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mercoledì 28 marzo 2012

Kuki Gallmann asks for help: seven elephant killed just in the first couple of months of 2012

Kuki Gallmann and her dauther Sveva protectors of nature.
Kuki Gallmann, famous author for his tales of Africa, is battling amongst flames and the most torrid ceaseless wind.That's not all. The property, OI ari Nyro in Kenya, to which she devoted his life, for whom life has lost the people dearest to her, is besieged by poachers. The poachers have targeted elephants in the reserve and they burn vegetation to drive out the elephants and then slaughter them with blows of Kalashnikovs. She is trying to protect the foundation created in the memory of her husband Paolo and son Emanuele, which Kuki buried in the same land protected when they are dead, both in the early eighties. The symbol of the foundation consists of two acacia trees. One smaller, one bigger. Months after the death of her husband, gave birth to a daughter, Sveva. With her now trying to save the reserve.
The tragedy is the resurgence of poaching with escalation beyond our control and seven elephant killed just in the first couple of months of 2012.
Kuki decided to launch his appeal beyond the borders of the country that lives. She says "We lost now almost half conservancy. Concentrating on saving lodges and forest. Fires were set at regularly intervals. Suspect is a group of three notorious poachers who had shot one of our rangers in the past too. We have managed to get before them tusks of seven out of the last 8 elephants they killed.She and her team are tired. They sleep outside, eat outside, take turns. The dry wind carries the fire of this period and the sky is red. "Pray for rain" asks Kuki, pray for rain. Alone can not do it. "We are tired, we're all too tired."

martedì 10 febbraio 2009

Kuki Gallmann, all'ombra dell'acacia il GIFT di vedere, di sentire e di comunicare

Questo post è in continua evoluzione, essendo frutto della contemporanea lettura dei libri di Kuki Gallmann nei quali scelgo dei passaggi che sento di condividere; questo articolo, nonostante comprenda anche citazioni testuali dalle opere della scrittrice, in nessun mondo può compensare l'emozione che solo la lettura in prima persona di una delle sue biografie può dare.

Cercare Kuki Gallmann significa fare un download dell'Africa: nei suoi libri il vento viaggiatore, che ha sorvolato pianure e vulcani spenti, laghi preistorici e savane punteggiate di branchi d'animali selvaggi, si sente veramente con il suo profumo di polvere e foresta, sterco e resina. Il punto di vista è quello di una veranda in un ranch nel centro dell'Africa, con vicino un camino in cedro rosso di foresta e pietra di lava e di un'aquila, l'uccello del sole, che si libra nel puro cielo scrutando crateri incontaminati e canaloni fitti dove scorrono imperterrite le cascate; i cani dormono sui tappeti sognando cacce interminabili.
I grandi ranch privati della Laikipia, la regione anticamera delle zone incontaminate lungo la frontiera settentrionale del Kenya; in uno di queste fattorie, precisamente a Ol Ari Nyiro (lett. Il luogo delle sorgenti scure), vive Miss. Kuki Gallmann, a cui l'Africa ha tolto tragicamente la felicità di un marito e di un figlio diciasettenne, ma le ha anche dato la possibilità di restare in contatto con l'amore grazie alla natura sempre così generosa, che ha alleviato quel senso di 'mai più' e del 'Amore, dove sei?' che quando arriva annienta l'anima; già perchè Laikipia è un luogo incantato di grandi valli e colline scoscese, savane dove cavalcavano branchi di zebre, elefanti ed antilopi.

