venerdì 30 maggio 2008

L'Uomo delle piante: ma voialtri no gavè na casa vostra?

Ma no gavé 'na casa, cio'! Maaaama mia dami 100 lire che in America voglio andaaar...
Soréa, vuto 'na bea pianta?! Varda, par el moroso de la moglie...varda che vialtri che fa, varda, varda...Varda che bea, varda...garantita tre ani, SA'!Vara che altro, vara...
Vara che altro, vara...Ma voialtri no gavé na casa vostra? Vara, garantita tre ani, vara che bea, garantita tre ani...No eà more mai come Prodi, questa SA'!..
de schei no ghe ne pi!!!
(conversazione dell'Uomo delle piante - Venezia)
Uomo delle piante. L'uomo ama le sue piantine come delle figlie. L'ho sentito personalmente dire in veneziano ad una signora "No signora a lei non gliele vendo le piantine perchè me le fa morire". Insomma non tutte le Siore possono vantare di essere clienti dell'uomo delle piante.
-
La città di Venezia è unica nel suo genere. La sua unicità contagia antropologicamente gli animi dei suoi abitanti che incontrandosi nelle calli creano conversazioni uniche nel loro genere. C'è un uomo, che chiameremo Uomo delle Piante (il suo vero nome sembra sia Adriano) che rompe però ogni schema convenzionale e che chi vive o frequenta Venezia non può non conoscere; questo strano personaggio, omino di bassa statura, si dice provenga dalla campagna veneta.
-
L'uomo delle piante ripreso nelle calli veneziane.
----
Si aggira in zona Dorsoduro, campo Santa Margherita, stracarico di piante e piantine di ogni genere come sopra nella fotografia, invitando le Siore veneziane ad aquistare i propri prodotti con canti ed espressioni in dialetto veneziano davvero esilaranti. Non è possibile quantificare i sorrisi che l'uomo delle piante abbia strappato ai lavoratori e agli studenti che stancamente si recano a lavoro o a lezione.
Video dell'uomo delle piante, che lo ritrae mentre lancia il suo urlo di battaglia "Voglio morireeee!" (qualcuno gli dice scherzando "Non morire adesso però") e poi un "Io non ci sto! " che ricorda il « A questo gioco al massacro io non ci sto » del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Dal messaggio straordinario alla nazione andato in onda a reti unificate alle ore 22 e 30 circa del 3 novembre 1993)
Canta, urla e grida, l'uomo delle piante che non si è ancora normalizzato: il suo "non voglio morire" fa sorridere ma lascia anche una vena di malinconia, come se la parte di Venezia più viva e vera si stia effettivamente spegnendo.
Pietro Fragiacomo, Venezia povera, cm. 78 x 147 Valdagno (Vicenza) Raccolta privata Giuseppe Bernardino Bison, Veduta di un'isola della laguna, 60 x 92 cm Lucca, collezione privata.
Guglielmo Ciardi, Mattino di Maggio, cm. 57 x 75 Museo d'Arte Moderna Ca' Pesaro Venezia

C'è qualcosa in questi quadri, un qualcosa di importante che Venezia sta perdendo sempre più in modo inesorabile. Vorrei sintetizzare quel qualcosa nel termine "autenticità", ma non rende del tutto l'idea. Non è facile da spiegare....
"le difficili condizioni ambientali hanno, per così dire, imposto agli abitanti delle lagune sia lo spirito d’iniziativa, sia lo spirito comunitario, che maturati nel tempo, costituiscono, in fondo, il vero segreto della straordinaria longevità di Venezia come Stato indipendente". A. Zorzi, La Repubblica del leone. Storia di Venezia, Bompiani, Milano 20022, p. 8
Lo spirito comunitario....
I valori e i caratteri originari, che hanno fatto da fondamenta alla coesione della civiltà veneziana, non sono più i caratteri dominanti di oggi; ciò vale soprattutto per la politica e l’atteggiamento che si sono adottati nei confronti della laguna e di questi luoghi, ben diverso dal rispetto quasi sacrale che avevano gli antichi. Sotto il governo della Repubblica, la preservazione della laguna era immedesimata infatti con la conservazione della prosperità politica dello Stato, anzi della sua stessa esistenza. (vedi mia tesi di laurea "Il paesaggio della Gronda della laguna Nord" pagg. 233 - 234)
Quella condivisione di ideali e valori autentici che se fosse stata ancora viva e vigile non avrebbe certamente permesso che Venezia diventasse un luogo di speculazione ove concepire un quarto ponte sul canal Grande piuttosto di una abberrante sublagunare. Non avrebbe permesso che la laguna fosse violentata da delle multinazionali senza scrupoli. Non avrebbe permesso a delle enormi navi da crociera di arrivare arrogantemente nel bacino di San Marco. Adesso mi è un po' più chiaro: il proprietario di una malga in trentino quando va a far legna, o va a funghi, o va a far pascolare le mucche nella valle che abita, sente quella valle sua, di sua proprietà, anche se molto probabilmente concretamente lo spazio gli è soltanto stato dato in concessione. Il Veneziano invece non percepisce più la sua città, è soggetto ad una diaspora che lo costringe a trasferirsi in terraferma e l'invasione di multinazionali che acquistano case e palazzi per farne bed and breakfast ed alberghi è soltanto la spartizione di parti della città che sulla carta sono già state vendute.

giovedì 29 maggio 2008

La fortezza di Masada: le prime forme di guerriglia nella storia, l'epico assedio ed il suicidio di massa.

La Fortezza di Masada (Clicca sull'immagine per ingrandirla). La resistenza degli ebrei alla conquista romana nel I secolo a.C. capeggiata dalla setta degli zeloti e culminata nella caduta di Masada nel 73 d.C. è uno dei primi episodi di guerriglia nella storia.
Fortezza di Masada. Mura alte cinque metri, lungo un perimetro di un chilometro e mezzo, con una quarantina di torri alte più di venti metri , la racchiudevano, rendendola pressoché inespugnabile. Tutt'oggi reclute dell'esercito israeliano vengono condotte sul luogo per pronunciare il giuramento di fedeltà al grido di: "Mai più Masada cadrà" (recentemente G. Bush ha riportato il motto in un discorso pubblico volendo intendere che 'l'alleanza tra Stati Uniti e Israele e' indistruttibile'. La fortezza è un bene protetto dall'UNESCO e Israele ha eretto Masada a monumento nazionale e a principale simbolo del Paese.
---
La fortezza di Masada, (nome che in ebraico significa appunto "fortezza"), era un'antica fortezza israeliana pressochè imprendibile, che sorgeva su un altopiano nella Giudea sud-orientale, l'attuale Palestina. Nel 70 dC, dopo la caduta di Gerusalemme, divenne l'ultimo rifugio degli zeloti. In questo luogo i rivoltosi resistettero all'assedio posto dalle legioni romane per altri due anni. La fortezza dell'antica città di Masada fu assediata dalla Legio X Fretensis , i cui soldati, circa 7000, vi entrarono nell'anno 74 dC. Davanti ai loro occhi trovarono solo una orrenda ecatombe: il suicidio collettivo della comunità ebraica zelota che ancora resisteva al potere di Roma: 967 persone. Resosi conto della disfatta ormai imminente, il capo zelota Eleazar Ben Yair, aveva infatti parlato alla sua gente inducendola ad un suicidio collettivo per spada (estratti a sorte per gruppi, gli uomini della comunità uccisero le donne e i bambini togliendosi poi la vita a vicenda); questa sembrò loro essere una sorte preferibile ad un sicuro stato di schiavitù; la vicenza è stata inquadrata tra i primi esempi nella storia di vera e propria guerriglia, intendendo con questa quindi quella particolare forma di lotta, condotta dagli zeloti con operazioni militari da forze perlopiù irregolari, o da forze regolari opportunamente addestrate, in territorio controllato dai romani. Quando anche l'ultimo resistente zelota cadde mentre la città era in preda alle fiamme, a salvarsi furono solo pochi bambini e due donne che si erano nascosti in un anfratto per scampare alla morte. I romani poterono così entrare in Masada ormai priva di difesa: sorpresi di quanto accaduto, tributarono ai valorosi resistenti un silenzioso omaggio.
La fortezza di Masada sorge su una collina rocciosa isolata dall'aspetto inconfondibile.

Uno dei fianchi inaccessibili dell'altopiano su cui si ergeva la fortezza di Masada. Per circa 2000 anni abbiamo conosciuto questo racconto di coraggio e di forza dagli scritti di Giuseppe Flavio (Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, a cura di Giovanni Vitucci, Milano, 1999), storico ebreo del primo secolo d.C. che guidò la resistenza dei ribelli durante la grande rivolta ebrea, ma che fu catturato ed in seguito portato a Roma ove scrisse la storia della guerra.

Il palazzo orientale era come un nido d'aquila appollaiato su spaventosi dirupi e godeva di una vista amplissima sulle opposte sponde del Mar Morto. Si può ritenere che fosse riservato alla residenza personale del re e dei suoi familiari. Nel I secolo a.C. la fortezza era stata il palazzo di Erode il Grande che tra il 37 a.C. e il 31 a.C. la fece fortificare.

Un interessante video su Masada (lingua inglese)

Fotografia di uno dei campi trincerati romani della X legione presa dalla sommità di Masada.

Visualizzazione ingrandita della mappa . Immagine satellitare del medesimo campo trincerato romano (freccia verde). Più in basso a destra si nota chiaramente la fortezza di Masada.

------

Come riuscirono gli Zeloti a resistere all'assedio romano che durò forse più di due anni?

Vasti ambienti di magazzino assicuravano agli abitanti della fortezza un'ampia scorta di viveri, la cui perfetta conservazione era garantita dall'aridità e salubrità del luogo

La scarsità delle piogge, tipica dell'ambiente desertico in cui sorge la fortezza, doveva essere compensata moliplicando gli sforzi nella conservazione di ogni goccia d'acqua che cadeva durante l'inverno. Di qui la presenza di numerose e grandissime cisterne scavate nella roccia. La presenza di diversi edifici a torre, costruiti appositamente per ospitare nidi di colombe (columbaria), fa pensare che la carne di questi uccelli dovesse fornire un notevole contributo alla dieta degli abitanti di Masada.

