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mercoledì 9 luglio 2014

Il Gazzettino, la mano morta della conservazione.


Se l'inchiesta sul #Mose a Venezia ha scoperchiato un sistema autoreferenziale corrotto che poteva alimentarsi impunemente da decenni sicuramente lo dobbiamo anche ad un giornalismo servile che giammai rischia inchieste giornalistiche. Un giornalismo dalla mano immobile morta, mai una difficoltà vera, che non osa e si limita al mero compitino per casa. Il Gazzettino, non ce la fa a restare al passo con i tempi. Ancorato ad una visione rigida del mondo, puramente descrittiva, il Gazzettino potrebbe essere il giornale degli anni '80 di Fantozzi, dove spuntano come funghi qua e là notizie tragicomiche senza mai una visione d'insieme o qualcosa che si possa avvicinare all' anima di un giornale. All'inizio dell'anno, prima che Venezia venisse falcidiata dall'inchiesta, avevo scritto una lettera aperta critica al direttore del Gazzettino sull'impostazione fastidiosamente banale del suo quotidiano, ovviamente mai pubblicata, in cui scrivevo « noi lettori meritiamo giornalisti che sappiano anche schiaffeggiare arditamente e tirare per le orecchie giunte, sindaci, assessori ». Stavo sognando.
L'inerzia guarda la tv e legge il Gazzettino.
Ma veniamo all'articolo della vergogna. La doverosa premessa, è che ben due ex presidenti del Magistrato alle Acque, Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva si trovano in carcere con l’accusa di aver ricevuto tangenti e regalie dal Consorzio Venezia Nuova - secondo l’accusa cioè sarebbero entrambi stati sul libro paga dell’ente che avrebbero dovuto controllare. Se perfino il controllore è marcio, tutto è perduto. Un paese sull'orlo del baratro, con oltre 2000 miliardi di debito, sta affondando proprio nell'indifferenza degli uffici stampa compiacenti con i poteri forti e spietati con le vocine fuori dal coro. Non stupisce se Tina Merlin, giornalista dell'Unità, fosse l'unica voce che brillava sulla diga del Vajont. I rompiscatole vanno emarginati.
Fortunatamente, ma non per il Gazzettino, esiste un gruppo di persone guidate da Tommaso Cacciari che, ancora nell'Ottobre 2012, avevano gridato al mondo che qualcosa non tornava nell'agire del Magistrato alle Acque. Avevano occupato i loro uffici, pagando in prima persona anche l'indifferenza degli altri. Gente che ancora lotta mentre i giornalisti gattonano a mangiarsi i pasticcini ai buffet della vergogna. Tommaso Cacciari sugli avvenimenti dell'Ottobre 2012 ha avuto modo di dichiarare: « Sono stato condannato a otto mesi, per occupazione di terreni quando entrammo al Magistrato alle Acque retto dalla signora Piva oggi in manette. Siamo stati querelati per diffamazione quando li chiamammo “corrotti” ». 
L'occupazione del Magistrato alle Acque, chiaramente simbolica e provocatoria dopo gli arresti di cui sopra, ha avuto ancora luogo nel luglio 2014, dopo quindi che il Governo aveva deciso la soppressione dell'istituzione, simbolo di uno Stato che invece di controllare fiancheggiava per assurdo il malaffare. Ed eccoci all'articolo della vergogna. Il Gazzettino, invece di volare alto e contestualizzare l'occupazione nell'ambito di uno scandalo senza precedenti, si mette a fare l'inchiesta sui bagni del Magistrato alle Acque, trattando quei manifestanti, proprio coloro che non erano sul libro paga del Consorzio Venezia Nuova, come fossero barbari animali. Il Gazzettino riesce nell'intento editoriale ed ecco fioccare i commenti anonimi forcaioli della conservazione: « teppisti fannulloni spaccatutto da metterli i ceppi», «Tommy a carogna», «Nullafacenti che creano danno e disagio», «risorse da galera», «Non sono veneziani, furbetti del quartierino», «Squadracce nere in camicia rossa», «i No Global sono come i mafiosi»,  «Dinastia Cacciari, sempre peggio». 
Doña María del Rosario Cayetana Alfonsa Victoria
 Eugenia Francisca Fitz-James Stuart y de Silva 
Falcó y Gurtubay, principalmente conosciuta solo come 
Cayetana d'Alba o La duchessa d'Alba, diciottesima 
Duchessa d'Alba de Tormes, Grande di Spagna 
(Madrid, 28 marzo 1926), è una nobile spagnola.
La chiurgia estetica, altro esempio
di mano morta conservativa.
Santa Inquisizione che è la vostra Conservazione! Quanta frustrazione vi leggo. Inutile menzionare che il sottoscritto ha tentato di lasciare un commento diverso dagli altri, critico anche verso il Gazzettino, ma lascio immaginare a voi se abbia passato le maglie della censura conservativa. 
Un giornalismo di questo tipo alleva la conservazione, quella che ci sta portando congelati e commissariati all'asfissia per debiti. Scrivere un articolo che insista su quello che sembra il passaggio delle orde barbariche di Attila e che rimandi di conseguenza ad un presunto pericolo estremista proprio in quei movimenti giovani e freschi che le bustarelle non le prendevano e che reclamano di diritto un qualche futuro, significa candidarsi a diventare l'ufficio stampa del Titanic. Provo pena anche per quei lettori prediletti del Gazzettino, con quattro soldi da parte che accentuano il loro ringhiare sordo conservativo messo in pericolo da istanze di maggiore distribuzione della ricchezza, e che da sempre votano Lega o Popolo della Libertà per poi ritrovarsi culturalmente con la vergogna in tasca della laurea falsa del trota a Tirana piuttosto che rappresentati da quell'evasore pregiudicato di Berlusconi. Quanta ignoranza anche nel Il Gazzettino, la mano morta della conservazione.

