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sabato 24 gennaio 2015

A hymn of freedom 'Bella ciao' is getting international.



The song "Bella ciao" was sung by the anti-fascist resistance movement active in Italy between 1943 and 1945. As a hymn of freedom internationally known it was intoned still recently in many events: during the 2011 movement Occupy Wall Street in New York, during 2013–14 protests in Turkey in Taksim Gezi Park, during 2014 Hong Kong protests, during the funeral of two victims in the Charlie Hebdo shooting in Paris (January 2015), in Greece 2015 political campaign and in Syria by the Kurds.

giovedì 1 gennaio 2015

Un selfie con Renzi ti uccide l'anima.

Ci vogliono nelle gabbie con gli iPhone. Inebetiti ad involvere ad uno stato primordiale. Senza capacità di reagire o pensare. Rapiti dallo specchio delle vanità, da mode lanciate dalle multinazionali americane che ci guardano morbosamente la vita dalla finestra (Facebook). Creature con fattezze umane, ma spiritualmente ritardate. Consumano, fornicano, inseguono una palla. Non leggono, non scrivono, non pensano, non amano, ne si autogovernano. Arte e scienza, virtù e religione, famiglia e amicizia vengono lentamente consumate in un selfie collettivo, dove la nostra anima si consuma e muore. Quel che più conta è la gratificazione immediata. La speranza di poter diventare famosi. "Non rimandare mai a domani il divertimento di oggi". Nessuno aspira a qualcosa di più. L'uomo nuovo è disumanizzato. Ed allora fermiamoci a pensare. A omogeneizzazione, mediocrità, divertimenti banali, affetti superficiali, gusti triviali, falso appagamento, incapacità di provare amore e desiderio, aggiungiamo pure il selfie con Renzi.

lunedì 29 dicembre 2014

Chi con il suo 'Tweet' punge Renzi. Dove osano cinguettare i gufi.

Matteo ha incantato quasi tutti. Un pifferaio magico veramente. Sicuramente l'Italiano medio Fantozzi che con gli 80 euro gattona al bar a soddisfare la propria bavosa libidine alle slot per dementi dipendenti. La figlia Mariangela invece, a casa disoccupata e mazziata, balbetta qualche tweet audace di protesta con sexy account 'cappuccettorosso17' ma viene subito zittita dai 'gufa!' e 'rosicona!' del Premier onnipotente. Asfaltata, rottatamata come tutti i giovani. Ed eccoci alle liti in famiglia per miseria. Ne sentivamo la mancanza. Padre contro figlia, generazioni l'una contro l'altra in una nuova lotta tra poveri. 

Dopo il purgatorio di Monti, chi avrebbe mai pensato di ritrovarsi all'Inferno con lo scout Renzi? 'Perdete ogni speranza, Voi che votate.' È successo. Come sempre partigiane (nel destino della Storia d'Italia), le brigate dei gufi e dei rosiconi provano a scuotere quello che resta delle coscienze ottenebrate da questo Kraken patetico, accolto in alcune scuole da bambini addestrati ed allineati a cantare 'Forza Matteo'. Ma Renzi ha un imperdonabile vizietto difetto. Una carica di pateticità all'ennesima potenza. Una bomba di melassa vomitevole che mette a nudo le sue vanità. I giochini, sorrisini, battutine con i giornalisti sono lo strumento per appagare il suo ego. Per descrivervi questo stomachevole sfarfallio allo stomaco non ho altro di meglio  che mostrarvi il volto di Barbara D'Urso, la tipica giornalista italiana prona che pone le domande ai potenti. Li rappresenta un po' tutti.


A questo punto, avrete capito a quale sentiment alludo. Vi aspetto, siete andati a vomitare. 

Con Monti eravamo in Purgatorio. Vabbè poi, lo dice anche Dante, viene il Paradiso. ODDIO QUI ITALIA DI RENZI È L'INFERNO.

Inferno Italia: 'LASCIATE OGNI SPERANZA VOI CHE VOTATE'

sabato 27 dicembre 2014

Renzi NUN ME ROMPE ER CA'.


Matteo Renzi ricevette 50 milioni di vecchie lire, dall'altro socio del patto del Nazareno, partecipando come concorrente raccomandato alla Ruota della Fortuna (Mediaset). Gira, gira, gira ...la fortuna continua ad arridere ai soci del patto del Nazareno. A noi #gufi e #rosiconi, la ruota della sfortuna? Noi proni, con la mano tesa ad elemosinare 80 euro, mentre il padre di Matteo contrae  1.300.000 € di debiti dopo aver nominato il figlio dirigente raccomandato? No, ma voi state scherzando. Vomito. Renzi NUN ME ROMPE ER CA'

giovedì 25 dicembre 2014

Forza Matteo!


L'Italiano medio, con 80 euro in tasca, dopo la melassa democristiana di Craxi e Berlusconi ama Renzi. All'Italiano medio non interessa che Matteo sia figlio di Mediaset, avendo vinto miracolosamente 50 milioni di lire alla ruota della fortuna dove vi era stato raccomandato. L'Italiano medio dimentica che la prima legge da attuarsi doveva essere quella sul conflitto di interessi. L'Italiano medio crede fermamente che le indagini per bancarotta fraudolenta nei confronti del padre di Matteo, Tiziano Renzi, che ha accumulato soltanto 1.300.000 euro di debiti, siano un complotto della magistratura, gufa e rosicona (la ruota della sfortuna!), la stessa che tormentava l'altro socio del Patto del Nazareno. Per questo, Forza Matteo! Per essere più Grandi.