------

Come riuscirono i legionari romani a conquistare questa fortezza imprendibile?
I Romani erano maestri nell'arte dell'assedio. Una poderosa rampa d'assedio (agger) fu costruita pazientemente dai soldati attraverso la valle. Ciò consentì ai romani di portare torri e macchine d'assedio vicino alle mura e di tener così lontani i difensori mentre gli arieti le percuotevano fino a provocarne la distruzione.

I romani costruirono un vallo (sorta di limes spesso due metri, ancor oggi visibile) ed un terrapieno di settanta metri che dal basso saliva sino alle mura della fortezza.

Fotografia di una rampa d'assedio.

La rampa d'assedio costruita dai romani si può facilmente vedere alla voce "Roman assault ramp" e "Roman siege ramp"

1. Arrivo del "sentiero a serpente" 2. Abitazioni con triclinio 3. Magazzini 4. Terme 5. Palazzo di nord (tre livelli) 6. Palazzo amministrativo 7. Punto d'osservazione 8. Sinagoga 9. Muro a casamatta e stanze dei rotoli 10. Breccia romana (rampa d'assedio)

11. Ingresso da ovest 12. Torre Bursecai (lavorazione delle pelli) 13. Palazzo occidentale 14. Chiesetta bizantina 15. Quartiere degli ufficiali 16. Torre di guardia 17. Residenze 18. Colombario circolare 19. Grande cisterna 20. Fortezza di sud 21. Mura a casamatta con abitazioni degli zeloti 22. Cella monastica bizantina

L'incredibile assedio di Masada fece da sfondo al film di Boris Sagal, "Masada", con Peter O'Toole, Peter Strauss, genere Storico, colore 90 minuti, una produzione USA 1981. Cronaca romanzata dell'assedio nel quale i fierissimi ebrei Zeloti, asserragliati nella roccaforte di Masada, preferirono il suicidio di massa alla resa agli odiati romani invasori. Parte della trama verte sugli scontri non solo militari, ma soprattutto culturali tra il comandante romano (O'Toole) e il leader zelota (Strauss), alla fine legati da reciproca ammirazione.

Una scena del film "Masada".

Altri video su Masada.

Per approfondimenti: http://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/masada.htm nota del prof.Giancarlo Biguzzi.

Immagini e testi sono stati tratti da:

1) http://198.62.75.5/www1/ofm/sbf/escurs/TS/04b_TSit.html STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM of Jerusalem (SBF) is the Faculty of Biblical Sciences and Archaeology of the Pontificia Universitas Antonianum in Rome.

2) http://it.wikipedia.org/wiki/Masada WIKIPEDIA

3) http://www.laportadeltempo.com/Archeologia%20Biblica/archbibl_011001(1).htm

venerdì 16 maggio 2008

Disobbedienza civile alla Thoreau

Babylon by ZivCG. A modern view
Bruegel Pieter the Elder, The "Little" Tower of Babel c. 1563 (180 Kb); Oil on panel, 60 x 74.5 cm; Museum Boymans-van Beuningen, Rotterdam. La torre di Babele è la leggendaria costruzione di cui narra la Bibbia nel libro della Genesi. La torre, in mattoni, fu costruita nel Sennaar (in Mesopotamia) con l'intenzione di arrivare al cielo e dunque a Dio. Dal punto di vista archeologico, si fa corrispondere la biblica Torre di Babele alla gigantesca ziqqurat iniziata dal sovrano babilonese Nabucodonosor I (XII secolo a.C.). Proprio per questa sua mole straordinaria, essa fu considerata dagli Ebrei simbolo dell'arroganza umana. Dal Libro della Genesi « Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese del Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: "Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco". Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non dispenderci su tutta la terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. » (dalla Bibbia, libro della Genesi 11, 1-9)
-------------------
Disobbedienza Civile (Civil Desobedience) è il titolo di un famoso saggio di Henry David Thoreau ,presentato per la prima volta nel 1848 ed infine pubblicato nel '49. In questo saggio Thoreau condanna apertamente le scelte del governo statunitense, in particolare la permissione della schiavitù e la guerra espansionistica contro il Messico; per questi motivi egli si rifiutò di pagare le tasse, tentando di boicottare la politica del governo e di non contribuire al rafforzamento dello schiavismo nel Sud, ma presto venne incarcerato (probabilmente solo per una notte, poiché una sua zia pagò per lui la tassa in questione). Proprio da quest'esperienza nasce Disobbedienza Civile, in cui egli spiega i motivi del suo arresto ingiusto, sostenendo che è ammissibile non rispettare le leggi quando esse vanno contro la coscienza e i diritti dell'uomo; Thoreau fonda così i primi movimenti di protesta e resistenza non violenta, che verranno successivamente rappresentati da Martin Luther King e Gandhi. Quando infatti Thoreau scrive che è necessario disubbidire a leggi ingiuste, o perlomeno attuare una sorta di "resistenza" ad esse, egli non pensa ad una rivolta violenta, ad una rivoluzione armata, ma semplicemente ad una non collaborazione col governo che le ha imposte. Una delle idee principali del saggio è che qualsiasi forma di governo limita drasticamente la singolarità di ogni individuo, perché significa far decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato unicamente a coloro che sono al potere, non tenendo conto del parere e delle esigenze del popolo; la legge non rende perciò l'uomo giusto, lo rende anzi ingiusto quando egli, fedele ai suoi valori ed alla sua libertà, non la rispetta. Più che "Il governo migliore è quello che governa meno", Thoreau sostiene quindi l'idea che "Il governo migliore è quello che non governa affatto". Con Disobbedienza Civile possiamo quindi considerare Thoreau un anarchico, sì, ma pur sempre un anarchico non violento.
Riporto qui di seguito il testo integrale di Disobbedienza Civile, sottolineandovi in grassetto le parti a mio avviso più rilevanti. Vi ho inserito dei quadri di Pieter Bruegel il Vecchio (ca. 1525 – 1569) che è stato un pittore fiammingo della prima metà del Cinquecento.
--------
Disobbedienza Civile di Henry David Thoreau


Accetto di tutto cuore l'affermazione, - "Il governo migliore è quello che governa meno", e vorrei vederla messa in pratica più rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta infine a quest'altra affermazione, alla quale pure credo, - "Il miglior governo è quello che non governa affatto", e quando gli uomini saranno pronti, sarà proprio quello il tipo di governo che avranno. Il governo è nell'ipotesi migliore solo un espediente; ma la maggior parte dei governi sono di solito espedienti inutili, e tutti i governi sono tali di quando in quando. Le obiezioni che sono state sollevate contro l'esistenza di un esercito permanente, ed esse sono molte, sono consistenti e meriterebbero di prevalere, potrebbero essere sollevate anche contro l'esistenza di un governo permanente. L'esercito permanente è solo un braccio del governo permanente. Il governo stesso, che è soltanto la forma nella quale il popolo ha scelto di esercitare la propria volontà, è allo stesso modo suscettibile di abusi e di deviazioni, prima ancora che il popolo possa agire mediante esso. Prova di ciò è l'attuale guerra contro il Messico, ad opera di un numero relativamente piccolo di individui che si servono del governo permanente come di un proprio strumento; in fondo, il popolo non avrebbe acconsentito a quest'impresa. Questo governo americano, - che cos'è se non una tradizione, anche se recente, che si sforza di trasmettersi inalterata ai posteri, ma che sta perdendo parte della propria integrità istante dopo istante? Non ha la vitalità e la forza di un singolo uomo vivente, dal momento che un solo uomo è in grado di piegarlo alla sua volontà. Si tratta di una sorta di cannone di legno per il popolo stesso; e, se le persone dovessero usarlo per davvero gli uni contro gli altri, sicuramente si spezzerà. Ma è necessario nonostante ciò, perché il popolo deve avere un qualche complicato macchinario, e deve poterne sentire il rumore, per soddisfare la sua idea di governo. In questo modo i governi mostrano come sia facile che gli uomini si lascino ingannare, persino che essi stessi si autoingannino, per proprio vantaggio. È notevole, dobbiamo tutti ammetterlo; tuttavia questo governo, da parte sua, non ha mai portato avanti nessuna impresa con la stessa alacrità con la quale è venuto meno ai propri compiti. Esso non mantiene libero il paese. Esso non colonizza l'Ovest. It does not educate. Esso non fornisce istruzione. Il carattere innato del popolo americano ha ottenuto tutto quello che è stato ottenuto; ed avrebbe fatto qualcosa di più, se il governo non si fosse talvolta messo in mezzo. Infatti il governo è un espediente mediante il quale gli uomini potrebbero tranquillamente lasciarsi in pace a vicenda; e, come si è detto, quanto più i governati vengono da esso lasciati in pace, tanto più è vantaggioso. Se scambi e commerci non fossero fatti di gomma, non riuscirebbero mai a superare gli ostacoli che i legislatori pongono continuamente sulla loro strada; e se uno dovesse giudicare questi uomini soltanto in base agli effetti delle loro azioni, e non, in parte, in base alle loro intenzioni, essi meriterebbero d'essere considerati e puniti come quei malvagi che ostruiscono i binari ferroviari. Tuttavia, per parlare in modo pratico e da cittadino, a differenza di coloro che si definiscono anarchici io non chiedo che si abolisca immediatamente il governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore. Si lasci che ogni uomo renda noto quale tipo di governo susciterebbe in lui il rispetto, e quello sarà il primo passo per riuscire ad ottenerlo. Dopo tutto, la ragione pratica per la quale, quando il potere è per una volta nelle mani del popolo, si permette ad una maggioranza di governare, e lo si fa per un lungo periodo ininterrotto, non sta nel fatto che la cosa più probabile è che essa sia nel giusto, né nel fatto che ciò sembra la cosa più equa alla minoranza, ma nel fatto che la maggioranza è fisicamente la più forte. Ma un governo nel quale la maggioranza comandi in tutti i casi non può essere basato sulla giustizia, neppure nei limiti nei quali gli uomini la intendono. Non può esistere un governo nel quale non siano le maggioranze a stabilire, virtualmente, il giusto e l'ingiusto, bensì la coscienza? - nel quale le maggioranze decidano soltanto le questioni alle quali sia possibile applicare la regola dell'opportunità? Deve il cittadino - anche se solo per un momento, od in minima parte - affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perché allora ogni uomo ha una coscienza? Io penso che dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini. Non è desiderabile coltivare il rispetto della legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Il solo obbligo che ho diritto di assumermi è quello di fare sempre ciò che ritengo giusto. Si dice abbastanza correttamente che una corporazione non abbia coscienza; ma una corporazione costituita da uomini di coscienza è una corporazione con una coscienza. La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco più giusti; ed anzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidianamente trasformati in agenti d'ingiustizia. Un risultato comune e naturale del non dovuto rispetto per la legge è il seguente, che potresti vedere una fila di soldati, colonnello, capitano, caporale, soldati semplici, trasportatori di esplosivi, tutti che marciano verso le guerre in bell'ordine, per monti e valli, contro la propria volontà, ahimè, contro il proprio buon senso e le proprie coscienze, cosa che rende la marcia molto faticosa, e che produce una palpitazione del cuore. Essi non hanno dubbi sul fatto d'essere coinvolti in un maledetto pasticcio; sono tutti uomini d'animo pacifico. E ora, cosa sono? Uomini? oppure fortini e depositi di armi ambulanti, al servizio di qualche potente senza scrupoli? "Visitate l'arsenale, e prendete un "marine", ecco l'uomo che il governo americano riesce a creare, ecco come può ridurre un uomo con la sua magia nera - una mera ombra, un vago ricordo d'umanità, un uomo ancora vivo e già, si potrebbe dire, sepolto sotto le armi con tanto di corteo funebre, anche se potrebbe succedere che


