Visualizzazione post con etichetta volontariato. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta volontariato. Mostra tutti i post

lunedì 14 novembre 2011

Correndo sulla storia della roman road a Cambridge ho incontrato chi protegge le farfalle.

La strada romana che da Cambridge (Wandlebury Country Park) si dirige verso Horseheath.
Qui a Cambridge insolitamente il tempo è molto mite, quindi ieri pomeriggio ne ho approfittato per andare a studiare inglese sotto al sole al Magog Down, una grande parco dove gli inglesi amano liberare i loro cani, a dir poco festanti dal poter disporre di così tanti acri d'erba. Ad un tiro di schioppo il bellissimo Wandlebury Country Park dove invece solitamente vado a correre. La scoperta più entusiasmante però è stata quando ho scoperto un link con la storia romana; esiste un gate (vedi foto sotto) tra il parco ed una antica strada romana di 2000 anni or sono! Inutile dire che lo storico che vi scrive oggi era di gran carriera a correre lungo questa strada.


Gate tra il Wandlebury Country Park e la strada romana.

Il destino ha voluto che dopo aver percorso correndo un buon tratto della roman road sia stato avvicinato da una signora gentilissima che in seguito si è rivelata proprio la referente dell'associazione Friends of the Roman Road and Fleam Dyke; la signora, che chiamerò la protettrice delle farfalle, smentendo qualsiasi luogo comune che vede gli inglesi riservati ed introversi, non solo si è prodigata nel darmi del materiale informativo sui luoghi che stavo scoprendo ma si è anche offerta di accompagnarmi fino a casa in macchina visto che stava diventando buio. Camminando per chilometri lungo la roman road si può realizzare l'ottimo stato di conservazione della campagna inglese. Qua e là qualche accogliente fattoria, ma nessuna costruzione o colata di cemento fuori luogo. La vista può rilassarsi in un territorio scarsamente antropizzato. Qui di seguito altre foto che ho scattato.

Una signora ed il suo cane sulla roman road.
Ciò che mi ha veramente colpito dell'Inghilterra è l'intensa attività dei volontari; in questo caso gli amici della strada romana si adoperano per conservare e valorizzare la flora e la fauna, rimuovendo le piante infestanti, ripristinando le distese di fiori che avevano reso famosa quest'area, prodigandosi al mantenimento dei vecchi faggi e delle siepi ed istallando bacheche informative come quella che riporto nella fotografia sotto. I volontari (The Friends) catalogano inoltre le farfalle e non c'è mattina fredda che tenga, visto che l'entusiasmo come sempre è ciò che scalda il cuore. Ho sempre gioito nel vedere una bellissima farfalla, non mi era mai venuto in mente che anche loro avessero bisogno di essere protette.

Tavole informative sulla roman road installate grazie al Friends of the Roman Road and Fleam Dyke

Sulla roman road si incontrano nature lovers, corridori e ciclisti.

Gli alberi che si protendono sulla roman road sono popolati da tantissimi scoiattoli che con i loro rumori accompagneranno la vostra passeggiata.
Dai campi che affiancano la roman road si alza il canto strozzato di decine e decine di fagiani rumorosi. Nella foto eccone uno colto nell'atto lentissimo e goffo di fuggire.

giovedì 6 ottobre 2011

Che schifo questa società assassina. In ricordo di Barbara Zappon.

