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domenica 7 giugno 2009

Spiaggia di Boccasette a Porto Tolle: la natura, la centrale e il rigassificatore

Ero senza canocchiale per il Birdwatching ma così mi resta il dubbio di aver fotografato una rara gru..anche se l'atteggiamento è quello tipico dell'airone bianco che allunga il collo in posa plastica per cacciare. Il primo che mi dice che è una semplice anitra o un cigno mi arrabbio!!!
Il mio primo bagno quest'anno l'ho voluto fare in un contesto particolare quale quello della spiaggia Boccasette a Porto Tolle, alla foce del fiume Po', caratteristica per la commistione tra acque dolci e acque salmastre e con i relativi paesaggi che si sovrappongono. A spingermi qui il fatto che in due occasioni, nel 1997 e nel 2001, alla spiaggia di Boccasette è stata assegnata la bandiera blu della CEE, oltre al riconoscimento delle "cinque vele" da parte di Legambiente come spiaggia naturale. Boccasette la si raggiunge attraversando chilometri e chilometri di campagna sottratta al mare con le grandi bonifiche settecentesche ed ottocentesche e non è ancora stata conquistata dalle masse, salvo i camperisti che sembrano non disdegnare questi luoghi.
Sciretti Alberto in un autoscatto a Boccasette dopo il primo bagno dell'estate 2009
Notevole la spiaggia sul cordone insulare costiero , rimasta integra, senza nessun insediamento, raggiungibile solo a piedi con un piccolo ponticello. Nonostante qui a Boccasette il tempo sembra essersi fermato negli anni '50 con atmosfere d' Amarcord di Fellini, la spiaggia è attrezzata anche con due o tre bar dove ho mangiato il mio primo fritto misto di mare.
Qui di seguito delle foto del paesaggio circostante la spiaggia di Boccasette:
Gli argini imponenti che cercano di imbrigliare i meandri della foce del Po; gli argini sono spesso il punto più alto del paesaggio, ottimi punti d'osservazione dell'ambiente sottostante.
Nel basso Polesine fra i corsi dell' Adige e del Po in provincia di Rovigo, dal 1997 è stato istituito il parco del Delta del Po, che con la collaborazione del parco regionale dell'Emilia Romagna tutela la più vasta zona paludosa d'Europa di 400 chilometri quadrati, affascinante ed incontaminato ecosistema che conserva una natura particolare, malgrado la presenza dell'uomo.
Folaga vicino ad una lontra, che si intravede dietro al canneto.
Un ambiente alluvionale, costituito da lagune, stagni, isole e dune, lingue sabbiose che separano le valli, bracci d'acqua dolce o salmastra e molti bacini da pesca, il cui basso livello dell'acqua favorisce la cattura e la riproduzione del pesce.
Le valli da pesca sono la sintesi di questo mondo, un mondo contadino particolare che anziché allevare animali alleva pesci. Nel Delta vi sono 24 valli da pesca che occupano 3000 ettari nel comune di Rosolina, 3500 in quello di Porto Viro e 1650 a Porto Tolle.
Un meandro del Po' che si getta in mare.
La spiaggia di Boccasette si distende su di uno scanno naturale con suggestive dune. Gli scanni sono isole o penisole, larghe da qualche decina a qualche centinaio di metri e lunghe a volte chilometri formate dalla sabbia portata in mare dai fiumi e modellata dal vento e dalle onde. Proteggono le lagune dalla potenza del mare, consentendone la sopravvivenza e sono davvero suggestivi: dal lato verso il mare sono spiagge battute dalle onde, dalla parte interna, invece, sono ricoperte da vegetazione alofila che tollera le acque salmastre e da canneti che si immergono nella laguna.
Gli aspetti negativi si possono riassumere nel fatto che i tratti di spiaggia libera della località Boccasette sono costellati purtroppo da ogni tipo di rifiuto, dalle bottiglie di plastica, sacchetti di plastica, bottiglie di vetro, borse di plastica, scatole di polistirolo, che molto probabilmente sono trasportati dal Po fino alla foce e da li rigettati sulla riva dalle correnti; alcune zone sono pericolose per fare il bagno e verso il tramonto arrivano puntuali le zanzare e poi la vista della centrale Enel e del rigassificatore non è di certo delle più rassicuranti e stimolanti.