"Non un tamburo si udiva, non una nota funebre, Mentre in fretta trasportavamo il suo cadavere al riparo; Non un soldato sparò un colpo d'addio sopra il sepolcro nel quale seppellimmo il nostro eroe".
La massa degli uomini serve lo stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bensì come macchine, con i propri corpi. Essi formano l'esercito permanente, e la milizia, i secondini, i poliziotti, i posse comitatus, ecc. Nella maggior parte dei casi non v'è alcun libero esercizio della facoltà di giudizio o del senso morale; invece si mettono allo stesso livello del legno e della terra e delle pietre, e forse si possono fabbricare uomini di legno che serviranno altrettanto bene allo scopo. Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani. Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cittadini. Altri, come la maggior parte dei legislatori, dei politici, degli avvocati, dei ministri del culto, e dei funzionari statali, servono lo Stato principalmente con le proprie teste; e, dato che raramente fanno delle distinzioni morali, sono pronti a servire nello stesso tempo il diavolo, pur senza volerlo, e Dio. Pochissimi, come gli eroi, i patrioti, i martiri, i riformatori in senso elevato, e gli uomini, servono lo Stato anche con la propria coscienza, e dunque per la maggior parte necessariamente gli si oppongono; e sono comunemente trattati da esso come nemici. Un uomo saggio sarà utile soltanto come uomo, e non si sottometterà ad essere "argilla", né "ad otturare un buco per non far entrare il vento", ma lascerà questo compito alle sue ceneri almeno:
"Sono di nascita troppo nobile per diventare di proprietà, Per essere il secondo al comando, O un utile servo e strumento Di qualunque stato sovrano al mondo".
Chi si concede interamente ai propri simili appare loro essere un uomo inutile ed egoista; ma chi si concede loro solo in parte, è considerato un benefattore ed un filantropo. Come deve comportarsi un uomo, oggi, nei confronti di questo governo americano? Io rispondo che non può esservi associato senza che ciò sia un disonore. Non mi è possibile neppure per un momento riconoscere come il mio governo quell'organizzazione politica che sia anche un governo schiavista. Tutti gli uomini riconoscono il diritto alla rivoluzione, quindi il diritto di rifiutare l'obbedienza, e d'opporre resistenza al governo, quando la sua tirannia o la sua inefficienza siano grandi ed intollerabili. Ma quasi tutti sostengono che non sia questo il caso ora. Ma lo era, essi pensano, all'epoca della Rivoluzione del '75. Ma se qualcuno mi dicesse che quello era un cattivo governo perché tassava certe merci straniere d'importazione, è molto probabile che io non solleverei difficoltà su ciò, perché posso fare a meno di quelle merci: tutte le macchine hanno il loro attrito, ed esso ha forse un lato positivo in grado di controbilanciare quello negativo. Ad ogni modo, è un gran male darvi molto peso. Ma quando l'attrito arriva ad avere la sua macchina, e l'oppressione ed il ladrocinio sono organizzati, allora io dico, non teniamoci questa macchina più a lungo. In altre parole, quando un sesto della popolazione di una nazione che si è impegnata ad essere il rifugio della libertà è formato da schiavi, ed un intero paese è invaso e sottomesso ingiustamente da un esercito straniero, ed è soggetto alla legge marziale, penso che non sia troppo presto per gli uomini onesti per ribellarsi e fare una rivoluzione. Ciò che rende questo compito ancora più urgente è il fatto che il paese assoggettato non è il nostro, ma nostro è l'esercito invasore. Paley, per molti una riconosciuta autorità su questioni morali, nel suo capitolo dedicato al "Dovere di Sottomissione al Governo Civile", risolve l'intero dovere civile in termini di convenienza e prosegue dicendo che, "fino a quando l'interesse dell'intera società lo richieda, cioè, finché il governo in carica non possa essere combattuto o cambiato senza danno pubblico, è volere di Dio che al governo in carica si presti obbedienza, e non oltre". ... "Ammettendo questo principio, la legittimità di ogni caso particolare di resistenza si riduce ad un calcolo, da un lato della quantità di pericolo e offesa, e dall'altro della probabilità di successo e di quanto costerà ottenere una riparazione". Su questo, afferma, ogni uomo dovrà giudicare per sé. Ma Paley non sembra aver mai contemplato quei casi ai quali il principio della convenienza non si applica, quando un popolo, così come un individuo, deve fare giustizia, costi quel che costi. Se ho ingiustamente strappato una tavola ad un uomo che sta per annegare, devo restituirgliela a costo d'annegare io stesso. Ciò, secondo Paley, non sarebbe conveniente. Ma in un caso simile, chi si salvasse la vita, in realtà la perderebbe. Questo popolo deve smettere di tenere schiavi e di fare guerra al Messico, anche se ciò dovesse costargli la sua esistenza come popolo. Nella loro prassi, le nazioni concordano con Paley; ma qualcuno pensa davvero che il Massachusetts stia facendo ciò che è giusto, nella crisi attuale? "Una puttana di rango, una sgualdrina vestita d'argento, Ha il suo strascico sollevato, e la sua anima si trascina nella sporcizia". Parlando in maniera pratica, coloro i quali nel Massachusetts si oppongono ad una riforma non sono un centinaio di migliaia di politici del Sud, ma un centinaio di migliaia di mercanti e di contadini qui, i quali sono più interessati al commercio ed all'agricoltura che all'umanità, e non sono disposti a rendere giustizia agli schiavi ed al Messico, costi quel che costi. Non me la prendo con gli avversari lontani, ma con coloro che, vicino a noi, offrono la propria collaborazione e fanno gli interessi di coloro che sono lontani, e senza i quali questi ultimi sarebbero inoffensivi. Siamo abituati a dire che la massa degli uomini è impreparata; ma il cambiamento in meglio è lento, in quanto i pochi non sono sostanzialmente più saggi o migliori dei molti. Non è tanto importante che molti siano buoni come te, quanto il fatto che esista da qualche parte qualcosa di buono in assoluto, poiché questo influenzerà l'intera massa. Ci sono migliaia di persone che in teoria si oppongono alla schiavitù ed alla guerra, ma che in pratica non fanno niente per porvi fine; persone che, considerandosi discendenti di Washington e di Franklin, se ne stanno sedute con le mani in tasca, e dicono di non sapere cosa fare, e che non fanno niente; che addirittura pospongono la questione della libertà a quella del libero scambio, e leggono tranquillamente il listino-prezzi e le ultime notizie dal Messico dopo cena, e magari si addormentano su entrambi. Qual è il prezzo corrente di un uomo onesto e di un patriota oggi? Esitano, e si rammaricano, e talvolta fanno petizioni; ma non fanno niente con serietà ed in maniera efficace. Aspetteranno, ben disposti, che altri pongano rimedio al male, così da non doversene più rammaricare. Al massimo, si limitano a dare un voto che costa loro poco, ed un debole incoraggiamento ed un Augurio al giusto, quando passa loro vicino. Ci sono novecentonovantanove patroni della giustizia per ogni uomo giusto; ma è più facile trattare con l'effettivo possessore di una cosa piuttosto che con il suo temporaneo custode. Ogni votazione è una sorta di gioco d'azzardo, come la dama o il "backgammon", con una lieve sfumatura morale, un gioco con il giusto e l'ingiusto, con le questioni morali; e naturalmente le scommesse lo accompagnano. Il buon nome dei votanti non è in discussione. Può darsi che io dia il mio voto in base a ciò che considero giusto; ma non è per me vitale che il giusto prevalga. Sono disponibile a lasciare ciò alla maggioranza. L'impegno del voto, dunque, non va mai oltre quello della convenienza. Persino votare per il giusto è un non fare niente per esso. Significa solo manifestare debolmente agli uomini il desiderio che il giusto debba prevalere. Un uomo saggio non lascerà il giusto alla mercé del caso, né desidererà che esso prevalga mediante il potere della maggioranza. C'è pochissima virtù nell'azione delle masse umane. Quando la maggioranza alla fine voterà per l'abolizione della schiavitù, sarà perché la schiavitù le è indifferente, oppure perché sarà rimasta ben poca schiavitù da abolire con il proprio voto. Allora saranno loro gli unici schiavi. Solo il voto di colui che afferma con esso la propria libertà può affrettare l'abolizione della schiavitù. Sento parlare di un congresso a Baltimora, o altrove, per la selezione di un candidato alla Presidenza, un congresso composto prevalentemente da direttori di giornali, e da uomini che sono politici di professione; ma penso, qualunque decisione essi possano prendere, che importanza avrà per un uomo indipendente, intelligente, e rispettabile, se non goderemo noi, ugualmente, del beneficio della sua saggezza e della sua onestà? Non possiamo forse contare su qualche voto indipendente? Non ci sono forse molti individui nel paese che non partecipano ai congressi? Invece no: scopro che il cosiddetto uomo rispettabile s'è immediatamente mosso dalla sua posizione, e che ha perso le speranze nel suo paese, quando il suo paese ha più ragioni di disperare senza di lui. Egli senza indugi adotta uno dei candidati così selezionati come l'unico disponibile, dimostrando così d'essere egli stesso disponibile per qualunque scopo demagogico. Il suo voto non vale più di quello di qualunque straniero senza scrupoli o di qualunque nativo corrotto, che siano stati comprati. Cosa non darei per un uomo che sia un uomo, e che, come dice il mio vicino, abbia una spina dorsale che non puoi trapassare con una mano! Le nostre statistiche sono in errore: la popolazione è stata dichiarata troppo numerosa. Quanti uomini ci sono per ogni mille miglia quadrate nel paese? A mala pena uno. Forse non offre l'America ogni incentivo agli uomini affinché si stabiliscano qui? L'Americano è degenerato in un Tipo Strano, - uno che potrebbe essere riconosciuto dallo sviluppo del suo spirito gregario, e da una manifesta mancanza di intelletto e di serena fiducia in se stesso; uno per il quale la prima e principale preoccupazione, venendo al mondo, è quella di accertarsi che gli ospizi siano in buone condizioni; e, prima