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mercoledì 9 marzo 2011

Kevin Richardson ed i suoi 39 leoni hanno in comune l'ISTINTO

Kevin Richardson alle prese con un bagno inusuale.
Kevin Richardson, classe 1974, è uno zoologo, conosciuto per aver svolto approfondite ricerche e documentari su animali nativi dell'Africa; è possibile scorgerlo attorniato da branchi di leoni, ghepardi, leopardi e iene nella sua riserva a nord di Johannesburg in Sudafrica. Mi appunto questo nome, vale la pena andarlo a trovare. Dopo 12 anni di convivenza con i leoni è considerato il massimo esperto sul campo. Conosciuto pertanto in tutto il mondo con l'appellativo di "Lion Whisperer", Kevin è anche un autore e produttore di film.


Kevin Richardson in particolar modo ha allevato con amore i leoni bianchi, proteggendo la loro specie a rischio d'estinzione. Attualmente, Richardson ha un appezzamento presso Broederstroom, città a 50 km da Johannesburg,  chiamato il Regno del Leone Bianco; questo parco di 800 ettari (2.000 ettari), costruito inizialmente per il set del film "White Lion", ospita 39 leoni.


Richardson ha lavorato con grandi felini scendendo nei meandri del loro territorio, sempre basandosi sull' istinto, invece che su regole statiche, un po' come piace a me. Dorme talvolta con i leoni, dimostrando che questi hanno una personalità, dei sentimenti e "possono" essere creature sociali.


In questo post, si può ammirare come spettatori il risultato finale di anni ed anni di esperienza e di sacrifici di una persona che ha dedicato la sua vita a questi animali. Non racconterò le innumerevoli volte in cui, crescendo a fianco di questi leoni, Kevin Richardson è stato graffiato da zampate "giocose" di questi leoni; è nella natura dei leoni graffiarsi l'un l'altro e loro trattano a volte Kevin come un loro pari. La natura dei leoni, come ben sapete, è un'altra e nel loro istinto primordiale e naturale vedrebbero solitamente in un uomo, che imprudentemente e maldestramente si avvicina, un lauto spuntino.

mercoledì 14 maggio 2008

Grido di Pietra tutto italiano a Cerro Torre

Suggestiva immagine di un arrampicatore

Il Cerro Torre è una delle più spettacolari cime del Campo de Hielo Sur, è situato in una regione contesa fra Argentina e Cile, a ovest del Fitz Roy (o Cerro Chalten). La vetta del Cerro Torre è considerata fra le più inaccessibili del mondo perché, qualunque via si scelga, bisogna affrontare almeno 800 metri di parete granitica, per arrivare ad una cima perennemente ricoperta da un "fungo" di ghiaccio. Inoltre le condizione climatiche e meteorologiche della regione sono particolarmente sfavorevoli.
Video montato da Sciretti Alberto, con immagini tratte dal Film "Grido di Pietra" del 1991.
La data della prima ascensione del Cerro Torre è oggetto di discussioni e polemiche. Nel 1959 l'alpinista trentino Cesare Maestri e il ghiacciatore austriaco Toni Egger tentano la scalata con il supporto di Cesarino Fava. Dopo una settimana Maestri fu ritrovato in stato confusionale e raccontò a Cesarino Fava di aver raggiunto la vetta il 31 gennaio insiema ad Egger, che era poi caduto morendo durante la discesa portando con sé la macchina fotografica e quindi le prove del successo.