Il Testo della Canzone "Forza Matteo":

Forza alziamoci 
il futuro è aperto entriamoci 
e le tue mani unite alle mie 
energie per un selfie - selfie

Forza Italia mia che siamo in tanti a crederci 
nei nostri annunci un'altra storia c'è 
la scriveremo io, Barbara D'Urso e te

e Forza Italia 
per essere liberi 
e Forza Italia 
per fare e per crescere

e Forza Italia 
c'è il grande orgoglio in noi 
di appartenere a Mediaset 
ad una gente che 
rinasce con noi

nella tua storia un'altra storia c'è 
la scriveremo io, Barbara D'Urso e te

e Forza Matteo 
è tempo di credere 
dai Forza Matteo 
che siamo tantissimi 
e abbiamo tutti 
80 euro dentro al cuore 
un cuore grande che 
sincero e libero 
batte forte per te

Forza Italia con noi !

sabato 13 dicembre 2014

Mirko de Martini il PUTTO televisivo innocente di Casapound.

Screenshot  di  al minuto 1:06:16 puntata 'Er Sistema', Announo, LA7.
I libri di Storia parlano del Fascismo al passato, come se quell'oblio distante non ci appartenga, come se qualche disturbato mentale si sia semplicemente appeso, molto tempo fa', a testa in giù ad una idea sbagliata. Dopo aver scoperto la squadra nera di Alemanno, fatta di ex terroristi, Nar, Forza Nuova e di Terza Posizione, e un ex della Magliana, incominciano ad affiorare alle menti altre immagini romane ancora recenti di un La Russa, ministro della guerra che ringhia al passo dell'oca, Gasparri il cui naso si attorciglia allungandosi mentre promuove le sue leggi sul pluralismo televisivo, Alemanno un boss della politica con tanto di guardia pretoriana, Storace e Fiorito che sempre galleggiano, e la lista potrebbe continuare all'infinito se non fosse che proprio lady Mussolini li rappresenta tutti insieme, starnazzando in Parlamento a suon di slogan come lame difendendo i valori morali della sua idea di famiglia mentre il marito frequenta prostitute minorenni. La Roma bene, dei ragazzi di borgata rinchiusi in un recinto mentale coatto, si nutre di fascismo ipocrisia. La caccia è all'immigrato, al Rom, al diverso, non alla società dei magnaccioni.
La patologia fascista, un disturbo mentale.
Allo stadio nulla è cambiato da quando Di Canio salutava a braccia tatuate la curva con il saluto romano e per risposta bordate di cori dal linguaggio crudo e violento sintentizzabili nel «Boia chi molla». No, il fascismo non è stato estirpato. Ha solo cambiato volto. Ora, ha il volto angelico innocente di quel PUTTO di Mirko de Martini, esponente di Casapound carico di banalità televisive come un banano. Il fascismo permane giornalmente nelle modalità utilizzate dalla forze dell'ordine per fronteggiare i manifestanti, dove il manganello viene usato quasi sadicamente o dove si calpestano o si prendono a calci disoccupati, studenti od operai. Permane nel linguaggio degli esponenti della Lega Nord. Permane nel movimento dei Forconi, Forza Nuova, Casapound e nel linguaggio talvolta troppo violento di Beppe Grillo, quando ad esempio grida 'Italianiiii' imitando con cattivo gusto il Duce o quando apre il suo movimento agli esponenti di Casapound. Permane fervamente nei pensieri del padre di Alessandro di Battista. Permane nel salotto di Bruno Vespa, quando la sua regia patinata di ipocrisia confeziona realtà che non esistono se non nella mente dell'elite del momento con l'ausilio della voce pastosa di Renato Mannheimer. Peggio del cinema di propaganda fascista. Permane quando spavaldi neofascisti fanno arrivare a piazza Navona un camion con decine di spranghe e mazze da baseball con il tricolore. 
Mazze tricolori del Blocco studentesco.
Permane nell'atteggiamento immobile, rigido e autoritario di quei burocrati che abitano palazzi costruiti durante il ventennio fascista e che forse per un certo verso devono proprio la loro posizione a quell'impostazione di pensiero. Permane nelle strutture parastatali della Mafia e della Camorra. Permane in giornalisti quali Sallusti, Belpietro e Giuliano Ferrara. Permane in tutti coloro che privi di cultura tatuano sul proprio corpo i segni indelebili di una ideologia patologia.
« È vero, siamo fascisti. Ma del terzo millennio. » (Intervista al leader CasaPound, 2011)

sabato 22 novembre 2014

Due Mattei complementari, Renzi e Salvini. Vite flaccide e finte da concorrenti a Mediaset. Poi Silvio ha spalancato loro lo SHOW della politica. Chiamateli con il loro nome: FIGLI DI.. MEDIASET.

Due Mattei complementari che facevano le code per partecipare alle trasmissioni Mediaset. Salvini, un troglodita bigotto delle caverne e Renzi, un bimbominchia della melassa democristianaPoi Silvio ha spalancato loro lo SHOW della politica. Poveri Italiani, povera Italia. 

Era il 1993. Un giovanissimo Matteo Salvini, appena 20enne, in cerca di notorietà partecipa a Mediaset come concorrente a una puntata del telequiz 'Il pranzo è servito', allora condotto da Davide Mengacci.
Era il 1994. Un giovanissimo Matteo Renzi, appena 19enne, in cerca di notorietà partecipa a Mediaset come concorrente a una puntata del telequiz 'La Ruota della Fortuna', allora condotto da Mike Buongiorno. All'epoca Berlusconi gli diede 50 milioni di vecchie lire.

martedì 21 ottobre 2014

lunedì 13 ottobre 2014

Matteo Renzi l'ultimo imperatore fantoccio. Da Romolo Augusto all'ultimo Imperatore Cinese, tutti gli imperi al tramonto terminano con un bambino al comando.