ancora di avere legittimamente indossato l'abito virile, quella di raccogliere fondi per il sostentamento di eventuali vedove ed orfani; uno che, in breve, si avventura nella vita solo con l'aiuto della società di mutuo soccorso, la quale ha promesso di dargli una decente sepoltura. Di fatto, non è dovere di un individuo dedicarsi all'estirpazione del male, anche del più grande; giustamente, egli potrebbe avere altre faccende che lo occupano; ma è suo dovere, almeno, tenersene fuori e, se non vi pensa oltre, non dargli il suo supporto praticamente. Se mi dedico ad altri scopi e progetti, dapprima devo almeno verificare che non li sto perseguendo stando seduto sulle spalle d'un altro uomo. Prima di tutto devo scendere da lì, affinché anch'egli possa perseguire i suoi obiettivi. Osservate quale grossolana contraddizione si tollera. Ho sentito alcuni miei concittadini dire: "Vorrei che mi ordinassero di aiutare a sedare un'insurrezione degli schiavi, o di marciare contro il Messico, - figuriamoci se ci andrei"; e tuttavia ognuno di questi stessi uomini ha fornito un sostituto, direttamente, con la loro fedeltà, ed indirettamente, quantomeno, con il loro denaro. Il soldato che si rifiuta di prestare servizio in una guerra ingiusta è applaudito da coloro che non rifiutano di sostenere l'ingiusto governo che fa quella guerra; è applaudito da coloro dei quali egli disprezza e non tiene in alcun conto l'azione e l'autorità; come se lo Stato fosse pentito al punto tale da assumere qualcuno che lo fustighi mentre commette peccato, ma non fino al punto di smettere per un solo momento di peccare. In questo modo, in nome dell'ordine e del governo civile, siamo tutti costretti infine a rendere omaggio ed a sostenere la nostra stessa meschinità. All'iniziale rossore provocato dal peccato, segue l'indifferenza, e da immorale esso diviene, per così dire, amorale, ed in qualche maniera necessario alla vita che abbiamo costruito. L'errore più grande e prevalente richiede che la virtù più disinteressata lo sostenga. Gli animi nobili sono quelli che più probabilmente incorrono nell'insignificante rimprovero al quale è comunemente soggetta la virtù del patriottismo. Coloro che, pur disapprovando il carattere ed i provvedimenti di un governo, gli concedono la propria fedeltà ed il proprio appoggio, ne sono senza alcun dubbio i più coscienziosi sostenitori, e costituiscono molto di frequente i più seri ostacoli alla riforma. Alcuni stanno presentando petizioni alla Stato affinché sciolga l'Unione, affinché non rispetti le richieste del Presidente. Perché non la sciolgono da soli, - l'unione tra sé e lo Stato, - e perché non si rifiutano di versare la propria quota al suo erario? Non hanno forse, con lo Stato, la stessa relazione che lo Stato ha con l'Unione? E non hanno forse le medesime ragioni che hanno impedito loro di opporsi allo Stato, impedito allo Stato di opporsi all'Unione? Come può un uomo essere soddisfatto di prendere semplicemente in considerazione un'opinione, e compiacersi di ciò? Quale compiacimento c'è, se la sua opinione è che egli viene danneggiato? Se il vostro vicino vi truffa anche per un solo dollaro, non vi accontentate di sapere che siete stati truffati, o di dire che siete stati truffati, né di chiedergli di darvi quanto vi spetta; fate invece immediatamente passi concreti per ottenere l'intera somma, e cercate di fare in modo di non essere mai più imbrogliati. L'azione in base ad un principio, - la percezione e l'attuazione del giusto, - cambia le cose ed i rapporti; essa è essenzialmente rivoluzionaria, e non si concilia del tutto con niente che esisteva prima. Essa non solo divide Stati e chiese, divide le famiglie; sì, divide l'individuo, separando ciò che è diabolico in lui dal divino. Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, o dobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando non avremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? Generalmente gli uomini, con un governo come questo, pensano che dovrebbero aspettare finché avranno persuaso la maggioranza a modificarle. Ritengono che, se opponessero resistenza, il rimedio sarebbe peggiore del male. Ma è proprio colpa del governo se il rimedio è peggiore del male. Lui lo rende peggiore. Perché non è più propenso a prevenire ed a provvedere alle riforme? Perché non ha a cuore la sua saggia minoranza? Perché piange ed oppone resistenza prima d'essere ferito? Perché non incoraggia i suoi cittadini a stare all'erta al fine di evidenziare i suoi errori, ed a fare meglio di quanto lui li indurrebbe a fare? Perché crocefigge sempre Cristo, e scomunica Copernico e Lutero, e dichiara ribelli Washington e Franklin? Si sarebbe portati a pensare che una deliberata e concreta negazione della sua autorità sia l'unico reato mai contemplato dal governo; altrimenti, perché non ha stabilito per questo una pena definita, adeguata e commisurata? Se un uomo che non ha proprietà rifiuta una sola volta di guadagnare nove scellini per lo Stato, viene messo in prigione per un periodo di tempo che non è stabilito da nessuna legge che io conosca, e che è determinato solo dalla discrezione di coloro che l'hanno messo dentro; ma se rubasse novanta volte nove scellini allo Stato, presto gli sarebbe consentito di tornare di nuovo in libertà. Se l'ingiustizia è parte del necessario attrito della macchina del governo, lasciamo stare, lasciamo stare: forse esso si attenuerà, - certamente la macchina si logorerà. Se l'ingiustizia ha una molla, o una puleggia, o una corda, o una manovella esclusivamente per sé, allora si può forse considerare se il rimedio non sia peggiore del male; ma se è di una natura tale da richiedervi d'essere l'agente dell'ingiustizia nei confronti di un altro, allora, io dico, che s'infranga la legge. Lasciate che la vostra vita faccia da contro-attrito per fermare la macchina. Ciò che devo fare è accertarmi, in ogni caso, che non mi sto prestando al male che condanno. Quanto all'adottare i sistemi che lo Stato ha predisposto per rimediare al male, io di tali sistemi non ne conosco. Richiedono troppo tempo, e la vita intera di un uomo se ne sarà nel frattempo andata. Ho altre faccende delle quali occuparmi. Non sono venuto a questo mondo innanzitutto per farne un buon posto nel quale vivere, ma per viverci, buono o cattivo che esso sia. Un uomo non deve fare tutto, ma qualcosa; e poiché non può fare tutto, non è comunque necessario che debba fare qualcosa di sbagliato. Non è affar mio presentare petizioni al governatore o all'Assemblea Legislativa, non più di quanto sia affar loro rivolgere petizioni a me; e, se non ascoltassero la mia petizione, che cosa dovrei fare allora? Ma in questo caso lo Stato non ha previsto nessuna soluzione: la sua stessa Costituzione è il male. Questo potrebbe sembrare sgradevole ed ostinato e tutt'altro che conciliante; invece è trattare con la massima gentilezza e considerazione l'unico spirito che possa apprezzarlo o che possa meritarlo. Di questo tipo è ogni cambiamento in meglio, come la nascita e la morte che sconvolgono il corpo. Non esito a dire che coloro i quali si definiscono abolizionisti dovrebbero immediatamente ritirare in modo effettivo il loro appoggio, sia di persona che in termini di proprietà, al governo del Massachusetts, e non aspettare finché costituiranno la maggioranza per un voto, prima di lasciare che il giusto prevalga mediante loro. Penso che sia sufficiente che essi abbiano Dio dalla loro parte, senza aspettare null'altro. Inoltre, qualsiasi uomo che sia più giusto dei propri vicini costituisce già una maggioranza di uno. Incontro questo governo americano, o il suo rappresentante, il governo statale, in modo diretto e faccia a faccia una volta all'anno, non di più, nella persona del suo esattore delle tasse; questo è l'unico modo nel quale un uomo nelle mie condizioni lo incontra per forza; ed esso allora dice chiaramente, Riconoscimi; e nell'attuale stato di cose, il modo più semplice, più efficace, e assolutamente necessario di trattare con esso su questo punto, il modo di esprimere la vostra scarsa soddisfazione ed il vostro poco amore nei suoi confronti, è dire di no in quel momento. Il mio civile vicino, l'esattore, è proprio colui che devo affrontare, - poiché, dopotutto, è con gli uomini e non con la pergamena che litigo, - ed egli ha volontariamente scelto di essere un rappresentante del governo.Come potrà sapere precisamente chi è, e cosa fa, come ufficiale del governo o come uomo, finché è obbligato a chiedersi se dovrà trattare me, suo vicino, per il quale egli nutre rispetto, come un vicino ed un uomo ben disposto, o come un pazzo ed un disturbatore della pace, ed a capire se può superare questo intralcio alla sua affabilità senza bisogno d'un pensiero o un discorso più insolente o impetuoso che corrispondano alla sua azione? So questo di sicuro, che se mille, se cento, se dieci uomini dei quali potrei fare i nomi, - se solo dieci uomini onesti, - sì, se un uomo ONESTO, in questo Stato del Massachusetts, cessando di tenere schiavi, si ritirasse seriamente da questa associazione, e fosse per questo motivo rinchiuso nella prigione della contea, ciò comporterebbe l'abolizione della schiavitù in America. Perché non conta quanto esiguo l'inizio possa sembrare: ciò che è fatto bene una volta è fatto per sempre. Ma preferiamo parlarne: diciamo che è la nostra missione. La riforma ha molti giornali al proprio servizio, ma non un solo uomo. Se il mio stimato vicino, l'ambasciatore dello Stato, che dedicherà i suoi giorni a definire la questione dei diritti umani in Camera di Consiglio, invece d'essere minacciato dalle prigioni della Carolina fosse fatto prigioniero nel Massachusetts, questo stato così ansioso di attribuire allo stato fratello il peccato della schiavitù, - benché al momento esso possa rivendicare solo un atto di inospitalità alla base della controversia con essa, - l'Assemblea Legislativa non rinvierebbe l'intero argomento all'inverno successivo. Sotto un governo che imprigiona chiunque ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto è pure una prigione.
--
Bruegel Pieter the Elder, The Triumph of Death c. 1562 (220 Kb); Oil on panel, 117 x 162 cm; Museo del Prado, Madrid