Cesare Maestri in una foto del 1954 (Archivio Corriere della Sera)
Toni Egger, che perse la vita dopo aver raggiunto la vetta del Torre Cerro assieme a Cesare Maestri.
Così racconterà quegli attimi Cesare Maestri: "Per scendere adottiamo il sistema che si usa nei salvataggi: uno si lega attorno alla corda doppia e l'altro lo cala di peso a carrucola su due moschettoni frenanti. Dobbiamo fare così altrimenti le corde verrebbero portate via dalla forza del vento. Arriviamo così verso le 19 del 2 febbraio a circa 150 metri dalle corde fisse. Decidiamo di passare la notte sulla cima di un piccolo nevaio pensile. Pianto tre chiodi e cominciamo a fare il buco per passare la notte. Ma a Toni questo posto non sembra tanto sicuro, vuole vedere a destra più in basso se c'è una sistemazione migliore fuori dal tiro delle valanghe. Mentre lo calo ed egli è arrivato a una quindicina di metri da me, un rumore assordante mi fa alzare il capo: una enorme massa di neve e ghiaccio si tacca dalla cima. Urlo: «Attento, Toni» e mi appiattisco contro la parete. Un colpo sordo e la corda si tende, Toni è investito e coperto dalla valanga. Un pezzo di ghiaccio mi colpisce duramente alla testa. La tensione della corda diventa insopportabile, poi si rilascia. La valanga continua a cadere con sempre minore forza finché solo pochi pezzi di ghiaccio passano fischiando. Il piccolo nevaio è stato letteralmente spazzato. Chiamo Toni. Nessuno risponde. Non rimane nessuna speranza. La valanga ha portato con sè tutto l'occorrente per bivaccare. Mi rannicchio nel mio buco di neve e aspetto che passi questa notte tremenda. Sapevo fin dall'inizio che sarebbe dovuta finire così e che domani sarebbe stata la volta mia. All'alba del 3 febbraio esco dal mio buco come un condannato a morte. Comincio a scendere a corda doppia con lo spezzone che mi rimane, dalla cima continuano a cadere valanghe. Dopo varie ore, arrivo finalmente alle corde fisse. La parete è un inferno. A pochi metri dal cono di deiezione mi scivolano i piedi e non riesco più a tenermi con le mani; volo così per circa una diecina di metri, la neve caduta durante la notte mi accoglie materna ed attutisce il colpo. Lo spirito di conservazione mi porta attraverso il tormentato ghiacciaio a circa 300 metri dal campo tre dove mi trova Cesarino per caso, molte ore dopo, in uno stato di semi-incoscienza, mentre balbettavo: «Toni è caduto».Su questa montagna dopo circa duecento ore Toni ha perso la vita, ha pagato a caro prezzo il suo sogno, ma ora dorme tranquillo. Non lo disturberà mai più il freddo o l'urlo del vento. Dorme avvinto nei colori delle bandiere chehanno sventolato sulla cima. Il celeste del cielo, il bianco della neve, il verde dei boschi e il rosso del calore. Lui ora dorme, ha lasciato a noi il doloroso racconto e un vuoto incolmabile nell'alpinismo mondiale e nei nostri cuori.
La vicenda dà vita a numerose polemiche, altri tentativi falliscono, e Maestri torna a sfidare il Torre nel 1970. Questa volta la cordata, composta oltre che da Maestri da Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessarri, Carlo Claus e Pietro Vidi, affronta la parete Sud-Est portando con sé un martello compressore. Scendendo Maestri, in un gesto di sfida, spacca i chiodi piantati e lascia appeso il compressore all'ultimo, cento metri sotto la cima. La Via del Compressore (o Via Maestri) sarà ripercorsa nel 1979 dall'americano Jim Bridwell che scopre che i chiodi lasciati dai suoi predecessori s'interrompono a 30 metri dalla cima. Ancora una volta l'ascensione di Maestri viene messa in dubbio. Nel 2005 Ermanno Salvaterra, uno dei maggiori conoscitori del Torre e il primo a scalarlo d' inverno (nel luglio 1985), fino ad allora sostenitore di Maestri decide di ripercorrere la via del '59 e riesce a raggiungere la cima. Non trova tracce di un precedente passaggio e scopre che la via segue un tragitto diverso da quello che per anni aveva descritto Maestri. La prima ascensione indiscussa del Cerro Torre è quella compiuta ad opera di un gruppo di alpinisti lecchesi (Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri) nel 1974. Il tentativo di scalare il Cerro Torre da parte di due famosi alpinisti è il soggetto del film Grido di pietra (Cerro Torre: Schrei aus Stein), girato nel 1991 dal celebre regista tedesco Werner Herzog e interpretato da Vittorio Mezzogiorno, Mathilda May e Brad Dourif.
L'ultimo attacco italiano a Cerro Torre, da molti ritenuta la più difficile parete del mondo, è avvenuto con successo il 13 novembre 2004, grazie a Giacomo Rossetti (31 anni), Alessandro Beltrami (23 anni)ed Ermanno Salvaterra (50 anni). Per il racconto dell'impresa vedi lo speciale del Corriere della Sera
Le nostre porta-ledge (tendine da parete) nel posto di bivacco chiamato Dalai Lama. Questo nome lo detti a questo posto già 3 anni fa nel corso del mio primo tentativo alla Est del Torre per l’incredibilità del posto dovuto alle incredibili dimensioni ed impressionanti forme di questa grande lama in sospeso sulla parte ed avendo conosciuto poco prima quella Grande persona del Dalai Lama mi venne in mente lui raggiungendo questo posto. (foto e testi di Ermanno Salvaterra)
Alessandro Beltrami nella tormenta lavora sistemando la ledge (foto e testi di Ermanno Salvaterra)
Incredibile video di Ermanno Salvaterra, protagonista della prima salita alla parete est sul Cerro Torre nel 2004
I shot this for my wife, who was 5 months pregnant with my son at the time, on the summit of Cerro Torre after completing the first ascent of the complete SE Ridge with my Slovenian friend and climbing partner Marko Prezelj and another climber. The rock mountain visible as I do a circle is Fitz Roy, the highest mountain in the area. I am a professional speaker and have a website: www.stephenkoch.com

