Visualizzazione post con etichetta Arcadia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Arcadia. Mostra tutti i post

domenica 7 ottobre 2012

Arcadia, a myth or a reality?

Thomas Cole, Dream of Arcadia, 1838. Denver Art Museum.
Let me completely disagree with the idea that 'Arcadia remains an imaginary country' ('Myth of Arcadia' by Susan E. Alcock in Cambridge Illustrated History - Ancient Greece by P. Cartledge) In particular in that article written by Susan E. Alcock it is written that, according to a noted botanist Oliver Rakham, 'land has gone to the bad since classical times'. Stop, stop, stop. It has gone to the bad from which point of view?! Are we judging the hard life of a shepherd dressed in rags with the point of view of a literate citizen of Athens or Cambridge? This is homogenizing and, at this point, I would consider better the ideas of the Physiocrats. The fact that Arcadia was one of the major suppliers of Greek mercenaries seems to oblige us to deal with an 'impoverished region of Greece'. But also the literate citizens of the evolved Sparta and Athens were continually forced to fight (not as mercenaries, ma it doesn't matter, as in war more or less we are all the same) if they wanted to survive! So they were all miserable, according to this point of view! You will accuse me: I don't want to accept 'its harsher, grimmer face'. Of course you are right if you use representations as Thomas Cole's paintings. It is time to check our sources, Pausanias' Guide to Greece and Strabo's Geography.

mercoledì 5 ottobre 2011

Se il lavoro diventa totalizzante, la tentazione è diventare eremiti. La nostra vita è sommersa dai bisogni secondari indotti dal sistema in cui viviamo.

Marco Puchetti, 37 anni vive senza corrente elettrica, coltivando l'orto.

La storia di Marco Puchetti (vedi articolo del corriere.it), manager Yamaha laureatosi alla Bocconi ed ora eremita in Abruzzo in valle Pezzata, lì dove osano i lupi e gli orsi, è la prova dell'esistenza di persone che non vivono per lavorare, non inseguono meramente il denaro e se le condizioni di lavoro diventano totalizzanti, li perdiamo, dispersi nei boschi. «Al di là delle otto ore di ufficio, il lavoro assorbiva completamente la mia vita. Era difficile staccare la spina quando tornavo a casa. Invece io volevo stabilire un contatto più profondo e più armonico con l’ambiente circostante». 


Marco ha rifiutato il consumismo e le comodità e ha abbracciato un’esistenza da eremita fatta di cose elementari; si è accorto che la sua vita era sommersa dai bisogni secondari indotti dal sistema in cui viveva. Era pieno di cose che non gli servivano e di cui pian piano sentiva di doversi liberare. L’ex manager ha trascorso circa otto lunghi anni nell’ecovillaggio della Valle degli Elfi, sull’Appennino tosco-emiliano e da due anni, in pieno inverno, si è spostato in Abruzzo per dar vita ad un’altra comunità. L’alimentazione? «Si basa sul selvatico, cioè su quello che ci offre spontaneamente la terra. Coltiviamo l’orto, seguendo i consigli degli anziani contadini, e l’acqua la prendiamo dal torrente. Pensa, noi qui non produciamo quasi rifiuti… altro che Napoli!». E mentre il mondo vive con il fiato sospeso per l’incubo default, Marco offre la sua versione della Storia: «Se ognuno eliminasse il superfluo e attraverso l’introspezione cominciasse a soddisfare i bisogni primari, capirebbe più facilmente cosa lo può appagare…».