Bruegel Pieter the Elder, Dulle Griet (Mad Meg) c. 1562 (200 Kb); Oil on panel, 117.4 x 162 cm; Museum Mayer van den Bergh, Antwerp. Il quadro meglio di ogni altro, rappresenta nell'arte il concetto della violenza.

--
----

Oggi il posto giusto, il solo posto che il Massachusetts abbia garantito ai suoi spiriti più liberi e meno scoraggiati, è nelle sue prigioni, è l'essere espulsi ed estromessi dallo Stato per volontà della sua stessa legge, così come essi si sono autoesclusi mediante i propri principi. È là che lo schiavo in fuga, ed il prigioniero messicano rilasciato sulla parola, e l'indiano giunto a denunciare le ingiustizie subite dalla sua razza, li troverebbero; su quel suolo separato ma più libero ed onorevole, nel quale lo Stato pone coloro i quali non sono con lui, ma contro di lui, - la sola dimora, in uno stato schiavista, nella quale un uomo libero possa abitare con onore. Se alcuni pensano che la loro influenza là andrebbe perduta, e che le loro voci non affliggerebbero più l'orecchio dello Stato, che tra quelle mura essi non sarebbero più dei nemici, non sanno di quanto la verità sia più forte dell'errore, né quanto più eloquentemente ed efficacemente possa combattere l'ingiustizia colui che l'ha sperimentata un Po sulla propria persona. Date il vostro voto intero, non solo un pezzo di carta, ma tutta la vostra influenza. Una minoranza è senza potere quando si conforma alla maggioranza; non è nemmeno una minoranza in tal caso; ma è irresistibile quando è d'intralcio con tutto il suo peso. Se l'alternativa è tenere tutti gli uomini giusti in prigione, oppure rinunciare alla guerra ed alla schiavitù, lo Stato non avrà esitazioni riguardo a cosa scegliere. Se mille uomini non pagassero quest'anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa è, di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione è possibile. Se l'esattore delle tasse, od ogni altro pubblico ufficiale, mi chiede, come uno ha fatto, "Ma cosa devo fare?" la mia risposta è, "Se vuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni". Quando il suddito si è rifiutato di obbedire, e l'ufficiale ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico, allora la rivoluzione è compiuta. Ma supponiamo pure che debba scorrere il sangue. Non c'è forse del sangue versato quando la coscienza è ferita? Attraverso questa ferita scorrono via la vera umanità e l'immortalità di un uomo, ed egli sanguina fino ad una morte eterna. Vedo questo sangue scorrere ora. Ho contemplato l'incarceramento del trasgressore, piuttosto che il sequestro dei suoi beni, - benché entrambi servano allo stesso scopo, - poiché coloro i quali sostengono il diritto più puro, e sono di conseguenza i più pericolosi per uno Stato corrotto, di solito non hanno dedicato molto tempo ad accumulare proprietà. A costoro lo Stato rende un servizio comparativamente piccolo, ed una minima tassa è solita apparire esorbitante, particolarmente se sono costretti a pagarla con speciale lavoro manuale. Se ci fosse qualcuno che vivesse totalmente senza l'utilizzo del denaro, lo Stato stesso esiterebbe a pretenderne da lui. Ma l'uomo ricco - non per fare un confronto offensivo - è sempre venduto all'istituzione che lo rende ricco. In assoluto, più abbondano i soldi, minore è la virtù, poiché il denaro si interpone fra un uomo ed i suoi oggetti, e li ottiene per lui; e certamente non è stata necessaria nessuna grande virtù per ottenere ciò. Esso mette a tacere molte domande alle quali egli sarebbe altrimenti costretto a rispondere; mentre la sola nuova domanda che gli si pone è quella difficile, ma superflua, riguardo a come spenderlo. In questo modo il terreno morale gli viene tolto da sotto i piedi. Le opportunità di vivere sono minori in proporzione all'aumento di quelli che sono chiamati i "mezzi". La cosa migliore che un uomo può fare per la propria cultura quando è ricco è cercare di attuare i progetti che aveva quando era povero. Cristo rispose agli uomini di Erode tenendo conto della loro condizione. "Mostratemi il denaro dei tributi" disse; - ed uno estrasse dalla tasca una moneta; - Se usate denaro che reca l'immagine di Cesare su di sé, e che egli ha reso corrente e di valore, cioè, se voi siete uomini dello Stato, e se con gioia godete dei vantaggi del governo di Cesare, allora rendetegli del suo quando lo chiede; "Rendete perciò a Cesare quel che è di Cesare, ed a Dio quel che è di Dio", - ma egli non li lasciò più saggi di quanto fossero prima né sull'una né sull'altra cosa, poiché essi non vollero sapere. Quando parlo con i più liberi dei miei vicini, mi accorgo che, qualunque cosa essi possano dire sull'importanza e la serietà del problema, e sulla loro considerazione per la tranquillità pubblica, la questione è che non possono fare a meno della protezione del governo attuale, e che temono le conseguenze di un'eventuale disobbedienza per i loro beni e le loro famiglie. Per quanto riguarda me, non mi piacerebbe pensare di dover fare affidamento sulla protezione dello Stato. Ma, se nego l'autorità dello Stato quando mi presenta la cartella delle tasse, presto si prenderà e distruggerà tutte le mie proprietà, tormentando così me ed i miei figli senza fine. Questo è difficile. Questo rende impossibile ad un uomo vivere onestamente, ed allo stesso tempo confortevolmente in apparenza. Non varrà la pena accumulare proprietà; di sicuro svaniranno di nuovo. Dovete affittare o occupare un posto da qualche parte, e far crescere solo un piccolo raccolto, e mangiarlo subito. Dovete vivere una vita interiore, e contare su voi stessi, rimboccandovi sempre le maniche e stando pronti a ricominciare, senza occuparvi di molte faccende. Un uomo potrebbe diventare ricco perfino in Turchia, se sarà da ogni punto di vista un buon suddito del governo turco. Confucio disse, - "Se uno Stato è governato dai princìpi della ragione, la povertà e la miseria sono oggetto di vergogna; se uno Stato non è governato dai princìpi della ragione, ricchezze ed onori sono oggetto di vergogna". No: finché voglio che la protezione del Massachusetts si estenda a me sino a qualche distante porto del sud, dove la mia libertà è in pericolo, o finché sono condizionato soltanto dalla costruzione d'una proprietà in patria mediante un'iniziativa pacifica, posso permettermi di rifiutare lealtà al Massachusetts, e di rifiutare il suo diritto sulle mie proprietà e sulla mia vita. Mi costa meno in ogni senso incorrere nella pena prevista per la disobbedienza allo Stato di quello che mi costerebbe obbedire. Mi sentirei come se valessi meno in tal caso. Alcuni anni fa, lo Stato mi si presentò per conto della Chiesa, e mi ordinò di pagare una certa somma per il sostentamento di un sacerdote, alle funzioni del quale aveva presenziato mio padre, ma io mai. "Paga", mi disse "o sarai rinchiuso in prigione". Mi rifiutai di pagare. Ma, sfortunatamente, un altro uomo ritenne opportuno pagare per me. Non capivo perché il maestro di scuola dovesse essere tassato per supportare il prete, e non viceversa, dal momento che io non ero un insegnante statale, ma mi mantenevo con una sottoscrizione volontaria. Non capivo perché il liceo non potesse presentare una propria richiesta di tasse, e perché lo Stato non sostenesse tale richiesta, così come la chiesa. Tuttavia, su richiesta dei consiglieri comunali, acconsentii a fare per iscritto una dichiarazione di questo tipo: - "Sappiano tutti con la presente che io, Henry Thoreau, non desidero essere considerato membro di alcuna corporazione alla quale non abbia aderito". Diedi questa dichiarazione al segretario comunale; ed egli l'ha tuttora. Lo Stato, avendo appreso in tal modo che non desideravo essere considerato come membro di quella chiesa, da allora non mi ha più fatto una richiesta del genere, sebbene abbia sostenuto che in quell'occasione doveva attenersi alla sua posizione iniziale. Se avessi saputo come identificarle, mi sarei dunque ritirato con accuratezza da tutte le società per le quali non avevo firmato; ma non sapevo dove trovare un elenco completo. Per sei anni non ho pagato la "poll-tax". Una volta per questo fui imprigionato, per una notte; e mentre stavo lì ad esaminare i muri di pietra massiccia, spessi due o tre piedi, la porta di legno e ferro spessa un piede e le grate di ferro dalle quali filtrava la luce, non potevo fare a meno di essere colpito dalla stupidità di quell'istituzione, che mi trattava come se fossi semplice carne e sangue e ossa, da mettere sotto chiave. Mi stupivo che esso avesse concluso alla fine che questo era il migliore uso che poteva fare di me, e che non avesse mai pensato di avvalersi in qualche modo dei miei servigi. Compresi che, se c'era un muro di pietra fra me ed i miei concittadini, ce n'era uno ancora più difficile da scalare o rompere prima che essi potessero arrivare ad essere liberi com'ero io. Non mi sentii imprigionato neppure per un momento, ed i muri mi sembravano un grande spreco di pietra e di malta. Mi sentivo come se solo io, fra tutti i miei concittadini, avessi pagato la mia tassa. Essi chiaramente non sapevano come trattarmi, ma si comportavano come persone rozze. In ogni minaccia ed in ogni cortesia c'era grossolanità, poiché credevano che il mio desiderio più grande fosse quello di trovarmi dall'altra parte di quel muro di pietra. Non potevo fare a meno di sorridere nel vedere con quanta industriosità essi chiudevano la porta in faccia alle mie riflessioni, che li seguivano fuori senza alcun impedimento, e che in realtà esse costituivano l'unico pericolo. Poiché non potevano raggiungere me, avevano deciso di punire il mio corpo; come i ragazzi, i quali, se non possono arrivare a qualcuno per il quale nutrono risentimento, finiscono per maltrattarne il cane. Capii che lo Stato era uno stupido, che era timido come una donna nubile tra i suoi cucchiai d'argento, e che non sapeva distinguere i suoi amici dai suoi nemici, e persi tutto il rispetto che m'era rimasto nei suoi confronti, e lo compatii. Lo Stato dunque non si confronta mai intenzionalmente con il sentimento d'un uomo, intellettuale o morale, ma solo con il suo corpo, con i suoi sensi. Esso non è dotato d'intelligenza od onestà superiori, ma di superiore forza fisica. Non sono nato per essere costretto. Respirerò liberamente. Vediamo chi è il più forte. Che forza ha