Ora, di fronte a questa foto è difficile non preparare la valigia e dire "esco un attimo, torno subito, ma non aspettatemi per qualche anno", soprattutto in un paese come l'Italia, che negli ultimi decenni ha visto trasformare molti quadri ameni di campagna in supermercati del cemento, snaturando i luoghi privandoli di senso e dimensione. Kuki Gallmann a tal proposito scrive: 'A Milano l'aria odora d'armadi chiusi di naftaline stantie di polveri sparse a uccidere esangui parassiti di città'. Ovunque si costruisce nel nome di un progresso, che però non si prende cura della nostra anima nè la nutre, quest'ultima sempre più fragile e pacchiana. Il vuoto, il nulla bussa alle nostre vite. Benvenuti nella casa del Grande Fratello, spiritualmente ritardato. Si soffoca, quando invece il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura. La gioia di vivere deriva dall'incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell'avere un orizzonte in continuo cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso. Il medesimo concetto così viene espresso da Kuki Gallmann in poesia:
io penso evasioni
piccoli aerei come palloni precari
sospesi su paesaggi che non ho visto
fughe di zebre in tramonti rossi
palme diverse su spiagge sconosciute
voli di farfalle
imbazzarrite sul ravizzone dell'infanzia
e con i gabbiani della fantasia
plano su velieri misteriosi
fluttando volo
seguo la scia dell'avventura che fugge
Sveva Gallmann, figlia di Kuki Gallmann e Paolo Gallmann, nata il 18 Agosto 1980, tra i Maasai adorni dei colori rituali.
Torniamo alla veranda, già perchè in lontananza si sentono i lamenti dei sciacalli e delle iene erranti, dagli "occhi lucenti vedi e argento nella luce dei fari". Una straordinaria sensazione di libertà. Non semplicemente la libertà data da vasti spazi aperti.. ma la libertà di scelta, quella che abbiamo perso in quanto prigionieri.
La veranda dei Gallmann. 'La mia casa è alta ma sento i rumori dell'erba, gli alberi entrano con nidi dalle finestre spalancate'. La veranda che si protende su 'distanze intatte come una piattaforma spaziale per un viaggio cosmico'.

Ol Ari Nyiro Ranch, i luoghi dove Kuki Gallmann ha realizzato i sogni di bambina, confidando di essere stata infelice davvero solo quando ha dimenticato "here and now"; così descrive questi posti "Nei tramonti si sparge una polvere d'oro e aderisce ai cespugli trasfigurandoli. Luce densa di miele cola dalle colline e cangia in porpora"

L'anima farfalla di Kuki riesce a vedere, sentire e a comunicare , fino a gridare che "l'unica cosa che vince la barriera della morte è l'amore". Un amore generatore, quel generatore che ha dato tanto elettricità alla vita di Kuki; quell' amore con il quale "andava mano nella mano a guardare il tramonto ogni sera da un diverso colle" oppure alla Costa sull'Oceano Indiano dove Paolo Gallmann amava pescare con il figlio, ai Caraibi, Seychelles, Madagascar, mentre Kuki fantasticava di pirati arabi con i turbanti allentati dal monsone che inseguivano rotte remote d'avventura.

Kuki Gallmann con in braccio Sveva e vicino il giovane figlio Emanuele che scomparirà tragicamente pochi mesi dopo per il morso di una vipera, il 12 Aprile 1983. Emanuele infatti, amante sin da piccolissimo della natura e degli animali, aveva dopo la morte di Paolo, sviluppato la sua passione di sempre per i serpenti. Kuki avrà a dire ' Seppellire iun marito è stato duro, sepellire il mio unico figlio è contro natura'. In sua memoria ed in quella del marito morto il 19 marzo 1980 in un incidente stradale mentre portava la culla per la bambina che doveva nascere, ha fondato nel 1984 la Gallmann Memorial Foundation, un'organizzazione che si occupa della salvaguardia dell'ambiente.


Kuki, dopo la morte del figlio, scriverà:
Ti cercherò per sempre
e ti vedrò in ogni fiore
in ogni uccello, in ogni tramonto rosso
in ogni serpente che striscia via:
perchè tutto ciò che è bello
sarà te, per sempre.
Tutto ciò che è giovane e fiero
tutto ciò che è buono e forte.
Ma la Kuki ogni tanto si ricorda di Venezia? Come no! In 'Il colore del vento' menziona i tramonti sulla laguna e confida di parlare spesso di Venezia con Paolo, suo marito, perchè erano legati alla città da molti ricordi e numerose visite..insomma Venezia è per sempre come lei stessa afferma. 'Quando Venezia odora d'acqua nelle mattine io voglio camminare salendo i ponti a passi lunghi lasciar venire il vento lasciare quella luce celeste dorarmi gli occhi. Venezia odorerà di mattine avrà la luce dell'acqua riflessa nelle imposte entreranno voci in dialetto e sciabordio di remi volando colle ultime rondini. Nei caffé siederemo coi piccioni bevendo vino bianco come turisti meravigliati'. Più volte ricorda come il figlio Emanuele, fosse nato a Venezia, mentre nevicava e faceva freddo e che morì sotto il cocente sole africano.
'Le acacie di trine e ragnatele, la bellezza di questo paese mi ha fermato il cuore' ha detto Kuki Gallmann.

