sabato 21 aprile 2012

Lasciate l'Italia: ora come ora non c’è spazio per l’onesta e la schiettezza.

Davide Papalini
Una laurea in Discipline Economiche e Sociali alla Bocconi chiusa in un cassetto. Così come i sogni e le speranze di “trovare un lavoro”. Davide Papalini, 28 anni, dopo una serie di stage, tutti in banca, ha deciso di non guardarsi più indietro. A febbraio ha comprato un biglietto di solo andata, direzione: Sydney, Australia.
La sua storia è una storia come tante altre. Perché sono in tanti ad aver deciso di lasciare l’Italia per cercare “fortuna” all’estero. Secondo una ricerca nel 2010 sono partiti 65mila giovani, una città del calibro di Viareggio. Eppure Davide è una persona che ha studiato. Il suo è un curriculum ricco di esperienze. Prima di andare in Bocconi ha lavorato in una banca, come cassiere. “Un contratto a tempo indeterminato, ma mi sentivo sprecato”. Quindi mette i soldi da parte per entrare nell’ateneo meneghino. Con una precisazione: “Non vengo da una famiglia di industriali. Mia madre è nata in Sardegna, si è sposata con mio padre (toscano) che è andato a fare la guardia forestale ad Alghero. Lui è morto nel 1992 di tumore (io avevo 8 anni) e mia madre ha sempre fatto la casalinga”.
Così la grande scommessa. Frequenta l’università, fonda un’associazione di studenti. E si laurea con un buon voto, 96, ad aprile 2011. E comincia subito a lavorare, uno stage. Poi un altro e un altro ancora. “Fino a quando sono arrivato in un posto dove non mi insegnavano nulla. E non aveva senso continuare così”. Durante le vacanze ha organizzato la partenza. ”Ho messo da parte le mance delle feste, comprato il visto (costa 200 dollari) e preso il volo super scontato con Singapore Airlines da Milano (560 euro solo andata)”.
Il 14 febbraio è partito. “Il primo periodo è stato veramente difficile e duro. La cosa più urgente per me era trovare lavoro, perché avevo i soldi contati e tornare indietro con la coda tra le gambe facendomi pagare il biglietto dai miei genitori sarebbe stato troppo imbarazzante, dopo avevo detto a tutti tra amici e parenti che sarei partito. Per cui mi sono messo sotto e da un mese e mezzo circa lavoro per due ristoranti come cameriere, a nord di Sydney. La più grande soddisfazione è che qui non devo chiedere nulla a mia madre. Ho 28 anni e mi sento indipendente, finalmente, guadagno anche 700 dollari a settimana (lavorando massimo 40 ore, e non come in ufficio a Milano che l’uscita non arriva mai…), posso comprarmi dei vestiti nuovi, togliermi qualche sfizio, che so”.
Il futuro però è incerto. “Non so che farò. Per ora, per sopravvivere, mi sono trasferito qui e mi sono improvvisato cameriere. Penso che il capo (di qui) abbia capito che sono uno sveglio che lavora sodo, forse vuole farmi lo sponsor (serve per rimanere più di un anno), ma non è la mia strada. Mi sembra di buttare tutte le conoscenze che ho acquisito e gli anni di sacrifici. Ma ora come ora non c’è spazio per l’onesta e la schiettezza in Italia. Mi sembra di essere l’esempio, anche se non penso di essere un genio (né tantomeno un cervello in fuga) di come l’Italia formi i suoi giovani e poi faccia tutto il possibile per farli scappare. Non voglio lamentarmi, ho fatto il possibile, ma con quei soldi non era vita e non c’era futuro”. (fonte: Corriere della Sera http://solferino28.corriere.it/2012/04/21/io-bocconiano-che-per-sopravvivere-sono-scappato-in-australia-e-ora-faccio-il-cameriere/)

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