una moltitudine? Possono costringermi soltanto ad obbedire ad una legge che sia più alta della mia. Essi mi costringono a diventare come loro. Non sono a conoscenza di uomini che vengano costretti a vivere in un modo o in un altro da masse di uomini. Che tipo di vita sarebbe quella, da vivere? Quando incontro un governo che mi dice, "Il tuo denaro o la tua vita", perché dovrei precipitarmi a dargli il mio denaro? Può darsi che esso sia in gravi ristrettezze, e che non sappia cosa fare: non posso aiutarlo in questo. Deve aiutarsi da sé: deve fare come faccio io. Non vale la pena piangerci sopra. Non sono responsabile del perfetto funzionamento dell'ingranaggio della società. Non sono il figlio dell'ingegnere. Percepisco il fatto che, quando una ghianda ed una castagna cadono fianco a fianco, l'una non resta inerte per far posto all'altra, ma entrambe obbediscono alle proprie leggi, e nascono e crescono e fioriscono come meglio possono, fino a quando un giorno una non oscura e non distrugge l'altra. Se una pianta non può vivere secondo la propria natura, essa muore, e così un uomo. La notte in prigione fu abbastanza insolita ed interessante. I prigionieri in maniche di camicia stavano sulla soglia a chiacchierare ed a godersi l'aria della sera, quando io entrai. Ma il secondino disse, "Avanti, ragazzi, è ora di chiudere"; e così si dispersero, ed udii il suono dei loro passi mentre rientravano nelle celle vuote. Il mio compagno di stanza mi fu presentato dal secondino come "un tipo di prim'ordine ed un uomo intelligente". Quando la porta fu chiusa, egli mi fece vedere dove appendere il cappello, e come se la cavava là dentro. Le stanze erano imbiancate una volta la mese; e questa, almeno, era la stanza più bianca, quella arredata più semplicemente, e probabilmente la più pulita della città. Naturalmente, egli volle sapere da dove venissi e cosa mi avesse portato lì; e, quando glielo ebbi detto, gli chiesi a mia volta come lui fosse finito lì, presumendo, naturalmente, che fosse un uomo onesto; e visto come va il mondo, credo che lo fosse. "Perché", mi disse, "mi accusano di aver dato fuoco ad un granaio; ma non l'ho mai fatto". Per quanto riuscii a scoprire, era probabilmente andato a dormire in un granaio quando era ubriaco, ed aveva fumato la pipa là, e così un granaio andò a fuoco. Aveva fama d'essere un uomo intelligente, era stato là dentro in attesa del suo processo per circa tre mesi, ed avrebbe dovuto aspettare per altrettanti; ma s'era decisamente adattato ed accontentato, poiché lo mantenevano gratis, e riteneva d'essere trattato bene. Si mise ad una finestra, ed io all'altra; e capii che, se si restava lì a lungo, l'occupazione principale sarebbe stata quella di guardare fuori dalla finestra. Ben presto avevo letto tutti gli opuscoli che erano stati lasciati lì, ed avevo esaminato da dove erano evasi in passato alcuni prigionieri, e dove una sbarra era stata segata, ed avevo ascoltato la storia dei diversi occupanti di quella stanza; poiché finii per scoprire che persino qui c'erano una storia e dei pettegolezzi che non circolavano mai al di fuori delle mura della prigione. Probabilmente questa è l'unica casa della città nella quale sono composti versi poi stampati sotto forma di circolare, ma non pubblicati. Mi fu mostrato un elenco alquanto lungo di versi composti da alcuni giovani che erano stati scoperti in un tentativo di fuga e che si erano vendicati mettendosi a cantarli. Strappai tutte le informazioni possibili al mio compagno di prigionia, per timore di non rivederlo mai più; ma alla fine egli mi indicò quale fosse il mio letto, e mi fece spegnere il lume. Giacere là per una notte fu come viaggiare in un paese lontano, un paese che non mi sarei mai aspettato di vedere. Mi sembrava di non aver mai sentito i rintocchi dell'orologio municipale prima d'allora, né i suoni serali del paese, dato che dormimmo con le finestre che si trovavano al di qua dell'inferriata aperte. Era come vedere il mio paese natio nella luce del medioevo, ed il nostro fiume Concord s'era trasformato in affluente del Reno, e visioni di cavalieri e castelli mi passavano davanti. Erano le voci degli antichi abitanti, quelle che udivo nelle strade. Ero involontario spettatore ed ascoltatore di qualsiasi cosa venisse fatta e detta nella cucina dell'adiacente locanda del paese, - un'esperienza per me del tutto nuova e rara. Era una visione più intima della mia città natia. Ero proprio dentro di essa. Non avevo mai visto le sue istituzioni prima. Questa è una delle sue istituzioni peculiari, dal momento che è un capoluogo di contea. Cominciai a capire di cosa si occupassero i suoi abitanti. La mattina, le nostre colazioni ci vennero passate attraverso il buco della porta, in piccole gamelle di latta oblunghe e squadrate, siffatte affinché potessero passare, e contenenti una pinta di cioccolata, con pane nero, ed un cucchiaio di ferro. Quando passarono di nuovo a riprendere i recipienti, fui così ingenuo da restituire il pane che avevo avanzato; ma il mio compagno lo afferrò, e disse che dovevo conservarlo per il pranzo o per la cena. Poco dopo egli fu fatto uscire per andare al lavoro a falciare in un campo vicino, ove si recava quotidianamente, e non sarebbe tornato fino a mezzogiorno; così mi augurò una buona giornata, dicendo che dubitava di rivedermi. Quando uscii di prigione, - perché qualcuno interferì e pagò quella tassa, - non notai grandi cambiamenti che avessero avuto luogo nella vita di tutti i giorni, come aveva notato quel tale ch'era entrato in prigione in gioventù e n'era uscito con passo malfermo e con i capelli grigi; e tuttavia ai miei occhi c'era stato un cambiamento sulla scena, - la città, lo Stato, ed il paese, - più grande di qualunque mutamento provocato dal tempo. Vedevo ancora più chiaramente lo Stato nel quale vivevo. Vedevo fino a che punto le persone tra le quali vivevo potevano essere considerate dei buoni vicini ed amici; che la loro amicizia durava solo un'estate; che non avevano grandi intenzioni di fare il giusto; che quanto a pregiudizi e superstizioni erano d'una razza diversa dalla mia, al pari dei cinesi e dei malesi; che a proposito di sacrifici per l'umanità, non correvano alcun rischio, nemmeno per le loro proprietà; che, dopotutto, non erano così nobili ma trattavano il ladro come lui aveva trattato loro, e speravano, con un po' d'osservanza esteriore e poche preghiere, e camminando di tanto in tanto lungo un particolare sentiero, dritto ma inutile, di salvarsi l'anima. Questo potrebbe essere giudicare duramente i miei vicini, dal momento che credo che molti di loro non sappiano che nel loro paese hanno un'istituzione come la prigione. Un tempo c'era l'usanza nel nostro villaggio, quando un povero debitore usciva di prigione, che i suoi conoscenti, guardandolo attraverso le dita, incrociate a rappresentare la finestra della prigione, lo salutassero con un "Come va?" I miei vicini non mi salutarono in quel modo, ma prima mi lanciarono un'occhiata, e poi si guardarono l'un l'altro, come se fossi tornato da un lungo viaggio. Ero stato messo in prigione mentre stavo andando dal calzolaio a ritirare una scarpa che era stata riparata. Quando fui rilasciato il mattino dopo, procedetti nel portare a termine la mia commissione, e, dopo aver calzato la mia scarpa aggiustata, raggiunsi un gruppo che andava per mirtilli, e ch'era impaziente di mettersi sotto la mia guida; ed in mezz'ora, - dato che il cavallo fu presto bardato, - ero in mezzo ad un campo di mirtilli, su una delle nostre colline più alte, a due miglia di distanza; ed allora lo Stato non poteva più essere visto da nessuna parte. Questa è la storia completa de "Le Mie Prigioni". Non mi sono mai rifiutato di pagare la tassa per le strade statali, perché desidero essere un buon vicino tanto quanto desidero essere un cattivo cittadino; e, per quanto riguarda il supporto alle scuole, sto ora facendo la mia parte per istruire i miei concittadini. Non è a causa di qualche voce particolare della cartella delle tasse che mi rifiuto di pagarle. Desidero semplicemente rifiutare obbedienza allo Stato, ritirarmi e starne concretamente alla larga. Non mi interessa seguire il percorso del mio dollaro, ammesso ch'io possa farlo, finché questo non compra un uomo, o un moschetto con il quale sparare a qualcuno, - il dollaro è innocente, - ma mi preoccupo di seguire gli effetti della mia obbedienza. Di fatto, dichiaro tranquillamente guerra allo Stato, a modo mio, sebbene io continui a farne uso ed a trarre da esso i vantaggi che mi sono possibili, come è normale in questi casi. Se altri pagano la tassa che è richiesta a me, per solidarietà nei confronti dello Stato, essi non fanno altro che quello che hanno già fatto nel proprio caso, o piuttosto si rendono complici dell'ingiustizia in misura maggiore di quanto lo Stato non richieda. Se pagano la tassa per una malintesa premura nei confronti dell'individuo tassato, per salvare le sue proprietà, o per impedire ch'egli vada in prigione, è perché non hanno considerato con saggezza quanto essi permettano ai loro sentimenti privati di interferire con il bene comune. Questa, dunque, è la mia posizione attuale. Ma in un caso del genere non si può essere troppo intransigenti, altrimenti la propria azione rischia d'essere influenzata dall'ostinazione o da un eccessivo rispetto delle opinioni degli uomini. Si cerchi dunque di fare solo ciò che si addice a sé ed al momento. Talvolta penso, Ma guarda, questa gente ha buone intenzioni; è solo ignorante; agirebbe meglio, se sapesse come fare: perché dare ai tuoi vicini questa pena di trattarti come non sono inclini a fare? Ma penso pure, questa non è una buona ragione perché io debba fare come loro, o permettere ad altri di patire un dolore molto più grande di questo, di natura diversa. Ancora, dico talvolta a me stesso, Quando molti milioni di uomini, senza ardore, senza cattiva volontà, senza un sentimento personale d'alcun tipo, ti chiedono soltanto pochi scellini, senza la possibilità, questa è la loro posizione, di ritirare o modificare la loro attuale richiesta, e senza la possibilità, da parte tua, di fare appello ad altri milioni di persone, perché dovresti esporti a questa schiacciante forza bruta? Non opponi resistenza al freddo ed alla fame, ai venti ed alle onde, in