Mentre io nascevo il 10 Luglio 1979, Kuki Gallmann a Nairobi scriveva queste bellissime parole al suo amore Paolo:
Voglio arrendermi
alla gioia di sceglierti.
Voglio che tra noi per un attimo
si fermi il tempo
nei tuoi occhi voglio guardare
inseguendo l'infinito
Parole ancora più belle dopo la morte di Paolo: "Mi ascolti, dal tuo nuovo paese, questa notte di sbigottimento mi ascolti Paolo, lo sai che ti amo che la mia vita è un niente grigio futuro senza allegria senza spasimi di vita..tu la vita, tu la grinta di gioia, tu il sole, tu il nostro significato...Paolo per sempre, per sempre, per sempre Paolo sei diventato tutto".
Sulla tomba del marito defunto Kuki Gallmann ha piantato un'acacia della febbre gialla, il suo albero preferito. Il figlio Emanuele è stato sepolto anch'egli sotto una acacia vicino a Paolo, con la vipera che l'ha ucciso (dente per dente). Tutte le sere Kuki racconta di far accendere un fuoco per vegliare sulle tombe e di far risuonare delle canzoni così amate da Paolo.

'C'è un posto vuoto alla mia tavola, è preparato per te Emanuele. Al tuo posto c'è un ibisco rosso, è preparato per te'. L'ibisco rosso è il fiore preferito dai Gallmann.
Tipico paesaggio della Laikipia.

Kuki sa che attraverso la sofferenza si cresce. 'In un attimo tra la speranza e la disperazione. tra la vita e la morte, tra il prima e il dopo, ho capito che questa natura che ci crea, ci nutre, ci distrugge e ci sopravvive impassibile, va rispettata e curata come l'unica certezza vera. Perciò Laikipia diventerà la sede di una fondazione alla loro memoria. dpve giovani entusiasti come è stato Emanuele impareranno a conoscere, a utilizzare e a proteggere quell'ambiente che Paolo e Emanuele amavano e capivano. La vittoria dell'amore contro il dolore, lo spreco e la morte.'
Dice Kuki 'Anche le stelle muoiono eppure ne vediamo ancora la luce'.
Un giardino ben curato di un ranch in Laikipia. I fiori dovrebbero essere gli ibischi.

sabato 17 novembre 2007

Kuki Gallmann, una veneta africana, cittadina del mondo.