mercoledì 25 luglio 2012

Il Fatto Quotidiano degli italiani all'estero.


L'emorragia italiana di giovani talenti come un fiume sotterraneo di lava fa affluire continuamente all'estero migliaia di giovani teste pensanti. Pochi notano e analizzano questa lava che anticipa l' eruzione. C'è un quotidiano però che in questo momento fa una piacevole differenza e diventa un punto di riferimento per tutti gli italiani all'estero. Il Fatto Quotidiano.

martedì 1 febbraio 2011

Liberazione: Raìs al tramonto

Prima pagina di Liberazione 01/02/2011

Ultimi fuochi per Mubarak e Berlusconi, uniti dalla medesima vocazione dinastico-totalitaria. Il primo assediato dal suo popolo, sta per essere costretto alla resa. Il secondo cerca di salvarsi in extremis con un appello alla collaborazione rivolto alle opposizioni. Che al momento replicano: "Prima vattene". Ma la sola risposta credibile è il ritorno alle urne. Per cambiare sul serio.

venerdì 24 dicembre 2010

Il Vittorioso: nel "gioco delle copie" ha molti clienti, il peggio della borghesia italiana

Ho appena finito di leggere il Vittorioso. Arrivato alla quinta edizione in pochi giorni, non ho resistito. Leggibile e devo dire complessivamente piacevole. Il libro, che dà ampia voce ad uno dei giornalisti più discussi e controversi, proietta il lettore nell'ennesimo  mondo autoreferenziale, percorso continuamente dal brivido della vendita e dal "gioco delle copie"; in questo gioco, ecco comparire anche la moglie di Stefano Lorenzetto, indispettita per la mancata pubblicazione sul Il Giornale, dove lavora il marito, della notizia della nascita del loro secondogenito. Stefano Lorenzetto a quel punto, dodici mesi dopo la nascita, si prese una sorta di "rivincita" comprando sullo stesso giornale una inserzione a pagamento in cui si festeggiava il figlio di un anno. Questo episodio è la spia di come in determinati ambienti, come le redazioni dei giornali, si creino dei mondi paralleli autoreferenziali, dove a furia di coltivare il proprio Ego e di sentirsi degli Dei, diventa una questione di vita e di morte che un giornale riporti la notizia della nascita del figlio di un proprio dipendente. Chi se ne frega.
"Bisogna che ci inventiamo qualcosa" sospirava Vittorio Feltri, ossessionato dal grafico delle vendite. Vendere, vendere, vendere. A me non pare un gioco delle copie ma piuttosto una malattia delle copie.
Stefano Lorenzetto scrive: "La spregiudicatezza di Feltri nel fare i giornali l'ho sempre vista coniugata a un fiuto eccezionale per i fatti destinati a diventare eventi e a una cavalleresca noncuranza per le convenienze di schiaramento. Quello che sente di dover fare, fa. Non gl'importa nulla dell'editore, del Palazzo, del costume prevalente, del giudizio dei colleghi: il suo pensiero fisso è rivolto solo al lettore, il suo unico padrone."
Ma io allora mi chiedo; se Maurizio Costanzo negli ultimi sussulti della sua carriera di giornalista creava alla domenica delle arene dove si potessero insultare ed aggredire i concorrenti del Grande Fratello, ottenendo quel "picco" d'ascolto che lo potesse appagare e farlo bofonchiare compiaciuto, non è che quella che il Lorenzetto chiama "spregiuticatezza di Feltri" altro non sia che la solita tecnica aggressiva, mistificatrice e volgare, per creare quella violenza,  quello spernacchiamento nella titolazione, che piace da sempre ai lettori frustrati e che è funzionale solo ad aumentare le vendite a discapito della propria deontologia professionale e di una qualche ricerca di verità e virtù?  A Feltri piace definirsi in "bega con mezzo mondo" e lui stesso riferendosi ai bilanci risanati, ammette che "per sistemare i conti devi fare del male". Sono parole di Vittorio Feltri: "Ho giocato sporco, lo ammetto" riferendosi all'utilizzo di videocassette porno di Moana Pozzi per aumentare la tiratura delle copie. Sono le stesse persone che in Italia hanno il coraggio di indignarsi per le violenze createsi durante i movimenti studenteschi. Per aumentare le vendite del suo giornale Vittorio Feltri deve a suo dire fare male, gli studenti per riprendersi un futuro, a loro negato, non dovrebbero fare male.
Ecco, inoltre il conio di nuovi concetti, quali il killeraggio mediatico ed il dossieraggio. In fondo Vittorio Feltri guadagna sul venduto. A furia di calunniare arriva a guadagnare 750.000 euro lordi l'anno. Addirittura Belpietro, arriva a dichiarare pubblicamente di aver detto battute al vetriolo attribuibili in verità a Vittorio Feltri, vedi il caso del trattamento riservato al giornalista Lucio Lami; è la gara di chi si sente orgoglioso e vuole rivendicare di essere stato il primo a gettare merda, invece che inchiostro. Io ci vedo solo la vergogna di una parte del giornalismo italiano.
Vittorio Feltri ha in comune con Berlusconi quella semplicissima e banale teoria politica che vedrebbe Mani Pulite aver deliberatamene sbaragliato il pentapartito per lasciare volutamente ai comunisti la strada libera per vincere le elezioni, per mancanza di avversari. Entrambi asseriscono che in quel frangente, Berlusconi scese in campo per salvare la democrazia. Imbarazzante in seguito il trattamento del Il Giornale di Vittorio Feltri nei riguardi di Antonio Di Pietro, fino alle scuse ed alla transazione finanziaria, episodi che mineranno per un breve periodo il rapporto tra Vittorio Feltri ed Il Giornale della famiglia Berlusconi.
Mi son trovato d'accordo con Vittorio Feltri soltanto quando asserisce che al giorno d'oggi chiunque vada a comprare il giornale all'edicola ha la sensazione d'avere fra le mani il quotidiano di due giorni prima, talmente ormai le persone sono bombardate da notizie in tempo reale. Condivido il suo essere un animalista convinto. Per il resto, aveva ragione Indro Montanelli a dire "Feltri asseconda il peggio della borghesia italiana. Sfido che trova i clienti." Già, uno che tiene un busto di Benito Mussolini nel suo ufficio, non può che assecondare il peggio della borghesia italiana.