Barbara Zappon
Lo voglio dire forte e chiaro. Considero l'attuale società ipocrita colpevole di innumerevoli omicidi. L'elenco sarebbe infinito. Un esempio per tutti quelle donne operaie morte in questi giorni per il crollo di una palazzina. Non esistevano per l'Inps, essendo senza contratto, in nero per 3,95 euro l'ora per 14 ore al giorno, non esistono più neanche ora. Ricordatevi questa cifra 3,95 euro non 4 euro. Smettiamola di assolverci sotto il finto ombrello democratico che ci siamo dati. Voglio parlare di un'altra donna anche lei un tempo lavoratrice del tessile, Barbara Zappon, una clochard di via Belzoni a Padova molto conosciuta perché chiedeva l'elemosina agli automobilisti tra via Belzoni e via Falloppio o girava per le piazze spingendo un carrello della spesa. Neanche lei ora non esiste più. Il gruppo nato su Facebook non può riportarla in vita. Ci commuoviamo quando queste persone non ci sono più ma non abbiamo creato una organizzazione autorevole in grado di intervenire lì dove regna la sofferenza. Questa vita per qualcuno si può trasformare in un inferno e non abbiamo costruito uno Stato che riesca ad intervenire per sanare situazioni come queste. C'è di più. Questo nostro Stato schifoso, l'aveva recentemente arrestata per aver improvvisato un giaciglio in una cabina (fonte corriere.it). Sullo sfondo, Barbara nella disperazione era caduta prigioniera della droga. Le strade quindi sono piene di invisibili che non vediamo. La triste vita di Barbara sulla strada è stata spezzata da Michele Casotto 27 anni, che guidava la Peugeot 207 che l'ha investita; questo mezzuomo è dapprima fuggito, lasciando Barbara agonizzante annegare in un canale dove era stata sbalzata, poi si è costituito. Rappresenta il disprezzo ipocrita di questa società assassina. Ovviamente questo mezzuomo aveva un tasso alcolemico doppio rispetto a quanto stabilito dalla legge. Poco prima di essere travolta, Barbara aveva telefonato alla madre esprimendo il desiderio di tornare a casa. In questo post viene ricordata con affetto. La sua morte ha scosso Padova. Aggiungo: la sofferenza ed il dolore che deve aver provato Barbara nella sua triste esistenza sono un grido di dolore che deve scuoterci e portarci ad una rivoluzione. Io non dimentico quello che ho scritto. Tu non dimenticare quello che hai appena letto. 

lunedì 3 ottobre 2011

Se solo la scuola ci mandasse in gita in Africa..

"Mamma, vado in gita con la scuola" "Parigi, Londra, Praga; Dove?" "Mamma vado in Africa." Le nuove generazioni, anestetizzate e rovinate dai modelli consumistici proposti dalla televisione, sono cresciute nell'assenza totale di quella verità nuda e cruda rappresentata dall'Africa. Se la scuola avesse mandato i propri studenti in Africa a sentire i morsi della fame, forse molti di noi sarebbero cresciuti più veri e solidali con il proprio prossimo. Bisogna anche dire che Walter Veltroni nel 2004 fu l'unico a mettere in pratica questo metodo educativo; con gli studenti delle scuole romane diede il via ad una serie di viaggi in paesi dell'Africa volti a sensibilizzare gli studenti sul tema della povertà nel Terzo Mondo e per donare, con i soldi raccolti dagli studenti, nuove strutture, specialmente scuole, ai paesi visitati. Il primo viaggio, svoltosi nel 2004, ha avuto come meta il Mozambico, il secondo, del 2005, si è svolto in Rwanda, il terzo, del 2007, è stato in Malawi. Dall'altro, devo dire che Walter Veltroni promise anche di rinunciare alla politica per andare in Africa ad aiutare i bisognosi e vai a capire perché questa "passione" per la politica italiana lo costringe a vegetare ancora in Italia.

Un agnellino appena nato. Mio fratello ha scattato questa foto, che voglio condividere su google in un formato ad alta risoluzione con il seguente monito: tanti di voi hanno un palato esigente che cerca e vuole a tavola carne sempre più tenera;  l'agnello da latte, cioè con poco più di un mese di vita, viene da molti preferito per la carne tenera (chiamato abbacchio); inoltre è tradizione diffusa quella di mangiare carne d'agnello nel giorno di Pasqua. Io sono fortunatamente arrivato a 32 anni senza mai mangiare queste povere creature e chiuderò la mia vita non sentendomi un pervertito della tavola. Proprio perché ci sono persone in Africa che muoiono di fame, credo che spezzare la vita di un animale appena nato e non ancora adulto solo per appagare il palato di qualche pervertito è un gesto barbarico di una società che cerca gratificazioni superflue.  