Non c'è piaga peggiore che quella della melassa democristiana. Annunci morbidi giornalieri dell'ultimo imperatore bambino ci anestetizzano l'anima, tra gelati, selfie e secchiate d'ipocrisia. Poi più niente. 


sabato 13 settembre 2014

Sedato e ucciso un cuore che batteva forte forte. Esisteva qualcosa di assolutamente vero, l'amore di Daniza per i suoi cuccioli.

L'orsa Daniza con i cuccioli
(fermo immagine da video che la riprende)
Il mondo destabilizzato dall'export della democrazia, fa la fortuna allo stato attuale delle lobbies delle armi. Prima si armano i ribelli in Siria che combattono Assad, poi si bombardano il giorno dopo. Rovesciamenti di fronti senza fine, la guerra è pace e la pace è guerra. A questa schizofrenia, si aggiungono i giornalieri annunci di Matteo Renzi, una mitragliatrice. Vuole cambiare l'Italia e farla ripartire, ma allo stesso tempo spende miliardi per l'acquisto degli F35. Poi si fanno seminari e tavole rotonde con rinfrechi discutendo sui motivi per i quali l'Italia non cresce. In mezzo a questa fuffa di parolai e professionisti degli annunci, c'era un cuore che batteva forte forte. Un cuore vero. In mezzo a tanta falsità, a mezze verità, era bello pensare che esisteva qualcosa di assolutamente vero, l'amore di Daniza per i suoi cuccioli. Anche per chi se ne è andato dall'Italia come me, con tanta amarezza e rabbia. Un cuore naturale che pompava la determinazione di una mamma di svezzare i suoi due cuccioli e sopravvivere alla morbosità dell'uomo che di questi tempi cerca il selfie e la fotina ricordo prima di fare la fila al Grande Fratello.

Munita di radiocollare, monitorata continuamente, trattata come un terrorista che poteva farsi saltare in aria in pieno centro a Trento, l'orsa veniva braccata senza tregua. Stremata non poteva sopravvivere alla politica mentecatta di qualche politico bigotto di valle e di un ministro dell'ambiente nominato da Matteo Renzi, un commercialista favorevole al nucleare. Il suo cuore è stato sedato e ucciso, come il buon senso nell'Italia degli Schettino. Dovevano soffocare e uccidere quel poco di vero e naturale che ci è rimasto. Uccisa a pochi giorni dal letargo che non da fastidio a nessuno. Ma chi? Smettiamola di scagliarci genericamente contro la categoria della politica. I mali hanno nomi e cognomi. Apriamo ufficialmente la caccia ai mandanti responsabili. Per la natura e solo per lei. 
Michele Dallapiccola, Assessore alla caccia della Provincia Autonoma, Ugo Rossi, Presidente della Provincia Autonoma di Trento, Gian Luca Galletti, Ministro dell'Ambiente.

lunedì 25 agosto 2014

Il jukebox degli annunci Matteo Renzi. La passeggiata di un bimbominchia celebrità al governo.

Mentre gli Italiani mangiano la polvere...

Matteo Renzi,
nel 'ice bucket challenge'.
George Bush,
nel 'ice bucket challenge'.
Non c'è niente di peggio, se non quando incominciamo a comportarci guidati da quel marketing subdolo che ci insidia, si annida dentro e ci suggerisce come comportarci. Pensiamo di essere liberi, ma non lo siamo. La persona a sinistra, che si accreditava essere capace di cambiare l'Italia, è il bimbominchia Premier Matteo Renzi. Tra selfie e #icebucketchallenge, rituali scimmieschi autocelebrativi promossi da multinazionali del social network per scimmie replicanti, Matteo non perde occasione di performare davanti ai giornalisti. Ha quel bisogno fisiologico di replicare comportamenti diffusi, che lo indentifichino e lo facciano sentire armoniosamente parte di un gruppo, il perfetto scout. Purtroppo l'Italia avrebbe bisogno di qualcos'altro rispetto al perfetto scout, un ebetino miracolato, soprannome datogli da Beppe Grillo, il migliore a fare i compitini per casa. Così Matteo Renzi, bimbominchia celebrità in vacanza a Forte dei Marmi ha preso un secchio di acqua gelata e se lo è rovesciato in testa. I nostri VIP, in vacanza a Forte dei Marmi dove paghi anche l'aria che respiri, fingono di conoscere le sofferenze della povera gente. Povera Italia, anche un bimbominchia al governo ci voleva.

Matteo Renzi alla trasmissione 'Amici'.


giovedì 17 luglio 2014

La maledizione della Venezia del Mose. Il mito Matteo Renzi vacilla nella rete dopo la performance all'Arsenale.



Importa la sostanza e non la forma. Ma non posso esimermi dal far notare che il mito Matteo Renzi vacilla non poco sotto la scure della satira della rete, basta vedere il video di cui sopra. L'uomo invincibile che trovava tempo per tutti, ma non per incontrare direttamente di persona i comitati NOMOSE e NOGRANDINAVI a Venezia (sono stati ricevuti solo tramite il capo del cerimoniale di Stato che ha riferito ai delegati dei movimenti, tra cui anche Marta Canino, che il premier ha assicurato di leggere tutta la documentazione e di dare una risposta), diventa improvvisamente più umano e forse più vero.

mercoledì 9 luglio 2014

Il Gazzettino, la mano morta della conservazione.


