamiera dei tetti trasforma queste piccole camere in fornaci. L’odore forte di fango, residui di cibo, a volte d’urina rende il respiro affannoso, ma dopo un po’ ci si abitua. Il calore che continua a bruciare è quello delle persone come Esther, gente dallo stomaco di ferro, ma con un cuore d’oro. Gente che è capace di sorridere nonostante storie terribili alle spalle e le condizioni disumane in cui vive. Gente che ringrazia per il nulla materiale che possiede e per le fatiche che è costretta a sopportare. Gente che vive l’oggi senza pensare al domani e che, nonostante tutto, continua a sperare. Gente che ascolta musica rap e mangia hamburger, ma che è ancora molto legata alle proprie tradizioni. Joseph è un ragazzo burundese di diciotto anni, fuggito dal suo paese dopo aver visto uccidere il padre da un gruppo di guerriglieri e arruolatosi in seguito nell’esercito. Dopo qualche mese di dura vita militare nell’esercito tutsi, Joseph ha deciso di rifugiarsi in Kenya. A Nairobi è riuscito a trovare uno sponsor per una scuola e sta cercando di crearsi un futuro da rifugiato, con la consapevolezza di non poter più tornare nel suo paese. Maria (mi racconta una sua amica) era una donna congolese. Scappata dal suo villaggio perché credeva di essere vittima di un sortilegio inflittole da qualcuno geloso della sua bellezza, si è nascosta a Nairobi dove è morta tre settimane fa in una squallida baracca di Kibera, dopo aver accettato di essere malata di AIDS e non vittima di una maledizione. Caroline è una donna con la pelle scura come il carbone e un fisico robusto, nascosto sotto i coloratissimi tessuti a fiori. È madre di cinque figli e deve mantenerne altri tre, orfani di suo fratello. Sopravvive lavando gli indumenti per i vicini e facendo qualche lavoretto per loro. Suo marito l’ha abbandonata qualche anno fa, dopo che lei è rimasta incinta per la quinta volta. Nonostante tutto, è una persona piena di gioia e vitalità, ed è una delle donne più impegnate della parrocchia di Riruta. Ogni domenica va all’altare durante la Messa per ringraziare il Signore della vita che le ha donato.

Moses è un giovane masai: lobo dell’orecchio forato, come tradizione vuole, occhio con taglio orientale e pelle di un nero così profondo da ci si può perdere. È venuto a lavorare qui a Nairobi come guardiano notturno. Moses è innamorato di J., una ragazza attraente del suo villaggio, di cui porta sempre in tasca una foto ingiallita. Dice che rimarrà qui ancora per due o tre mesi, giusto il tempo per comprare le quattro mucche che gli servono per poter riscattare J. dai suoi genitori.


Victor è un ex bimbo di strada. Magro. Dimostra metà degli anni che ha, capelli rossicci carenti di melanina, sintomo della scarsa alimentazione che poteva permettersi con l’elemosina e qualche piccolo furto. Ora vive in una struttura di riabilitazione. Ha smesso di fare uso di colla. Va a scuola e ha da mangiare ogni giorno. Non parla volentieri dell’anno e mezzo che ha vissuto per strada. Adesso è felice. Sta imparando a scrivere e a leggere, anche se fa più fatica dei suoi compagni di classe.


Kibera, la baraccopoli.
Maryanne è una ragazza diciannovenne di Korogocho, una delle baraccopoli più violente di Nairobi. È bellissima, ha lineamenti raffinati, tipici dell’etnia nilotica, un fisico filiforme e il portamento elegante che si addice a una principessa. Lavora in centro. Per mantenere suo figlio vende “amore” ai clienti ricchi degli hotel della città. Orami è quasi un anno. Non ha mai terminato la scuola primaria perché è rimasta incinta a 14 anni. Non le piace il lavoro che fa. Vorrebbe un giorno trovare un buon impiego per mantenere dignitosamente lei e il suo piccolo. È ancora una bambina, ma i suoi occhi dimostrano il suo difficile e doloroso passato. Il mese prossimo dovrà sostenere un colloquio per un corso di taglio e cucito in una parrocchia della zona in cui vive. Dice che fra poco la sua vita cambierà.



