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domenica 16 dicembre 2007

Merowe Dam: una diga Cinese in Sudan

La diga di Merowe, la maggiore opera idrica in corso in Africa, vuole creare, entro il 2008, un bacino artificiale di raccolta dell’acqua al fine di migliorare la fornitura energetica del Sudan. Il principale Paese implicato nel progetto è la Cina.

La macchina cinese al lavoro; con la laboriosità tipica di un formicaio, la diga di Merowe, sulle rive del Nilo, meglio conosciuta come Merowe Multi-Purpose Hydro o Hamdab Dam, è un imponente progetto di costruzione nel nord del Sudan, circa 350 km a nord della capitale Khartum.

Una sezione della diga Merowe. La diga, il cui bacino di raccolta dell’acqua raggiungerà i 174 km di lunghezza e i quattro di larghezza, dovrebbe servire a migliorare la fornitura energetica del Sudan. Una volta terminata, conterrà un serbatoio di 12,5 km³, circa il 20% del flusso annuale del Nilo.

Il principale Paese implicato nel progetto è la Cina. E’ infatti la China Import Export Bank a fornire buona parte dei finanziamenti per la costruzione della diga, attualmente portata avanti da una joint venture composta dalla China International Water & Electric Corp e dalla China National Water Resources and Hydropower Engineering Corporation. Hanno un ruolo non secondario anche alcune istituzioni finanziarie arabe, la compagnia tedesca Lahmeyer International e la francese Alstom.

Il costo totale del progetto si aggira intorno ai 1.200 milioni di euro finanziati da: China Import Export Bank (circa 240 milioni di euro); Arab Fund for Economic and Social Development (circa 130 milioni di euro ); Saudi Fund for Development (circa 130 milioni di euro ); Oman Fund for Development (circa 130 milioni di euro ); Abu Dhabi Fund for Development (circa 85 milioni di euro ); Kuwait Fund for Arab Economic Development (circa 85 milioni di euro ). I costi rimanenti si suppone siano coperti dal governo Sudanese.



Impatti ambientali
La diga di Merowe, la maggiore opera idrica in corso in Africa costringerà al reinsediamento forzato oltre 50.000 persone. Il rapporto di IRN (International Rivers Network) e di The Cornerhouse, basato sui risultati di una missione sul campo, evidenzia come le comunità locali siano costrette a lasciare le terre fertili sulle rive del Nilo per zone del deserto nubiano e denunciano come non vi sia stata un’adeguata valutazione degli impatti ambientali del progetto.
Durante la sua costruzione non sono mancati arresti, massacri e violazioni dei diritti umani. Le mancate politiche di reinsediamento e di compensazione del governo sudanese stanno esasperando le popolazioni impattate dalla diga di Merowe. L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) denuncia la situazione di 50 mila persone, appartenenti ai gruppi arabi dei Manasir, Amri e Hamadab, che rischiano di perdere le loro case presso le rive del Nilo in Sudan e di essere forzatamente espropriati delle loro terre a causa del riempimento del bacino di raccolta della diga di Merowe. L’associazione chiede alle imprese coinvolte nella costruzione della diga di sostenere le vittime almeno nella loro richiesta di risarcimento. Le offerte di risarcimento avanzate dal governo sudanese sono state finora rifiutate dalla popolazione colpita in quanto ritenute insufficienti, mentre le famiglie interessate si battono anche contro il reinserimento forzato in regioni desertiche e non-coltivabili. Con il completamento del riempimento del bacino della diga, 50 mila persone, contadini e allevatori, perderanno non solo le proprie case, ma anche campi coltivati e pascoli, che finora garantivano la loro esistenza e sopravvivenza economica.
I primi sfollati sono stati sistemati ad El Multaga. In questo centro abitato negli ultimi due anni il tasso di povertà è aumentato dal 10% al 65%. Il costo delle pompe che in assenza del fiume servono per irrigare nonché la povertà del suolo nel quale sono reinsediati hanno inciso non poco sulle condizioni economiche delle popolazioni dell’area. La popolazione degli Amri, la seconda più numerosa ad essere impattata dalla costruzione della diga di Merowe, in Sudan, ha recentemente avviato una serie di proteste, in parte sfociate in atti di violenza. Gli Amri contestano la decisione unilateralmente presa dalle autorità governative di procedere con il loro reinsediamento nell’inospitale regione di Wadi Al Mugadam. Secondo la “Campagna per la riforma della Banca Mondiale”( CRBM )si tratterebbe, peraltro, di una zona desertica utilizzata anche come discarica per le scorie nucleari.
International Rivers Network (partner internazionale di CRBM) chiede che la costruzione della diga di Merowe, sul tratto del Nilo che attraversa il Sudan settentrionale, sia sospesa sine die. La richiesta, inoltrata alla China CCMD Consortium, Alstom, Lahmeyer International ed allaABB, ovvero le società che compongono il consorzio costruttore dell’opera, è stata fatta in quanto la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) del progetto non sembra rispondere ai numerosi interrogativi in merito alla fattibilità del progetto. Tale giudizio negativo sulla VIA è stato espresso da una revisione indipendente realizzata dallo Swiss Federal Institute of Acquatic Science and Technology. Lo studio denuncia i seguenti impatti negativi: le fluttuazioni della portata dell’acqua del Nilo nel tratto interessato dalla diga porteranno alla progressiva erosione degli argini del fiume; la sedimentazione provocherà una diminuzione della capacità di produrre energia idroelettrica; l’inquinamento e la decomposizione di materiale organico costituiranno un serio pericolo per la salute delle popolazioni che berranno l’acqua e mangeranno il pesce presente nel bacino artificiale formato dalla diga; - la distruzione dei siti archeologici presenti nell’area.
Lo studio della Swiss Federal Institute of Acquatic Science and Technology mette inoltre in luce come le emissioni di gas serra prodotte dall’impianto equivarranno a quelle rilasciate nell’atmosfera da un progetto di estrazione di gas naturale in grado di fornire lo stesso ammontare di energia.

La documentazione qui riportata salvo le immagini, è stata tratta da sito Centro di documentazione sui conflitti ambientali

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