Il luogo selvaggio dove vive Marco Puchetti.
Una cascina rurale - Valle Pezzata - Abruzzo

lunedì 26 settembre 2011

La crisi inizia quando l'ultimo dei pastori non riesce sfamarsi con 300 pecore ed è costretto a sperare nei contributi

Andrea Maffeo, ha scelto un lavoro utile e produttivo, quello del ramingher, un pastore che dorme sempre all'aperto anche d'inverno. A lui è stato dedicato un film documentario "Sentire l'aria". Il padre di Andrea si chiama Michele Maffeo, da sette anni si occupa di cure palliative per malati terminali di cancro: «Certo, le ambizioni di ogni genitore sono diverse. Non dico che speravo che facesse il chirurgo, ma magari un lavoro in cui si realizzasse di più. Però Andrea a scuola soffriva troppo. E mi è venuto in mente che Mario Rigoni Stern aveva la terza media. Non so se in futuro ci rinfaccerà di non aver insistito di più per farlo studiare. Ma so che un uomo può trovare la sua morale in mezzo ai boschi come nel centro di Torino. Intanto gli stiamo con il fiato sul collo. La cosa più importante è che Andrea impari il rispetto».
Mi piacerebbe dire che il mio Paese ce la farà. Mi piacerebbe vedere un futuro oltre alla crisi. Purtroppo gli italiani si sono già fatti incantare da troppi illusionisti che negavano l'esistenza stessa di una crisi ed è ora di affrontare la verità nuda e cruda. Negare una crisi strutturale di un sistema paese come il nostro significa condannarlo ad un fallimento ancora più repentino e violento, imputandolo alle future generazioni. Il nostro paese è già sprofondato in una posizione di non ritorno perché nessuno dentro di sé ci crede più.

L'italia è in gabbia; il paese non cresce e ad essere compromessi, dopo il fascismo, sono nuovamente gli italiani.  
Il nostro paese soffrirà come non mai, come o peggio della Grecia per intenderci, perché negli ultimi decenni (da Craxi a Berlusconi) ha prodotto una classe politica di lestofanti. Quando il malaffare arriva alle istituzioni, i danni che ne conseguono sono inimmaginabili. Politici allenati all'esercizio di vuote parole nei salotti dell'ipocrisia televisivi che si adoperano invece, quando ci va bene, in modo parassitario. Una classe politica però non è altro che un prodotto della società civile. Questa è completamente compromessa. Per questo l'Italia non ce la farà. Gli italiani invece di rimuovere i fattori che hanno prodotto l'avvitamento in una recessione senza uscita hanno votato Berlusconi, dopo Craxi, contribuendo ad allargare ancora di più le maglie del debito pubblico. Gli italiani più si impoveriscono più divengono dediti al lotto ed ai giochi d'azzardo. Più ci addentriamo nella crisi più la passione per il calcio di un pallone diventa l'unica fede. Più la situazione economicamente si fa nera più si appassionano alla cronaca nera, premiando puntate morbose indecenti di Porta a Porta e di altri programmi, nati come funghi in seguito al notevole audience. Già, perché forse non è chiaro ma la crisi la determiniamo noi, con i nostri comportamenti. L'involuzione è degli italiani. La maggior parte degli italiani evade non appena ne ha la possibilità ed accetta di lavorare in nero entrando nell'anonimato. Se ovunque si fa "nero" non c'è da stupirsi se alla lunga arriva una "crisi nera nera". La maggior parte degli italiani adottano comportamenti e modelli mafiosi ed il loro lavoro consiste nel fregare il prossimo; il prossimo è un cliente, più spesso una preda. Raccomandano e si fanno raccomandare. 
Il sorriso genuino ed autentico di Andrea Maffeo. Sulla felicità che contraddistingue il pastore rimando all'articolo che ho scritto "L'Arcadia dello spirito nelle Bucoliche di Virgilio" ed al video "Addio all'ufficio. Tornate alla terra. Tornate alla felicità".












