giovedì 2 dicembre 2010

questa è la mia fede: su questa giudicherete l'opera mia


Sono nella vita dei popoli, come in quella degli individui, momenti solenni, supremi, nei quali si decidono le sorti di un lungo avvenire, quando tra due vie schiuse al moto, tra due insegnamenti, tra due principii diversi, la nazione oscilla incerta nella scelta e cerca una norma alla propria azione. Allora ogni uomo ha diritto di chiedere all'altro: in che credi? e a ogni uomo corre debito di rispondere: questa è la mia fede: su questa giudicherete l'opera mia. [...] L'Italia è oggi in uno di questi momenti. Il fermento è universale in Italia; ma senza intento determinato, senza unità di credenza intorno alla via da tenersi, prorompe in sommosse senza nome e senza frutto, non promove di un passo la causa della nazione. L'accordo tra governi e governati è cessato; ma il principio intorno a cui i governati devono raccogliersi non è francamente, apertamente bandito. Il popolo, ove durasse anche per poco in sì fatto stato, cadrebbe rapidamente dall'anarchia morale in una diffidenza profonda di cose e d'uomini, e da quella nel sonno d'inerzia ond'esciva poc'anzi. E quel sonno, per un popolo che viaggia in cerca di nuovi destini, è la morte: il sonno del viandante tra le nevi dell'Alpi, al quale è mal fido amico chi non lo scuote e non gli grida all' orecchio : cammina innanzi o perisci.
Cammina innanzi o perisci! È tempo di dire al pòpolo, a una gioventù buona ma traviata pur troppo dai faccendieri politici, tutta e nuda la verità. Da due anni s'è speso in Italia oro, entusiasmo, sangue, tanto quanto basterebbe a crear due nazioni, non una; e ci troviamo a un dipresso là d'ondo partimmo.

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