Lazarus è volontario presso un’associazione che si occupa di assistenza ai malati di AIDS a Kibera. Non ha un altro lavoro e dedica tutto il tempo ai suoi pazienti. Una notte di metà gennaio, un incendio ha bruciato la sua baracca. Le uniche cose che è riuscito a salvare sono state il pigiama che aveva addosso e un paio di ciabatte infradito. Ha iniziato piano piano a ricomprarsi qualche vestito grazie all’aiuto di alcuni amici, senza mai smettere il suo lavoro a Kibera.

Di fronte alle storie di queste persone, la nostra fortuna è una evidente certezza, ma spesso non ce ne rendiamo conto. Ogni sera mi addormento con un po’ di tristezza, pensando a tutte quelle vite appese a un filo, al dramma che si respira fra i più deboli, fra gli emarginati, degli emarginati, fra i poveri del Terzo Mondo. Ma nonostante tutto, riesco a superare i momenti tristi con la condivisione della sofferenza che incontro ogni giorno fra le strade di questo continente, e alla quale sto imparando a rispondere con le armi più potenti e sottili che l’uomo possieda, l’amore e il silenzio.

giovedì 9 settembre 2010

Immune alla deludente sensatezza. Non aprite quella porta.


Inutile nasconderlo. L'adolescenza e la giovinezza sono il periodo della nostra vita in cui l'esperienza la si conquista a morsi. Con il passare degli anni, più ci si allontana dall'adolescenza elettrica, più bussa alla nostra porta una rischiosa "deludente sensatezza". Eppure il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura e per le nuove esperienze. Chi vuole restare vivo e non morire prima di tutto di noia e di luoghi comuni, deve misurarsi spesso la temperatura della propria vita e se necessario apportare un radicale cambiamento al proprio stile di vita.

martedì 10 agosto 2010

Il popolo dei Po po po po po po: si dorme, si mangia, si xxxx, si guarda la TV sognando uno yacht a Portocervo.

C'era un tempo in cui una folla di cittadini e forestieri si riuniva morbosamente nei pressi di San Marco per assistere all'arrivo o alla partenza di un carcerato, vista la vicinanza delle prigioni. Eredi forse delle folle che da sempre si accalcano pateticamente allo "spettacolo" delle "ghigliottine giacobine" che la Storia ha sempre regalato, perchè la morte o l'altrui annientamento può creare un brivido di vitalità a chi rimane in vita.


Ora il popolo, composto di persone spiritualmente ritardate e alimentato da omogeneizzazione, mediocrità, divertimenti banali, affetti superficiali, gusti triviali, falso appagamento, incapacità di provare vero amore ha il proprio inno: Po po po po po po. Stavolta si celebra la morte della cultura. Il popolo dei Po po po po po po, spesso alticcio in modo animalesco, vomita curiosità riempiendo di attenzioni morbose  proprio coloro che sottraggono e accumulano illecitamente altrui risorse, garantendo la loro morte culturale. 

La Pierelli dorme, il fidanzato bacia un'altra. Dalla Carfagna a Noemi, pazze per il bijoux a farfalla... Questa copertina è l'emblema dell'odierna incapacità di provare vero amore, perchè ora tutto è banalizzato, proprio tutto ha un prezzo e ci si vende.

giovedì 22 luglio 2010

Road To Wellness: Territorio per il benessere

Una serie di giovani e giovanissimi talenti, sono diventati 'Young Testimonial' di Road to Wellness - Territorio per il Benessere: la loro sensibilità al servizio di un progetto eco turistico e di mobilità dolce: ne vedremo delle belle! 