La maggior parte degli italiani guarda alla cosa pubblica come ad un "pollo da spennare". I dipendenti pubblici invece di adoperarsi per snellire i procedimenti amministrativi, li aggravano e contribuiscono a complicare gli ingranaggi di una macchina spesso improduttiva, inutile ed infernale.  L'atteggiamento di chi entra nel pubblico non è quello di sforzarsi di essere utile alla collettività ma l'atteggiamento di chi si vuole depositarsi e sistemarsi a vita, introducendosi in un sistema già collaudato per ricevere potenziali fannulloni. Abbiamo un esercito permanente e centinaia di caserme dove ancora i soldati giocano a fare la guerra nel nome di una pseudo democrazia da esportazione.  Chi vuole entrare in politica dicendo di voler cambiare le cose lo fa pensando ad un proprio tornaconto personale; cerca semplicemente il potere fine a se stesso. Ad essere attratti dal potere sono le persone disoneste che intravedono la possibilità di ottenere protezione. A dividere questo paese ed ad assestargli una ferita mortale ci ha pensato la lega di Umberto Bossi. Al nord ci si è convinti che la crisi dipenda esclusivamente dall'arretrato Sud. Masse ignoranti leghiste ad ondate insultano terroni, zingari, negri, culattoni, comunisti. Tutti contro tutti quando per farcela ci sarebbe voluto uno sforzo coeso e soprattutto l'operosità di cambiare il sistema paese nei fatti e non per slogan. In Italia essere ignoranti è un privilegio. Se hai studiato ti misurano con sospetto le competenze. 
Nonostante la fatica Andrea arriva alla fine delle sue giornate stanco ma sorridente. Cosa rara per chi in pianura finisce la proprio giornata di lavoro nauseante suonando il clacson, imbottigliano nervosamente in una fila interminabile di macchine inquinanti. I suoni che sente Andrea sono invece quelli dei campanacci, del crepitio del fuoco e il tamburellare ritmico della pioggia. Appoggiato al suo bastone Andrea invece sembra davvero un re e la natura il suo regno.

L'Italia non ce la farà perché ha distrutto la gran parte del proprio patrimonio ambientale. Una generazione di speculatori e palazzinari ha prodotto colate di cemento e bitumato l'Italia. Dall'altro la finanza speculativa in Italia, come nel resto del mondo, ha inghiottito le risorse sottraendole all'economia reale. Gli italiani hanno continuato ad inseguire l'ipocrisia improduttiva e bigotta di una mentalità cattolica fuori dal tempo e dalla storia. I lavori più inutili ed improduttivi sono quelli che vanno per la maggiore. Il dramma è quindi che nel lavoro è scomparsa la passione e si lavora tanto per lavorare. Abbiamo avvocati che si adoperano per portare i processi a prescrizione, commercialisti che aiutano gli imprenditori ad evadere, notai burocrati  che aspettano solo che tu compri casa per chiederti dazio. Manomorta. Qualcosa nelle persone si è spento. In un supermercato senza controlli la gente ruba in modo convulsivo, perché l'uomo non conosce più  l'onestà. I modelli craxiani e del berlusconismo, una televisione per mentecati, ha rovinato il substrato sociale italiano compromettendolo. Il pastore che segue giorno e notte il proprio gregge ha già sperimentato fino in fondo questa crisi. Il suo gregge vale meno di un paio di scarpe di una velina. Un esempio per tutti, quello di Andrea Maffeo un giovane pastore con 300 capi, insufficienti per vivere, ma abbastanza per sperare un giorno di farcela: «Devo arrivare a 500, avere più contributi, produrre più lana. Riuscire presto a pagarmi le spese: il fieno, il granturco, la tosa». Se 300 pecore non bastano a mantenere una persona, figuriamoci una famiglia. Che brutta questa crisi che sta arrivando. Abbiamo perso il senso del limite e la misura dell'Altro. Manchiamo di spiritualità. I grandi potentati economici giocano con gli equilibri geopolitici con cinismo e le redini sono sfuggite agli umani.


Le parole di un giovane pastore, Andrea Maffeo che ha rinunciato a tutte le comodità preconfezionate  ed a 16 anni, figlio di un chirurgo e di un’insegnante di Biella, ha scelto di fare il pastore: «Mi piacciono le bestie, stare all’aria, prendermi cura di loro. Andare a cercare sempre nuovi prati per portarle a pascolare, anche se non è facile. Ma quando finisce la giornata e vedo che le mie pecore hanno la pancia piena, sono felice anche io». 