Rigassificatore visto dalla località Boccasette; Partito da Algeciras – sullo Stretto di Gibilterra – 20 giorni fa, il rigassificatore Adriatic LNG è stato inaugurato, il 20 settembre 2008 presso il terminale di Porto Viro, a Rovigo, alla presenza del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Posizionato a 15 chilometri dalla costa veneta, il terminale è stato calato fino a toccare il fondo marino a 28 metri di profondità, immettendo acqua marina nella parte inferiore e nei compartimenti laterali della struttura e successivamente 300.000 tonnellate di zavorra solida destinate a stabilizzarla. L’operatività dell’impianto è prevista per il 2009, dopo la realizzazione delle strutture di ormeggio e il collegamento con il metanodotto che porterà il gas sulla terraferma. L’impianto, che fa capo a Terminale GNL Adriatico Srl - società partecipata da Qatar Terminal Limited (45%), ExxonMobil Italiana Gas (45%) e Edison (10%) - sarà la prima struttura offshore al mondo per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del gas naturale liquefatto. Il terminale GNL sarà in grado di rigassificare 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno, aumentando del 200% la capacità di rigassificazione dell’Italia e coprendo il 10% del fabbisogno nazionale di gas. L’impianto contribuirà quindi in maniera determinante a incrementare la sicurezza energetica del Paese, nonché la competitività sul mercato italiano del gas naturale. Il rigassificatore e le strutture connesse sono state realizzate nel rispetto dei più elevati standard internazionali di rispetto dell’ambiente e della sicurezza. Il progetto ha ottenuto parere favorevole in 4 diverse Valutazioni di Impatto Ambientale. Il gas liquefatto proverrà dal Qatar, il più grande giacimento al mondo di gas. Fonte: società edison (www.edison.com)

Centrale Enel di Polesine Camerini vista dalla località Boccasette; sull'opportunità di costruire una centrale in una zona naturalistica di questo tipo non mi esprimo, perchè si commenta da sola; la centrale termoelettrica di Porto Tolle, situata sul delta del fiume Po in prossimità dell'omonimo comune, è un grande impianto di produzione di energia elettrica di proprietà di ENEL. Divisa in quattro gruppi da 660 MW l'uno, produce in totale 2640 MW di elettricità, posizionandosi ai primi posti in Europa e coprendo l'8% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.

domenica 17 maggio 2009

Un nuovo mondo al Parco del Sojo: il defribrillatore emozionale naturale e artistico

Un anfiteatro naturale dove il posto a sedere ha qualche centinaio d'anni: le sedie più preziose al mondo
Ho avuto la fortuna di visitarlo di notte fianco a fianco dell'ideatore Diego Morlin e della guida Gianluca Morlin: il Parco del sojo il mio primo vero ecomuseo; "natura e arte, storia e tradizione. Una nuova relazione fra scultura contemporanea e tutela dell'ambiente" così cantava la sirena che mi ha attirato di notte nel parco.
Idee iperuraniche, emozioni rare, fulmini cerebrali che scuotono il sonno di chi costantemente rischia di diventare "spiritualmente ritardato" in una pianura disumanizzata che fornifica ricercando la gratificazione immediata non rendendosi neppure conto di ciò che ha perso, ingoiato per sempre nel buco nero dell'asfalto.
Quello che abbiamo perso si trova al Parco del sojo, un nuovo mondo. Il vecchio mondo fatto di palazzinari e speculatori me lo sono bevuto con il vino bevuto alla tavola dei fratelli Morlin.

Scultura dell'arch. Diego Merlin "Il trono"
L'idea di inserire in un'area di interesse ambientale e storico delle sculture d'arte contemporanea, creando una commistione che rende fresco ogni ragionamento e che stimola l'intelletto ad una percezione non univoca o semplicistica dello spazio e del trascorrere del tempo, è di quelle forti.
L'idea è nata dall'architetto Diego Morlin nel 2000; un altro "disperso nei boschi" e non meravigliatevi per l'appunto se la guida, nel traghettarvi in questo nuovo mondo, vi fa tra gli altri i nomi di Mauro Corona e di Marco Paolini (quest'ultimo ha preso proprio casa a pochi metri dal parco)