(Manuel, il ballerino folle, giovanissimo ha una pagina personale su Youtube e solo per certi video singoli, supera le 15.000 visite: ha iniziato per scherzo con il suo ballo al di fuori dei canoni, quasi un gesto liberatorio ed ora è diventato un esperto). 

domenica 18 luglio 2010

La Strada del Ponale. Pedalate sfidanti nel vento in un deciso sfidare il momento.


Interrompo un istante la pausa estiva, per inserire un video che non è altro che la continuazione di un post precedente "Garda Style".
Le emozioni si possono accumulare e stratificare nel crescendo di un sentiero che corre parallelamente lungo una emozione chiamata Lago di Garda, la strada del Ponale: una visione sezionale di una emozione. Da questa strada si può letteralmente mordere il paesaggio di tutto il lago di Garda, gustandosi panorami mozzafiato e alimentando correttamente l'animo ed il cuore con un pompaggio naturale e felice.

domenica 16 maggio 2010

Walden: andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità


Copertina del libro "Walden": è possibile leggere il libro a questo link

Il libro che mi accingo a leggere con entusiasmo, Walden, è ritenuto uno dei primi romanzi ecologici ed ha influenzato il pensiero ecologico contemporaneo. Fu scritto quasi interamente durante il soggiorno di H. D. Thoreau in una capanna, costruita in gran parte da solo, sulle sponde del lago Walden che si trova vicino alla cittadina di Concord (Massachusetts), USA.

Walden, ovvero La vita nei boschi, è il resoconto dell'avventura dell'autore, Henry David Thoreau, che dedicò ben due anni (1845-1847) della propria vita nel cercare un rapporto intimo con la natura e insieme ritrovare sé stesso in una società che non rappresentava ai suoi occhi i veri valori da seguire, ma solo l'utile mercantile.

La cappanna ricostruita.
Il suo è stato un esperimento, il suo obiettivo era quello di voler cercare la conciliazione dell'artista nel mondo naturale grazie all'ottimismo del vedere l'uomo come artefice del proprio destino e come essere dipendente da sensazioni ed emozioni. Il bosco diventa, luogo dell’anima e della contemplazione.
La sua è stata una prova di sopravvivenza ed insieme una testimonianza all'umanità: l'uomo riesce a vivere anche in condizioni di povertà materiale, e anzi, da queste può trarre una maggior felicità imparando ad apprezzare maggiormente le piccole cose.

"Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire in punto di morte che non ero vissuto." (Henry David Thoreau, Walden)

sabato 15 maggio 2010

Dedicato a chi riesce ancora a volare ed a sognare

L'"assetto Peter Pan" è uno stato di grazia, una pace sublime dei sensi e dell'anima,  raggiunta la quale nella vita sei in grado di volare anche quando gli anni passano e non riesci più semplicemente dalla tua cameretta a conquistare il mondo; volare è quel dono, che ti offre la possibilità di staccarti dalle banalità superficiali, riusciendo a cogliere quelle sfumature intense che sono il sale della vita, le vere emozioni.
Non si tratta di un volo ipocrita, che mira solo ad evitare il fango delle esperienze empiriche più varie che giammai possono sporcare le ali di un'aquila reale. Si tratta di librare puri, liberi, genuini, incontaminati,
sinceri, leali, forti, indomiti, onesti,
integri, veri, schietti, buoni,
autentici.
E' possibile volare.