Andrea Maffeo ed il suo gregge sono una cosa sola. Ha creato un marchio per valorizzare e diffondere la lana del biellese.

martedì 22 febbraio 2011

Addio all'ufficio. Ritorno alla terra. Ritorno alla felicità.

 
Proprio ieri, il giorno dopo aver finito di leggere le Bucoliche di Virgilio, come ho raccontato nel precedente post, mentre andavo a trovare sul monte Baldo il Re dei formaggi e la sua bellissima famiglia, un vero guru, di cui parlerò più avanti, ho registrato questo video, che vi lascio interpretare.

Alberto Agnesina e Francesca Di Donato vissero felici e contenti.
Vi serve forse leggere sul Sole24ore la storia di Alberto e Francesca, che hanno detto addio all'ufficio e a Milano per dedicarsi ad un allevamento di capre, per capire che la felicità è altrove? Vi serviva davvero vedere i sorrisi in queste foto per realizzare che la felicità è in una vita condivisa nella natura e nella semplicità?

Alberto e Francesca, dietro di loro i marmocchi...che portano indosso un mantello così pregiato, il cashmere. Le capre Cashmere, che provengono dagli altopiani siderali della Mongolia alti 4500 m, dove vivono in condizioni climatiche anche estreme, sono molto rustiche e abbisognano soltanto di una recinzione, dell'acqua e del fieno;  non richiedono quindi impegni gravosi.
Il progetto di vita di vita di Alberto e Francesca poggia su un allevamento di capre da cashmere, a Cavaglia Sterna, a pochi chilometri da Varallo Sesia (Vercelli). Bamboccioni trentenni, con l'ossessione probabilmente di non diventare dei mancati premi nobel come Renato Brunetta, hanno scelto di vivere a contatto con la natura. "Eravamo stufi di una società in cui si lavora dal lunedì al venerdì per poi trascorrere il fine settimana in un centro commerciale!" dice Alberto, che lavora anche come postino a Varallo per garantirsi una entrata economica sicura. Il bilancio? Ogni capo, richiede inizialmente un investimento capitale pari a 1000 euro e 200 euro di fieno per il mantenimento annuo. Per raccogliere la lana pregiata, circa 100-150 gr per capo, bisogna pettinare la capra a primavera. Si va bene la pettinerò direte voi, ma qual è il guadagno? Allora non avete capito niente della vita. La soddisfazione della vita non sono i schei, ma andare ad una festa dell'Unità ed affermare con sufficienza di produrre lana di cashmere made in Italy!!!!!!
Piccolo di capra Cashmere; Charlie, costretto a prendere il biberon perché quando è nato si è bagnato con il liquido amniotico di un'altra capra e la madre si rifiuta di allattarlo.
Questo tipo di capra mangia rovi, ortiche, un po' di tutto e pertanto sono indicate per la bonifica e il mantenimento dei terreni sottosviluppati o incolti, soprattutto laddove l'intervento dei mezzi meccanici è arduo a causa delle asperità e della pendenza del terreno. Per tutte le altre foto vi rimando al loro sito internet.