Scultura dell'arch. Diego Merlin "la sedia della strega"; la scopa della strega si appoggia alla carega
Il parco del Sojo è un laboratorio d'idee che per essere veramente tali devono prima di tutto rispettare madre natura; dopo essersi inchinate a madre natura queste idee devono volare e far volare come streghe; già perchè il sojo è (mi ha ricordato per certe atmosfere il buso dei briganti )un dedalo di sentieri pieni di fascino e mistero, luogo di riparo e di difesa sin dal periodo neolitico; la scopa della strega appoggiata alla carega ti fa volare; ma voli anche grazie alle rassicuranti civette; voli, voli, voli, in uno scenario indimenticabile con sullo sfondo tutta la pianura veneta illuminata

La natura rappresentata da prati e boschi di carpini, roverelle, cornioli con alberi secolari si concede, sposando la capacità artistica dell'uomo di manipolare sapientemente la pietra, il ferro, il legno, il bronzo, il gres conferendovi un'anima; grotte, pozze d'acqua, le masiere (muri di pietra a secco delimitanti le proprietà o a sostegno dei terrazzamenti), le calcare, i fabbricati rurali e gli orti sono un po' natura un po' uomo.

Una cava colorata..
Sono felice di aver visitato l'ecomuseo di notte perchè solo così si sentono e si vedono le streghe volare ("strega vien di notte..") e sento di dover tornare a vedere con l'aiuto del Dio Sole; qui di seguito propongo alcune fotografie notturne delle opere d'arte, alcune senza dicitura (andate a vederle di persona che la virtualità non regala ne virtù ne conoscenza), che si possono forse meglio apprezzare nelle foto del Magico Veneto ;
La tomba del guerriero (alemanno) Teste (opera ispirata ai Daiachi, cacciatori di teste) Donna dormiente
L'uccellatore



La Gallina

La donna seduta
Improvvisamente durante l'escursione un cinghiale (di legno) con le zanne è spuntato dalla macchia.. Notizie della stupenda chiesetta di Covolo, da dove è partita la spedizione notturna, arrivano al 1089
Nel borgo di Covolo le poche anime che vi abitano hanno vicino al numero civico delle abitazioni i nomi di chi vi abita disegnati sulla ceramica.

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Guai a chiunque si illuda che queste fotografie virtuali possono in qualche modo sostituire le emozioni reali che solo una passeggiata in questi boschi è in grado di dare; il parco può avere realmente una funzione terapeutica per chi ha smarrito il proprio cammino; immergetevi nella natura e nell'arte senza lasciare "tracce da turista" che giammai sono "tracce d'artista"; se lasci questo posto magico così come lo hai trovato, senza lasciarvi echi di schiamazzi o briciole di mediocrità plastificate allora avrai condiviso con gli altri quel senso di felicità che tutti in fondo usciti da questo anfiteatro naturale si portano dentro.

Il Paesaggio spirituale al Santuario Madonna della Corona

Dal Santuario della Madonna della Corona, costruito in un incavo scavato nel Monte Baldo (monte che ultimamente frequento assiduamente), si gode di un paesaggio notevole. Purtroppo questo splendido posto è pervaso a mio modesto parere non da una cristianità parca e silente, timida e rispettosa della natura ma i simboli della cristianità cattolica più altisonante si manifestano nella strada asfaltata che sforna continuamente pellegrini facendogli risparmiare perfino una breve e salutare passeggiata nel bosco, in opere in ferro o bronzo stridenti che vanno a comporre una via crucis innaturale (abbiamo probabilmente molto da imparare in questo caso dal Monastero di Simonopetra sul Monte Athos e dai monasteri tibetani).

All'inizio del video che ho girato si notano quegli elementi in ferro di cui parlavo prima che così tanto stonano nella via crucis che porta al santuario e alla fine del video mi sono soffermato sulla montagna ferita che si scorge dal santuario: le ferite della natura. La canzone unz unz l'ho messa perchè anche l'assoluto può fare rumore.