Tratto da un articolo a cura di sandro murtas Pubblicato il 28/08/2004

"Trasferitasi dall'Italia In Kenya negli anni '70, seguendo l'amore per Paolo Gallmann, suo secondo marito, ma anche il suo istinto e..... forse già da allora, il suo destino. Portò con sè anche Emanuele, suo figlio, e un pò di nostalgia per la campagna veneta, dove aveva passato la sua infanzia. Penso che lei abbia sempre avuto il Kenya dentro, l'amore per gli spazi sconfinati e la natura allo stato puro; infatti al suo arrivo a "Ol Ari Nyiro", scrutando oltre la casa da riassestare e vedendosi la maestosità dell'antica Rift Valley, esclamò qualcosa come: "sono a casa!" Aveva trovato ciò che stava cercando! Dal quel momento, niente l'avrebbe più sradicata da quell'"Eden", neppure le peggiori tragedie che possano capitare ad una persona : la perdita della persona che si ama e, ancor più, del proprio figlio!! Perchè "perdere l'amato compagno è un dolore atroce, ma perdere il proprio figlio è contro natura".
Paolo Gallmann morì nel 1980, in un incidente stradale, qualche mese prima della nascita di Sveva, loro figlia. Emanuele si spense tre anni dopo a soli 17 anni, nelle braccia della madre, a causa di un morso di vipera dalla quale stava estraendo il veleno; i serpenti erano la sua passione fin dal primo momento che mise piede in Kenya: una specie d'attrazione mistica e fatale! Mi piace pensare che la prima parola di swahili che Ema abbia imparato sia "nyoka"( serpente ).
Sembrerebbe la tragica fine di una storia finita, invece è soltanto l'inizio di una grande impresa, di una missione che solo la caparbietà e la forza di una grande donna aiutata dalla onnipresenza di due spiriti che l'hanno sostenuta e le danno man forte nei momenti difficili. Si, perchè Paolo ed Emanuele sono scomparsi solo materialmente, ma i loro spiriti dimorano sotto due alberi di acacia nel giardino di Kuti; gli stessi alberi simbolo della ovvero la causa per cui la famiglia Gallmann si è sempre battuta da quando è arrivata in Kenya: la salvaguardia del patrimonio naturale e faunistico e la sua coesistenza con l'uomo ed il suo progresso. Nel 1980, quando l'uccisione di rinoceronti ed elefanti divenne una grande minaccia, Paolo e Kuki fecero diventare Ol Ari Nyiro, 100 mila acri di terreno sugli altopiani kenioti, ai piedi della Grift Valley, una riserva naturalistica, intenti a preservare la vita e le bellezze del posto. Nel 1984, dopo la scomparsa di Ema, Kuki Gallmann fondò in memoria del figlio e del marito, il GMF (Gallmann Memorial Foundation), volendo dimostrare l'armoniosa coesistenza dell'uomo con la natura e la vita selvaggia; infatti nella tenuta vivono e lavorano diverse tribù indigene e trovano spazio elefanti, rinoceronti, leopardi e tantissime altre specie di animali immersi in una ricchisssima e varia vegetazione. Il GMF è oggi anche un centro studi ed educazione ambientale per i giovani kenioti che affrontano dei corsi per prepararsi a difendere l'ambiente in cui vivono. Tutto questo senza scopo di lucro! Questa donna è riuscita a superare mille ostacoli e le asperità di una terra, il Kenya, che tanto dà, ma che tantissimo pretende; è riuscita a fare di una tragedia familiare una ragione di vita, e ogni giorno onora la memoria di Paolo e Emanuele con il duro lavoro di chi ama profondamente quella terra. Dal 1997 cittadina Keniota, può contare sull'aiuto di sua figlia Sveva, oramai ventenne, e di tuuti coloro che hanno capito quanto grande e giusta è la sua impresa. Kuki Gallmann ha scritto alcuni libri, di tipo biografico, che oltre a farci conoscere la sua esistenza, ci danno una immagine reale del Kenya degli ultimi 25 anni: la vita, le persone e i fantastici paesaggi di un posto dove il tempo sembra essersi fermato. I libri sono : "Sognando l'Africa"(tradotto in 21 lingue e fonte d'ispirazione dell'omonimo film); "Notti Africane"; "Il colore del vento"; "Elefanti in giardino".

Sveva Gallman

La successiva intervista alla poetessa e scrittrice Kuki Gallmann è stata realizzata da Valentina Acava Mmaka, una giovane sociologa, che ha vissuto dalla nascita in Sud Africa.

Cara Kuki, ti ringrazio di questo incontro. Siamo sulle colline del Mukutan, davanti a noi le gole della Grande Rift Valley. Le nostre schiene appoggiate sul tronco nodoso di un'acacia della febbre gialla, è qui che vieni spesso a ricevere le suggestioni che madre Africa dispensa ai suoi "figli" e a scrivere. Invitiamo i tuoi lettori a sederci accanto nel cerchio caro alle tradizioni dei cantastorie, per ascoltare e confrontarsi.Da trent'anni vivi in Africa, in Kenya. Nei tuoi libri questa straordinaria terra è raccontata sempre, anche nei momenti di reale drammaticità, con uno sguardo positivo, come se inevitabilmente essa fosse dispensatrice di bene. Dici di aver sempre amato la scrittura. Quando hai cominciato a scrivere con l'intenzione di uscire allo scoperto e cercare il confronto con i lettori?

Il mio primo libro è stato una catarsi. Non avevo intenzione di pubblicarlo. Lo scrissi per me, per mia figlia così che potesse capire cos'era accaduto, vedere con i miei occhi un padre che non aveva conosciuto, essendo nata qualche mese dopo la sua morte, e un fratello che aveva adorato. Lo scrissi per Paolo e per Emanuele per onorare la loro memoria. Un amico inglese, editore, mi convinse a pubblicarlo. Mi disse che altri genitori forse sarebbero stati aiutati dal mio atteggiamento positivo nel reagire alle tragedie. Allora mi sembrava impossibile. Ma si è rivelato vero.