venerdì 15 aprile 2011

Nato da una famiglia di partigiani ha combattuto il nazifascismo di oggi: VITTORIO ARRIGONI ed il suo motto "Restiamo Umani"

Vittorio Arrigoni (4 febbraio 1975 – Gaza, 15 aprile 2011). Il suo motto è "Restiamo Umani".
Sono triste. Non avevo mai visitato il blog di Vittorio Arrigoni, non ne conoscevo l'esistenza. Non sapevo che fosse a Gaza dopo il barbaro assassinio da parte degli israeliani di due attivisti di International Solidarity Movement (ISM) Tom Hurndall e Rachel Corrie. Anche Vittorio Arrigoni era membro della medesima associazione. Appena entrato nel suo blog vi leggo "Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito." Poche parole per rendermi conto che avevi già raggiunto tutte quelle verità che una società anestetizzata non è più in grado di capire. Ci lasci in eredità il tuo pensiero, Vittorio. La cosa più importante che potevi lasciarci.


Chi era e cosa ci lascia Vittorio Arrigoni.

sabato 17 novembre 2007

Kuki Gallmann, una veneta africana, cittadina del mondo.

Tratto da un articolo a cura di sandro murtas Pubblicato il 28/08/2004

"Trasferitasi dall'Italia In Kenya negli anni '70, seguendo l'amore per Paolo Gallmann, suo secondo marito, ma anche il suo istinto e..... forse già da allora, il suo destino. Portò con sè anche Emanuele, suo figlio, e un pò di nostalgia per la campagna veneta, dove aveva passato la sua infanzia. Penso che lei abbia sempre avuto il Kenya dentro, l'amore per gli spazi sconfinati e la natura allo stato puro; infatti al suo arrivo a "Ol Ari Nyiro", scrutando oltre la casa da riassestare e vedendosi la maestosità dell'antica Rift Valley, esclamò qualcosa come: "sono a casa!" Aveva trovato ciò che stava cercando! Dal quel momento, niente l'avrebbe più sradicata da quell'"Eden", neppure le peggiori tragedie che possano capitare ad una persona : la perdita della persona che si ama e, ancor più, del proprio figlio!! Perchè "perdere l'amato compagno è un dolore atroce, ma perdere il proprio figlio è contro natura".
Paolo Gallmann morì nel 1980, in un incidente stradale, qualche mese prima della nascita di Sveva, loro figlia. Emanuele si spense tre anni dopo a soli 17 anni, nelle braccia della madre, a causa di un morso di vipera dalla quale stava estraendo il veleno; i serpenti erano la sua passione fin dal primo momento che mise piede in Kenya: una specie d'attrazione mistica e fatale! Mi piace pensare che la prima parola di swahili che Ema abbia imparato sia "nyoka"( serpente ).
Sembrerebbe la tragica fine di una storia finita, invece è soltanto l'inizio di una grande impresa, di una missione che solo la caparbietà e la forza di una grande donna aiutata dalla onnipresenza di due spiriti che l'hanno sostenuta e le danno man forte nei momenti difficili. Si, perchè Paolo ed Emanuele sono scomparsi solo materialmente, ma i loro spiriti dimorano sotto due alberi di acacia nel giardino di Kuti; gli stessi alberi simbolo della ovvero la causa per cui la famiglia Gallmann si è sempre battuta da quando è arrivata in Kenya: la salvaguardia del patrimonio naturale e faunistico e la sua coesistenza con l'uomo ed il suo progresso. Nel 1980, quando l'uccisione di rinoceronti ed elefanti divenne una grande minaccia, Paolo e Kuki fecero diventare Ol Ari Nyiro, 100 mila acri di terreno sugli altopiani kenioti, ai piedi della Grift Valley, una riserva naturalistica, intenti a preservare la vita e le bellezze del posto. Nel 1984, dopo la scomparsa di Ema, Kuki Gallmann fondò in memoria del figlio e del marito, il GMF (Gallmann Memorial Foundation), volendo dimostrare l'armoniosa coesistenza dell'uomo con la natura e la vita selvaggia; infatti nella tenuta vivono e lavorano diverse tribù indigene e trovano spazio elefanti, rinoceronti, leopardi e tantissime altre specie di animali immersi in una ricchisssima e varia vegetazione. Il GMF è oggi anche un centro studi ed educazione ambientale per i giovani kenioti che affrontano dei corsi per prepararsi a difendere l'ambiente in cui vivono. Tutto questo senza scopo di lucro! Questa donna è riuscita a superare mille ostacoli e le asperità di una terra, il Kenya, che tanto dà, ma che tantissimo pretende; è riuscita a fare di una tragedia familiare una ragione di vita, e ogni giorno onora la memoria di Paolo e Emanuele con il duro lavoro di chi ama profondamente quella terra. Dal 1997 cittadina Keniota, può contare sull'aiuto di sua figlia Sveva, oramai ventenne, e di tuuti coloro che hanno capito quanto grande e giusta è la sua impresa. Kuki Gallmann ha scritto alcuni libri, di tipo biografico, che oltre a farci conoscere la sua esistenza, ci danno una immagine reale del Kenya degli ultimi 25 anni: la vita, le persone e i fantastici paesaggi di un posto dove il tempo sembra essersi fermato. I libri sono : "Sognando l'Africa"(tradotto in 21 lingue e fonte d'ispirazione dell'omonimo film); "Notti Africane"; "Il colore del vento"; "Elefanti in giardino".

