venerdì 30 settembre 2011

Il Diritto Amministrativo? è diventato per lo più inutile, farraginoso e ridondante come l'apparato statale italiano.

Questa estate ho studiato Diritto Amministrativo. Mentre lo Stato Italiano affondava, soffocato dal suo debito e da un apparato asfissiante, e veniva commissariato dalla Bce, sono sceso nei meandri infernali di una disciplina che si è ingrassata tanto quanto le maglie della pubblica amministrazione andavano allargandosi negli ultimi decenni. In fuga dalla semplicità, il diritto amministrativo ben guidato da esperti burocrati e dalla dottrina (che usando una specie di leva dottrinale ne ha moltiplicato l'incomprensibilità) è stato condotto verso il mondo dell'astratto, dove potevano agire indisturbati gli strumenti finanziari più fantasiosi. Regioni, Province e Comuni hanno incominciato ad indebitarsi ed a fallire sotto i colpi bassi dei derivati, delle cartolarizzazioni, del project financing e mettici pure tutto ciò che sfugge a chi non è ancora disturbato. Da sempre sostengo che ciò che diventa incomprensibile all'intelligenza di un cittadino medio è di per sé inutile. Se perfino il sistema delle regole sfugge alla comprensione del cittadino, provate ad immaginare a quali costi per renderlo comprensibile (intermediari) ed al rischio che si crei una casta di burocrati autoreferenziale. Il diritto amministrativo è diventato talmente astruso che perfino i luminari che trattano quotidianamente la materia hanno dimenticato che non è importante la quantità ma la qualità. Ho dovuto studiare tale disciplina su  Elio CasettaCompendio di Diritto Amministrativo, Giuffré, Milano, 2010 (ISBN 88-14-15975-0), testo d'esame adottato dai Proff.ri Gherardo Bergonzini e Alessandro Calegari in servizio presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Padova. Di libri nella mia vita ne ho letti tanti ma un libro così tremendamente fumoso, arrangiato alla meno peggio, con almeno 65 errori di battitura che ho segnalato all'Editore è il segno che si è raggiunto il limite. Gli errori di battitura dimostrano la superficialità di un prodotto arrangiato alla meno peggio ("Decima edizione riveduta e aggiornata"?) e che perfino il redattore della casa editrice si è sottratto al supplizio della lettura. Immaginate di dover studiare 560 pagine dove la materia ostica viene presentata in modo macchinoso e pieno di errori di battitura. Ti girano le scatole e ti prometti di vendicarti condividendo tale orrore. Il Diritto Amministrativo viene spalmato infatti in 560 pagine (un "Compendio"?) dove i vari istituti vengono presentati in modo contorto in una sorta di elenco della spesa incolore. Chi ha curato il compendio non si è preso la cura di sottolineare l'importanza di un istituto rispetto ad un altro, di operare una selezione funzionale alla comprensione dello studente. Se ognuno di noi si mette a scrivere un concetto senza impegnarsi affinché sia facilmente comprensibile dal proprio prossimo   interrompiamo il ciclo della comunicazione.  Ho speso 42 euro per un libro pensando che fosse stato confezionato a regola d'arte e mi sono ritrovato in libreria un compendio inutile, vomitato in 560 pagine. Un sermone che non trasmette nulla e che non lascia nulla. Chi ha scritto questo libro si è impegnato ad utilizzare un linguaggio vetusto (ad es. stituire pag.144, pervasività pag. 7, delibare pag. 451, etc.) senza mai sforzarsi di adottare quegli accorgimenti essenziali affinché il lettore annettesse gli istituti principali. 

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