Se l'inchiesta sul #Mose a Venezia ha scoperchiato un sistema autoreferenziale corrotto che poteva alimentarsi impunemente da decenni sicuramente lo dobbiamo anche ad un giornalismo servile che giammai rischia inchieste giornalistiche. Un giornalismo dalla mano immobile morta, mai una difficoltà vera, che non osa e si limita al mero compitino per casa. Il Gazzettino, non ce la fa a restare al passo con i tempi. Ancorato ad una visione rigida del mondo, puramente descrittiva, il Gazzettino potrebbe essere il giornale degli anni '80 di Fantozzi, dove spuntano come funghi qua e là notizie tragicomiche senza mai una visione d'insieme o qualcosa che si possa avvicinare all' anima di un giornale. All'inizio dell'anno, prima che Venezia venisse falcidiata dall'inchiesta, avevo scritto una lettera aperta critica al direttore del Gazzettino sull'impostazione fastidiosamente banale del suo quotidiano, ovviamente mai pubblicata, in cui scrivevo « noi lettori meritiamo giornalisti che sappiano anche schiaffeggiare arditamente e tirare per le orecchie giunte, sindaci, assessori ». Stavo sognando.
L'inerzia guarda la tv e legge il Gazzettino.
Ma veniamo all'articolo della vergogna. La doverosa premessa, è che ben due ex presidenti del Magistrato alle Acque, Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva si trovano in carcere con l’accusa di aver ricevuto tangenti e regalie dal Consorzio Venezia Nuova - secondo l’accusa cioè sarebbero entrambi stati sul libro paga dell’ente che avrebbero dovuto controllare. Se perfino il controllore è marcio, tutto è perduto. Un paese sull'orlo del baratro, con oltre 2000 miliardi di debito, sta affondando proprio nell'indifferenza degli uffici stampa compiacenti con i poteri forti e spietati con le vocine fuori dal coro. Non stupisce se Tina Merlin, giornalista dell'Unità, fosse l'unica voce che brillava sulla diga del Vajont. I rompiscatole vanno emarginati.
Fortunatamente, ma non per il Gazzettino, esiste un gruppo di persone guidate da Tommaso Cacciari che, ancora nell'Ottobre 2012, avevano gridato al mondo che qualcosa non tornava nell'agire del Magistrato alle Acque. Avevano occupato i loro uffici, pagando in prima persona anche l'indifferenza degli altri. Gente che ancora lotta mentre i giornalisti gattonano a mangiarsi i pasticcini ai buffet della vergogna. Tommaso Cacciari sugli avvenimenti dell'Ottobre 2012 ha avuto modo di dichiarare: « Sono stato condannato a otto mesi, per occupazione di terreni quando entrammo al Magistrato alle Acque retto dalla signora Piva oggi in manette. Siamo stati querelati per diffamazione quando li chiamammo “corrotti” ». 
L'occupazione del Magistrato alle Acque, chiaramente simbolica e provocatoria dopo gli arresti di cui sopra, ha avuto ancora luogo nel luglio 2014, dopo quindi che il Governo aveva deciso la soppressione dell'istituzione, simbolo di uno Stato che invece di controllare fiancheggiava per assurdo il malaffare. Ed eccoci all'articolo della vergogna. Il Gazzettino, invece di volare alto e contestualizzare l'occupazione nell'ambito di uno scandalo senza precedenti, si mette a fare l'inchiesta sui bagni del Magistrato alle Acque, trattando quei manifestanti, proprio coloro che non erano sul libro paga del Consorzio Venezia Nuova, come fossero barbari animali. Il Gazzettino riesce nell'intento editoriale ed ecco fioccare i commenti anonimi forcaioli della conservazione: « teppisti fannulloni spaccatutto da metterli i ceppi», «Tommy a carogna», «Nullafacenti che creano danno e disagio», «risorse da galera», «Non sono veneziani, furbetti del quartierino», «Squadracce nere in camicia rossa», «i No Global sono come i mafiosi»,  «Dinastia Cacciari, sempre peggio». 
Doña María del Rosario Cayetana Alfonsa Victoria
 Eugenia Francisca Fitz-James Stuart y de Silva 
Falcó y Gurtubay, principalmente conosciuta solo come 
Cayetana d'Alba o La duchessa d'Alba, diciottesima 
Duchessa d'Alba de Tormes, Grande di Spagna 
(Madrid, 28 marzo 1926), è una nobile spagnola.
La chiurgia estetica, altro esempio
di mano morta conservativa.
Santa Inquisizione che è la vostra Conservazione! Quanta frustrazione vi leggo. Inutile menzionare che il sottoscritto ha tentato di lasciare un commento diverso dagli altri, critico anche verso il Gazzettino, ma lascio immaginare a voi se abbia passato le maglie della censura conservativa. 
Un giornalismo di questo tipo alleva la conservazione, quella che ci sta portando congelati e commissariati all'asfissia per debiti. Scrivere un articolo che insista su quello che sembra il passaggio delle orde barbariche di Attila e che rimandi di conseguenza ad un presunto pericolo estremista proprio in quei movimenti giovani e freschi che le bustarelle non le prendevano e che reclamano di diritto un qualche futuro, significa candidarsi a diventare l'ufficio stampa del Titanic. Provo pena anche per quei lettori prediletti del Gazzettino, con quattro soldi da parte che accentuano il loro ringhiare sordo conservativo messo in pericolo da istanze di maggiore distribuzione della ricchezza, e che da sempre votano Lega o Popolo della Libertà per poi ritrovarsi culturalmente con la vergogna in tasca della laurea falsa del trota a Tirana piuttosto che rappresentati da quell'evasore pregiudicato di Berlusconi. Quanta ignoranza anche nel Il Gazzettino, la mano morta della conservazione.

martedì 1 luglio 2014

Anno dopo anno le dighe del MOSE ci uccideranno subdolamente più di quella maledetta diga del Vajont.