C'è qualcuno o qualcosa che ha influito sulla tua necessità di scrivere?

Sono cresciuta in una famiglia colta dove artisti, pittori e soprattutto scrittori erano di casa. Fin dalla prima infanzia, sono stata affascinata dal suono e dalla musica delle parole. Con mio padre, leggevamo poesie a due voci, momenti magici. Mia madre è una nota storica d'arte. Mio padre scriveva. Amava i viaggi nel Sahara e si occupava di archeologia.Sono estroversa, e scrivere è sempre stato il mio modo di esprimermi, e anche un rifugio. Giovanni Comisso e Goffredo Parise erano amici della mia famiglia e commensali abituali alla nostra tavola. Io ascoltavo. Non mi sfuggiva niente. Scrissi la mia prima poesia a sei anni. S'intitolava La sera.

Tu scrivi i libri in inglese. Molti scrittori, mi vengono in mente Joseph Conrad o Samuel Beckett, hanno scelto di scrivere in una lingua diversa dalla loro lingua madre. Tu come mai scrivi in inglese? Perché secondo te si fa la scelta di una lingua letteraria diversa da quella madre?

È la lingua corrente del luogo dove ho scelto di vivere ed è ricchissima di sfumature, sintetica e precisa, che spiega benissimo dettagli e nuances in una parola sola. È una lingua internazionale che si può parlare raffinatamente, come ogni altra lingua, e forse gli studi di lingue classiche del liceo mi hanno aiutata a carpirne i segreti, perché dopo tutto, le parole più belle provengono dal latino.

Lo scrittore keniota Ngugi wa Thiong'o da anni ha fatto la scelta di scrivere solo nella lingua kikuyu, accendendo una intensa discussione sulla opportunità di "abbandonare" la lingua dei colonizzatori, in quanto scrittore africano, perché portatrice di falsi valori e soprattutto incapace di rappresentare lo spirito della gente africana. Come scrittrice e osservatrice dell'attività letteraria africana, che cosa ne pensi?

È una scelta personale, certamente dettata da motivi profondi e come ogni scelta va rispettata. Ma se si vuole che ciò che si dice sia ascoltato da molti e non solo da un numero ristretto di lettori, credo che un linguaggio universale sia più efficace. Non dimentichiamoci che in Kenya ci sono 43 tribù e ognuna ha una lingua diversa. Il kikuyu è una di queste lingue ma non è la lingua nazionale del Kenya. Posso tuttavia dire che le traduzioni dei libri non sempre riescono a trasmettere con successo il senso profondo del testo, talvolta si travisano i significati o si traduce troppo alla lettera, è anche per questo motivo che io traduco personalmente in italiano tutti i miei libri. Per quanto riguarda l'esempio di Ngugi wa Thiong'o credo che politica ed estremismo non abbiano alcuna parte nell'arte dell'espressione.

La scrittura è un esercizio che richiede solitudine. L'Africa dei grandi spazi offre questa condizione ideale per chi scrive. Qual è il tuo rapporto con la solitudine?

Io vivo sola - con i miei cani - e le mie giornate sono pienissime; scrivo di notte. Amo molto "ascoltare" il silenzio come diceva Emanuele. Il silenzio in Africa è pieno di voci e la solitudine è piena di presenze.

Che cosa rappresenta per te la scrittura? Hai sempre scritto di te, dei tuoi incontri, delle tue emozioni, dei tuoi affetti. Hai mai pensato di scrivere altre esperienze, storie che abbiano per protagonisti personaggi di invenzione?

Giovanni Comisso diceva che tutti i libri - quelli buoni - sono autobiografici. Finora i miei libri sono stai raccontati in prima persona, ma ci sono anche molti personaggi nati da persone che ho incontrato, conosciuto e amato. Ho altre storie e quando verrà il tempo giusto, le racconterò.

Come nascono i tuoi libri?

Mi siedo alla mia scrivania o sotto un albero e lascio venire i ricordi. Amo raccontare e dipingere con le parole.

Hai composto anche poesie. Cosa esprimi di diverso rispetto alla narrativa quando scrivi poesia?

Immediatezza. Cogliere l'essenza di un attimo.