sabato 19 febbraio 2011

L'Arcadia dello spirito nelle Bucoliche di Virgilio

Epitafio sulla tomba di Virgilio: "Mantova mi ha dato la
vita, i Calabri me l'hanno rapita, ora Partenope mi tiene
con sé; ho cantato pascoli, campagne, eroi."
Voglio intercettare quella luce che indora l'uva sui colli solatii; voglio vivere la mia vita a contatto con la natura per avvicinarmi il più possibile alle espressioni del rapporto umano più vero: l'amore e l'amicizia. Voglio parlare di Virgilio (Publio Virgilio Marone), per immergermi nella quieta esistenza della vita campestre e allontanare momentaneamente l'inquitudine per le torbide vicende del berlusconismo che al momento soffocano il Bel Paese. L'apparente distanza degli argomenti trattati non impedisce, spero, che si faccia sentire la meditazione sugli avvenimenti contemporanei. Quanti di voi hanno sognato di fuggire dalla violenza del traffico cittadino, dall'annientamento e dal soffocamento dell'ombra di un palazzo di nove piani? quanti di voi sognano di rifugiarsi in una "Arcadia dello Spirito", in una campagna alla ricerca di un otium idealizzato, dove il tumulto e il timore non raggiungano la quiete dell'esistenza campestre, semplice, sobria, dedita alla bellezza? T.S. Eliot ha scritto a proposito della solitudine: "Tu strascuri e sminuisci il deserto, il deserto non è solo dietro l'angolo, il deserto è compresso nel vagone della metropolitana, è accanto a te, il deserto è nel cuore di tuo fratello". Questo per dire, che costruiamo frequentatissimi non-luoghi, come mastodontici centri commerciali,  dove paradossalmente ci sentiamo però sempre più soli. Ho già parlato in un post di come Francesco Petrarca, l’illustre poeta, quando scelse di stabilirsi ad Arquà Petrarca nel 1370, disse queste parole: "Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo".
01/05/2010 Gregge di pecore, fotografate sul monte Baldo dove mi reco spesso anche per passeggiate a cavallo.
Già, perchè nelle nostre città caotiche è impossibile coltivare il regno dello spirito, in cui si possano rinforzare gli ideali umani più profondi; è impossibile riflettere su un ideale di amicizia pura e incondizionata, sulla nostra infanzia e su tutte le piccole cose che ci davano quiete; è impossibile accorgerci dell'ombra protettiva degli alberi, del mormorio dei ruscelli, del quieto pascolare delle caprette quando le notizie delle guerre dei nostri giorni, ci riportano all'amara realtà uccidendo la leggerezza e la scherzosità. In questo post, quindi voglio guardare alla vita dei pastori, alle loro gare di canto, ai loro amori.


Nell'immagine il dio Pan, insegna a Dafni 
a suonare il "Flauto di Pan" (Pompei,ca. 100 a.C.) 

Virgilio è nato nella poesia. Quand'era in attesa del futuro poeta, la madre sognò di partorire un ramo di lauro, e di vederlo subito crescere fino al cielo. Storicamente il "ramo di lauro" venne alla luce il 15 ottobre del 70 a.C vicino a Mantova, nell'area di Pietole ed Andes. Virgilio, figlio di proprietari terrieri, conobbe negli allora incantati paesaggi della pianura padana, la vita e il lavoro della gente di campagna, che tanta parte ebbero nella sua ispirazione. Pensate che Virgilio, dopo aver composto le "Bucoliche" tra il 42 ed il 39 a.C, la sua prima prima opera compiuta, doveva fuggire per la strada all'importuno entusiasmo della gente durante i suoi soggiorni a Roma; in questo momento il popolo italiano acclama i partecipanti ai reality e ai talent show, un mondo dei balocchi effimero. Anche nelle "Georgiche",  composte tra il 37 ed il 30 a.C, il poeta celebra il lavoro dei campi, nella concretezza della coltivazione degli alberi e della vite, dell'allevamento del bestiame e delle api. Leggendo le  Bucoliche di Virgilio mi sono annotato tutte le parole chiavi che potessero alimentare quell'immagine per il tutto, che va sotto il nome di Arcadia e le ho trascritte qui di seguito; parole in disuso ("armenti", "farro" etc) che leggendo tutto d'un fiato, hanno il potere di portarci, come per magia, in un altro mondo. 