Sono stato in quel santuario che è il Vajont diverse volte, pregando e auspicando che, come i medici si sottopongono al giuramento di Ippocrate, gli ingegneri e gli architetti prima di iniziare ad eserciatare le loro professioni, si rechino davanti a quella diga a giurare che mai e poi mai abbandoneranno le ragioni della logica per far spazio a quelle del profitto. Quello che fa male di questa tragica storia, oltre alle 2000 vite spazzate via senza neanche il tempo di scambiarsi l'ultimo gesto d'amore e quel vuoto lancinante che ancora annichilisce l'anima, è che c'era una vocina inascoltata, quella di una giornalista dell'Unità, scrittrice e partigiana italiana, a nome Tina Merlin. Una rompiscatole. Denunciava quella diga maledetta, la diga del disonore, prima ancora che fosse effettivamente messa in funzione. Inascoltata dalle istituzioni, la giornalista fu denunciata per "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico". C'è una cosa che deve destare le nostre coscienze adesso più che mai. Tina Merlin denunciava i soprusi e le malefatte dell'ente adibito alla costruzione della diga, la società S.A.D.E., quale «Stato nello Stato». Le migliaia di morti del Vajont non hanno mai avuto giustizia esattamente come non l'hanno avuta le centinaia di morti del petrolchimico di Marghera anch'esso voluto, come la diga del Vajont, dal conte di Misurata Giuseppe Volpi.
Dal Vajont al Mose grazie a Tina Merlin.
Passiamo con un volo pindarico dalla S.A.D.E al MOSE. Lasciamo stare per un attimo l' ipotesi più nefasta, che rimanda proprio al Vajont, che vedrebbe la possibilità che tutte le paratoie entrino in risonanza a causa delle onde, fino al collasso dell'intero sistema. Voglio accantonare questa ipotesi catastrofica anche se Tina Merlin ci imporrebbe di parlarne. Ma c'è qualcosa di ancora più subdolo. Un passaggio che richiede forse uno sforzo mentale anche da parte vostra, per capire perché anno dopo anno le dighe del MOSE ci uccideranno più della diga del VajontIl vero affare del MOSE, quello di cui nessuno parla perché è semplicemente disumano parlarne, è la manutenzione, ordinaria e non.  La manutenzione costerà oltre 20 milioni di euro l’anno e ogni manovra delle paratie costerà 250 mila euro (con dieci alte maree l’anno sarebbero già altri 2,5 milioni di euro). Le salatissime pulizie subacquee. Costi quel che costi per difendere l'investimento iniziale ci spremeranno come limoni, noi, i nostri figli e così via fino all'ultimo centesimo. Ora, noi comuni mortali sono anni che ci contiamo come sopravvissuti, che ci guardiamo negli occhi, questa crisi la sentiamo. Quanti si sono suicidati ieri, quanti lo faranno domani, semplicemente non ce la facciamo più. Un debito pubblico oltre i 2000 miliardi di euro, un buco dell'ipocrisia che ci uccide, inghiottendoci subdolamente in tanti modi. Era depresso, ultimamente non sorrideva più, era stanco di vivere. Non sappiamo più che altri termini usare. L'Italia ha smesso di essere spensierata, la felicità se ne è andata da un pezzo. Un esempio di qualche giorno or sono, « Disperato e deluso dalla vita, si è gettato nel vuoto di fronte alla diga del Vajont» Impossibile dimostrare il nesso tra una tangente pagata e una vita spezzata. Le persone si spengono, smettono di sognare, qua e là a macchia di leopardo in innumerevoli articoletti sparsi sulla cronaca dei quotidiani locali dimenticati il giorno dopo. Ci manca la visione d'insieme che ci mostrerebbe i mandanti di quelli che sono in verità omicidi. Da Tangentopoli a questa Venetopoli, i tanti Mazzacurati, i Meneguzzo, in generale questa classe politica, imprenditoriale, ecclesiastica, accademica ha sulla coscienza molte di queste morti, una per tutti quella di Angelo di Carlo. Ogni manovra delle paratie costerà 250 mila euro? Sembra che ci diano due alternative. La morte rapida sulle montagne del Vajont. Quella lenta, per debiti, in pianura. Non era forse anche il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico statale per la realizzazione del Mose, uno «Stato nello Stato» secondo Tina Merlin?

domenica 29 giugno 2014

Dal suicidio di Raul Gardini a quello tentato da Roberto Meneguzzo. Similitudini agghiaccianti per i due finanzieri scalatori di 'Fondiaria', precipitati sotto il peso delle loro tangenti e dopo essersi messi di traverso a Mediobanca.

