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domenica 26 ottobre 2008

L'Abbazia di Praglia: la farmacia della Repubblica di Venezia


Come non parlare per grandezza, storia e fama, della farmacia dei benedettini di S. Maria di Praglia? Quali emozioni poi nella scoperta che divenne farmacia ufficiale della Repubblica di Venezia, quando ottenne nel corso del XVII dalla Repubblica Veneta il permesso di “poter dispensare medicamenti a titolo di carità alle genti di suo servizio e ai popoli circumvicini”; erano giunti a mettere a disposizione la propria arte farmaceutica anche al di là dei limiti loro imposti.


L'Abbazia di Praglia, che consiglio caldamente di visitare (la visita all'Abbazia è gratuita; dal loro sito internet http://www.praglia.it/ ho attinto le informazioni, qui riassunte) è sorta ai piedi dei colli Euganei tra l'XI e il XII secolo; è direttamente collegata con l'Abbazia di Santa Giustina di Padova dalla quale partì la grande Riforma monastica benedettina che si diffuse su tutta la penisola fino in Sicilia. L'Abbazia di Praglia conobbe una prima sopressione napoleonica nel 1810 e sucessivamente quella della legge 7 luglio 1866, che sopprimeva tutte le corporazioni religiose, in seguito all'unificazione d'Italia. L'attività del monastero riprese nel 1904 e da allora il nuovo cammino di Praglia fu sempre in ascesa. Durante la seconda Guerra Mondiale, tutta la comunità fu impegnata a salvare civili e militari, ebrei e ariani, connazionali e stranieri, religiosi e secolari, senza parlare della pronta accoglienza e della gelosa e vigilante custodia di infiniti e preziosi tesori di storia e di arte, compresi i quattro cavalli di bronzo della basilica di S. Marco a Venezia. A partire dagli anni Sessanta la Comunità ha assicurato una presenza costante presso l'antico Santuario del Monte della Madonna (Teolo), mentre dagli anni Novanta ha dato vita ad una piccola comunità benedettina in Bangladesh, diocesi di Khulna.
È il chiostro d’ingresso dell’Abbazia. Chiamato “botanico” perché era destinato alla coltivazione delle piante officinali per la farmacia del Monastero
Chiostro pensile. Il cortile, che poggia su quattro pilastri, è costituito da piani inclinati per convogliare l’acqua piovana nella grande cisterna sottostante che alimentava il pozzo centrale. Questo chiostro raccoglie attorno a sé i locali più rappresentativi della vita dei monaci: la chiesa abbaziale, il refettorio monumentale, la biblioteca, il capitolo e la clausura.
Il Chiostro Rustico si estende ad ovest del complesso monastico, distaccato rispetto al nucleo centrale e un tempo destinato alle attività agricole (da qui la denominazione “rustico”)

Ogni volta che in Monastero si deve deliberare qualcosa d'importante..tutti i fratelli sono convocati a Consiglio, nella Sala del Capitolo; come ben si vede dalla fotografia sotto il pavimento l’ossario con i resti dei fratelli defunti, garantisce una continuazione ideale con il passato. Le decisioni delle riunioni sono prese nel rispetto della tradizione secolare. Qui si riunivano i monaci professi solenni per la lettura e il commento di un capitolo della Regola, qui inizia ufficialmente l’itinerario monastico con l’ammissione alla prova del noviziato e qui termina con le deposizione nel sepolcreto. Domina tutta la sala la Deposizione di Cristo di Girolamo Tessari, realizzata intorno al 1536.
La basilica abbaziale, dedicata alla Beata Vergine Maria Assunta, è preceduta da un’ampia scalinata e domina dall’alto il paesaggio circostante. Il progetto fu ideato dall’architetto Tullio Lombardo, che in quegli stessi anni (1499-1500) stava lavorando alla cappella dell’Arca del Santo, nella basilica di S. Antonio a Padova.
La torre campanaria doveva essere a cuspide ma, in seguito ad un fulmine che la colpì nel 1795 fu sostituita da un coronamento merlato.