   

L'essere umano nasce come un contenitore vuoto, una botte vuota che potrà riempirsi di vino buono sempre che riceva una educazione al suon di buoni esempi nel periodo importantissimo dell'infanzia e che poi attraverso le sue scelte ricerchi sempre conoscenza e virtù.
Le pressioni ambientali che riceverai, tenderanno sempre a trascinarti nella pozzanghera fangosa del compromesso e del tradimentoomogeneizzazione, mediocrità, divertimenti banali, affetti superficiali, gusti triviali, falso appagamento, incapacità di provare amore e desiderio. In quel momento, proprio in quel frangente, decidi in sostanza se restare una Aquila o diventare un verme costretto a scrisciare per vivere.  L'angelo caduto, con le ali spezzate conoscerà rimpianti e rimorsi.
Ognuno di noi è ciò che decide di essere, in base alle scelte adottate tutti i giorni. Per questo con questo blog, ho sempre alluso all'importanza di circordarci di persone a noi simili e che amandoci ci aiutino a volare ed a frequentare luoghi materiali e spirituali al di là dello stagno di rane. Cam-Caminì Cam-Caminì Spazza camin allegro e felice pensieri non ho. Uno dei tantissimi luoghi da visitare con l'assetto Peter Pan è sicuramente il Castello di Neuschwanstein , Il Castello della Nuova Pietra del Cigno, soprannominato il castello della Disney, il monumento più visitato della Germania e il castello più fotografato d'Europa.
Castello di Neuschwanstein costruito nel 1869.
La posizione del castello è sommamente scenografica: ai piedi di una montagna, poco distante da un lago, sul ciglio di una gola vertiginosa e in vista di un altro castello, immerso nella foresta. Il castello può essere considerato un monumento dedicato al compositore Richard Wagner, amico e idolo del Re Ludovico II di Baviera, che considerava l'opera di Wagner quasi alla stregua di una religione, al punto da scrivergli in una lettera "Il luogo è uno dei più belli che si possano trovare, sacro e inavvicinabile, un tempio degno di Voi, divino amico, che faceste fiorire l'unica salvezza e la vera benedizione del mondo"
Ha ispirato i castelli delle favole della Walt Disney, che lo prese a modello per alcuni tra i suoi più celebri film d'animazione: "Biancaneve e i sette nani", "Cenerentola", "La bella addormentata nel bosco". Nel castello sono stati ambientati innumerevoli film ed è il soggetto di numerosi puzzle e poster.

venerdì 7 maggio 2010

Una trattoria in mezzo al mare: l'utopia di far crescere le rose sul mare nel 1968


Isola delle Rose - Trailer documentario.

Per i turisti fu un'attrazione eccezionale nel suo genere, per la gioia degli operatori alberghieri della Riviera romagnola; per i giornalisti fu un caso divertente e bizzarro, per l'ideatore l'ing. Giorgio Rosa e le autorità italiane una faccenda tremendamente seria. Fu una piattaforma di quattrocento metri quadrati a turbare, nell'estate del 1968, non pochi sonni, prima di essere abbattuta dallo Stato con la dinamite. L'idea, faceva paura.


"Ad essere sinceri, il mio progetto iniziale era questo: costruire qualcosa che fosse libero da lacci e lacciuoli e non costasse molto. Sulla terraferma la buro­crazia era soffocante...Volevamo aprire un bar e una trattoria. Mangiare, bere e guardare le navi da Trieste che passano vicine, a volte anche troppo" Ing. Giorgio Rosa
La vita è una continua sequenza di situazioni in cui bisogna prendere delle decisioni. Molte di queste hanno conseguenze poco importanti, alcune vengono prese in maniera istintiva senza sviluppare pensieri coscienti. In questi giorni, l'amministrazione Usa certifica uno stato di "catastrofe nazionale" che induce il presidente Barack Obama ad annunciare che le trivellazioni offshore, pur essendo "una parte importante della sicurezza energetica americana", dopo quanto sta accadendo "saranno effettuate molto più responsabilmente": il mare nel Golfo del Messico è completamente inquinato dopo l'affondamento di una piattaforma petrolifera.