Sveva Gallman

La successiva intervista alla poetessa e scrittrice Kuki Gallmann è stata realizzata da Valentina Acava Mmaka, una giovane sociologa, che ha vissuto dalla nascita in Sud Africa.

Cara Kuki, ti ringrazio di questo incontro. Siamo sulle colline del Mukutan, davanti a noi le gole della Grande Rift Valley. Le nostre schiene appoggiate sul tronco nodoso di un'acacia della febbre gialla, è qui che vieni spesso a ricevere le suggestioni che madre Africa dispensa ai suoi "figli" e a scrivere. Invitiamo i tuoi lettori a sederci accanto nel cerchio caro alle tradizioni dei cantastorie, per ascoltare e confrontarsi.Da trent'anni vivi in Africa, in Kenya. Nei tuoi libri questa straordinaria terra è raccontata sempre, anche nei momenti di reale drammaticità, con uno sguardo positivo, come se inevitabilmente essa fosse dispensatrice di bene. Dici di aver sempre amato la scrittura. Quando hai cominciato a scrivere con l'intenzione di uscire allo scoperto e cercare il confronto con i lettori?

Il mio primo libro è stato una catarsi. Non avevo intenzione di pubblicarlo. Lo scrissi per me, per mia figlia così che potesse capire cos'era accaduto, vedere con i miei occhi un padre che non aveva conosciuto, essendo nata qualche mese dopo la sua morte, e un fratello che aveva adorato. Lo scrissi per Paolo e per Emanuele per onorare la loro memoria. Un amico inglese, editore, mi convinse a pubblicarlo. Mi disse che altri genitori forse sarebbero stati aiutati dal mio atteggiamento positivo nel reagire alle tragedie. Allora mi sembrava impossibile. Ma si è rivelato vero.

C'è qualcuno o qualcosa che ha influito sulla tua necessità di scrivere?

Sono cresciuta in una famiglia colta dove artisti, pittori e soprattutto scrittori erano di casa. Fin dalla prima infanzia, sono stata affascinata dal suono e dalla musica delle parole. Con mio padre, leggevamo poesie a due voci, momenti magici. Mia madre è una nota storica d'arte. Mio padre scriveva. Amava i viaggi nel Sahara e si occupava di archeologia.Sono estroversa, e scrivere è sempre stato il mio modo di esprimermi, e anche un rifugio. Giovanni Comisso e Goffredo Parise erano amici della mia famiglia e commensali abituali alla nostra tavola. Io ascoltavo. Non mi sfuggiva niente. Scrissi la mia prima poesia a sei anni. S'intitolava La sera.