Chi scrive ha sempre a che fare con la memoria. Platone diceva che la memoria è come un albero sui cui rami si posano gli uccelli. L'albero è la mente e gli uccelli sono i ricordi che vanno e vengono all'albero quando meno ce l'aspettiamo, senza preavviso. Condividi questa descrizione? Qual è il tuo rapporto con la memoria?

È una descrizione bellissima, che non conoscevo e che condivido. Spesso i ricordi ci colgono impreparati, sono inevitabili. Tutto ciò che abbiamo vissuto è scritto per sempre dentro di noi e può riemergere in ogni istante.

Nella tua vita, quella che emerge dai racconti, c'è una forte presenza di simboli, di ritualità: il fuoco, il racconto, la musica sono "forze" che hai acquisito confrontandoti quotidianamente con la civiltà africana?


Può darsi.

Nei tuoi libri si parla molto di musica. Che rapporto c'è tra musica e letteratura?


La musica è evocativa, immediata. La musica classica, il flauto delle Ande, la musica veneziana del settecento sono spesso il sottofondo delle mie sere. O il concerto impeccabile delle voci della natura, che non disturba, è nobile e aiuta il fluire dei pensieri.

La memoria dell'Africa è colma di perdite e di dolori. Qual è il tuo rapporto con il dolore?

Il dolore psicologico è una reazione a una ferita del destino. Si deve vivere il dolore fino in fondo per superarlo e andare avanti, trovare uno scopo, vivere le proprie sfide fino in fondo..

Cosa ti ha insegnato l'Africa in quanto donna, madre, moglie, figlia?

Ad accettare, ad imparare le lezioni della vita, ad andare avanti.

Quali sono le ore della giornata che dedichi alla scrittura?

La notte, di solito, o le lunghe sere.

Come scrivi? (a mano, a macchina, con il computer)

Dipende da dove mi trovo. Spesso a mano e poi in un secondo momento riporto tutto sul computer.

Hai degli autori, dei "padri" e delle "madri" letterarie che ti accompagnano nella tua crescita personale e professionale?

Sì, penso alla poesia di Giovanni Pascoli; a Leopardi; a Dante, soprattutto il quinto canto dell'Inferno; e poi St. Exupery; Wilfred Thesiger; Llewellyn Powys; Karen Blixen.

Hai dei rapporti diretti con la letteratura africana?

In Africa orientale la tradizione è soprattutto orale. I canti delle donne Pokot , Turkana, Sambuu sono come un suono della natura.

Qual è l'immagine o l'incontro più bello che ti lega all'Africa?


Mille ricordi ... Cheptosai Selale, la vecchia donna delle erbe. Una vera amica. Ne parlo nel mio ultimo libro. Joseph, Michael. Incontri speciali. Sedermi tra la tomba di Paolo e quella di Emanuele, sotto gli alberi che sono diventati, e poterli sentire vicinissimi. Sveva, la sua bellezza radiosa la sua mente vivace e intelligentissima. La foresta di Enghelesha protetta con le sue creature e i suoi misteri e il lago Baringo, uguale nella lontananza della valle del grande Rift. La luna piena sul mio prato e gli storni, come usignoli.

Sei fondatrice della Gallmann Memorial Foundation che si occupa di salvaguardare il territorio africano, coinvolgendo i giovani in corsi di educazione ambientale e sviluppo sostenibile. In che modo la letteratura c'entra con l'impegno di tutelare l'ambiente?
Ritieni che i tuoi libri contengano anche un messaggio in tal senso?


Spero proprio di sì altrimenti avrei fallito nel mio intento. Tutto ciò che faccio dalla morte di mio figlio, è cercare di proteggere l'ambiente in cui lui - e Paolo- era vissuto e dove ora vivo io e sua sorella- sua figlia. Cerco di fare qualcosa per lasciare un segno; qualcosa che non sarebbe avvenuto se Paolo e Ema non fossero vissuti e morti qui in Africa. Attraverso i miei libri si respira la vitalità della natura e delle sue infinite specie che vanno salvate dalla distruzione umana perché tutte contengono la nostra storia.

La tua Fondazione ha recentemente istituito dei concorsi letterari. Come ti è venuta questa idea e a chi sono rivolti?

Aiutare la creatività è importante, perché è al di la della politica, del tempo della guerra. Amo e rispetto i giovani e voglio aiutarli. Questo è per giovani poeti Kenyoti.

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