Raul Gardini (Ravenna, 7 giugno 1933 – Milano, 23 luglio 1993)
Sono passati poco più di 20 anni, sufficienti per farci perdere la memoria. Viviamo il telegiornale di oggi, dimenticando quello di ieri. Cinicamente ci stupiamo sempre per quello che accade in fondo ciclicamente, perdonerete il gioco di parole. Era un caldo luglio del 1993. Tirava un'aria torrida da Tangentopoli. Le cravatte soffocavano come nodi scorsoi. Raul Gardini, imprenditore rampante, conosciutissimo negli ambienti patologici della finanza per la scalata alla Montedison (che all'epoca controllava tra l’altro anche 'Fondiaria', storica e florida compagnia di assicurazioni fiorentina dove Mediobanca di Renato Cuccia aveva sempre fatto il bello ed il cattivo tempo, al punto da considerarla "la pupilla dei suoi occhi") di traverso alla Mediobanca di Enrico Cuccia, sta per mollare la presa alla parete della vita. Le sue stesse mani, da scalatore finanziario, lo fanno precipitare nel vuoto, premono il grilletto di una vecchia Walter Ppk calibro 7,65, resa famosa per lo più dai film di James Bond, l'agente 007. Soltanto tre giorni prima di lui anche il suo acerrimo rivale presidente dell'ENI, Gabriele Cagliari, si era ucciso apparentemente soffocandosi con un sacchetto di plastica nelle docce del carcere di San Vittore. Ironia della sorte, il palazzo nobiliare in cui  Raul si uccide, di sua proprietà e considerato tra le migliori espressioni dell'architettura neoclassica a Milano, si chiama Belgioioso. La stanza dei bottoni di Renato Cuccia, dove sorge la sede di Mediobanca, cuore della vecchia Milano e centro del potere finanziario,  sempre per ironia della sorte stava invece in Via Filodrammatici
Palazzo Belgioioso, Milano.
Raul Gardini era considerato un 'capitano coraggioso' la cui barca il 'Moro di Venezia' da lui voluta e finanziata dalla Montedison da lui spavaldamente scalata, era stata protagonista indiscussa nel 1992 diventando la prima barca italiana nella storia a vincere la Louis Vuitton Cup, la più famosa e prestigiosa competizione velistica. Prigioniero del suo personaggio, travolto dal gusto di sfidare il mondo, giocatore d'azzardo, fumatore incallito, amante della vela, stile da Yuppie. L'uomo, abituato nella sua solitudine e patologia soltanto a 'vincere', sorridente e brillante con una apparente contagiosa voglia di vivere, non aveva retto all'idea di finire in carcere vedendosi distruggere giorno dopo giorno davanti agli occhi dei suoi figli. Antonio di Pietro stava per bussare alla sua porta.
Trovarono sul comodino, un biglietto su carta intestata. 'A Idina, Ivan, Eleonora, Maria Speranza e Elisa: grazie. Raul'. Sono i nomi della moglie, dei figli e della suocera. Se di suicidio quasi certamente si tratta, da un punto di vista finanziario il dito venne puntato contro l'omicida Mediobanca guidata da Enrico Cuccia, istituto di credito italiano fondato nel 1946, centro del mondo finanziario e politico italiano, indispensabile supporto della grande impresa nell'Italia degli anni Ottanta
Enrico Cuccia (Roma, 1907 – Milano, 2000)
L'istituto costituì il perno di un sistema di alleanze, ora al tramonto, che attraverso partecipazioni incrociate e patti parasociali garantiva stabilità degli assetti proprietari dei maggiori gruppi industriali. Mediobanca fu pertanto la gran regista con  i cosiddetti 'patti di sindacato', vere e proprie «scatole cinesi», strumentali a tenere insieme un capitalismo basato sulle relazioni e i favori reciproci: io aiuto a controllare il tuo gruppo traballante, e tu fai lo stesso per me. Se mi fai lo sgambetto, ti puoi anche suicidare. Non vi meraviglierete se l'Italia versa in condizioni disperate. Cuccia, inavvicinabile dai giornalisti e con il culto del silenzio (parlare per lui era il vero peccato mortale), cattolico praticante, uomo completo che poteva vantare elogi dal Duce Benito Mussolini in persona così come di aver realizzato delicate operazioni di collegamento tra i gruppi della resistenza antifascista, 'fece fuori' finanziariamente Raul Gardini per poi presentarsi con una cravatta nera, tornando a casa da Mediobanca, a palazzo Belgioioso subito dopo che Raul si era sparato; una sfinge che cammina, nemmeno una parola
Raul Gardini era riuscito quindi nell’audace impresa di controllare anche 'Fondiaria', autonominandosi Presidente e rigettando le candidature proposte dallo stesso Cuccia, che per quel motivo ruppe con lui le relazioni. Raul Gardini pagò tangenti, sviluppando spregiudicati intrecci a spirale vorticosa con la politica, dimenticando che più che la politica contava Mediobanca che invece aveva irrispettosamente più che indispettito. Nella fretta di andarsene a 60 anni Raul non lasciò direttamente alcuna 'ricetta morale' se non un pensiero ai suoi cari. 
Roberto Meneguzzo (Malo 1956 - ?)
A 58 anni, nel giugno 2014, ha provato a togliersi la vita un altro finanziere 'scalatore', per il mondo della finanza il fondatore della Mediobanca del Nord-Est, il vicentino Roberto Meneguzzo. Non ha retto al brusco passaggio dai confortevoli salotti buoni dell’imprenditoria veneta alla atmosfera cupa e fredda di una cella nel carcere di La Spezia. Arrestato a seguito dell'inchiesta sul MOSE di Venezia in quanto avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel piano corruttivo, in una notte di giugno ha cercato di farla finita, soffocandosi con il lenzuolo. Roberto Meneguzzo era balzato all'attenzione per il tentativo di scalata a Fondiaria, anche lui di traverso a Mediobanca, e per aver messo il naso nelle Assicurazioni Generali sempre controllate da l'istituto di via Filodrammatici. «Fondiaria diabolicum», aveva detto, con una battuta storica, l’avvocato AgnelliL’inizio del declino del suo «salottino buono» del Nord-Est viene da molti ascritto proprio alla rottura traumatica con Mediobanca. Anzi negli ambienti finanziari viene dato per certo che il periodo buio di Roberto Meneguzzo inizi proprio con il tentativo di conquistare Fondiaria. Con quella operazione, in seguito fallita, Meneguzzo si era messo troppo di traverso a Mediobanca. Renato Cuccia si sa non c'è più, scomparso nel 2000, ma il suo spirito aleggia ancora se non fosse che il civico di via Filodrammatici dove ha sede Mediobanca è stato ribattezzato "piazzetta Enrico Cuccia".  