Tu scrivi i libri in inglese. Molti scrittori, mi vengono in mente Joseph Conrad o Samuel Beckett, hanno scelto di scrivere in una lingua diversa dalla loro lingua madre. Tu come mai scrivi in inglese? Perché secondo te si fa la scelta di una lingua letteraria diversa da quella madre?

È la lingua corrente del luogo dove ho scelto di vivere ed è ricchissima di sfumature, sintetica e precisa, che spiega benissimo dettagli e nuances in una parola sola. È una lingua internazionale che si può parlare raffinatamente, come ogni altra lingua, e forse gli studi di lingue classiche del liceo mi hanno aiutata a carpirne i segreti, perché dopo tutto, le parole più belle provengono dal latino.

Lo scrittore keniota Ngugi wa Thiong'o da anni ha fatto la scelta di scrivere solo nella lingua kikuyu, accendendo una intensa discussione sulla opportunità di "abbandonare" la lingua dei colonizzatori, in quanto scrittore africano, perché portatrice di falsi valori e soprattutto incapace di rappresentare lo spirito della gente africana. Come scrittrice e osservatrice dell'attività letteraria africana, che cosa ne pensi?

È una scelta personale, certamente dettata da motivi profondi e come ogni scelta va rispettata. Ma se si vuole che ciò che si dice sia ascoltato da molti e non solo da un numero ristretto di lettori, credo che un linguaggio universale sia più efficace. Non dimentichiamoci che in Kenya ci sono 43 tribù e ognuna ha una lingua diversa. Il kikuyu è una di queste lingue ma non è la lingua nazionale del Kenya. Posso tuttavia dire che le traduzioni dei libri non sempre riescono a trasmettere con successo il senso profondo del testo, talvolta si travisano i significati o si traduce troppo alla lettera, è anche per questo motivo che io traduco personalmente in italiano tutti i miei libri. Per quanto riguarda l'esempio di Ngugi wa Thiong'o credo che politica ed estremismo non abbiano alcuna parte nell'arte dell'espressione.

La scrittura è un esercizio che richiede solitudine. L'Africa dei grandi spazi offre questa condizione ideale per chi scrive. Qual è il tuo rapporto con la solitudine?

Io vivo sola - con i miei cani - e le mie giornate sono pienissime; scrivo di notte. Amo molto "ascoltare" il silenzio come diceva Emanuele. Il silenzio in Africa è pieno di voci e la solitudine è piena di presenze.

Che cosa rappresenta per te la scrittura? Hai sempre scritto di te, dei tuoi incontri, delle tue emozioni, dei tuoi affetti. Hai mai pensato di scrivere altre esperienze, storie che abbiano per protagonisti personaggi di invenzione?

Giovanni Comisso diceva che tutti i libri - quelli buoni - sono autobiografici. Finora i miei libri sono stai raccontati in prima persona, ma ci sono anche molti personaggi nati da persone che ho incontrato, conosciuto e amato. Ho altre storie e quando verrà il tempo giusto, le racconterò.

Come nascono i tuoi libri?

Mi siedo alla mia scrivania o sotto un albero e lascio venire i ricordi. Amo raccontare e dipingere con le parole.

Hai composto anche poesie. Cosa esprimi di diverso rispetto alla narrativa quando scrivi poesia?

Immediatezza. Cogliere l'essenza di un attimo.

Chi scrive ha sempre a che fare con la memoria. Platone diceva che la memoria è come un albero sui cui rami si posano gli uccelli. L'albero è la mente e gli uccelli sono i ricordi che vanno e vengono all'albero quando meno ce l'aspettiamo, senza preavviso. Condividi questa descrizione? Qual è il tuo rapporto con la memoria?