La piattaforma "Deepwater Horizon" incendiata: una catastrofe naturale per una immensa fuoriscita di idrocarburi dal fondale marino.
Ma vi sono diverse decisioni, molte delle quali prese in condizioni di incertezza, che ci impongono dei ragionamenti perché hanno delle conseguenze più rilevanti: la popolazione dell’ entroterra veneto, di fronte alle invasioni barbariche del V e VI secolo, scelse l’ ‘opzione insulare’ in risposta alle distruzioni ed al disordine; tale ‘valutazione’, ripagò gli astanti e le generazioni successive, assicurando in primis la protezione ed una mera sopravvivenza, e più tardi garantendo una impareggiabile prosperità commerciale e culturale, che perdurò per molti secoli; tuttora l’ ‘opzione insulare’, viene remunerata da un turismo internazionale costante e notevole.


domenica 2 maggio 2010

C'è chi sale e c'è chi scende, ma a salire c’è più speranza.

01/05/2010 Alberto Sciretti sul Monte Baldo.
Sullo sfondo Malcesine e il Lago di Garda.
Ho già parlato di quello che ho chiamato il Garda Style, dove il Lago di Garda e le bellezze circostanti diventano la piattaforma delle proprie imprese sportive, delle proprie tensioni emotive, delle proprie aspirazioni e dei sogni difficilmente realizzabili, della voglia di riscatto, della ricerca di sè e di verità, della ricerca di un mondo parallelo idilliaco.
Io continuo a salire perchè c'è più speranza. Quando incontro qualcuno che scende lo saluto. 
Mi resta per fortuna tutta la vita invece per attuare quanto disse Madre Teresa di Calcutta "Se vuoi salire fino al cielo, devi scendere fino a chi soffre e dare la mano al povero".

Viandante sul mare di Nebbia è un dipinto ad olio
su tela di Casper David Friedrich.


Ieri sono andato a caccia di emozioni partendo ancora una volta dall""osservatorio-Turri”, un punto d' osservazione collocato sul monte Baldo sul quale il compianto Eugenio Turri usava recarsi per scrutare e controllare il paesaggio. La stagione delle conquiste è alle porte: buona caccia di emozioni a tutti. Grinta! il vostro fucile sono le vostre idee.







Per una simpaticissima coincidenza, mentre il 1 Maggio salivo con i miei amici sul Monte Baldo, salivano anche le visite del Blog "In esplorazione oltre lo stagno di rane" che si assestavano a fine giornata a n. 2418 visitatori! La maggior parte di questi visitatori vi entrano casualmente, attraverso la ricerca di qualche foto e se ne escono altrettanto velocemente. Dal visitatore casuale e fortuito, si passa poi al visitatore che effettivamente nella maggior parte dei casi cerca un qualche "contenuto", che appartiene normalmente a quei 250 - 300 visitatori medi giornalieri. In questo gruppo vi rientrano anche i miei amici e le persone che mi conoscono nella vita reale.
In fondo, in fondo, scendendo nei bassifondi e nelle viscere della morbosità patologica, c'è invece l'indirizzo IP del visitatore virtuale affetto da delirio e da psicosi  che è il destinatario della denuncia alla Polizia Postale per furto d'identità e diffamazione. La giustizia, lenta o veloce che sia,  prima o poi arriva.

giovedì 29 aprile 2010

Ecovillaggi, cohousing e comunità intenzionali..fino al Popolo degli Elfi

L'ecovillaggio dei puffi è stato radiato: CHIUSO PER APOLOGIA DI COMUNISMO

Ecovillaggio. Cohousing. Esiste una Rete Italiana Villaggi Ecologici. Il personaggio più conosciuto attivo in questo settore è Jacopo Fo, Figlio di Dario Fo e Franca Rame, che attraverso il proprio sito diffonde il verbo del proprio ecovillaggio: Ecovillaggio solare di Alcatraz

La nuova casa ad alta efficienza termica di Alcatraz. Sullo sfondo la valle dove sorgerà l'ecovillaggio


Il Popolo degli Elfi sembra stanziarsi tra i folti boschi dell’Appennino Pistoiese che fanno da cornice alla vecchia strada che da Pistoia conduce a Bologna.