Se nel XV secolo era un romitaggio, la prima chiesa venne inaugurata nel 1530. Divenne santuario nel 1625 quando i cavalieri di Malta fecero rifabbricare la chiesa che venne completata nel 1680.
La facciata ed il campanile in stile neogotico si presentano incastonati nella roccia
All'interno del santuario vi è la Scala Santa, è la riproduzione della scala che si trova a Roma vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano, è la scala dove Gesù salì e discese più volte nel giorno in cui, fu flagellato, incoronato di spine e condannato alla morte sulla croce, sporcandola così con il suo sangue.
Ci sono due modi per raggiungere il santurio e cioè attraverso un percorso a gradoni nel bosco che vi consiglio oppure attraverso una strada asfaltata dopo il paese di Spiazzi, che termina in una galleria scavata nella roccia nel 1922; questa strada è percorribile solo a piedi dai pellegrini e da un servizio navetta (sgradito) e durante il tragitto ci sono le quattordici stazioni della Via Crucis .
Il sito ufficiale del Santuario è http://www.madonnadellacorona.it/index.php ; Il Santuario diocesano di Verona della Madonna della Corona é aperto tutto il tempo dell'anno con i seguenti orari: Novembre - Marzo: dalle ore 8.00 alle ore 18.00 Aprile - Ottobre: dalle ore 7.00 alle ore 19.30
Vicino al santuario la cartellonistica invadente si rivolge al turista sempre peccatore o al pellegrino desideroso di manifestare comportamenti ossessivi e flagellanti proponendo delle tradizioni da attuare nel salire la Scala Santa 1) Dopo aver intinto l'acqua santa ci si fa il segno della croce 2) Si salgono i 28 gradini solamente in ginocchio e ad ogni gradino si prega il signore e si medita sulla passione di Gesù Cristo....
Per la cronaca non ho visto nessuno attuarle e io mi sono avvicinato come sempre a Dio con il mio stile; qual è il mio stile? io mi avvicino a Dio frequentando la natura in modo entusiasta, nella consapevolezza che ognuno dovrebbe ricercare l'altro, l'assoluto, Dio, attraverso un proprio percorso naturale spontaneo; qualsiasi schema artificiale che codifichi comportamenti consuetudinari lo lascio al popolino e a chi ha bisogno di sentirsi parte di un gregge..fate voi, io mi annoio ed il mio peccato originale è tra l'altro di sentirmi spirituale solamente se alle verità ci arrivo attraverso il mio umile percorso, privo di intermediari e liturgia tra me e l'altro.
"Modello di pellegrino blogger attento" che riprende il santuario e che spegnerà la videocamera solamente in presenza dell'Assoluto per il post della vita!!! (nella foto Sciretti Alberto).

venerdì 10 aprile 2009

Forza italia che costruisce "pugni negli occhi"

La casa di Francesco Petrarca ha un valore inestimabile per molteplici motivi, che vanno al di là del valore che può avere la casa museo di uno tra i più grandi letterati al mondo; la casa, insieme al paesaggio circostante bucolico dei colli euganei e alle atmosfere del borgo di Arquà Petrarca (PD) che magicamente nel corso dei secoli si sono conservate, rappresenta tuttora adesso un coacervo di verità, che altrove non è più possibile cogliere.
Arquà Petrarca, insieme a qualche altro borgo, è riuscito miracolosamente nei secoli a conservare intatto il paesaggio che lo circonda a dispetto di un Veneto ormai ricoperto da scheletri di capannoni industriali abbandonati; la speculazione edilizia in queste zone, tuttavia è sempre in agguato come dimostra il tentativo da parte degli amministratori di Arquà Petrarca di Forza Italia di trasformare un´area agricola in zona residenziale, a due passi dalla casa del poeta; 22 mila metri quadrati di fabbricati in località Sassonegro, progettati in spregio al piano ambientale del Parco Colli euganei, l' oasi verde dove sorge, appunto, il borgo antico di Arquà Petrarca. Uno schiaffo inferto alla storia e all' ambiente, che ha spinto la Procura della Repubblica di Padova a ordinare il blocco dei cantieri e a indagare otto persone per abusi e concussioni. Tra loro - accanto a costruttori, tecnici, direttori di cantiere e amministratori - figura Giuseppe Trentin, già sindaco di Arquà in quota Forza Italia e coordinatore del partito di Berlusconi nella Bassa padovana.