Se soppesando le due personalità troverete inopportuno un paragone tra Raul Gardini ed il semplice dottore commercialista in Vicenza Roberto Meneguzzo, quest'ultimo, che comunque il nomignolo di «nuovo Cuccia» se l'era preso eccome si potrebbe difendere citando i suoi rapporti di amicizia con il faccendiere Marco Milanese, fiduciario dell’ex ministro Giulio Tremonti ed il fatto che la sua voce wikipedia creata dalla sua società nel 2008, preparata sapientemente soltanto in inglese per presentarlo candidamente all'estero, gli attribuisse la disponibilità di gestire quale CEO di Palladio Finanziaria un patrimonio di circa 700 milioni di euro, diventati l'anno seguente 2000 milioni di euro nel curriculum presentato alla Parmalat in quanto nella lista dei candidati per il Consiglio di amministrazione proposti da Intesa Sanpaolo.
Hotel Excelsior al Lido di Venezia.
Le ultime similitudini dei due scalatori, che rappresentavano nell’immaginario collettivo 'malato' i classici finanzieri di successo, vanno contestualizzate proprio in quella Venezia aristocratica che dopo gli scandali del MOSE non è più Serenissima. Raul Gardini aveva comprato la maledetta Ca' Dario, dove si erano già suicidati un po' tutti (anche proprio con un colpo di pistola), stupendo palazzotto veneziano affacciato sul Canal Grande. Un palazzo definito diabolico tanto quanto la storia della assicurazione Fondiaria. La figlia Eleonora Gardini, primogenita di Raul e Idina, aveva inoltre sposato nel 1987 Giuseppe Cipriani, della nota famiglia veneziana di albergatori e ristoratori. 
La finanziaria di Roberto Meneguzzo, laurea all' Università Ca' Foscari di Venezia che attraversa anch'essa momenti bui, ha nella città della Serenissima legami molto forti con la partecipata Est Capitalal momento commissariata, di Gianfranco Mossetto, professore in quiescienza della Ca' Foscari, che aveva importanti progetti immobiliari al Lido di Venezia, riqualificazioni di hotel, tra tutti l'Hotel Excelsior e il Grand Hotel Des Bains, quelli che dai primi del '900 accolgono le maggiori celebrità internazionali e i divi in visita a Venezia, e la costruzione di darsene. Proprio in uno di questi hotel al Lido della Est Capital, l'Excelsior, ora passato sotto il controllo del nuovo gestore HinesRoberto Meneguzzo era solito soffermarsi in una delle suite a lui riservate. Proprio nella sua suite sono avvenute alcune perquisizioni. Per la stessa maledizione che ha condannato la Fenice, il Molino Stucky, la suite presidenziale «San Marco» dell'Excelsior è andata a fuoco proprio quando la proprietà passava dalla Est Capital al nuovo gestore. Non esiste limite alla meraviglia. Il Des Bainsl'albergo di "Morte a Venezia" di Thomas Mann, l'altro gioiello, era andato a fuoco proprio poco dopo l'acquisto sempre da parte della società finanziaria Est Capital. Dove i soldi scorrono a fiumi, pare che i sistemi antincendio non funzionino ammesso che esistano. 
Incendio al Grand Hotel Des Bains
(era di  proprietà di Est Capital)
al Lido di Venezia
.
Ho voluto scrivere questo articolo non per glorificare Raul Gardini o Roberto Meneguzzo. Le loro vite effimere  da 'capitani coraggiosi', accomunate da una ingorda ed insana propensione alla tangente pagata anche con i soldi dei cittadini, non lasciano nulla se non forse l'attuale debito pubblico italiano alle future generazioni, ed una immagine fumosa di un capitalismo italiano francamente indecente. Ho voluto accostare le vite di due finanzieri per accendere un faro sulla tipologia di personalità che sta rovinando il Bel Paese. A coloro che fossero mossi da tanta pena o simpatia per i due finanzieri, come per la loro categoria, chiedo di aprire gli occhi sulle centinaia o migliaia di Angelo di Carlo, la classe operaia che va in paradisoScrissi che non avrei dimenticato Angelo. Io sono ancora vivo, qui a ricordarlo. Lo porto nel mio cuore. Simbolicamente con lui ricordo tutti coloro che in questo paese si sono visti negare qualsiasi sogno e la felicità, per colpa di una classe imprenditoriale e politica, se non anche accademica, una generazione di pederasti del dio denaro, che volevano bramosamente raggiungere, a scapito della vita dei loro concittadini italiani, quella suite che perfino Dante avrebbe fatto bruciare all'Inferno. Per quanto tempo ancora dedicheremo tutta la nostra esistenza all'accumulo effimero, qualitativamente in modo spesso mafioso e quantitativamente impedendo al nostro prossimo, i nostri figli, di avere le medesime opportunità di accedere ad una qualche forma di benessere? C'è un problema disumano di distribuzione della ricchezza. Io lo percepisco, voi continuate pure a far finta di niente buttando via la vostra vita in un sacchetto di cellophan. Sottrarre le risorse agli altri, non significa concorrere al progresso materiale della società. Arrestare l'arricchimento dei pochi e l'impoverimento dei tanti per tornare ad essere di nuovo felici. "Finchè esiste la povertà, non può esserci una vera libertà." diceva Nelson Mandela. Qualche anno or sono, folgorato sulla via di Marrakech, scrissi per la prima volta sulla necessità di stabilire un tetto all'arricchimento personale oltre il quale si possa guadagnare soltanto per la gloria morale di donare tutto il superfluo in beneficienza. Un vero privilegio quello di poter donare agli altri che proprio chi si santifica di lauree e specializzazioni negli States, come i tanti Meneguzzo, dovrebbe riscoprire. I furbi staranno già ridendo. Non ci arrivano, accecati dall'ingordigia. Quel limite salva anche la loro vita. In tutte le cose esiste un limite superato il quale non può sussistere il giusto.