Fin dalla sua fondazione, Praglia è abitata da una comunità di monaci che vivono secondo il progetto di vita stabilito da San Benedetto da Norcia nella sua Regola (sec. VI). Stabilendo uno stretto legame di solidarietà con ogni uomo, il lavoro permette ai monaci di guadagnarsi la vita, di provvedere alla manutenzione ordinaria del monastero e di venire in aiuto a varie situazioni di bisogno e povertà.
Oltre al quotidiano servizio fraterno e all’impegno stabile nei vari ambiti di vita del monastero, i monaci a Praglia si occupano in alcune specifiche attività lavorative: nel Restauro del libro antico, nella Cosmetica “Apis Euganea”, nell’Erboristeria “Pratalea”, nell’apicoltura, nella pubblicazione di opere a carattere monastico e spirituale con la collana “Scritti Monastici”.

L' ospitalità dell'Abbazia è solo di carattere spirituale; vengono accolti tutti coloro che intendono trascorrere presso il nostro monastero alcuni giorni di preghiera e di ritiro spirituale. Ad essi viene data la possibilità di condividere la vita monacale nella partecipazione al ritmo della giornata dei monaci fatto di preghiera, di lavoro, di studio, e di silenzio.

All'ingresso del Refettorio Monumentale o Refettorio Grande si fanno notare i due grandi Lavabo degli inizi del XVI secolo in pietra d’Istria intarsiata con piombo e marmi policromi; La decorazione riprende elementi del regno animale e vegetale, in particolare ad animali acquatiche al delfino che soccorre l’uomo per portarlo in acque tranquille, che allude al Risorto; l'acqua come elemento che purifica il corpo dalla sporcizia e richiama al monaco la continua purificazione di cui necessita l’anima attraverso il digiuno e la penitenza.
Il patrimonio librario ha superato la cifra complessiva di 120.000 volumi.

Ciò che vi consiglio caldamente di comprare durante la visita all'abbazia sono i loro prodotti preparati dalle loro labororiose mani oppure c'è la possibilità di comprarli on-line http://www.praglia.it/Prodotti/prodotti.htm


Nel loro laboratorio attrezzato, preparano creme e prodotti a base esclusivamente naturale, utilizzando erbe officinali e prodotti da alveare, continuando così un'antica tradizione.

I monaci detengono moltissime arnie dalle quali ricavano il miele, ad alto potere nutriente ed emoliente, la cera, che svolge una azione protettiva della pelle, il polline, emoliente e rivitalizzante, la propoli, di cui è nota l'attività antisettica, doni dell'operosità e delle generosità delle api.


Le miscele di erbe sono idonee per la preparazione di infusi o decotti e possono essere utilizzate come coadiuvanti nel trattamento di varie sintomatologie; al banco della "farmacia" si possono chiedere pertanto importanti consigli in merito a qualsiasi sintomatologia.
Nella foto delle arnie dell'Abbazia di Praglia; come tutte le arnie valgono più di tutto l'oro ed il petrolio del mondo; producono il miele, molto nutriente, che praticamente non ha una vera e propria data di scadenza. Le famiglie di api dell'Abbazia sono state interamente sterminate da un virus nel 1990 e da allora la loro ricostituzione è stata una strada in salita.

domenica 29 giugno 2008

Parco Naturale Regionale della Lessinia: il colore verde

Se visiti il Parco Naturale Regionale della Lessinia c'è una cosa che ti porti a casa in modo indelebile...il colore verde!! Quello che dalle mie parti (Mestre - VE), come un po' dapperttutto, stanno cercando di cancellare in modo primitivo;