maniera così ostinata; ti sottometti tranquillamente a mille simili ineluttabilità. Non metti la testa nel fuoco. Ma precisamente in proporzione a quanto considero questa non come una forza completamente bruta, ma in parte una forza umana, e ritengo di avere un rapporto con quei milioni di uomini in quanto milioni di uomini, e non in quanto mere entità brute o inanimate, penso che ci sia una possibilità di appello, in primo luogo e subito rivolta da essi al Creatore e, secondariamente, a se stessi. Ma, se metto deliberatamente la testa nel fuoco, non c'è possibilità di appello al fuoco o al Creatore del fuoco, e posso solo rimproverare me stesso. Se potessi convincermi di avere qualche diritto d'esser soddisfatto degli uomini così come sono, e di trattarli di conseguenza, e non, per certi aspetti, secondo le mie esigenze ed aspettative su come loro ed io dovremmo essere, allora, come un buon Musulmano ed un buon fatalista, dovrei sforzarmi d'essere soddisfatto delle cose come sono, e dire che è la volontà di Dio. E, soprattutto, c'è questa differenza tra resistere a questo e resistere ad una forza meramente bruta o naturale, che a questa posso oppormi con qualche risultato; ma non posso aspettarmi, al pari di Orfeo, di cambiare la natura delle rocce e degli alberi e delle bestie. Non desidero litigare con nessun uomo o nazione. Non voglio spaccare il capello in quattro, fare sottili distinzioni, o proclamare me stesso migliore dei miei vicini. Cerco piuttosto, direi, addirittura una scusa per conformarmi alle leggi del paese. Sono fin troppo pronto a conformarmi ad esse. In verità ho ragione di sospettare di me stesso su questo punto; ed ogni anno, quando passa l'esattore, mi trovo pronto a riesaminare le azioni e la posizione dei governi federale e statale, e lo spirito del popolo, per scoprire un pretesto per conformarmi. "Dobbiamo amare la patria come i nostri genitori, E se mai allontaniamo il Nostro amore o ingegno dal renderle onore, Dobbiamo pensare alle conseguenze ed insegnare all'anima le Questioni di coscienza e di religione, E non il desiderio di potere o di profitto". Credo che lo Stato sarà presto in grado di togliermi di mano tutto il lavoro di questo genere, ed allora non sarò miglior patriota dei miei concittadini. Considerata da un più basso punto di vista, la Costituzione, con tutti i suoi difetti, è molto buona; la legge ed i tribunali sono assai rispettabili; persino questo Stato e questo governo americani sono, per molti versi, alquanto ammirevoli e cose rare delle quali essere grati, come moltissimi li hanno descritti; ma visti da un punto di vista un po' più elevato, sono come io li ho descritti; visti da uno ancora più elevato, e dal più elevato possibile, chi mai dirà come sono, o che non sono affatto degni di nota o di considerazione? Tuttavia, il governo non mi interessa molto, e gli dedicherò meno pensieri possibile. Non sono molti i momenti nei quali vivo sotto un governo, persino in questo mondo. Se un uomo è libero nel pensiero, libero nella fantasia, libero nell'immaginazione, sicché ciò che non è non gli appare mai per molto tempo come ciò che è, i governanti o i riformatori stolti non possono ostacolarlo fatalmente. So che la maggior parte degli uomini la pensa diversamente da me; ma coloro che per professione dedicano la propria vita allo studio di questi o di simili argomenti, mi soddisfano poco o per nulla. Statisti e legislatori, essendo così completamente entro l'istituzione, non la osservano mai in modo chiaro e schietto. Parlano di società in movimento, ma senza di essa non hanno luogo di riposo. Potrebbero essere uomini di una certa esperienza e discernimento, e senza dubbio hanno inventato sistemi ingegnosi e persino utili, per i quali li ringraziamo sinceramente; ma tutta la loro intelligenza e la loro utilità stanno entro limiti certamente non molto ampi. Essi sono soliti dimenticare che il mondo non è governato dalla politica e dalla convenienza. Webster non vede mai secondi fini nel governo, e quindi non può parlarne con autorevolezza. Le sue parole sono saggezza per quei legislatori che non contemplano nessuna sostanziale riforma del governo esistente; ma per i filosofi, e per coloro che legiferano per il futuro, egli non si avvicina mai neppure una volta all'argomento. Conosco persone le cui serene e sagge riflessioni su questo tema rivelerebbero presto i limiti della sua capacità ed apertura mentale. Tuttavia, paragonate alle affermazioni superficiali della maggior parte dei riformatori, ed all'ancor più infima saggezza ed eloquenza dei politici in generale, le sue parole sono pressoché le uniche sensate e degne di stima, e ringraziamo il Cielo per averlo avuto. Al confronto, egli è sempre forte, originale e, soprattutto, concreto. Ciò nonostante, la sua dote non è la saggezza, bensì l'accortezza. La verità dell'avvocato non è la Verità, ma la coerenza, o un espediente di coerenza. La Verità è sempre in armonia con se stessa, e non si prefigge lo scopo principale di mostrare che la giustizia potrebbe accordarsi con il fare il male. Egli merita d'essere chiamato, come è stato chiamato, il Difensore della Costituzione. In effetti le sue uniche azioni determinanti sono difensive. Non è un leader, ma un gregario. I suoi leader sono gli uomini dell'87. "Non ho mai fatto un tentativo" dice "e non mi sono mai riproposto di fare un tentativo; non ho mai appoggiato, né avuto intenzione di appoggiare un tentativo di disturbo a danno dell'accordo così come originariamente è stato stipulato, l'accordo attraverso il quale i diversi Stati sono entrati nell'Unione". Pensando ancora all'approvazione che la Costituzione dà alla schiavitù, egli dice: "Poiché era una parte dell'accordo originario - lasciamo che continui ad esistere". Nonostante il suo eccezionale acume e le sue capacità, egli non è in grado di estrapolare un fatto dalle sue relazioni meramente politiche, e di vederlo come si presenta in senso assoluto per essere elaborato dall'intelletto, - cosa che, per esempio, è giusto che un uomo faccia qui in America oggi riguardo alla schiavitù, - ma si avventura, o è indotto, a dare una risposta senza speranza come quella che segue, pur professando di parlare in senso assoluto, e da un punto di vista individuale, - ma quale nuovo e singolare codice di doveri sociali se ne potrebbe dedurre? "Il modo", egli dice "nel quale i governi di quegli Stati nei quali esiste la schiavitù devono regolarla, è a loro discrezione, sotto la responsabilità che hanno nei confronti dei loro elettori, nei confronti delle leggi universali di proprietà, umanità, e giustizia, e davanti a Dio. Le associazioni costituite altrove, nate da un sentimento umanitario, o da qualunque altra causa, non hanno nulla a che fare con ciò. Esse non hanno mai ricevuto alcun incoraggiamento da me, né lo riceveranno mai". Coloro i quali non conoscono fonti più pure di verità, e che non ne hanno risalito il corso oltre, restano fedeli, e saggiamente vi restano, alla Bibbia ed alla Costituzione, e vi si abbeverano con riverenza ed umiltà; ma coloro che la vedono sgocciolare in questo lago o in quella pozza, si mettono ancora una volta all'opera, e continuano il pellegrinaggio verso la sorgente. Nessun uomo con un talento particolare per la legislazione è comparso in America. Sono rari nella storia del mondo. Ci sono oratori, politici, e uomini eloquenti, a migliaia; ma l'oratore non ha ancora aperto bocca per dire chi sia in grado di risolvere le tanto dibattute questioni del giorno. Amiamo l'eloquenza fine a se stessa, e non per la verità che essa potrebbe esprimere, o per l'eroismo che potrebbe ispirare. I nostri legislatori non hanno ancora imparato il mutuo valore del libero scambio e della libertà, dell'unione e dell'onestà, per una nazione. Essi non hanno predisposizione né talento per i problemi relativamente modesti di tassazione e finanza, del commercio e dell'industria e dell'agricoltura. Se fossimo esclusivamente guidati dal verboso acume dei legislatori del Congresso, ignorando la provvidenziale esperienza e le valide proteste della gente, l'America non conserverebbe a lungo il suo rango fra le nazioni. Il Nuovo Testamento, anche se forse non ho il diritto di dirlo, è stato scritto da milleottocento anni; eppure, dov'è il legislatore che abbia sufficiente saggezza e capacità pratica da servirsi della luce che esso getta sulla scienza della legislazione? L'autorità del governo, per quanto io sia desideroso di sottomettermi ad essa, - dato che ubbidirò di buon grado a coloro i quali sappiano e possano fare meglio di me, ed in molte cose persino a coloro i quali non sappiano e non possano fare altrettanto bene, - è ancora impura: per essere pienamente giusta, deve avere l'approvazione ed il consenso dei governati. Esso non può avere diritti assoluti sulla mia persona o proprietà, al di fuori di quelli che io gli concedo. Il progresso da una monarchia assoluta ad una costituzionale, e da una monarchia costituzionale ad una democrazia, è un progresso in direzione di un vero rispetto per l'individuo. Persino il filosofo cinese era sufficientemente saggio da considerare l'individuo come la base dell'impero. È una democrazia, così come noi la conosciamo, l'ultimo progresso possibile nel governo? Non è possibile fare un passo avanti verso il riconoscimento e l'organizzazione dei diritti dell'uomo? Non vi sarà mai uno Stato realmente libero ed illuminato, finché lo Stato non giunga a riconoscere l'individuo come un potere più elevato ed indipendente, dal quale derivino tutto il suo potere e la sua autorità, e finché esso non lo tratti di conseguenza. Mi compiaccio di immaginare uno Stato che alla fine possa permettersi d'essere giusto con tutti gli uomini, e di trattare l'individuo con rispetto come un vicino; uno Stato che inoltre non consideri in contrasto con la propria tranquillità il fatto che pochi vivano in disparte, senza immischiarsi nei suoi affari e senza lasciarsene sopraffare, - individui che abbiano compiuto tutti i loro doveri di vicini e di esseri umani. Uno Stato che desse questo genere di frutto, e lo lasciasse cadere non appena fosse maturo, preparerebbe la strada ad uno Stato ancora più perfetto e glorioso, che pure ho immaginato, ma che non ho ancora visto in nessun luogo.
------------------------
FINE