Casa ad alta efficienza termica di Alcatraz.

Un altro mondo è possibile?

mercoledì 21 aprile 2010

Mi sono reso improvvisamente conto di essermene andato.

Pink floyd - Goodbye blue sky

Un po' di tempo fa' in un post bofonchiavo un "volere volare via". Ancora mi risuonano forti le dolcissime parole tratte da un articolo anonimo "Ho lasciato l'Italia senza mai andarmene" e che mi sento di riproporre nuovamente, perchè quella sequenza di parole mi ha tremendamente stregato e per me è poesia:

"Mi sono reso improvvisamente conto di essermene andato. Io non sono più in Italia, e non sono più italiano. E' come se fossi espatriato e avessi cambiato la mia intera storia. Non riconosco più in me quasi alcuno dei comportamenti che vedo negli altri. I riferimenti "culturali" di base, per esempio quelli che ci fanno ridere alle battute, quelli che fanno capire ad un gruppo di persone di cosa si sta parlando, i sottintesi, perfino alcuni gesti che aiutano le discussioni, sono ormai sballati ai miei occhi.
Per dire: quando gli altri parlano di calcio io vago con la testa per i fatti miei. Argomento irrilevante, quando non nocivo per una decente socialità. Oppure: visto che da oltre un decennio non vedo tv, non entro nelle discussioni degli altri, quasi sempre incentrate su "hai visto ieri...". O il cinema, idem.
Mi sembra che girino tutti a vuoto, avvinghiati alla mangiatoia di cibi malsani o nocivi. Il tempo inesorabile passa, il chiacchiericcio ronza.
E' ovvio che ciò sia derivazione della strana vita che conduco avendo scelto, irrimediabilmente, di spostarmi come mi sposto. La mia città non è più la stessa di quella degli altri da un lungo periodo, ma adesso mi sembra anche essere venuta con me in un posto diverso, magari non proprio di questo stesso identico pianeta ma di uno lievemente in asincrono con questo. In fantascienza dicono "un'altra dimensione" no?

E' così per me.
Ho aperto una porta e sono scivolato via, senza andarmene mai.
Sensazione meravigliosa."

Caro amico fragile - Ron.


La prima volta che sentii questa canzone ero a Soverato in Calabria nell'estate 2004. Allora la associavo ad un caro amico perseguitato dalla sorte e dalla salute fragile. Adesso, in modo più maturo ci sento una riflessione sul bisogno di amicizia e quel bisogno di crescere avendo al nostro fianco l'amicizia. Pur non sperimentando mai sentimenti contrari all'amicizia quali l’invidia e la gelosia, se "l’amicizia vera è rispettare l’identità dell’altro anche nella sua diversità. Amicizia non è inglobare l’altro dentro i nostri schemi, ma comunione delle differenze" io purtroppo credo di avere ancora molta strada da fare. Tendo infatti ad avvicinare e a farmi avvicinare da persone che siano il mio alter ego o da persone sulle quali io possa specchiarmi ritrovandomi.

...Caro amico fragile

tra Dio e diavolo
rimani sempre quello che
mi ha capito subito.
Mio caro amico fragile,
non ti ho tradito mai,
non ti ho tradito mai.
Lei era la mia musica
ma tu ferito in odio
gridasti tutta la tua furia.
E poi… alleluia.
Io salvai il mio grande amore
dal tuo fuoco rettile.
L’ho stretta forte
contro al cuore,
ma adesso dov’è, adesso dov’è.
Caro amico fragile
tra Dio e diavolo
mi amasti forse più degli altri
l’ho sempre saputo
mio caro amico fragile
tra sangue e gelosia
tu sei stato quello che
ha diviso la vita mia.
E allora amico fragile
non è mai facile
che cosa me ne faccio adesso
delle mie lacrime.
Ascolta amico fragile
non voglio dirti addio
ma l’amore è forse
più importante
del dolore tuo e mio.

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