Ermanno Salvaterra sulla Ferrata Castiglioni. Già in tenera eta', si trova a trascorrere l'estate in montagna a 2500 metri di quota. All'eta' di 11 anni farà in cordata la prima vera scalata alle Torri d'Agola.
Sciretti Alberto, da bambino in montagna.

Sciretti Alberto in montagna, in una immagine del Gennaio 2006.

lunedì 18 febbraio 2008

Oscar Pistorius: il figlio del Vento, senza gambe. L' handicap diventa un vantaggio.

«Quando la gente mi chiede: cosa provi ad avere le gambe artificiali?, io rispondo: non lo so, tu cosa provi ad avere due gambe reali
A rappresentare Oscar Pistorius, ho scelto una immagine tratta da una nota pubblicità per la quale si è prestato (ho elaborato l'immagine per togliervi il marchio pubblicitario ed inserirvi delle scritte); tale immagine infatti, pur trascurando gli aspetti umani connaturati a simili storie, evoca molto bene il sentimento alieno che si sprigiona, fatto di determinazione e grinta miste a tecnica e robotica.
Questa è la storia felice, di Oscar Pistorius, nato a Pretoria (SudAfrica) il 22 novembre 1986. Pistorius è un amputato bilaterale detentore del record del mondo sui 100, 200 e 400 m piani. Corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio.

Protesi in fibra di carbonio.
Viene soprannominato the fastest thing on no legs, la cosa più veloce senza le gambe, o blade runner perchè le due barre di carbonio nero al posto delle gambe e dei piedi lo fanno sembrare uno che corre su delle lame.

Ad un anno (11 mesi per l'esattezza) gli vennero amputate entrambe le gambe dalle ginocchia in giù: era nato senza la tibia, colpa di una malformazione. Hende e Sheila Pistorius, i genitori, acconsentirono all'amputazione dopo che gli esperti in campo medico, non avevano prospettato altre alternative. Il piccolo Oscar, che ha un fratello maggiore, Carl, e una sorellina, Aimee, non si perse d'animo, andò a scuola, frequentò l'high school, ed iniziò ad amare lo sport fino ad approdare all'atletica leggera. Lo Sport, già quello sport, che in questa società caotica ed alienante stiamo trascurando, relegandolo ad puro contorno della nostra vita. Lo sport che in questi anni ha forse più di tutti gli altri pagato questa crisi, è proprio l'Atletica leggera. Chi tra i nostri ragazzi preferisce accendere la televisione piuttosto che infilarsi una paio di scarpe da ginnastica e andare a correre? Purtroppo stiamo costruendo delle città, che fanno sembrare alieno chi va a farsi una corsa. La storia di Oscar ha mille sfaccettature emozionanti: una per tutte, suo fratello Carl da piccolo, aveva paura di lanciarsi in discesa con un’auto a pedali; bene Oscar andava con lui e metteva la protesi fra asfalto e ruota come freno. A Carl disse che ogni cosa è possibile, basta volerlo, a costo di frenare in quel modo.