Bruegel Pieter the Elder, The Tower of Babel 1563 (200 Kb); Oil on oak panel, 114 x 155 cm; Kunsthistorisches Museum Wien, Vienna

mercoledì 14 maggio 2008

Grido di Pietra tutto italiano a Cerro Torre

Suggestiva immagine di un arrampicatore

Il Cerro Torre è una delle più spettacolari cime del Campo de Hielo Sur, è situato in una regione contesa fra Argentina e Cile, a ovest del Fitz Roy (o Cerro Chalten). La vetta del Cerro Torre è considerata fra le più inaccessibili del mondo perché, qualunque via si scelga, bisogna affrontare almeno 800 metri di parete granitica, per arrivare ad una cima perennemente ricoperta da un "fungo" di ghiaccio. Inoltre le condizione climatiche e meteorologiche della regione sono particolarmente sfavorevoli.
Video montato da Sciretti Alberto, con immagini tratte dal Film "Grido di Pietra" del 1991.
La data della prima ascensione del Cerro Torre è oggetto di discussioni e polemiche. Nel 1959 l'alpinista trentino Cesare Maestri e il ghiacciatore austriaco Toni Egger tentano la scalata con il supporto di Cesarino Fava. Dopo una settimana Maestri fu ritrovato in stato confusionale e raccontò a Cesarino Fava di aver raggiunto la vetta il 31 gennaio insiema ad Egger, che era poi caduto morendo durante la discesa portando con sé la macchina fotografica e quindi le prove del successo.

Cesare Maestri in una foto del 1954 (Archivio Corriere della Sera)
Toni Egger, che perse la vita dopo aver raggiunto la vetta del Torre Cerro assieme a Cesare Maestri.
Così racconterà quegli attimi Cesare Maestri: "Per scendere adottiamo il sistema che si usa nei salvataggi: uno si lega attorno alla corda doppia e l'altro lo cala di peso a carrucola su due moschettoni frenanti. Dobbiamo fare così altrimenti le corde verrebbero portate via dalla forza del vento. Arriviamo così verso le 19 del 2 febbraio a circa 150 metri dalle corde fisse. Decidiamo di passare la notte sulla cima di un piccolo nevaio pensile. Pianto tre chiodi e cominciamo a fare il buco per passare la notte. Ma a Toni questo posto non sembra tanto sicuro, vuole vedere a destra più in basso se c'è una sistemazione migliore fuori dal tiro delle valanghe. Mentre lo calo ed egli è arrivato a una quindicina di metri da me, un rumore assordante mi fa alzare il capo: una enorme massa di neve e ghiaccio si tacca dalla cima. Urlo: «Attento, Toni» e mi appiattisco contro la parete. Un colpo sordo e la corda si tende, Toni è investito e coperto dalla valanga. Un pezzo di ghiaccio mi colpisce duramente alla testa. La tensione della corda diventa insopportabile, poi si rilascia. La valanga continua a cadere con sempre minore forza finché solo pochi pezzi di ghiaccio passano fischiando. Il piccolo nevaio è stato letteralmente spazzato. Chiamo Toni. Nessuno risponde. Non rimane nessuna speranza. La valanga ha portato con sè tutto l'occorrente per bivaccare. Mi rannicchio nel mio buco di neve e aspetto che passi questa notte tremenda. Sapevo fin dall'inizio che sarebbe dovuta finire così e che domani sarebbe stata la volta mia. All'alba del 3 febbraio esco dal mio buco come un condannato a morte. Comincio a scendere a corda doppia con lo spezzone che mi rimane, dalla cima continuano a cadere valanghe. Dopo varie ore, arrivo finalmente alle corde fisse. La parete è un inferno. A pochi metri dal cono di deiezione mi scivolano i piedi e non riesco più a tenermi con le mani; volo così per circa una diecina di metri, la neve caduta durante la notte mi accoglie materna ed attutisce il colpo. Lo spirito di conservazione mi porta attraverso il tormentato ghiacciaio a circa 300 metri dal campo tre dove mi trova Cesarino per caso, molte ore dopo, in uno stato di semi-incoscienza, mentre balbettavo: «Toni è caduto».Su questa montagna dopo circa duecento ore Toni ha perso la vita, ha pagato a caro prezzo il suo sogno, ma ora dorme tranquillo. Non lo disturberà mai più il freddo o l'urlo del vento. Dorme avvinto nei colori delle bandiere chehanno sventolato sulla cima. Il celeste del cielo, il bianco della neve, il verde dei boschi e il rosso del calore. Lui ora dorme, ha lasciato a noi il doloroso racconto e un vuoto incolmabile nell'alpinismo mondiale e nei nostri cuori.
La vicenda dà vita a numerose polemiche, altri tentativi falliscono, e Maestri torna a sfidare il Torre nel 1970. Questa volta la cordata, composta oltre che da Maestri da Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessarri, Carlo Claus e Pietro Vidi, affronta la parete Sud-Est portando con sé un martello compressore. Scendendo Maestri, in un gesto di sfida, spacca i chiodi piantati e lascia appeso il compressore all'ultimo, cento metri sotto la cima. La Via del Compressore (o Via Maestri) sarà ripercorsa nel 1979 dall'americano Jim Bridwell che scopre che i chiodi lasciati dai suoi predecessori s'interrompono a 30 metri dalla cima. Ancora una volta l'ascensione di Maestri viene messa in dubbio. Nel 2005 Ermanno Salvaterra, uno dei maggiori conoscitori del Torre e il primo a scalarlo d' inverno (nel luglio 1985), fino ad allora sostenitore di Maestri decide di ripercorrere la via del '59 e riesce a raggiungere la cima. Non trova tracce di un precedente passaggio e scopre che la via segue un tragitto diverso da quello che per anni aveva descritto Maestri. La prima ascensione indiscussa del Cerro Torre è quella compiuta ad opera di un gruppo di alpinisti lecchesi (Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri) nel 1974. Il tentativo di scalare il Cerro Torre da parte di due famosi alpinisti è il soggetto del film Grido di pietra (Cerro Torre: Schrei aus Stein), girato nel 1991 dal celebre regista tedesco Werner Herzog e interpretato da Vittorio Mezzogiorno, Mathilda May e Brad Dourif.
L'ultimo attacco italiano a Cerro Torre, da molti ritenuta la più difficile parete del mondo, è avvenuto con successo il 13 novembre 2004, grazie a Giacomo Rossetti (31 anni), Alessandro Beltrami (23 anni)ed Ermanno Salvaterra (50 anni). Per il racconto dell'impresa vedi lo speciale del Corriere della Sera
Le nostre porta-ledge (tendine da parete) nel posto di bivacco chiamato Dalai Lama. Questo nome lo detti a questo posto già 3 anni fa nel corso del mio primo tentativo alla Est del Torre per l’incredibilità del posto dovuto alle incredibili dimensioni ed impressionanti forme di questa grande lama in sospeso sulla parte ed avendo conosciuto poco prima quella Grande persona del Dalai Lama mi venne in mente lui raggiungendo questo posto. (foto e testi di Ermanno Salvaterra)
Alessandro Beltrami nella tormenta lavora sistemando la ledge (foto e testi di Ermanno Salvaterra)
Incredibile video di Ermanno Salvaterra, protagonista della prima salita alla parete est sul Cerro Torre nel 2004
I shot this for my wife, who was 5 months pregnant with my son at the time, on the summit of Cerro Torre after completing the first ascent of the complete SE Ridge with my Slovenian friend and climbing partner Marko Prezelj and another climber. The rock mountain visible as I do a circle is Fitz Roy, the highest mountain in the area. I am a professional speaker and have a website: www.stephenkoch.com

Ermanno Salvaterra sulla Ferrata Castiglioni. Già in tenera eta', si trova a trascorrere l'estate in montagna a 2500 metri di quota. All'eta' di 11 anni farà in cordata la prima vera scalata alle Torri d'Agola.
Sciretti Alberto, da bambino in montagna.

Sciretti Alberto in montagna, in una immagine del Gennaio 2006.

Sharing