L'ultimo albero - Rapa Nui 1994
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sarebbe da riflettere sul fatto che i monti lessini sono un parco naturale protetto fin dal 30 gennaio 1990, mentre la laguna di Venezia, un ecosistema unico nel suo genere, ancora non lo è... e siamo il 28 giugno 2008.
All’alba dei tempi, era il contadino il modus vivendi, a cui la gran parte dell’umanità guardava; il pastore, spesso sognava di diventare contadino. L’ odierna civiltà occidentale, alienata dal e nel suo stesso comfort, individua molto spesso nel settore Terziario, un vita facile, comoda e remunerativa, trovando difficoltà a relazionarsi invece con questa figura radicata alla terra. Ne è testimonianza forse, il valore attribuito dagli antiquari e non solo, ai manufatti di contadini analfabeti, e la nascita di musei che raccolgono attrezzi del lavoro manuale nelle campagne, simbolo di un’esistenza difficile. Nel trascurare il settore Primario, si è potuto più comodamente far valere il modello dell’industria consumistica, come forma di riscatto sociale ed economico. Si vuole vedere nella ‘casa rurale’, esclusivamente un passato di fame, freddo e fatica da superare e dimenticare. Tale rifiuto concettuale del mondo contadino, ha reso anacronistico il suo impianto, demolendolo, motivo per cui ogni lembo di terra di un contadino, se venduto, è spesso oggetto in primis di uno screaning da parte di interessi capitalistici, con il mero scopo spesso di costruire, rivendere, e incassato un ‘surplus’ di capitale, spostarsi altrove. Lentamente si perde e si è perso, un know-out, che una società alienata e congestionata, non può cogliere nella sua grandezza: saper aiutare una mucca a partorire, l’innesto negli alberi, saper costruire muri, porte, sgabelli, corde, recinti. Il contadino era ‘perfetto’ perché in grado di fare tutto autonomamente, senza bisogno di delegare o ricorrere a consulenze, delle quali ora la nostra società fa’ largo uso. Il contadino, non conosceva la cultura dell’ ‘usa e getta’, ma testardamente raddrizzava perfino un chiodo affinché si potesse riusare più volte. Ecco un po' di foto sui monti lessini che ho visitato; se volete vederle attraverso uno slideshow ad alta risoluzione, cliccate sulla fotografia sottostante:

Parco Naturale Regionale della Lessinia

Il sito internet ufficiale del Parco Naturale Regionale della Lessinia è http://www.lessiniapark.it/

domenica 11 maggio 2008

Ascesa al buso dei Briganti sul Monte Cinto



"eunt homines admirari alta montium et ingentes fluctus maris et latissimos lapsus fluminum et oceani ambitus et giros siderum, et relinquunt se ipsos" (‘E gli uomini se ne vanno ad ammirare le alte cime delle montagne, i flutti smisurati del mare, i corsi lunghissimi dei fiumi, l’immensità dell’oceano e il moto degli astri, e abbandonano se stessi’). Confessiones di Sant'Agostino

Ci fu un tempo in cui uno, prima d’avventurarvisi per le strade, faceva testamento e poi si segnava tre volte. Quel gruppo di sassi, chiamato Buso dei Briganti, a tre quarti del Monte Cinto sui Colli Euganei, era un covo di ladri e di briganti. Io sono stato lassù, a mio rischio e pericolo. I briganti per fortuna erano impegnati altrove perchè son riuscito a ritornare indietro sano e salvo.
I briganti erano tutti uomini prestanti ed atletici, con alti cappelli conici, sciarpe, uose di cuoio rilegate alle gambe con fettuccie rosse, fucile pugnale e fiaschetta ad armacollo. Il fenomeno del brigantaggio fu di portata nazionale. Per quanto riguarda queste zone fra i briganti e i gendarmi s’iniziò una lotta terribile, che finì con lo sterminio dei primi il 15 marzo 1856: 100 impiccati sulla piazza d’Este! Questa l’ultima retata. Per ulteriori informazioni clicca qui
I Briganti lesti come caprioli, giù per quel canalone si precipitavano al piano, per calare sui malcapitati viandanti; e non solo di notte, ma anche in pieno giorno.
Frequentato fin dagli albori della storia umana e punto di osservazione sulla pianura, da cui si potevano controllare le vie di percorrenza obbligate, questa singolare formazione geologica è stata, nel corso degli anni, torre di guardia, forte, polveriera clandestina e nascondiglio di briganti. Suggestiva è l’apertura nella trachite che sosteneva un pesante portone a chiusura dell’accesso al pianoro esterno della formazione rocciosa, creando quell’alone di leggenda che l’accompagna ancora.


Panoramica del Buso dei Biganti. Si intuisce come i briganti avessero scelto questa sporgenza rocciosa, potendo così controllare la pianura sottostante e scorgere possibili viandanti che la attraversavano. Una volta avvistati si precipitavano giù per fare quello di cui erano capaci.

Panoramica dal Buso dei Briganti, uno dei più bei punti d'osservazione della pianura Veneta.
Monte Lozzo dal buso dei briganti.

Monte Lozzo visto dal "Buso dei Briganti"
Particolare dei campi adiacenti Lozzo Atesino, visti dal buso dei briganti.
Al buso dei briganti sono rimasti esclusivamente ramarri e lucertole, che lo popolano felicemente.
Gli speroni rocciosi di trachite del buso dei briganti.
Lo sperone roccioso del buso dei briganti visto dal basso.