È una descrizione bellissima, che non conoscevo e che condivido. Spesso i ricordi ci colgono impreparati, sono inevitabili. Tutto ciò che abbiamo vissuto è scritto per sempre dentro di noi e può riemergere in ogni istante.

Nella tua vita, quella che emerge dai racconti, c'è una forte presenza di simboli, di ritualità: il fuoco, il racconto, la musica sono "forze" che hai acquisito confrontandoti quotidianamente con la civiltà africana?


Può darsi.

Nei tuoi libri si parla molto di musica. Che rapporto c'è tra musica e letteratura?


La musica è evocativa, immediata. La musica classica, il flauto delle Ande, la musica veneziana del settecento sono spesso il sottofondo delle mie sere. O il concerto impeccabile delle voci della natura, che non disturba, è nobile e aiuta il fluire dei pensieri.

La memoria dell'Africa è colma di perdite e di dolori. Qual è il tuo rapporto con il dolore?

Il dolore psicologico è una reazione a una ferita del destino. Si deve vivere il dolore fino in fondo per superarlo e andare avanti, trovare uno scopo, vivere le proprie sfide fino in fondo..

Cosa ti ha insegnato l'Africa in quanto donna, madre, moglie, figlia?

Ad accettare, ad imparare le lezioni della vita, ad andare avanti.

Quali sono le ore della giornata che dedichi alla scrittura?

La notte, di solito, o le lunghe sere.

Come scrivi? (a mano, a macchina, con il computer)

Dipende da dove mi trovo. Spesso a mano e poi in un secondo momento riporto tutto sul computer.

Hai degli autori, dei "padri" e delle "madri" letterarie che ti accompagnano nella tua crescita personale e professionale?

Sì, penso alla poesia di Giovanni Pascoli; a Leopardi; a Dante, soprattutto il quinto canto dell'Inferno; e poi St. Exupery; Wilfred Thesiger; Llewellyn Powys; Karen Blixen.

Hai dei rapporti diretti con la letteratura africana?

In Africa orientale la tradizione è soprattutto orale. I canti delle donne Pokot , Turkana, Sambuu sono come un suono della natura.

Qual è l'immagine o l'incontro più bello che ti lega all'Africa?


Mille ricordi ... Cheptosai Selale, la vecchia donna delle erbe. Una vera amica. Ne parlo nel mio ultimo libro. Joseph, Michael. Incontri speciali. Sedermi tra la tomba di Paolo e quella di Emanuele, sotto gli alberi che sono diventati, e poterli sentire vicinissimi. Sveva, la sua bellezza radiosa la sua mente vivace e intelligentissima. La foresta di Enghelesha protetta con le sue creature e i suoi misteri e il lago Baringo, uguale nella lontananza della valle del grande Rift. La luna piena sul mio prato e gli storni, come usignoli.

Sei fondatrice della Gallmann Memorial Foundation che si occupa di salvaguardare il territorio africano, coinvolgendo i giovani in corsi di educazione ambientale e sviluppo sostenibile. In che modo la letteratura c'entra con l'impegno di tutelare l'ambiente?
Ritieni che i tuoi libri contengano anche un messaggio in tal senso?


Spero proprio di sì altrimenti avrei fallito nel mio intento. Tutto ciò che faccio dalla morte di mio figlio, è cercare di proteggere l'ambiente in cui lui - e Paolo- era vissuto e dove ora vivo io e sua sorella- sua figlia. Cerco di fare qualcosa per lasciare un segno; qualcosa che non sarebbe avvenuto se Paolo e Ema non fossero vissuti e morti qui in Africa. Attraverso i miei libri si respira la vitalità della natura e delle sue infinite specie che vanno salvate dalla distruzione umana perché tutte contengono la nostra storia.

La tua Fondazione ha recentemente istituito dei concorsi letterari. Come ti è venuta questa idea e a chi sono rivolti?

Aiutare la creatività è importante, perché è al di la della politica, del tempo della guerra. Amo e rispetto i giovani e voglio aiutarli. Questo è per giovani poeti Kenyoti.

Sharing