Montanelli e Feltri a confronto.

lunedì 1 novembre 2010

Marsilio Editori compie 50 anni

Nel mondo dell'editoria c'è una galea veneziana, l'ammiraglia Marsilio Editori, che da 50 anni solca leggera quel mare magnum che chiamiamo cultura. È l'anniversario e per l'occasione si è tenuta una grande festa al teatro La Fenice a Venezia.


Costantinopoli si può ancora conquistare? certo se nel 2010 si chiama Sonzogno ed ha un certo che di femminile. L’editrice veneziana ha acquisito infatti la storica Sonzogno ed il suo catalogo, rilevando così uno dei più antichi e popolari marchi dell’editoria italiana. La casa editrice veneziana, partita da quel porto sicuro che diede alla storia anche il primo editore in senso moderno, Aldo Manuzio (1449-1515), percorre ora a vele spiegate rotte prima sconosciute, che potranno portare i suoi lettori verso incantevoli lidi remoti. Rimanete saldi al vostro posto. Lidi gialli come la sabbia dorata. Vele al vento verso l'ignoto. Duri ai banchi, in quel mare che è la vita.


Intervista al Prof.re Cesare de Michelis per i 50 anni della Marsilio Editori, nata il 23 febbraio 1961.
 «Far libri, stamparli, leggerli, scriverli, raccoglierli, venderli, recensirli, nella mia vita mi sembra di non aver fatto altro, come se un’ossessiva passione mi avesse travolto appena ragazzo. Eppure da sempre mi è sembrato non privo di significato farli qua, dov’ero cresciuto, nella nostra terra, magari a Venezia.

Quando cominciai lo sapevo e non lo sapevo che la Serenissima era stata la patria del libro, che proprio nell’isola aveva preso forma e si era definito all’alba del Cinquecento, quello strano mestiere che è far l’editore, grazie a Aldo Manuzio, il principe e il principio di tutta la storia dei libri.

Per questo continuo a fare libri a Venezia, come se il tempo che intanto è passato non sia bastato a cancellare una storia che ha ormai cinque secoli e più»
                                                                                 Cesare De Michelis
Le sede della Marsilio Editori, recentemente restaurata, ben visibile per chi arriva a Venezia attraversando il Ponte della Libertà, è per dirla con le parole di Cesare De Michelis «il baricentro esatto di Venezia intesa come terraferma e centro storico».

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