abete, acqua, aglio, agnelli, agnellino, allori, altare, alveare, amore, api, aquila, aratro, arco, argilla, argini, aria, ariete, armenti, arsura, avena, barba, bastone, bestia, bosco, buoi, cacio, cagne, cardo, calendule, camini, campagna, campi, campicello, cani, canna, canto, canzoni, capanna, capre, capretti, castagne, cavalle, cera, cerbiatti, cervi, cesto, cielo, cespugli, cicale, cigno,  cinghiali, citisio, città, colombe, contagio, contadino, cornacchia, corno, cotogne, covi, cuccioli, cuore, danza, dei, dio, dirupi, disgrazia, dolore, edera, elicriso, erbe, estate, faggio, falcetto, fanciullo, farro, fatica, fiere, filari, fiore, fiumi, flauto, focacce, focolare, foglie, fonti, formaggio, fragole, frasche, frassino freddo, fresco, frumento, frutti, fuliggine, fuoco, gelo, germoglio, gesta, ghiaccio, ghiande, ghirlanda, giacinto, gigli, ginepri, giogo, gioia, giovane, giovenche, giunco, gloria, gole, grappoli, gregge, grifi, grotta, ibisco, incenso, inverno, lana, latte, lauri, lavanda, leccio, legna, libertà, lido, linci, linfa, lupo,  madri, mandria, manico, mare, mele, mesi, messi, miele, mietitori, mirto, monti, more, muschio, narciso, nettare, nevi, nido, noccioli, noci, nubi, nuvole, oca, odore, olio, olivo, olmo, ombra, ontani, orgoglio, orticello, orzo, ovili, palude, papaveri, pascoli, pastori, pasture, pecore, pelo, peri, pesci, piana, piante, pianto,  pietà, pietra, piffero, pini, pioggerella, pioggia, pioppo, poeta, pomi, porcai, porpora, potatore, povertà, prati, primavera, prugne, querce, ramarro, rami, rasoio, rastrello, resina, riso, riparo, risparmio, ritmo, riva, roccia, roseti, roveto, rugiada, rupi, silvestre, salceto, salice, sambuco, sassi, schiavitù, scorza,selve, sera, serpe, serpillo, siepe, silenzio, soffio, sole, solchi, sonno, sorgenti, speranza, spiga, stalla, stelle, stelo, suolo, sussurro, tempietto, terra, Terra, tetto, timo, tori, torrenti, tortora, tracce, valichi, valli, valore, vampa, vento, verde, versi, viburni, vimini, viole, violetta, vino, vite, vitella, volpi, zampillo, zampogna, sefiro, zoccoli, zolle
Paesaggio amenico che ho recentemente fotografato nel viaggio in Scozia

Sono i processi di lunga durata che creano paesaggi stabilizzati, culturalmente identificabili, mentre i mutamenti di breve durata, creano paesaggi antagonisti, confusi, paesaggi del mutamento e della crisi. Questa è una massima che ho trovato nei libri di quel genio che era Eugenio Turri, massimo geografo italiano. Durante i miei viaggi, dove ho sentito veramente vicino il mondo egreste e bucolico tratteggiato da Virgilio è stato nelle isole greche dell'Egeo, in particolare Ios e Creta. In Italia invece ho sentito  tale sensazione avvicinandomi agli ulivi di Sirmione, vicino alla Grotta di Catullo e ad Arco di Trento in una spianata di ulivi che ho fotografato.
Video che ho girato alla Tomba di Omero; è l'Arcadia?

Eccovi alcuni passi tratti dalle Bucoliche: Qui tra i fiumi di sempre e le sorgenti sacre prenderai il fresco e l'ombra. Di qua la siepe - quella di sempre - sul limite vicino, dove le api iblèe succhiano il fiore del salceto, ti sedurrà col suo sussurro a abbandonarti al sonno. Di là, sotto l'alta rupe, canterà al vento il potatore; e intanto né le rauche colombe, che tu ami, né la tortora in cima all'alto olmo cesserà il suo pianto. 
Una capra che scruta l'orizzonte nel paesaggio egreste di Ios, dove mi sono recato più volte.


Così il pastore Melibeo nelle Bucoliche: Avanti mie caprette, gregge felice un tempo, avanti! Mai più vi guerderò, sdraiato in una verde grotta, arrampicarvi di lontano sul ripido roveto. Non canterò più canzoni; mai più, caprette, sarò il vostro pastore mentre brucate citiso fiorito e amaro salice. 
Sdraiarsi tra gli steli d'erba. Sentirsi in simbiosi con Madre Terra e con la Natura. Sorridere.  
Nelle gole di Samaria a Creta ho osservato in libertà gli ultimi esemplari di kri-kri, una razza locale di capre selvatiche minacciata di estinzione.

Sharing