venerdì 21 novembre 2008

Vajont senza parole: paesaggio lunare

Sciretti Alberto con Bepi Zanfron. Quasi interamente la documentazione fotografica sulla tragedia del Vajont si deve a Bepi Zanfron, conosciuto ed apprezzato fotoreporter di Belluno, accorso già durante le prime ore della tragedia. B. ZANFRON, Vajont, 9 ottobre 1963. Cronaca di una catastrofe, Ed. Agenzia fotografica Zanfron, Belluno, 1998
Sciretti Alberto sulla diga del Vajont
Domenica scorsa sono stato sul Vajont una intera giornata; ormai si sa quasi tutto della tragedia del vajont, quindi ho pensato solo di riportarvi qui tutte le immagini che ho girato; ho visto cose e provato sensazioni che sono indimenticabili. Peccato che così come i medici si sottopongono al giuramento di ippocrate gli ingegneri ed architetti di tutto il mondo non vengano qui, prima di iniziare ad eserciatare, a giurare che mai e poi mai abbandoneranno le ragioni della logica per far spazio a quelle del profitto. La cosa infatti che più vi colpirà visitando i luoghi della tragedia, è che tutto è friabile..provate ad arrampicarvi ...ricordando che Monte Toc in lingua friulana indica anche qualcosa di "guasto", "avariato", "sfatto".
Una delle foto più suggestive: in prospettiva il terreno friabile, la diga e sullo sfondo Longarone che pagherà il prezzo più alto della tragedia.
La frase che mi ha colpito di più di questa tragedia è stata questa: "Quel 9 ottobre del 1963 più di 2000 persone entrarano nel nulla per ambizione ed interessi altrui".
"Gli ertani sono gente tosta. Perseguitati per secoli dalla malasorte, non si sono mai arresi, né mai hanno lucrato o pianto il morto sulle loro tragedie. Hanno grande stabilità, poichè anche loro, come gli alberi, sono nati sul ripido e per stare in piedi su un terreno simile occorre molto equilibrio". Mauro Corona in "Le voci del bosco"
Scritte storiche sui muri delle case di Erto
Queste persone, come tante altre in un paese mediocre come l'Italia, non hanno mai avuto giustizia esattamente come non l'hanno avuta le centinaia di morti del petrolchimico di Marghera anch'esso voluto, come la diga del Vajont, guarda a caso dal conte di Misurata Giuseppe Volpi .
Una carta geografica dettagliata per orientarsi in Val Vajont
La frana:

La frana del Monte Toc con la famosa frattura a forma di M chiaramente visibile anche nelle successive immagini


La Diga:












Paesaggio limitrofo




Erto in lontananza


Erto. In queste foto, immagini del bosco adiacente Erto, che come scrive Mauro Corona in le Voci del Bosco "ha sofferto da sempre. Non ha avuto la vita facile di altri suoi fratelli, non è nato e vissuto in un dolce pendio ma nel ripido, nell'erto appunto. Gli sono mancate le più piccole comodità e tutto ha conquistato con la fatica, così come, con fatica, sono cresciuti gli ertani."




Lago del Vajont
Lago del Vajont
Casso

Casso

Longarone
In lontananza Erto
Documenti
Documenti della tragedia fotografati al Centro Visite di Erto e Casso (PN), situato nel paese di Erto, nell'edificio delle ex-scuole elementari del paese.






























Le varie fasi di costruzione della diga




In alto a destra si vede chiaramente la sala controllo della diga che verrà spazzata via dall'onda assassina
Il modello in scala della diga. Di tipo a doppio arco, lo sbarramento è di 264,60 metri (la quinta diga più alta del mondo, la seconda ad arco) con un volume di 360.000 metri cubi e con un bacino di 168,715 milioni di metri cubi. All'epoca della sua costruzione era la diga più alta al mondo.





Casso
Erto
"Nella cultura chiusa, misogina e tremenda del paese, le cose magiche e sublimi, ma anche infide, traditrici e impossibili da dominare, diventano femmina. [...] Erto viveva del bosco e del bosco coglieva il meglio. Salvo quei pochi che avevano le mucche, tutti gli altri facevano i boscaioli. [...] Alcuni di loro hanno smesso da tempo l'antica arte per andare a fare i gelatai in Germania [...] o partivano per l'Austria o la Francia I taglialegna conoscevano la sofferenza degli alberi e il dolore che procurava il filo dell'ascia nella loro carne e meno colpi davano minore era il tempo della morte" Mauro Corona


La memoria:

Abbiamo il dovere morale di non dimenticare quelle persone che in questa tragedia hanno perso la loro vita; "Quel 9 ottobre del 1963 più di 2000 persone entrarano nel nulla per ambizione ed interessi altrui". Nell'immagine la fotografia di un ragazzo che invece perse la vita a 30 anni costruendo la diga. Nel rispetto di queste persone che non ci sono più noi dobbiamo pretendere che qualsiasi cantiere, qualsiasi progetto, tenga prima di tutto in considerazione il rispetto sacrale che si deve ad ogni vita ed alla natura. Ogni vita va rispettata.

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