venerdì 27 giugno 2014

Tour a Venezia: Goethe 1786, Byron 1816, Hemingway 1948, tangentisti del #MOSE e famiglia Casalesi 2014.

Venezia 1948, Hemingway.
Venezia offre svaghi e divertimenti per tutti i gusti da tempi immemorabili. Per gli esteti più raffinati non c'è niente di meglio, tra un museo e l'altro, di una piacevole pausa in un locale storico e aristocratico come il Quadri di Piazza San Marco, il Caffè Florian, oppure l'Harry's Bar. 
George Gordon Byron
Questi locali accolsero illustri ospiti come Goldoni, Lord Byron, Foscolo, Goethe, Dickens, Proust, D'Annunzio, Eleonora Duse, Rousseau, Stravinsky e Modigliani e tanti altri. 
Al giorno d'oggi, quelli del tuo debito pubblico oltre i 2000 miliardi di euro, sorseggiando un ottimo caffé ed assaggiando qualche delizioso pasticcino puoi invece avere il privilegio di assistere ad uno spettacolo come fossi comodamente seduto in prima fila su una jeep durante un avventuroso safari: lo scambio di qualche raffinata tangente ai tempi del MOSE (leggi a proposito cosa dice Arrigo Cipriani il patron dell'Harry's Bar). Puoi assistere al privilegio di vedere anche i tuoi soldi, venendo le tangenti pagate con soldi pubblici, scorrere a fiumi nell'allegria generale di un carnevale che dura tutto l'anno. Arlecchino passa la busta a Brighella. La guardia di finanza fu la prima a immortalare quelle succulente buste così generosamente spesse da non entrare nella tasca interna della giacca come nel caso che segue.

VENEZIA, pagamento della mazzetta. Nello specifico l’imprenditore Nicola Falconi passa la bustarella a Pio Savioli, consulente del Co.Ve.Co, cooperativa che fa parte del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico del Mose.

Durante il tour safari per Venezia avete quindi la possibilità di assistere a queste straordinarie relazioni tra animali. Non avvicinatevi troppo per non disturbarli, ricordatevi che stanno lavorando. L'aspetto interessante e notevole, soprattutto dal punto di vista antropologicoè che tutto questo è avvenuto, e avviene, in una atmosfera rilassata, senza mai che il Sindaco, il Rettore, il Patriarca, o le altre cariche pubbliche abbiano tuonato e si siano scagliati contro la corruzione dilagante che avveniva proprio sotto il loro naso per parecchi anni. Garbo agiografico. Sarebbe come chiedere a Bruno Vespa di parlare in diretta televisiva del fatto che il suo collaboratore per tanti anni a Porta a Porta Renato Mannheimer sia indagato dalla Procura di Milano per associazione a delinquere finalizzata a una frode fiscale da 7 mln di euro
Durante la bella stagione c'è la possibilità di rilassarsi seduti ai tavolini all'aperto sorseggiando uno spritz tonificante, nel cuore di Piazza San Marco, cullati dalla musica dell'orchestra privata del Caffè Florian. Sbirciando l'occhio sul tavolino del vicino, nella giornata fortunata, potreste assistere alla stipula dell' appalto dei sogni di tutta una vita, dove prestigiose imprese si impegnano ad asfaltare il Canal Grande piuttosto che a vendere all'asta il Canaletto qui di seguito riportato, il vero originale ai tempi del MOSE. 
Dipinto del Canaletto ai tempi del MOSE. @cassiuslullaby
Agli appassionati esperti cacciatori della selvaggina più rara, si consiglia di mettersi davanti all'ingresso di una nota impresa assicuratrice per poter scorgere i sacchi del nero giornaliero, che a Venezia rappresenta il vero petrolio, arrivare con l'aristocratico 'gatto sornione con gli stivali' (i piani di accumulo assicurativi hanno caratteristiche di impignorabilità ed insequestrabilità che attraggono coloro che necessitano, e sognano, di blindare il proprio capitale evaso al fisco).
Oppure sorprenditi con il tour dei "bacari", le caratteristiche osterie di Venezia, dove l'ubriaco cantore nordista, rimasto indietro, canta ancora in loop le lodi di un altro megaprogetto, quello della sublagunare di Renato Brunetta che tanto ama Venezia.
Non dimenticate di far visita anche all'Università Ca' Foscari dove con un po' di fortuna potreste incontrare il pregiudicato Paolo Scaroni, o simili, invitato dal Magnifico Rettore Carlo Carraro ad inaugurare l'anno accademico.
Gli amanti dell'opera lirica e del balletto possono assistere agli spettacoli del Gran Teatro La Fenice, ricostruito "com'era e dov'era" dopo il terribile incendio del 1996. Nel loggione, se fortunati, scorgerete Piergiorgio Orsoni ancora con l'elmetto, di ritorno da una attenta ispezione ai cantieri del MOSE o il patriarca Scola, impegnatissimo con la sua fondazione a cui i tangentisti donavano generosamente per accaparrarsi un posto in prima fila e meritarsi la sua benedizione.
Ma io lo so, voi avete ancora voglia di svagarvi, instancabili! Se avete voglia di trasgredire il Casinò di Venezia fa al caso vostro. Gattonando piano piano, elegantissimi, potreste fortunosamente imbattervi negli esponenti della famiglia Casalesi, l'ultima rispettabile famiglia illustre che ai tempi del MOSE degna la Serenissima di amorevoli attenzioni, ancora una volta immortalate da quei 'paparazzi' della guardia di finanza.


#Veneziastaiserena

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