Se un giorno, su un campo d'atletica in qualche parte del mondo doveste imbattervi in un paio di gambe finte, allora guardatevi attorno, perchè Oscar Pistorius, o un suo qualche successore, è nei paraggi. Cercate questa persona, perchè ha sicuramente qualcosa da dirvi su quella che è la determinazione e la grinta per riuscire a trasformare un handicap in un qualche cosa di normale e perchè no, in un vantaggio. Sarebbe bello un mondo dove le persone normali invidiano quelle apparentemente svantaggiate per un qualche deficit?


Intanto Oscar corre. Arriva agli allenamenti in macchina, scende camminando su gambe finte ma "normali" (intese come le protesi normali rosa e rotonde), tira fuori dal portabagagli le sue lame di carbonio, si cambia gli arti, prima l'uno e poi l'altro e comincia a correre.

Oscar è molto legato al padre che lo segue constantemente. Non considera il suo deficit il male peggiore. Ha perso la madre quando aveva 15 anni, per una reazione allergica ai farmaci.

Primi piani di Oscar Pistorius, una vita ad abbattere barriere.
Il suo primo appuntamento ufficiale di rilievo furono le Paralimpiadi di Atene del 2004. A diciassette anni vinse il bronzo sui 100 metri e l'oro sui 200, battendo anche atleti amputati singoli più quotati di lui, come gli statunitensi Marlon Shirley e Brian Frasure.

Fin dal 2005 ha espresso il desiderio di poter correre coi normodotati alle Olimpiadi di Pechino 2008. La IAAF il 13 gennaio 2008 ha respinto questa richiesta. Un parziale successo Pistorius però lo ottenne nel giugno del 2007, quando gli organizzatori del Golden Gala di Roma lo hanno ammesso a competere coi normodotati sui 400 metri.

Il 13 luglio 2007, Pistorius quindi gareggia nello Stadio Olimpico di Roma per il gruppo B del Golden Gala, assieme ad alteti normodotati, ottenendo la seconda posizione.

Pistorius detiene il record del mondo per amputati su tutte e tre le distanze su cui corre: 10.91 sui 100, 21.58 sui 200 e 46.56 sui 400.

Ha fatto molto discutere, diventando un vero e proprio caso sportivo, la sua esclusione dalle Olimpiadi di Pechino. Lo ha stabilito la Federazione internazionale di atletica leggera (Iaaf) sulla base delle conclusioni di uno studio affidato a una commissione medica indipendente, secondo la quale le sue protesi alle gambe in fibra di carbonio offrono «chiari vantaggi meccanici». Le sue prestazioni sono state comparate a quelle di cinque atleti normodotati: a parità di velocità, è stato calcolato che il sudafricano consuma il 25 per cento di energia in meno. Questo perché una volta raggiunta una data velocità, correre con le protesi necessita di meno energia rispetto a correre con arti naturali. Dunque l'uso di dette protesi deve essere considerato un aiuto tecnico che va contro alla regola 144.2 della Iaaf, che vieta espressamente "l'impiego di ogni elemento tecnico... che garantisca un vantaggio sugli atleti che non utilizzano lo stesso strumento".
Io penso che per quanto se ne dica in termini strettamente sportivi, Oscar sia un esempio per tutti a cui guardare, da cui le persone normali, che spesso nel loro quotidiano si spavantano per nulla, possono attingere grinta e determinazione. Per quanto concerne l'accusa di artificiosità del suo gesto sportivo, mi permetto di osservare che anche un ginocchio ricostruito chirurgicamente di un calciatore con l'innesto di viti e protesi provvisorie, piuttosto che l'abuso di sostanze come la creatina, rendono spesso tanti sportivi, dei uomini bionici. Insomma i confini non sono poi così netti. Parliamone.
Il presidente del Comitato Paralimpico italiano, Pancalli, ha così commentato la vicenda: ""Mi si passi l'ironia, non avrei mai immaginato nella vita di svegliarmi un giorno ed apprendere che un ragazzo senza gambe è avvantaggiato".
Per approfondire i motivi dell'esclusione guarda l'articolo della Gazzetta dello Sport piuttosto che l'articolo del Corriere della Sera
Oscar Pistorius, 400 m second time in Roma Golden League

A quali altre sfide starà pensando Oscar Pistorius?

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