Una cava dismessa di riolite colonnare sul Monte Cinto.
Sciretti Alberto alla cava di Riolite sul Monte Cinto.


Sommità del Monte Cinto dove si trovava un castello medioevale. I resti che si possono ancora vedere sono ben pochi, ma il luogo è affascinante con un verde lussureggiante.

Sulla sommità del monte Cinto, un po' nascosta si trova una grotta che ho visitato (con un po' di coraggio), priva di pippistrelli.
Interno della grotta, che probabilmente faceva parte del Castello medioevale.

Strategicamente importante per il ruolo di controllo sulla pianura circostante e sul settore sud occidentale dei Colli Euganei, il Monte Cinto era già frequentato dall’uomo in epoca preistorica (come testimoniano i reperti dell’Età del Bronzo rinvenuti). Nel Medioevo fu sede di un castello di cui si hanno notizie a partire dall’anno Mille. Il nucleo fortificato, raso al suolo una prima volta nel 1242, fu ricostruito e definitivamente abbandonato nel XV sec. Dopo la conquista della zona da parte della Repubblica di Venezia. Le rovine, che ancora oggi testimoniano un’antica potenza, occupano tutta la cima del colle; alcuni tratti sono ancora visibili.

Potatura legnosa della vite sul Monte Cinto. La potatura dipende da tanti fattori (livello di fertilità del terreno, disponibilità di acqua,intensità di radiazione solare, distanze di impianto, tipo di produzione)

Particolare. La vite a Maggio. Lungo il sentiero del Monte Cinto è pieno di filari di vite.
IL SENTIERO DEL MONTE CINTO per arrivare alla Busa dei Briganti

Partenza: Cento metri dal piazzale del Museo Geopaleontologico di Cava Bomba. Nel caso che il museo sia chiuso il sentiero può essere imboccato da via Chiesa dietro la parrocchiale di Cinto parcheggiando nello spazio di fianco al ristorante “Cinzia”.

L'impianto di Cava Bomba era una fornace per la produzione di calce viva, rifornita dal pregiato calcare della cava sul monte Cinto a ridosso del grande tino di cottura. Il complesso rappresenta una bella ed affascinante realtà di archeologia industriale ed uno dei più imponenti esempi di fornace dei Colli Euganei, in attività fino agli anni '70, documento di un passato recente e delle sue implicazioni socio-economiche. Attualmente vi si trova il Museo Geo-paleontologico.

La sommità del forno è sul piano di cava, al quale è collegata con un pontile dove scorrevano i carrelli che trasportavano la roccia calcarea e, in alternanza, carbone coke per alimentare il forno.
Sciretti Alberto su un carrello a Cava Bomba.
Modelli di dinosauro in scala naturale a Cava Bomba
Sciretti Alberto sul sentiero del Monte Cinto

Lunghezza del percorso: 5,3 Km comprese deviazioni Dislivello complessivo: 267 metri
Grado di difficoltà: medio.
Stagione più favorevole: primavera
Tempo medio di percorrenza: 3 - 4 ore

Apicoltura sui colli Euganei.

I principali tipi di miele prodotti nella zona dei Colli Euganei, zona particolarmente vocata per le particolarità botaniche, sono quello di Acacia, il Millefiori, il Castagno e il miele di Melata. Circa il 99% del miele prodotto sui Colli Euganei viene venduto in barattolo, e solo una piccolissima parte è destinato a impieghi diversi, soprattutto come ingrediente di medicinali (sciroppi, creme) e per la produzione di liquori.
Quando le api scompariranno dalla faccia della terra, all'umanità resteranno solo quattro anni di vita: niente più api, niente più impollinazione, niente più piante, niente più animali e niente più uomini. La frase, dalla paternità incerta, viene attribuita ad Einstein. E' da parecchio tempo in circolazione ed ha previsto con decenni d'anticipo la moria che sta azzerando la popolazione delle api, anche nel territorio euganeo. A lanciare l'allarme sono gli apicoltori e i produttori di miele, visto che gli insetti in questione stanno morendo con un ritmo impressionante e si parla di 7 arnie su 10 svuotate dalla strage silenziosa. La colpa viene data, anche se sull'argomento si sta discutendo molto a livello mondiale, ad alcuni pesticidi di nuova generazione, che colpiscono indistintamente gli insetti nocivi e pure le api.


Sciretti Alberto sul Monte Cinto. Dove sono finite le api?

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